- Rivelazione –
(Dettato
ad Anita Wolf nel 1975)
Giovanni,
il discepolo prediletto di Gesù, non chiamato così perché favorito, ma perché
approvava incondizionatamente la via di salvezza del Signore, egli scrisse
sull’isola di Patmos l’Apocalisse sigillata con sette sigilli. Come continuò la
sua vita dopo l’esperienza sul Golgota (vedi
nell’Opera “Le quattro Pietre miliari”, la terza), come operò quale
prigioniero dei romani – in un certo senso come protezione esteriore –
sull’isola di Patmos, viene raccontato in quest’Opera.
----------
(vita di Giovanni l’evangelista
sull’isola di Patmos)
Titolo
originale: “DER GEFANGENE ”
Traduzione:
Ingrid Wunderlich
Revisione
di Antonino Izzo
Edito
dal circolo degli amici di Anita Wolf - C/o Jurgen Herrmann
Hohenfriedberger
Strasse, 52 - 70499 Stuttgart
Email: bestellung@anita-wolf.de.
Sito: http://www.anita-wolf.de
Questa
edizione in lingua italiana è stata curata dal gruppo:
‘Amici
della nuova Luce” – www.legamedelcielo.it
Contatti: info@anitawolf.it
Cap. 1 La via nella prigionia - Cornelio presso
Pilato e Caifa
Cap. 2 La salvezza - Due miracoli e come si
arriva a Patmos
Cap. 3 Un’infamia, un buon giudizio e una
terribile figuraccia
Cap. 4 Maria è protetta - Il cambio del
procuratore - Buon comportamento
Cap. 5 Pirati, misericordioso operare - La
Scrittura e una predica
Cap. 6 Differenti vie - Meravigliose parole di
Dio - Uno speciale certificato di successione
Cap. 7 Il primo capitolo dell’Evangelo - Accenno:
chi era Gesù?
Cap. 8 Belle conoscenze - Uno sciacallo romano
Cap. 9 Previsione per il mondo - Insegnamento
dello Spirito e fine della materia
Cap. 10 Altri buoni insegnamenti - L’odissea e ancora
parole del Signore
Cap. 11 Sapiente discorso di Nicodemo e suo ritorno a
casa benedetto – Parola di Dio a Giovanni
Cap. 12 Il battesimo - Un giovane pirata diventa un
secondo Stefano, pirati e pescatori diventano cristiani
Cap. 13 Istigazione contro i cristiani - Giovanni
insegna sul perché dei martiri- Gaius è inviato su Patmos
Cap. 14 Tommaso presso Giovanni - Ritorno a Casa
della madre Maria - Molti insegnamenti sulla parola del Signore
Cap. 15 Nuovo allarme su Patmos - Un duumviro - Il
senatore Aurelius presso Cornelio
Cap. 16 Le profezie si adempiono - Dio, il Pastore e
Medico - L’ultima ora di Cornelio - L’alta Luce - Nessuno ha un Amore più
grande
Cap. 17 Stefano nuovo capitano – Un’aggressioe e
meravigliosa salvezza - Anche un buon insegnamento
Cap. 18 Non parole, bensì fatti - Un difficile
rompicapo con una condizione - Migliore conoscenza di se stessi
Cap. 19 L’ambizione non rende nulla - Pensieri dalla
Croce - Nello Spazio di confine della Volontà di Dio - Immagine del ruscello,
Eufrate e mare
Cap. 20 Violento uragano, pesanti fardelli, la
materia pretende il tributo - Qualcosa sul vero riposo - Differenti rivelazioni
sugli insegnamenti di Gesù
Cap. 21 Il Signore appare al Suo Giovanni - L’ultima grande predica del veggente di Dio
Cap. 22 Epilogo
Descrizione
della nave Cornelia – Cenni storici
Aurelius senatore romano
Caifa sommo sacerdote in Gerusalemme
Claretus duumviro romano
Cornelio tribuno romano
Cretios legionario romano
Cronias comandante romano su Patmos
Gajus senatore romano
Giovanni un discepolo di Gesù
Hannas sacerdote capo in Gerusalemme
Hermius centurione romano
Horpha moglie di pescatore su Patmos
Maria madre corporea di Gesù
Maurius comandante romano di coorte
Nicodemo sacerdote a Gerusalemme
Oste su Patmos
Pharet pescatore su Patmos
Pilato protettorato romano
Pretias senatore romano
Scubatus decurione romano
Sector legionario romano
Sejananus capitano romano
Stefano pirata e più tardi cristiano (non Stefano biblico)
Tommaso un discepolo di Gesù
Venitrius comandante romano
due coraggiosi sacerdoti
gente di Capernaum
parecchi pirati e persone secondarie
un medico e un rabbino
LUOGHI
Capernaum / Gibea / Kedes / Patmos / Sidone
/ Tiro
INTRODUZIONE al libro (di
Josef Brunnader)
Quando
il Signore fece tornare
i
reduci di Sion, ci sembrò di sognare.
Ben va
piangendo colui
che
porta il seme da spargere,
ma
tornerà con canti di gioia
quando
porterà i suoi covoni.
[Salmo 126,6]
Giovanni
è liberato da Cornelio e inviato a Tiro – Pilato è sollevato dall’incarico –
Caifa è ammonito per l’ignobile crocifissione – Nicodemo si rifugia da Cornelio
che lo fa inviare a Tiro
1.
“Con costui”, un legionario indica il
prigioniero, al quale sono legate saldamente le mani dietro la schiena, e la
cui estremità della corda il soldato tiene nei pugni, “non vai con troppa
delicatezza? Pilato ha ordinato…”. L’interpellato, un comandante subalterno,
risponde bruscamente:
2.
“La Giudea è già alle nostre spalle. Non è Pilato che lo ha ordinato!
Glielo hanno estorto con la strana Crocifissione, mah, – lasciamola stare. In
ogni caso il responsabile è Caifa, nel quale dimora più durezza che in tutti i
legionari di una delle nostre legioni. Vedete”, dice ai tre a lui subordinati,
“io ho un figlio dell’età di costui”. Con la punta del piede indica il prigioniero,
il quale è crollato sul ciglio della strada.
3.
“Su, avanti! A Sidone attende la galea, mancano dei rematori e là lo
consegneremo; allora per noi la faccenda è chiusa”. – “Tu lo pensi davvero,
vecchio romano?”. Dice il legionario: “In te dimora un animo più tenero, ma gli
ordini sono ordini”. Egli aiuta il prigioniero ad alzarsi, il quale è impedito
perché ha le mani legate. Sulla fronte ha un’ampia ferita, il sangue cola
nell’occhio destro ed è già tutto appiccicoso. Il romano gli porge una coppa
d’acqua, non per compassione, ma perché finalmente può portare avanti il
prigioniero. Così marciano per due, tre ore, nella calura del primo pomeriggio.
4.
Da lontano si vede polvere che gira vorticosamente in alto. Potrebbero
essere soldati di cavalleria. ‘Se hanno dei cavalli superflui, glieli portiamo
via’, si prefigge il comandante subalterno. Già si mostra il primo uomo,
armato, dietro di lui l’imperiale stendardo da campo. Sgomento! Chi arriva
allora? Ordina ai legionari di spostarsi al bordo della strada, il prigioniero
accanto a sé. Ebbene, possa venire chi vuole! Egli ha l’ordine scritto con sé e
‘l’intera faccenda’ neanche lo riguarda.
5.
Il primo dello squadrone di cavalleria scruta il gruppo. Ha ancora una
lettera col sigillo di Cirenio ‘proteggere quanto più possibile tutti i seguaci
di Gesù di Nazareth’. Cirenio non vive più, ma suo nipote, Cornelio, possiede
lo scritto; ed è lui che sta venendo. Egli è esonerato dal servizio, ma
possiede ancora il potere del comando. Anche se è già vecchio, è sempre tanto vigoroso
da poter eseguire differenti cariche.
6.
Lui osserva il prigioniero. Sfigurato dagli strapazzi della marcia e dalla
ferita, dalla quale cola ancora sangue. Davvero – deve riconoscervi qualcuno?
Cornelio smonta da cavallo e gli si avvicina. “Come ti chiami?”, domanda egli
benevolmente. Il prigioniero alza la testa, un chiaro splendore c’è nei suoi
occhi. ‘Come presso il Salvatore’, ciò attraversa fulmineamente Cornelio. “Non
temere!”.
7.
Oh, questo meraviglioso ‘Non temere!’ che il Signore ha espresso tanto
spesso. Per via gli era venuta ben la paura, come aveva detto il Salvatore:
‘Nel mondo avrete paura ..!’. Ma: ‘Siate consolati, IO ho vinto il mondo – per
voi!’. Così accanto alla paura, è rimasta la fede che ‘il suo Salvatore’ può
sciogliere anche le corde, se deve accadere in qualche modo una salvezza.
8.
Un’aperta confessione: “Io sono un discepolo di Gesù di Nazareth, il più
giovane tra loro”. – “Il più giovane? Tu sei Giovanni, con il quale talvolta ho
parlato?”. – “Tu, lo dici, nobile romano, io lo sono!”. Proprio così come il
Signore parlò alla banda che doveva catturarLo nel Getsemani: ‘Io lo sono!’.
9.
“Il comando!”. La voce risuona intensa, tanto che penetra nelle ossa del
comandante subalterno. “Presente!”. È vero, Pilato ha già di nuovo…
sicuramente, quanti ‘ratti’ lo rosicchiano, qui c’è dietro solo quel Caifa
colmo di odio, il quale… il quale può vivere tanto da sperimentare qualcosa!
“Chi ti ha inferto la ferita?”. Il chirurgo militare ha già l’ordine di pulirla
e fasciarla.
10.
Il discepolo di Gesù scusa le guardie. “Nessuno! Sono caduto e battuto su
un sasso!”. Che non è stato diretto, non lo dimostra. Si stupiscono perfino i
romani. Poteva dire altro. E Cornelio lo avrebbe punito rigorosamente, perché
dalla ribellione che ha provocato la crocifissione del Signore, è venuta fuori
la massima direttiva – almeno in un primo tempo – di non eseguire nessuna
repressione e così – anche in un primo tempo – lasciare in pace la gente di
Gesù, cosa che veramente nella Giudea è impedita.
11.
La schiera dei discepoli era fuggita verso nord, dopo la discesa dello
Spirito Santo. Solo Giovanni rimase presso Maria e le altre donne [Luca 8,
2-3], per salire spesso sul Golgota, dove una pietra indicava la posizione
della croce. Nessuno ha osato rotolar via questa pietra, come gli angeli
quella alla porta del sepolcro.
12.
“Sosta!”. Cornelio toglie a Giovanni le sue catene e fa curare da un
medico i polsi sanguinanti. Per non compromettere tutta la disciplina, non può
girare intorno a Pilato. Tra i suoi ufficiali si trova Venitrius; poiché
Forestus, il fedele, è già deceduto. Venitrius crede altrettanto nel Signore. A
lui Cornelio fa cenno, essi si consigliano da soli.
13.
“Ho trovato! Vorrei avere te, Venitrius, volentieri presso di me, soltanto
– la protezione di Giovanni ha la precedenza. Prendi tu l’ulteriore guida con
sei uomini fidati e portatelo via. Poi deviate, con la scusa di ‘una qualche
faccenda’ non arrivate a Sidone. Prendete la via più vicina che porta a Tiro.
14.
Là c’è la mia nave, la quale porta il mio nome. Il capitano è uno dei
nostri. A lui porti l’ordine segreto di far rotta per Patmos, ma ufficialmente
per Roma. Andrà bene; poiché DIO fa grandi miracoli [Salmo 77, 15], visto che
non giungerete a Roma. Tu rimani, finché sarà possibile un ritorno. I sei
rimangano là come guardiani. Così posso giustificare davanti all’imperatore se
Giovanni deve rimanere per tutta la vita su Patmos – per la sua protezione”.
15.
“Questo te lo ha ispirato Colui che è lontano dalla Terra”, Venitrius si
rallegra. “Dammi un cavallo, non possiamo far camminare il prigioniero”, lo
dice di proposito a voce alta, “altrimenti arriviamo troppo tardi a Sidone”. –
“Ehm”, anche Cornelio parla ad alta voce e va di nuovo dal grosso della truppa,
“di per sé non è permesso. Certo – arrivereste troppo tardi, e se costui
dovesse camminare”, egli indica Giovanni, “allora morirà strada facendo e alla
nostra Roma andrà perduto ancora una volta uno schiavo di galea”.
16.
Egli impartisce formalmente l’ordine di procuratore a Venitrius, lo vede
ognuno, e prende le guardie dal suo gruppo. “Siete stanchi”, dice serenamente.
“Avete un lungo percorso dietro di voi; andate alla salmeria, lì fate riposare
i vostri piedi”. Essi gli sono grati e il comandante subalterno super felice,
poiché può scaricare questo ‘peso’ dalle sue spalle, meglio dire: dalla sua
anima. Questo, egli non lo sa ancora.
17.
Giovanni abbraccerebbe il tribuno, che già salvò Tommaso, ma Caifa non
deve sapere cosa è accaduto qui; costui ha sufficienti impostori e spie presso
l’imperatore. Soltanto l’occhio splende ancora una volta. Il romano si volta,
molti sguardi stanno in agguato, e la maggior parte dei legionari è diventata
rozza a causa di tutte le guerre; a loro non importa niente della vita di un
uomo.
* *
*
18.
Nuove preoccupazioni a Gerusalemme. Pilato sta nel giusto; ma quando sente
che cosa riferisce Cornelio da parte dell’imperatore, diventa piccolo piccolo.
“Non sei più visto nel modo migliore, e l’imperatore mi ha detto: ‘A causa di
un Giudeo, non ribelle, da come mi è venuto all’orecchio, Pilato rovina il
bastione! Io non voglio una Giudea distrutta, essa deve essere un solido
caposaldo. Ma così succederà il contrario’. – Egli era molto adirato. Solo
quando gli descrissi i ‘ratti’ che ti servirono questa minestra, divenne un po’
più mite. Credilo però: tu sarai deposto!”.
19.
“Non m’importa! Voglio essere contento se posso lasciare questa ‘tana di
Gerusalemme’ e sarò grato all’imperatore se mi manderà in esilio” – “Io al
posto tuo sarei altrettanto contento, non c’è un ‘Simeone nel Tempio’,
altrimenti. Un esilio ti potrà rendere solamente sereno”. – “Dipende!”, sospira
Pilato. Interpellato su Simeone, Cornelio racconta volentieri di quel tempo.
20.
Pilato sta ad ascoltare avidamente. “Ne avrei avuto bisogno, quando è
successa la faccenda con GESU’. Credimi, tribuno, Lo avrei salvato tanto
volentieri; sono stato semplicemente, travolto. Il popolo era sobillato, non
solo contro il Nazareno, ma contro di me e … contro Roma. Questa, stava
al primo posto!”.
21.
“Certo! Non essere triste se sarai richiamato. Otterrai due superiori
dallo stato maggiore di Cirenio[1],
i quali credono nel Salvatore, e questi ti aiuteranno”. – “Come si chiamano?”.
– “Marco, un ottimo politico, l’altro, Marcello, era il primo collaboratore di
Quirino. Li conosci?”.
22.
“Sì, e ti ringrazio, tribuno. Mi ricordo anche di Simeone, mi sono
incontrato una volta con lui qui in questa stanza”. Indica tutt’intorno. –
Cornelio sorride: “Hai urtato la mia armatura quando volevi chiamare la
guardia. Allora eri giovane. Aspetta, come tutto viene. Marcello è dislocato a
Silo, ho mandato dei messaggeri, di presentarsi da me. Ora”, Cornelio si alza,
“vado da Caifa, il sommo sacerdote. Ah! Per me è qualcosa di diverso che un
sacerdote!”.
23.
“Egli avrebbe uno spirito cattivo sin dalla crocifissione del Nazareno”. –
“Spirito? È la sua coscienza che non lo lascia in pace!”. – “Se coscienza o
spirito per me è la stessa cosa. A lui devo ringraziare che io …”. Un romano
fiero, con un’alta destinazione ed ora – un rinnegato, bruciato, spogliato
della veste d’onore. Oh, oh – –.
24.
Con passi gravi, colmo di sdegno, due fedeli dietro di sé, il tribuno va
verso la casa del sommo sacerdote. Non ha voglia di andare nel Tempio, dove un
giorno c’erano Simeone e madre Anna, poiché ci sono troppi ‘vermi’. Sulla via
qui egli è stato a Betlemme, solo, in quella grotta, dove ha potuto vivere la
cosa più meravigliosa che colma tutto l’essere suo. Ha avuto un raccoglimento
silenzioso e sentito, come lo ha avvolto. Si fa annunciare ‘su ordine
dell’imperatore’. Anche Caifa non lo può evitare.
25.
“Oh, il tribuno! Quale onore!”, egli finge e porta lui stesso del vino.
Cornelio lo rifiuta. “Quello che ho da dirti, Caifa”, tralasciando volutamente
il titolo di sacerdote, “è così serio, che non servono le formalità! Dov’è il
rotolo che ti ha mandato l’imperatore dopo ‘l’assassinio’ del Nazareno, che
certamente era il MESSIA… come lo rivelano le vostre scritture!”.
26.
Caifa si finge meravigliato. Negli occhi vacilla brevemente la paura.
Cornelio lo vede e ammonisce: “Sai precisamente di che cosa si tratta! Hai
sobillato il popolo non certo solo contro questo Taumaturgo! No, contro Roma!
Le tue ripugnanti menzogne potevano fare ben poco, veri testimoni hanno
chiarito tutto al nostro Cesare.
27.
Tu ricevi l’ordine di non sobillare contro Roma, se non vuoi che”, una
pesante minaccia, “presto o tardi il Tempio sprofondi insieme a Gerusalemme! Ci
dispiacerebbe incenerire il Tempio; ma se continui a spargere la tua semenza, e
questa germoglia, allora Gerusalemme è perduta, e tutto il popolo con lei!”.
28.
Caifa si spaventa. Egli ha sentito dai suoi agenti segreti che a Roma non
tutto è andato così come lo aveva ideato. Sorridendo, però di sbieco, afferma:
“L’imperatore è stato informato falsamente, io gli sono fedele e…”. – “Non mi
mentire in faccia!”. Cornelio, ancora una volta la ‘cara testa calda’, salta
su. – “Fa quello che vuoi, vecchio ipocrita! Forse i tuoi giorni sono già
contati! Sta attento: prima che Roma lasci Gerusalemme, dapprima sarà scacciato
il tuo popolo! E chissà, quando potrà di nuovo tornare – oppure no!”.
29.
“Sei tu un profeta?”, schernisce Caifa. “Io conosco i profeti meglio di
quello che pensi. DIO non vi lascerà né radici né rami’ [Mal. 3, 19]! Lo ha perfino
confermato il Maestro, il Quale ha fatto molti miracoli [Matt. 3, 10]. Tu
dovresti conoscere le parole! Oppure non le conosci?”. – “Da quando sei così
versato nelle nostre Scritture?”.
30.
“Che cosa t’importa? Bada a come procedi!”. – “Tu, credi in Lui”. – “Che
cosa t’importa? Tu non hai creduto alle vostre Scritture, hai rinnegato il
SIGNORE, come si chiamava il Messia. Sentirai già oggi che cosa è capace di
intraprendere Roma!”. Senza salutare, il romano va via. Un uomo rimane indietro
con una certezza: egli sta accovacciato su un rogo; soltanto una fiamma, e…
31.
Cornelio vede come in visione il divampare delle fiamme, sente il pianto
di molti bambini, vede la morte delle madri, gli uomini precipitati nel ‘moloch
della guerra’. Egli deve in ogni modo fare il suo dovere. Ordina alle truppe di
presentarsi verso sera davanti al Tempio, quando la città si riempie di vita.
“Tu no, Pilato, per te è meglio che rimani lontano dalla faccenda”. – “Ti
ringrazio, perché mi hai tolto un peso e… sono malato”. – “Ti mando il mio
medico, se vuoi”. – “Volentieri, io non so più che cosa fare”.
32.
È l’ora. Lo schieramento del grosso di Gerusalemme, le truppe del tribuno,
per le quali sono chiamati dalle vicinanze due centurioni, già fanno apparire
tutto in assetto di guerra. Il popolo vuole fuggire nelle case, ma è già
circondato e si deve ascoltare che cosa dice il rappresentante di Cesare.
33.
Sono parole pesanti, ma chi vuole capisce il buon ammonimento del tribuno,
cosa che attenua la volontà del dominatore. Il romano esorta alla calma, di non
confidare nel superiore, perché: “Riflettete, noi siamo sempre armati. Sono in
arrivo due legioni, nessuno le potrà fermare, eccetto voi. Se mantenete la
calma e la fedeltà, voi sapete quante facilitazioni sono state concesse, allora
potete tenere il vostro paese, fino a che vi confermate!
34.
Io – un romano – dico qui una parola aperta che nessuno ha bisogno di
riportare al mio imperatore; io stesso gliel’ho espressa! I bugiardi”, il suo
sguardo d’aquila, non appannato dall’età, passa rapidamente sul gruppo che è
sbarrato dai soldati, “non arrivano fino all’imperatore!”. Essi sono farisei,
gente giurata di Hannas e di Caifa, dei quali alcuni sono stati a Roma, e a
Pilato hanno messo quel brutto cappio.
35.
“Il Messia l’avete assassinato voi, non Pilato! Il gioco scaltro di
levar di mezzo Gesù, perché smascherò il Consiglio del Tempio, doveva colpire
Roma! Sbagliato!! Se io credo in Lui, è unicamente una faccenda mia. Uno dei
miei servitori era malato; andai dal Signore e Lo pregai di guarirlo, da lontano
– beninteso, poiché sapevo che a Lui era possibile [Matt. 8, 5-10]. Non era
svergognante per voi che io – un pagano – prestassi più fede a Lui di quanto
Lui non l’abbia trovata qui presso di voi?!
36.
Badate a come ve la caverete con il Salvatore risorto! Guardatevi però di
agire contro la nostra potenza militare! Vi vogliamo proteggere, non tronchiamo
il vostro commercio…” – “…perché avete bisogno del nostro commercio!”, osa
esclamare forte uno. Costui è portato via e, immediatamente legato. Il giudeo
guarda il romano in maniera arrogante. Ha coraggio, pensa Cornelio, cosa che a
lui, di fatto, piace. Qui però non si tratta di quello che piace a lui.
37.
“Portatelo via, in tribunale!”. – “Se uccidi costui, allora non avrai mai
più pace!”. Grida un fariseo. “Noi abbiamo un altro potere, il nostro Dio…” – “
… che voi avete ucciso!”. Il volto del tribuno si oscura, ‘O Tu, lontano dalla
Terra[2],
aiutami a dominare la mia testa calda’, supplica egli interiormente. I diritti
di Roma sono tuttavia da preservare, perciò ordina:
38.
“In tribunale con lui! Se faccio uccidere qualcuno oppure no, non vi
riguarda! Io non sono Caifa, Erode, Hannas o Giuda, tenetevelo in mente! Tra
breve arrivano qua cinque coorti; se starete calmi, nessuno sarà represso. Come
vi comporterete voi, così si comporteranno anche le truppe. Le coorti sono
mobilitate in Giudea. Se non intraprenderete nulla, allora su incarico del mio
imperatore un po’ alla volta, in seguito, vi alleggerirò. Disponetevi conformi
a ciò!”. – Un segno, il cordone se ne va!
39.
In gruppi rimangono agli angoli dei vicoli, cosa che Cornelio concede,
veramente con sorveglianza. I templari si ritirano molto velocemente e si
consigliano qui e là. A che serve il loro Consiglio? I romani sono in
superiorità di forze e – mai ammesso – sotto il tribuno c’è stato già un buon
periodo, nonostante l’occupazione nemica. “Sì, allora il paese sbocciava
veramente, ed è stato bene, finché – è arrivato il Nazareno! Lui è da
ringraziare che di nuovo siamo trattati ingiustamente. Il Messia! Ah, e Si è
lasciato crocifiggere!”. Caifa smarrisce la chiara visuale.
40.
Allora si alza Nicodemo, che perfino Caifa non può far tacere. Egli
riferisce come da giovane, un giorno, prese la strada sbagliata, e un ‘angelo’
che, come Simeone, stava confermato nel Tempio, lo aveva convertito, così anche
lui poté riconoscere il Signore. “Mai”, dice Nicodemo, “ho trovato un Uomo con
una tale sublime conoscenza, con una tale straordinaria bontà, come la
possedeva il SIGNORE!
41.
Io fui sconvolto quando, al ritorno dal viaggio a me imposto per forza,
sentii che voi”, indica Caifa, “lasciaste crocifiggere il Salvatore. Voi
avete dichiarato: ‘Il Suo Sangue ricada su di noi e i nostri figli!’. O voi
folli! Che cosa avete fatto? Voi contestate che Gesù sia risorto; ma io ero
presente quando EGLI ascese al Cielo. Questo è stato così meraviglioso che… non
lo si può descrivere; c’è solo da dire: ‘È accaduto!’.
42.
Io so perché è avvenuta la morte sulla croce, ciò nonostante, alle vostre
mani è appiccicato il SANGUE DI DIO! Guai a voi e ai vostri figli! Se
continuate a provocare, invece di essere contenti per il fatto che è venuto da
voi il tribuno invece di un Naxus, un Pompeo, non mi stupirei se voleste male a
questo amico romano! E poi…”.
43.
“Cosa? Un romano? Noi non abbiamo altri amici che noi stessi!”. La voce di
Caifa è di ghiaccio. – “È così? Allora non conosci nemmeno la legge di Mosé,
sebbene tu sappia sciorinare alcuni rotoli; le parole, non il senso! Oh, non mi
stupirei se la Giudea si assestasse da sé il colpo mortale – a dir il vero attraverso
di voi, i ‘salariati’ che non sono pastori, come disse una volta il Salvatore
[Giovanni 10,12].
44.
“Via, traditore!”. Caifa ha la sua brutta giornata. Senza posa sta il
volto del Crocifisso davanti a lui. Nicodemo sospetta che i suoi giorni sono
contati se rimane a Gerusalemme. Quando esce, due lo seguono. Fuori, essi lo
fermano. “Devi fuggire, sono appostati degli sgherri! Va dal romano, costui ti
può proteggere. Anche noi abbiamo riconosciuto il Signore, ma vogliamo rimanere
per scoprire e impedire, in caso di bisogno, ulteriori maligne azioni che
accadono da noi, per quanto ci sia possibile”.
45.
“Grazie, cari fratelli, il Signore vi protegga!”. Proprio in quel momento
arrivano un paio di legionari. Nicodemo rivolge loro la parola: “È molto
importante, devo parlare al tribuno. Portatemi da lui, io cerco la sua
protezione”. – “Questa è nuova”, ride uno. “Da chi sei perseguitato?”. – “Non
posso dirlo, lo posso dire solo al tribuno. Lo saprai da lui, se sarà
necessario”.
46.
Due esseri tenebrosi ghignano alle loro spalle. “Ecco fatto; non abbiamo
bisogno di assassinarlo. Si consegna a Roma – beh, il capo sarà contento”.
Ritornano furtivamente nel cortile del Tempio. Caifa li ricompensa bene.
Respira profondamente, anche se Nicodemo gli è sfuggito. Il querelante è
sparito. Il peso però rimane. Un sussurro intorno a lui: ‘Oh, crocifisso, ma
ciononostante, risorto, perché un DIO non muore! Egli pretende il conto da te!’
Guai! Come si può sfuggire? Il vino intontisce; quindi, avanti con questo. – –
47.
E presso il tribuno? – “Caifa? Se riesco ad afferrarlo, costui si potrà
congratulare! Io non sono duro, Nicodemo, soltanto che …”. Fa cenno con la
testa rattristato. “Giuda è stato consegnato a lui e – consacrato alla rovina”.
Anche Cornelio lo pensa, tuttavia tace, non vuole aggravare il cuore
dell’onesto.
48.
“Che cosa devo fare con te? Esteriormente devo essere romano,
interiormente – il Signore perdoni la mia mezza misura”. – “Non è una mezza
misura”, lo consola Nicodemo, “come romano puoi custodire i migliori. Si sa
forse come agirà il prossimo monarca?”. Meno male che non c’è ancora un Nerone.
49.
All’improvviso in Cornelio sorge un pensiero: “Nicodemo, ti lasci prendere
prigioniero?”. Un attimo, il templare resta sorpreso. “Mi fido di te, dopo il
Salvatore, più che di uno del mio popolo”. – “Allora sei d’accordo! Ti lasci
portare su un’isola? Là non ci sono assassini, di questo sii certo”. Non gli
rivela che è sua intenzione fare lo stesso con Giovanni. Sarà ancora possibile
rivelarglielo nel tempo.
50.
“Un veloce squadrone di cavalleria ti porterà via subito. Forse ci
rivedremo; altrimenti sii raccomandato al SIGNORE, come io stesso mi voglio
affidare a LUI”. – “Lui ti protegga, fedele!”. Una stretta di mano. Le guardie
entrano, in segreto. A causa delle spie che, purtroppo, sono sempre in agguato,
ordina ad alta voce e grave:
51.
“Questo vecchio giudeo sarà portato a Roma. Poiché abbiamo bisogno di lui
come testimone, non deve essere molestato! Veloce squadrone di cavalleria alla
volta di Sidone. Incontrerai il mio capitano, Venitrius; consegnerai a lui
l’uomo, e un rotolo che scriverò. Ogni comandante dell’esercito rispetta il
sigillo imperiale. Poi”, appena sussurrato, “a Tiro”. Il centurione ripete
l’ordine ad alta voce. Dopo circa un’ora, dieci veloci cavalieri hanno lasciato
Gerusalemme, il templare nel mezzo, e avvolto in un semplice mantello che non
lascia riconoscere nessuna nazionalità.
* *
*
52.
Caifa fa annunciare che Nicodemo sarebbe deceduto, perché era malato. Gli
si dedica un discorso commemorativo. Altri più giudiziosi, sussurrano: “Portato
via, oppure ucciso, non importa da chi, era un nazareno”. Il Nazareno però
circola ancora tra il popolo. Quanto è ancora discusso qui e là, è elevato come
un Dio e – condannato: “Ha fatto i Suoi miracoli con Belzebù!”. [Matt. 12, 24].
53.
Gli uomini non trovano pace. Sempre più sono logorati dai propri
superiori, i quali non dimenticano l’istigazione e le truppe d’occupazione
romana. Quest’ultima forzata, perché si sollevano tanto il Tempio quanto gli
altri molto influenti. Non c’è bisogno di chiedersi perché c’è ancora un nuovo
inasprimento. Ed entrambi, l’inasprimento e l’istigazione, sono la macina per
il povero grano che si chiama ‘popolo ebraico’.
[indice]
۞
La salvezza, due miracoli e come si arriva a
Patmos
Il drappello con Venitrius e Giovanni verso Sidone – L’incontro con il
comandante Sejananus – Nicodemo raggiunge Sidone – Il viaggio con la tempesta e
la morte di un oppositore a Dio – La guida della nave da parte delle forze
della natura verso Patmos – Il ringraziamento – Venitrius si lascia guidare e
benedire da Giovanni – Speranza in un prossimo ritorno a Patmos
1.
Sono fuori oltre Giskala. Là si divide la via per Kedes-Sidone e per Tiro.
Venitrius sosta e riflette su come potrebbe deviare senza dare nell’occhio.
Anche i romani non sono liberi da invidia, e possono tendere dei tranelli. A
questo, egli è esposto, se semplicemente devia verso ovest. Da nord arriva di
gran corsa una truppa a cavallo, sono alcuni centurioni.
2.
“Alt!” esclama il portinsegna, e ferma il suo cavallo bagnato di sudore.
“Dove volete andare?”. Domanda a Venitrius. – “A Sidone, per portare un
prigioniero alle galee”. – “Devia! Lungo la costa ci sono abbastanza navi dove
al vostro ‘protetto’ potrete procurare”, espresso malignamente, “un banco da
rematore. Dietro Kedes fermenta un’insurrezione; i nostri or ora la stanno
soffocando. Non si sa ancora fin dove si è esteso il focolaio”.
3.
“Signore”, ringrazia nel cuore Venitrius, “hai guidato meravigliosamente;
raggiungeremo certo Patmos”. Al centurione riferisce, come se riflettesse:
“L’ordine dice: a Sidone!”. – “Avete visto il tribuno?”. – “Adesso è a
Gerusalemme!”. – “Abbiamo ricevuto l’ordine di recarci là, per scoprire, strada
facendo, ancora altri focolai rivoltosi e, se ce ne sarebbero, avvertire il
tribuno. A lui riferirò che per ora è impossibile che tu possa andare a Sidone,
senza cadere in un’imboscata. I ribelli si sono propagati molto, e anche verso
Tiro devi essere molto prudente”.
4.
“Là, lascio operare il Salvatore”. E ad alta voce: “Hai ragione, tutte le
nostre navi hanno bisogno di rematori, allora è indifferente su quale sono da
portare i prigionieri”– “A parte la ferita sulla fronte, il vostro prigioniero
sembra pulito. Come mai?”. Domanda il portinsegna. “Un ordine particolare del
tribuno, tenere i rematori meglio possibile; devono essere in forza, altrimenti
già dopo pochi giorni sono mangime per i pesci”.
5.
“Il tribuno è astuto, ne prendo atto anch’io”. – Parlano ancora un momento
e ‘il veloce squadrone di cavalleria’ corre via. Presto è fuori portata.
Venitrius ordina: “Ci spieghiamo in ordine sparso, a vista, io prendo in carica
il prigioniero”. Con ciò ha mascherato bene la sua intenzione di scambiare di
tanto in tanto una parola con Giovanni senza dare nell’occhio.
6.
Sono catturati dei rivoltosi sbandati e consegnati alle stazioni lungo la
via. In questo modo la cavalcata si allunga di molto. Giovanni spesse volte,
immerso in visioni, sussurra: “Vedo una via, ti sarà consegnato ancora
qualcuno”. – “Ancora un discepolo?”. – “Non lo so”. – Venitrius sa da Simeone
che esistono uomini con grande facoltà di sguardo panoramico – nel futuro – e
nel passato; e il Salvatore, che lui ha imparato ad amare, ha sempre saputo
tutto precisamente. “Tu sei il Suo discepolo, Giovanni, quindi sarà così”.
7.
Con molto ritardo arrivano a Tiro. Quando Sejananus, il capitano della
nave a remi ‘Cornelia’, sente l’ordine, si gratta l’orecchio. “Ma come devo
arrivare a Patmos? Bisogna sempre seguire la rotta di navigazione.
Contravvenire mi costerà la testa e…”. – “Hai tu mai visto il Signore di
Nazareth?”. – “No, tuttavia, attraverso Cornelio credo in Lui”.
8.
“Allora continua a credere fermamente!”. – Venitrius riferisce in quale
modo meraviglioso è stata tracciata la via verso Sidone, ma…“anche il tribuno
sarebbe in pericolo se risultasse che dispone diversamente del discepolo, di
com’è generalmente la regola”. – “Come si chiama?”. “Giovanni! I giudei
pronunciano diversamente questo nome; ma non importa. Egli è un veggente; e se
è con noi non potrà capitarci nulla di male.
9.
Io vengo con voi; con alcuni della truppa c’è da essere prudente”. –
“Anch’io li ho presso di me. Gli schiavi – come, mi è incomprensibile, credono
nel Cristo, che è il SALVATORE. Io non li faccio neanche mai mettere in catene
quando c’è battaglia, nonostante l’ordine diverso. Per questa ragione una volta
ci hanno anche salvato. ‘Dio proibisce l’assassinio’, dicevano, ‘tuttavia noi
dovevamo salvare anche voi!’. Puoi tu comprendere una cosa così?”. – Venitrius
fa cenno col capo: “Lontano dalla Terra, quanto Egli mi ha aiutato!
Quando si parte?”.
10.
“C’è da aspettare. Il vento soffia verso la terra ferma e noi abbiamo
ancora alcune cose da riparare. Forse in quattro giorni galleggeremo. Devo
mettere questo Giovanni con gli schiavi?”. “No, poiché è da portare a Roma,
secondo l’ordine. Quando saremo in alto mare, potrà rimanere senza corde; non
si butterà in mare. Questo non lo fa nessuno se non si vede la costa”. – “Hem”,
mormora Sejananus tra sé, “soltanto, come posso arrivare a Patmos? Perché
proprio su quella piccola isola? Ho troppi ‘sostenitori del romanismo’ a bordo,
non posso cambiare il corso così facilmente”.
11.
Egli va verso Giovanni che è accovacciato. “Alzati!”, e a bassa voce,
“devo tenerti come prigioniero, ma hai la mia protezione. Soltanto, non so
come”. – “Lo sa il Signore”, sussurra lui. “Fa rotta per Creta, la via più
breve per l’Italia”. – “Come conosci la via marittima così precisamente? Hai
già fatto una volta questo viaggio?”.
12.
“No! Quando sono salito a bordo, ho avuto una visione”. – Sejananus grida
intenzionalmente ad un duro attendente, indicando Giovanni: “Costui è da
portare davanti all’imperatore, non deve presentarsi mezzo morto davanti al
trono”. – “Dipende da me? Allora dovrà ricevere proprio un buon cibo”.
13.
Il vento si volta al mare. “Domani leviamo l’ancora”, dice il capitano che
sta con Venitrius al bordo della nave. Ecco che dalla città arriva una
cavalcata, i cui cavalli fumano quando si fermano alla riva. Il centurione
salta giù, impetuoso fa cenno con la mano e Sejananus si fa portare da lui a
remi.
14.
“Sei tu il tribuno della ‘Cornelia’?”. – “Si!”. – “Ecco, il rotolo”. Anche
i cavalcatori sono stremati, soprattutto Nicodemo, il quale troverà rifugio
appena in tempo, Sejananus legge, cosa che gli crea fatica. “Bene, allora non
viaggiamo a causa di un uomo. Chi è?”. – Il centurione indica Nicodemo. Il
capitano ha scambiato non visto due rotoli, quello per Roma e quello della
protezione. Con l’occasione fa sparire quest’ultimo.
15.
Nella vicina osteria ci si può rimettere. Mentre il centurione riferisce
di Gerusalemme, il capitano dice a Nicodemo: “Tu sei certamente un uomo libero,
ancora per ora, ma sulla nave non puoi essere lasciato del tutto libero; ho la
responsabilità, soprattutto perché ho con me un vero prigioniero”. Nicodemo si
accorge subito di che cosa si tratta. Confida anche nel tribuno, che non gli ha
teso nessun tranello. “Le leggi sulle navi non mi sono completamente estranee”,
dice come di passaggio.
16.
Quanto si stupisce il templare quando vede Giovanni. “Tu qui? Che cosa è
successo?”. – “E tu?” – chiede il discepolo. “Com’è successo?”. Ognuno racconta
quello che è capitato. “I miei fratelli”, si adira Nicodemo, “ahimè, – che cosa
sono quelli che mandano in rovina il nostro Tempio e il popolo?”. – “Tu non
più, io vivrò tanto da vederlo, come la nostra Giudea…”. – Sejananus fa un
cenno. Essi subito tacciono e rimangono seduti tranquilli, Giovanni con la
leggera legatura che non gli impedisce troppo. Nicodemo è libero.
17.
“Da quando si lasciano in coperta i prigionieri come uomini liberi?”,
domanda il rude attendente che è venuto di soppiatto. Maligno e di sbieco si
guarda intorno. – Sejananus replica: “Io mi dispongo secondo l’ordine,
capito?”. Uno sguardo d’acciaio. “Quello libero è un giudeo di alto rango. Ora
sai la risposta!”. L’attendente se ne va mormorando, ma ha preso di mira i due.
Spesso compare proprio quando conversano a bassa voce. Nicodemo è molto
guardingo, all’attendente non riesce a spiarli.
18.
Si trovano in alto mare e fanno rotta verso Rodi, che bisogna raggiungere
entro due giorni. Là si caricano nuove provviste, sono scambiati degli schiavi
rematori, poiché c’è bisogno di gente forte. Là ci si riposa per un giorno,
giorno in cui Giovanni deve di nuovo farsi legare; in mare aperto era senza
corde. Egli ringrazia il suo Maestro che le cose si sono messe bene per lui.
Nicodemo lo imita.
19.
Ora ci si dirige verso Creta. Sono ancora lontani, un vento spiacevole,
che a Sejananus non piace, respinge la galea. “Questo non va bene”, dice agli
uomini che ammainano le vele, altrimenti sarebbero lacerate dal vento. La galea
è tenuta ancora dai rematori. Preoccupati, si guarda il mare mosso. Non è più
possibile mantenere la rotta. Verso sera non si sa dove ci si trova.
20.
“Che cosa ne dici?”, chiede il capitano Sejananus a Venitrius che osserva
preoccupato il mare. Il suo sguardo cade su Giovanni che, come Nicodemo, si
aggrappa alle corde. Il templare credente ha un po’ di paura. Una volta andò in
mare, allora però non c’era nessuna tempesta, giusto un vento che aveva cambiato
rotta.
21.
“Date una mano!”, grida il capitano. “Dobbiamo togliere l’acqua!”. È
difficile non essere rigettati oltre bordo della nave così gravemente
barcollante. Un uomo è afferrato dalle onde, il tipo terribile. “Uomo in
mare!”. Gli sono lanciate delle corde. Inutilmente. Giovanni si sforza con gli
altri, sebbene egli abbia già ‘visto’ che l’ostile sarebbe stato portato via. I
soccorritori, Cornelio, Venitrius e il capitano, più tardi, non dovranno essere
giudicati – sono senza colpa. Mene tekel![3]
22.
“Inutile,” Sejananus tiene per sé il fatto di essere contento che non ha
più tra i piedi lo spione. Tuttavia gli dispiace che l’uomo sia perito così
miseramente. La notte avanza, nessuna stella emana il suo bagliore. Le fiaccole
non servono, esse potrebbero al massimo causare un incendio, nonostante la
pioggia. Allora sarebbero tutti perduti.
23.
Verso il mattino non è possibile verificare dove la tempesta ha spinto la
nave. Già da qualche tempo hanno smesso di remare, dopo che le pale sono già state
spezzate e gli schiavi si sono dovuti aggrappare alle panchine da vogatore.
All’improvviso l’imperversare della tempesta cessa, così che la galea quasi si
spezza. È danneggiata come dopo un combattimento con i pirati. Comprensibile
che Sejananus pensi: ‘E qui io ho un discepolo di Gesù a bordo!’. Dov’è dunque
il Suo aiuto, se …
24.
Quando il Sole squarcia le nuvole, solo la risacca spinge ancora leggera,
allora ringrazia lo stesso il ‘Signore di Nazareth’ e si ricorda di quando Gesù
avrebbe una volta quietato una potente tempesta con una Parola. Egli non
lo aveva creduto veramente, cosa che non si può rimproverare ad un marinaio.
Adesso lo ha vissuto lui stesso. Il mare mai è cambiato così all’improvviso che
alla tempesta segue in un batter d’occhi una buona brezza.
25.
Davanti agli uomini dice a Giovanni: “Ti sei comportato bene e mi hai
aiutato, ti scriverò una testimonianza”, lascia stare, pensa, perché scrivere
gli crea troppa fatica. “L’imperatore ti sarà grato. Perciò non ti tratto più
da prigioniero. Chi è d’accordo con questo?”. Tutti gli uomini a bordo alzano
la loro mano: “Egli ha perfino mantenuto due altri da una caduta in mare!”.
26.
Non si mostra ancora nessuna terra. Secondo la posizione del Sole si è
ancora molto lontano da Creta. “Non ho mai visto una tempesta simile”, dice
Sejananus. “Ringraziamo, Dio ci ha preservato da un naufragio”. Non si può
impedire che l’equipaggio eriga un altare per offrire un sacrificio a Nettuno.
27.
“Io avrei sacrificato al caro DIO”, dice il capitano a Nicodemo e
Giovanni. “Lasciateli fare”, dice amichevolmente il discepolo. “Non lo sanno
fare diversamente, essi ringraziano così il nostro Dio”. – “Dimmi: hai tu
comandato al mare? E perché così tardi? La perdita di un uomo, la galea
spennata come un povero pollo e, più vicino all’affondamento che alla salvezza
mediante il Signore”.
28.
“Domani arrivi sull’isola che è prevista per me; e nessuno ti potrà punire
perché non hai raggiunto Roma. Due volte ci è stata sbarrata la strada, due
volte il Signore ci ha aiutato. Soprattutto a te per segno: hai creduto, ma hai
confidato comunque troppo sulla tua forza, sul tuo potere, e come tu stesso
pensi di essere in grado di dirigere tutto. Ora hai sperimentato che sul nostro
povero armeggio umano, sta il GOVERNO DI DIO!
29.
Io ero presente quando Egli placò il mare con una Parola; la nostra
piccola barca stava naufragando. In quella notte espresse la Parola della Sua
Volontà, e domani saprai che cosa deve significare. Mantieni la rotta che hai
ricevuto dalla Mano superiore. Non ti dico dove sbarcheremo, per il tuo bene”.
30.
“Secondo il Sole, andiamo verso nord; non si può stabilire precisamente”.
Nel tardo pomeriggio il capitano cerca di virare la galea verso ovest. Verso
sera si sono appena allontanati che le onde si alzano di nuovo e spingono verso
nord-nordest. “Perché no! C’è un Governo, ed ora lo credo fermamente: il
Signore di Nazareth è il nostro DIO! Egli vuole guidarmi meglio di come posso
pensare”. Sejananus china il suo capo.
31.
Si galleggia tranquillamente attraverso la notte. Quando il mattino sorge
meravigliosamente dalle onde, si vede in lontananza un tratto di terra. “Terra!
Terra”, esultano tutti, e si riparano già i danni, fin dove è possibile, stando
in mare aperto. Gli schiavi si affaticano particolarmente; anche loro sono
lieti e grati al loro ‘Cristo Signore’. EGLI li ha salvati. Gli ultimi raggi
dorati del Sole già guidano la nave al porto che si vede da un pezzo.
32.
“Questa deve essere Patmos”, pensa il capitano. “Ma come ci siamo
arrivati? Signore, io Ti ringrazio!”. Pronunciato fervidamente. È Patmos,
riconosciuta dai romani come importante bastione nel mare. Da qui si combattono
i pirati e le galee trovano sosta. La costa è molto da perfezionare; ci sono
piccole insenature dove abitano i pescatori, un modesto popolo insulare.
33.
Essi vendono la loro pesca ai romani in cambio di cose che sull’isola non
possono procurarsi. Carne ne hanno abbastanza, hanno greggi. Un’isola della
pace. Per questo i pescatori sono riconoscenti; da quando i romani sono venuti
sull’isola, non hanno più ricevuto aggressioni. Il Signore ha scelto questa
‘isola della pace’ per il Suo veggente. Che anche Nicodemo, che Lo ha spesso
difeso nel Tempio, debba trovare qui la sua vecchiaia, egli loda il suo Dio
fino alla fine terrena.
34.
Un’imbarcazione guida la galea nel porto. Il comandante dell’isola – la
truppa d’occupazione è spesso sostituita – scuote la testa. “Siete una
carcassa, non una superba nave romana. Dite: ma come siete arrivati fin qui?
Forza, prima dovete riposare e mangiare a dovere; sembrate tutti abbattuti”.
35.
“Lo siamo veramente!”. Sejananus riferisce che cosa è accaduto in mare.
Nel frattempo scendono a terra l’equipaggio e gli schiavi. Questi ultimi,
perché devono riprendersi. Dall’isola nessuno può fuggire tanto facilmente,
perciò si lasciano del tutto liberi. Il capitano sa anche che, come ‘uomini di
Gesù’ sono molto obbedienti. Prendono insieme Nicodemo e Giovanni e vanno nella
locanda. Il comandante dell’isola non vede di buon occhio i giudei.
36.
“Costoro, che cosa fanno qui?”. Con gente forestiera per la maggior parte
ci sono seccature, come insegna l’esperienza. Sejananus lo tranquillizza. “Se
non ci fosse stato lui”, indica al discepolo, “non ci avresti mai visto, mai ci
avrebbe visto Roma, e mai più nessuno. L’abisso sarebbe stato la nostra
tomba!”.
37.
“Che dopo la tempesta si favoleggi un po’, lo comprendo. Chi non lo fa?
Non ha l’aspetto divino. Oppure è magari un nuovo dio?”. Dovrebbe suonare
beffardo, ma davanti allo splendore degli occhi del discepolo, retrocede
spaventato. C’è qualcosa in lui, e – ebbene sì, a Roma emergono a volte nuovi
dèi.
38.
“Egli è uno speciale. Anche l’altro”, è inteso Nicodemo. “Che cosa devo
fare con loro? Sono obbligato a Cornelio, egli mi ha preservato da una morte
che, – voglio tacerne. Quello che lui ordina, lo eseguo anche. A me va bene, io
posso rimanere per sempre sull’isola, Cornelio, infatti, lo aveva raggirato
bene: ‘Esilialo – quello sarei io – per sempre, sull’isola di Patmos, così tu –
Cesare – lo punisci senza ucciderlo. Egli non ha meritato la morte!’.
39.
Tre volte furono sostituiti i miei legionari”, dice pensieroso il
comandante, “io rimango qui fino alla fine della mia vita. A me non può
succedere più nulla, ed io ringrazio tutti gli dèi, sia che esistano oppure non
esistano per niente. Senza di me non si va via da qui, nessun isolano aiuta per
una fuga. Inoltre, non lo possono fare. Le barche da pesca sono completamente
inadatte per il mare aperto. Per me i giudei sono liberi; possono rimanere nel
nostro edificio a torre. Ha l’aspetto di una prigione”.
40.
Giovanni si siede accanto a lui, afferra la mano abituata alla spada, la
stringe e dice: “Ti ringraziamo per la tua benevolenza. Sì, tu rimarrai su
quest’isola e sperimenterai molto del Dio a te sconosciuto, Dio che io ti
porterò”. – “Visibilmente?”, il comandante tenta uno scherzo.
41.
Una vampata che fa letteralmente gelare il romano. “Attento: il mio
Dio, con il Quale altri ed io per tre anni abbiamo attraversato il paese ed ha
compiuto miracoli e altro, mi ha portato qui e salvato con Nicodemo.
L’Altissimo ha previsto Patmos, e quello che sarà, sta nella Sua mano!”.
42.
Nonostante la difesa del comportamento romano, è esistente un ‘moto’;
perfino i legionari dell’isola sono curiosi di sapere che cosa risulterà.
Venitrius racconta come un angelo lo portò sulla ‘via della Luce’, con il
defunto capitano Forestus, la mano destra del tribuno, e com’è andato incontro
al DIO che l’angelo aveva annunciato, e che perfino Cirenio ha adorato.
43.
“Sono accaduti miracoli. In alcuni, che il Signore di nome GESU’ ha
compiuto, io ero presente. Egli risuscitò perfino i morti: il figlio di una
vedova, e un Suo amico”. – “Ma va”, ride il comandante, “questi morti non erano
affatto morti; costoro avevano solo il sonno profondo (svenimento)”.
44.
S’intromette Nicodemo: “Io ho visto, quando il Salvatore resuscitava
entrambi i morti. Con il giovane pensavo che non fosse morto, sebbene fosse già
irrigidito. L’altro, di nome Lazzaro, era già da quattro giorni nella tomba.
Erano presenti centinaia di testimoni quando il nostro sommo sacerdote negò
questo fatto, sarebbe stato un inganno, un gioco concertato”.
45.
Il romano si passa la mano sui capelli. “Mai sentito! Nessuno dei nostri
dèi potrebbe far questo. Venitrius, però, come romano non si presta a nessun
inganno. Sì, è possibile che –”. nel dubbio guarda a Giovanni. Questi gli
sfiora di nuovo delicatamente il pugno.
46.
“Abbiamo tempo, sarai risvegliato. Qualcosa adesso mi preme: ho annotato
quello che è accaduto nel tempo dell’insegnamento del Signore, e volevo
metterlo giù per iscritto giustamente”. – “Perché non lo fai?”, domanda
Venitrius. “Io studierei il tuo scritto; ciò che scrivi tu stesso, Giovanni, è
veramente vero!”. Un’eccezionale testimonianza di un romano, perciò, di gran
valore.
47.
Il discepolo appoggia la fronte. “Quando i templari mi fecero catturare,
ero per strada che andavo da Maria, la madre corporea di Gesù, presso la quale
stavano i miei scritti. Era strano, infatti, che lei non fosse toccata. Altre
donne erano esposte a parecchie tribolazioni. E così abbiamo nascosto da Maria
ciò che era importante”.
48.
Venitrius riflette sul come potrebbe recuperare gli scritti. “Se mi aiuta
il Salvatore, Giovanni, riceverai i tuoi scritti. Cornelio mi attende a
Gerusalemme, e con lui andrò da Maria. Sul Calvario ho potuto confortarla
quando, dopo quella ripugnante Crocifissione, che io non feci in tempo a
vedere, dovevo aprire delle indagini. Se fossi arrivato in tempo, avrei ucciso
Caifa e tutta la sua covata!”. Venitrius è ancor sempre profondamente
addolorato, perché un romano, Pilato, non aveva fatto di tutto e …
49.
“Amico, non avresti ottenuto nulla. Io ti comprendo, il tuo cuore
s’infiamma, se ci pensi. Anche in noi, i discepoli, e ancora in molte altre
persone, brucia il cuore, ma accanto a tutte le afflizioni, anche il giubilo:
nel sacrificio cruento del Salvatore, noi siamo inclusi, redenti dai nostri
peccati, liberati da quella paura del mondo che l’uomo deve ascrivere a se
stesso”. Il discepolo gli stende entrambe mani. “Raggiungerai la tua meta e
presto ritornerai qui. Va’ in pace!”. Questo, suona come una Parola del
Salvatore.
50.
Ognuno è toccato; anche Nicodemo, che spesso guardò negli occhi del
Salvatore e, dopo, non sapeva mai che cosa gli era successo, vede come lo
sguardo profetico del discepolo scorre su tutto. Nessuno lo ha notato: gli
schiavi rematori stanno ascoltando alla porta, sentono questa benedizione e
s’inginocchiano – poveri ragazzi, bianchi, scuri, neri, pieni di gioia,
liberati da ogni grave peso. Sì, sono redenti e, liberi nella loro anima. – –
51.
La galea è pronta. Si issano le vele. Il vento soffia così come c’è
bisogno, e alleggerisce i rematori. L’ultima sera Sejananus e Venitrius trovano
il discepolo di Gesù seduto alla riva. I suoi occhi vagano sul mare e sorgono
delle immagini, ancora velate. Lo incalzano, ed è lieto quando gli è rivolta la
parola. La sabbia è soffice, l’aria così meravigliosamente mite, dopo che il
gran caldo del giorno è sparito. Dall’acqua soffiano brezze leggere. Venitrius
dice, colmo di gratitudine:
52.
“Giovanni, tu mi hai benedetto, quindi noi ci rivedremo. Ne sono
contento”. Un sospiro profondissimo. “Vorrei rimanere su Patmos, se Cornelio
non avesse bisogno di me. Anche lui brama tranquillità e pace”. Giovanni
sorride; egli vede l’immagine già più chiara, ma dice solamente: “Quello che ci
capita, lo guida Iddio, il Quale è nostro Signore e Salvatore. Siate consolati
e sperate in Lui, EGLI porta tutto a buon fine!”.
53.
“Anche da me?”, domanda Sejananus. “Sai, della nave affidata a me vorrei
farne volentieri un’isola, un’isola vagante, perché non va diversamente. Mi
starebbe bene se avessi tutta gente di Gesù”. – “I tuoi sottoposti sono bravi,
sono diventati bravi dopo che il sobillatore è dovuto morire. Compiango la sua
anima che è andata senza luce. Per te è stata la salvezza di Dio. Ho bisogno di
dirti di più?”. Il romano fa cenno col capo. Un giudizio è sceso così presto, e
si è … “I pochi”, Giovanni interrompe il suo pensiero, “stanno dalla tua parte,
anche se la tua nave è diventata una ‘Nave di Gesù’. Agisci saggiamente,
la fede ti aiuterà”. –
54.
Il Sole sale in alto. Molti isolani vengono al porto. Portano ceste piene
di pesci essiccati che si stivano subito. “Chissà se attraccherò qui ancora una
volta?”. Giovanni fa cenno a Sejananus, con sguardo chiaro, in modo che costui
esclami: “Oh, sì sì, lo so, allora sicuramente senza tempesta!”.
55.
Più tardi il romano si stupirà spesse volte, come la sua vita insieme alla
nave avrà veleggiato intorno a molti scogli dell’esistenza. Quelli della sua
gente, che rimangono romani, mai disturbano quando egli ordina: ‘Servizio di
Dio e uno di buone maniere’. Gli schiavi, tutti cristiani, rimangono liberi.
Solo quando si deve ancorare, sono incatenati leggermente. Essi lo lasciano
fare volentieri; così non sono portati via dalla ‘nave della pace’, come Patmos
è ‘l’isola della pace’.
[indice]
۞
Un’infamia, un
buon giudizio e una terribile figuraccia
A Gerusalemme Maria è incalzata da Caifa per via degli scritti di Giovanni –
La minaccia e poi l’aggressione mentre arriva Cornelio e Venitrius – Caifa è
arrestato e poi liberato previa ammenda – La protezione di Maria – Cornelio
raduna il popolo e i templari – Caifa è sbugiardato – Il Consiglio del Tempio
si riunisce con Hannas che risolve l’accaduto ma medita sulla crocifissione
1.
“Ascolta!”. Cornelio trattiene
Venitrius, il quale ieri sera è arrivato in veloce galoppata. Quanto si
rallegra Cornelio, perché il piano è andato in adempimento. A Roma si
sistemerà, affinché rimanga ciò che lui ha avviato. Oggi s’incamminano per
andare da Maria, vanno a prendere gli importanti rotoli di papiro. Essi si
trovano davanti ad un’angusta porta che conduce nella sua casa. Davanti alla
casa stanno un paio di servitori del Tempio che scompaiono quando arrivano i
romani. Lasciando ‘quello’ in casa a vedere come se la caverà. Dentro si
sentono forti parole ingiuriose.
2.
“Fino ad ora, madre di un amico dei romani, sei rimasta indisturbata. Ah,
voleva essere il Messia, avrebbe resuscitato i morti, e non ha potuto impedire
la Sua morte sulla croce! Ora non perdiamo più tempo! Tu hai gli scritti che
dovevano servire come ‘Testimonianza del Messia’. Hahaha! Soprattutto quelli di
Giovanni, che mi era il più odioso. Costui siede già saldamente su un banco di
vogatori. Come amico dei romani remerà volentieri sulle galee. Dov’è la roba?
Consegnala!”.
3.
“A te io non la consegno!”. Maria si è alzata. Dopo lo spavento, quando ha
visto arrivare il visitatore del Tempio, sente in sé forza e certezza: la
salvezza si avvicina. COLUI, infatti, che lei ha potuto partorire e che la
elevò nella Luce proveniente dal Suo Spirito, l’aiuterà. “Puoi uccidermi, puoi
fare tutto, solo dopo potrai cercare. Ma non so se troverai il bene della
Salvezza!”.
4.
“Donna valorosa!”, mormora Cornelio. Nella destra tiene pronta la sua
spada. “Ebbene, aspetta solamente, mio Caifa, oggi faremo seriamente i conti”,
digrigna egli tra i denti. Sì, costui è il capo che si è permesso questo colpo.
Con sei dei suoi migliori servitori ha potuto prendere Maria, senza che avesse
dato nell’occhio. Non sospetta minimamente che gli spetta il cappio.
5.
“Per l’ultima volta”, s’infuria, “dà qua e sarai salva!”. – “Lo devo
credere?”, domanda Maria. “Le altre donne le hai portate nel Consiglio tutto
segreto, dove eri presente soltanto tu, Hannas e altri due. Io so tutto! Fa
quello che vuoi, portami via come punto culminante di tutta la tua cattiveria.
Hai fatto uccidere anche Nicodemo”. Lei non sa ancora niente della sua
salvezza. “Tu soltanto hai portato il nostro Dio sulla croce! Oh, tu, tu, che
cosa farà un giorno di te l’Altissimo?”.
6.
“Ancora un momento!”, dice il tribuno. “È da cogliere sul fatto!”. Ecco –
un grido dalla bocca della donna, uno sbraitare e una maligna risata. I romani
sono penetrati subito. Il templare, non più padrone di sé, spinge Maria a terra
e vuole proprio precipitarsi su di lei.
7.
“Fermo!”. Il templare salta su pieno di terrore. Venitrius lo strappa
indietro duramente. I legionari, che odono il baccano, entrano in casa. Per
primo Cornelio adagia Maria su una panca. “Calma, non piangere!”. – “Ti ha
mandato a me il nostro Signore”, singhiozza Maria. “Oh guai!”. – Si mette le
mani davanti agli occhi per trattenere le lacrime che vogliono continuare a
scorrere.
8.
Cornelio si rivolge a Caifa, il quale è trattenuto da due legionari: “Hai
di nuovo trasgredito l’ordine dell’imperatore. Ora la nostra pazienza è finita.
Hai molestato e offeso una libera cittadina, ebbene sappi: ancora siamo noi i
padroni, noi proteggiamo anche il popolo! E tu volevi rubare? Un sommo
sacerdote? Venivamo per far visita a Maria e abbiamo sentito che cosa hai
detto. La tua plebaglia si è dileguata velocemente quando ci ha visto arrivare.
Plebaglia che tu non puoi punire; in ogni caso li avrei cacciati via io.
9.
Come sacerdote – quale idolo servi tu, dunque? – Aggredire una donna?
Vergogna! Non trovare delle scuse, tu avresti soltanto.... Noi siamo due
testimoni; questi, secondo Mosé, valgono anche presso di voi, non è vero?
[Deut. 19, 15]! Non lasciatelo scappare, ho da dirgli ancora dell’altro”,
ordina al primo della fila. “Non ci scapperà. Dove lo portiamo?”. – “Nella
cella senza finestra presso la scalinata del tribunale!”.
10.
Cornelio non può giudicare Caifa; l’agitazione tutt’intorno sta diventando
– per i romani – quasi peggio della crocifissione del Signore, che
indubbiamente ha come conseguenza questo fermento. Egli vuole assestargli una
lezione, così che il templare se la ricordi. Si china ancora una volta su Maria
e le accarezza le guance. A Venitrius brillano gli occhi.
11.
“Sei stata coraggiosa come un uomo. Cirenio, che ti amava, ti chiamava ‘la
figlia del principe’, una di ‘prim’ordine’. Giovanni è stato salvato, per sua
protezione vive in arresto su un’isola. Nessuno gli potrà far nulla. Anche
Nicodemo è stato salvato; appena in tempo si è messo sotto la mia protezione,
quando gli sbirri di quest’odioso Caifa gli erano già alle calcagna. Oh, quanto
ha mentito in pubblico!
12.
Ti prego, dammi questi rotoli, li portiamo sull’isola. Là Giovanni potrà
mettersi al lavoro. Vedi, Maria, il tuo – no – il nostro Salvatore lo ha
disposto così. Io – come una volta ho incontrato il vostro Tommaso – così ho
incontrato anche Giovanni quando lo si voleva deportare. Ho
potuto salvare entrambi e – te, la più fedele di tutti quelli che appartengono
a Gesù. Ti prego, fa tutto quello che dico”.
13.
“Cornelio”, sussurra lei, “amo te e molti romani, come vi ama il Signore.
Quello che ordini, lo farò”. – “Prego, non ti ordino. Ti sono ben un amico?”. –
“Sì, ed io non ho dimenticato nulla di quanto è stato buono con me Cirenio, nel
Tempio e poi in Egitto”. Lei va nella camera accanto, dove dorme, solleva un
asse dal pavimento e prende dall’apertura una sacca di pelle, mascherata come
un otre da vino. Con questa torna indietro.
14.
“Ecco qui; saluta Giovanni, anche Nicodemo, e quanto sono felice che li
hai salvati”. – “Lo ha fatto il Salvatore, io sono stato solo il Suo piccolo
servitore”. – “Cornelio!” Maria gli si getta al petto corazzato e bacia il
tribuno sulle due guance. Abbraccia anche Venitrius, il quale lascia fare
commosso.
15.
“Và a prendere un reparto a guardia della casa”, dice a lui il tribuno,
“Potrà farsi sera, Maria, non lo so precisamente, ma prima di notte sarai fuori
di qui”. I cittadini di Gerusalemme si stupiscono quando vedono Caifa da
arrestato e si scansano intimoriti. I migliori si sussurrano: “Il tribuno è
buono, egli ha protetto la madre di Gesù dal sommo Consiglio”.
16.
“Prepara le tue cose”, esorta Cornelio. Maria si affretta, anche ai
legionari, che custodiscono lei insieme alla casa, offre pane e vino e della
buona carne. Giorni prima degli amici l’hanno provveduta con questo. Le guardie
si siedono all’ombra davanti alla porta e gustano volentieri il buon cibo. “Da
questa donna non entrerà nessuno, solo il tribuno e il suo comandante”.
* *
*
17.
Cornelio, alla presenza di Venitrius e dieci dei suoi migliori uomini, fa
portare il templare dinanzi a sé, libero di proposito. Egli si siede al tavolo
del giudice, stende un rotolo e scrive. Caifa guarda con indifferenza, con
rughe altezzose sul volto, ma interiormente brucia e borbotta. Come una serpe
gli striscia la paura nel cuore. Che cosa può scrivere ‘costui’? – Alla fine,
dopo un’ora, il romano ha finito, porge il rotolo al centurione e ordina:
“Leggi ciò che ho scritto!”.
18.
Venitrius, come testimone oculare, non lo può fare. Così non si può dire
poi che tutto è stato presentato diversamente. Il centurione scorre rapidamente
le prime righe, guarda il templare e il tribuno. “Leggi!”, ordina ancora una
volta. Ai romani sembra inquietante che possa succedere una cosa così. Essi
sono venuti solo adesso qui con Cornelio, e non sanno nulla di una
crocifissione e che cosa è accaduto da ciò. In questo modo essi sono in sé
indifferenti; tanto più pensano non influenzati.
19.
Dopo la lettura, sottoscrive Cornelio e Venitrius, anche il centurione,
perché ha letto ad alta voce il dato di fatto alla presenza dell’arrestato. Che
costui fosse rilasciato, il centurione non lo avrebbe mai pensato. Cornelio
conosce bene il suo uomo; più tardi lo leverà da un imbarazzo politicamente.
Egli si alza e dice molto duramente, la cara testa calda poteva di nuovo
‘bollire’. Questa volta si domina, perciò le sue parole producono l’effetto di
colpi di spada.
20.
“Nel nome della legge romana, condanno il sommo sacerdote Caifa di
Giuda-Gerusalemme al pagamento di diecimila denari! Il denaro è da versare a me
entro un mese. Per la tranquillità dei testimoni: il denaro non entrerà nella mia
cassa!”. – Egli riferirà all’imperatore che vuole usare i soldi dell’ammenda
per aiutare molta gente di Gesù. Cosa che più tardi l’imperatore anche
concederà.
21.
“Tu puoi andare, Caifa. Che non ti venga in mente di procurarti da qualche
parte la somma. D’ora in poi sei sorvegliato! Và, non voglio più vedere tali
vermi, mi fai ribrezzo!”. – Gli volta le spalle. Quando lascia la sala, tutti i
romani fanno lo stesso. La più grande ignominia che mai sia capitata al
templare.
* *
*
22.
Nel pomeriggio deve ingoiare una seconda pillola amara. Perfino il popolo
si irrita contro di lui. Nuovamente Cornelio ha schierato due coorti, ha
invitato la gente di Gerusalemme a venire pacificamente davanti al Tempio,
ognuno starebbe sotto la sua protezione. La gente viene volentieri, lui è quasi
l’unico romano del quale si ha fiducia e – si sentirà ben qualcosa di nuovo.
23.
Tutti i templari devono mettersi insieme. Caifa in mezzo a loro.
Completamente impotente deve obbedire all’ordine. Già! Roma lo può licenziare.
Con l’impiego di tutta la sua forza d’animo si mette di proposito davanti alla
schiera dei sacerdoti, fa come se volesse, come un giorno Aronne, benedire il
popolo. Le sue mani cadono giù, quando il tribuno, armato e a cavallo, arriva
con l’elite dei suoi soldati. Le coorti chiudono rapidamente il cerchio.
24.
Domina la quiete, come prima della tempesta. I capi hanno provocato
abbastanza spesso il romano. Certo – ci si vorrebbe liberare. Roma già da oltre
cento anni brandisce lo scettro, e non c’è sollievo, perché ‘marcia in tutto il
mondo’. Che cosa c’interessa dell’Iberia, cosa della Germania – e di tutti gli
altri? Devono andarsene da qui!’. Qualcuno serra il pugno, ma rimane molto
sorpreso quando Cornelio si leva alto sulla sella con espressione seriamente
benevola.
25.
“Popolo di Gerusalemme, oggi non parlo da romano, oggi voglio essere per
una volta dei vostri, perché si tratta di faccende vostre, faccende che io devo
chiarire”. – Santo cielo, quando mai ha parlato così un oppressore? Qualche
occhio brilla, qualche pugno si apre, anche se ancora non si sa di che cosa si
tratta. Cornelio continua a parlare, lo si sente fino all’ultimo estremo della
moltitudine accalcata.
26.
“Ho sempre parlato per voi! La Giudea, infatti, ha molti buoni uomini.
Questi, esistono in ogni popolo. Si deve soltanto imparare a riconoscerli. C’è
anche qualche mostruosità, uomini che disturbano la pace, costoro sono cattivi
e pieni di malignità. Siffatti uomini sono da giudicare. Essi sono il marcio
infamante della nostra natura umana.
27.
Ho potuto portare qualcuno, mediante bontà o severità, su una strada
migliore; alcuni rimangono cattivi per tutta la loro vita. Un tale tra voi si è
sempre ben mimetizzato, il suo titolo era il suo scudo, dietro il quale sapeva
nascondere la sua cattiveria. Molti di voi non hanno riconosciuto il Messia ed
Egli vi ha sempre soccorso. Spesse volte ero io testimone, quando operava
miracoli – quelli veri! Ma è stato duramente perseguitato; non ho bisogno di
dire chi Gli ha preparato la morte!
28.
Non interrompetemi gridando”, alza una mano, “che il procuratore avrebbe
fatto questo! Egli ha riconosciuto la Sua innocenza, lo ha dichiarato
pubblicamente – quattro volte! Voi, certamente sobillati, ne avete preteso la
morte – la morte del vostro Dio! Voi per questo avete barattato il vostro ‘Mene
tekel’. Questo non viene da Lui, e nemmeno da noi; lo dovete ascrivere a voi
stessi!
29.
Oggi scopro una grande ingiustizia. È successa questa mattina, qui nella
vostra città. Sono andato con il mio comandante in una casa ed ho sentito non
soltanto cattive parole. Abbiamo visto una cattiva azione. Uno tra voi ha
aggredito una donna”. – Grida d’indignazioni interrompono il tribuno. Egli
ordina di nuovo la calma. “Era una figlia di principi della casa di Davide. Che
cosa pensate? Che cosa si deve fare con tali persone?”. – “In carcere, se non
ha meritato perfino la lapidazione!”.
30.
“Noi non uccidiamo così velocemente”, risuona dall’alto del cavallo.
“Vorrei ci fosse armonia tra noi. Questo è difficile per la Giudea, cosa che io
posso comprendere. Ma chi io intendo, non l’ho nemmeno fatto fustigare
pubblicamente. Gli ho soltanto imposto un pagamento. È giusto questo?”. –
Poiché non si sa chi intende il romano, non si osa dire niente. Uno esclama:
“Questo è molto mite, ti ringrazio, tribuno”.
31.
“Non ringraziare troppo presto, c’è ancora dell’altro: un misfatto che voi
dovete conoscere. C’è un emerito con l’alto copricapo, che io chiamo davanti al
tribunale, come si è condannato pubblicamente il Taumaturgo. Come testimone
principale chiamo il superiore del Tempio. Caifa, vieni avanti!”. – Un terrore
s’impadronisce del popolo. Il sommo sacerdote è temuto. Da millenni gli è stato
inculcato: il primo sacerdote è il vero e proprio capo; così ci si spiega
perché non gli si vuole venir vicino. Cornelio lo sa già da lungo tempo.
32.
Caifa si volta indietro, ma già lo hanno fermato due legionari. Allora
grida selvaggiamente: “Con te, tribuno, non voglio aver nulla a che fare,
maledico te e il tuo popolo per l’eternità!”. – La maledizione è vietata; più
d’uno che si sentì una volta maledire cadde nell’alto Consiglio del tribunale!
La moltitudine è impietrita. Il tribuno parla tranquillo, come se volesse
conversare. I romani conoscono la sua maniera, ora c’è davvero la quiete prima
della tempesta.
33.
“Se mi maledici, è una faccenda tua, ricade su di te, perché mi ha benedetto
il SIGNORE, me e molti altri uomini che hanno imparato ad amarLo. Bada bene
come te la cavi con la maledizione – davanti a DIO! Il Quale l’ha proibita, non
è vero? [Matt. 5, 44]. Ora ho imparato a conoscere anche dei buoni sacerdoti,
soprattutto Nicodemo. Con lui vorrei volentieri parlare davanti a tutto il
popolo. Dov’è lui veramente?”.
34.
Caifa diventa grigio cenere. Nicodemo – forse i romani lo hanno …
Raccoglie tutte le forze, quando parla distintamente: “Egli è morto, ha
ricevuto la ‘parola funebre’ e molta gente ne è testimone. Domanda a loro!” –
“A chi, alla gente oppure a te? E dov’è sepolto? Lo devo sapere!”.
35.
“Egli è sepolto a Gadara, dove abitava”. – “Indicami i testimoni che erano
presenti”. – Per paura e senza una via di scampo, il templare diventa
furibondo. “Indaga tu stesso, hai abbastanza potere per questo, per opprimerci!
Così per te è facile presentare ingiusti testimoni”. È detto, e non si può
revocare; parecchi legionari, infatti, si fanno avanti e denunciano:
36.
“Poco tempo fa si è avvicinato a noi un sacerdote. Io”, dice l’oratore,
“vidi che altri due lo seguivano, ed altri venivano dopo di loro. Il templare
chiese la tua protezione, tribuno. Noi lo abbiamo portato da te. Quelli che lo
seguivano, presero la fuga. Che cosa è stato in seguito di lui, non lo so; so
solo che la tua giustizia lo avrà certamente aiutato”.
37.
“Vedremo”, dice Cornelio, per irritare Caifa. Così gli domanda: “Posso far
controllare le tue dichiarazioni e, se è necessario, invierò i controllori a
Gadara; questi mi porteranno la notizia dell’esistenza della tomba di un uomo
morto che si chiamava Nicodemo, ed era sacerdote qui nel Tempio.
38.
Non è però necessario! Egli era con me, vivente, e vivente sotto
pienissima protezione è stato portato via, dove la tua mano assassina”,
accentuato aspramente, “non potrà arrivare! Tu hai mentito pubblicamente al
popolo! Hai trascinato nel sudiciume, nel tuo, la cosa più sacra che fa
un sacerdote: ricordarsi nell’‘epilogo’ di un caro defunto! Che cosa ne dici
ora, popolo di Gerusalemme?”.
39.
I sacerdoti che diedero a Nicodemo quel consiglio, si fanno audacemente
avanti, al capo ora sfugge di mano il potere del Tempio. “Sì”, dichiarano i
due, “noi abbiamo seguito Nicodemo, perché gli sbirri appostati avevano già
l’incarico di ucciderlo – Gli consigliammo di mettersi sotto la tua protezione,
tribuno”.
40.
“Io vi elogio”, dice Cornelio amichevolmente. “Mi preme farvi sapere che
Caifa questa mattina ha aggredito la madre di Gesù. Egli ha fatto trascinare
anche Giovanni alle galee con l’inganno. Io l’ho salvato, con Nicodemo e anche
altri. Riconoscete come vi sono ben disposto io e molti dei miei romani? Poiché
i vostri capi sempre hanno istigato la gente, solo per questo motivo venivano
alcune severità che avremmo volentieri evitato. Sì sì, come risuona nei boschi,
così risuona anche fuori!
41.
Caifa”, si rivolge di nuovo a costui, “e adesso? La tua tomba è
vuota – ancora! A favore della Giudea sarebbe molto consigliabile annientarti.
Non hai bisogno di vacillare”, schernisce il tribuno, quando si deve sorreggere
il superiore, “io non ti ucciderò, nemmeno Roma. Il tuo stesso popolo saprà che
cosa dovrà essere di te! Ecco, per me è schiuso! Devi pagare la tua ammenda, se
non direttamente a me, allora a Marcello, che tra non molto verrà qua; la
prenderà lui per me.
42.
Ora potete andare; io spero che ognuno sappia di che cosa è debitore al
suo popolo. In bontà d’animo vi metto in guardia, perché altrimenti …”. Un
segnale, e la truppa si mette in marcia a tempo. Cornelio fa di tutto per
mantenere il sostegno, di cui ha bisogno, alla già un po’ vacillante Roma. Ha
preso i giudei dal lato migliore.
* *
*
43.
Caifa è portato nel Tempio. Quando è seduto sul suo seggio, per il quale
ha sacrificato tutto, anche … il SIGNORE! Si alza di scatto e aggredisce i
sacerdoti che hanno aiutato Nicodemo. “Se non apparteneste a noi, vi farei …”.
Ingoia ciò che gli farebbe perdere l’ultimo rispetto dei suoi fratelli.
44.
Un dignitoso rabbi si alza. Lui non è amico di Gesù, ma ha riconosciuto
che il Nazareno superava in potere e sapere tutti gli uomini. Hannas, che a
causa della sua età compariva raramente nel Consiglio, ora è presente. Gli rode
molto, fino all’odio sfrenato, perché il romano ha portato la ‘faccenda’
davanti al popolo, cosa che …era da portare solo nel Tempio!
45.
Che Caifa abbia aggredito la madre di Gesù, non gli interessa; ma che lo
si abbia colto così di sorpresa, non lo perdonerà mai ad un romano. Al rabbi
non è bendisposto nessuno che ebbe anche solo una volta guardato il Maestro. Ah
– Egli è spacciato! Mai crederà che Gesù sia potuto risorgere e ascendere al
Cielo. Fandonie! Nel frattempo, il rabbi comincia a pensare di salvare ciò che
è ancora possibile salvare.
46.
“Cari fratelli, sommo sacerdote, mi è difficile sistemare la faccenda. Che
io mantenga fedeltà al nostro Tempio, al superiore, come a tutti quelli che
appartengono a noi, non lo devo menzionare. Ad una tale ignominia si deve
guardare nell’occhio, per cancellarla. Quello che Caifa ha fatto con quella
madre, rimane indiscusso, ma non che ci ha proprio mentito in faccia che
Nicodemo sia morto. Questo è stato veramente grave! In questo, comprendo il
romano di portare davanti al popolo la faccenda, faccenda che è diventata una
vergogna per tutti noi!
47.
Non mi stupirei se solo poche persone venissero nel Tempio, e le cassette
delle elemosine rimanessero vuote. Non considero soltanto questo, e sia il
secondo punto; il primo punto è: come devono aver rispetto di noi e credere nel
nostro insegnamento, se – se – – non pensate che io prenda in considerazione
solo il popolo. Oh, no! Per me, per primo viene il Tempio”, egli dimentica di
dire: per primo viene Dio! “Ed ora bisogna discutere come possiamo placare il
popolo e, di nuovo, portarlo nelle briglie.
48.
Non ha senso adesso andare avanti contro Roma. Se solo una volta è
cresciuta l’erba su questa faccenda, allora, con prudenza, possiamo spargere la
nostra semenza. Questa spunta. Di ciò potete esserne certi! Il tribuno
ha preso la moltitudine molto saggiamente, era la bontà stessa, esteriormente;
ma che con ciò non volesse aiutare noi, bensì Roma, mi è diventato subito
chiaro.
49.
Dappertutto fermenta. Abbiamo quindi tempo. Io propongo: qualcuno ci
domanderà perché il sommo sacerdote ha fatto questo, e ci tributerà poco
rispetto. Questo è comprensibile. Ebbene – da bocca ad orecchio noi annunceremo
che Caifa è stato molto malato e voleva andare a prendere dei maligni scritti
dell’odiato Nazareno presso la madre, la quale tradiva il popolo a Roma. In
questo modo il primo punto è facilmente raggirato.
50.
Non la faccenda con Nicodemo. Lasciamo andar via il tribuno. Ho sentito
che Pilato sarà presto allontanato. Con un nuovo procuratore di solito vengono
persone nuove, le quali sanno poco dell’accaduto. Facciamo annunciare in
segreto che il tribuno ha portato via Nicodemo, dove – non lo sappiamo. Per
giocare un brutto tiro a noi templari che lui odia – come noi, naturalmente,
lui, e Roma – si sarebbe inventato tutto, e Nicodemo sarebbe morto. Noi lo
dovevamo credere; per questo gli sarebbe stato tenuto l’epilogo.
51.
Quindi guadagniamo due cose: Caifa viene di nuovo considerato e noi
addossiamo tutta la colpa al romano. Possa egli vedere come la spunterà! Adesso
è meglio se Caifa si mette da parte. Poiché facciamo trapelare che è stato
malato, si crederà che non sarebbe abbastanza in salute per esercitare già di
nuovo la sua funzione”.
52.
Si rivolge al superiore: “Perché hai vacillato quando il tribuno ti ha
offeso davanti alla folla, è presto spiegato. Ti doveva colpire, perché tu
fossi diffamato pubblicamente! Allora anche il più forte diventa per una volta
debole. È meglio che fingiamo come se la cosa non ci riguardasse per nulla. In
sostanza questo è vero. Un giorno anche Roma andrà in rovina, e noi …”.
53.
Il rabbi all’improvviso tace. Non lo guardano occhi severi? Quelli che
egli aveva incontrato ed hanno lasciato una potente impressione? Lui, lo
scriba, si era sbarazzato di questa impressione. Spesse volte però emergono
quegli Occhi davanti a lui: ‘Gli Occhi di un Dio, al Quale non puoi sfuggire!’
È questa una Parola dall’esterno? È interiore, in lui?
54.
Il rabbi non aveva augurato a ‘LUI’ la morte sulla croce; egli si era
tenuto fuori, quando lo si consultò su quale morte si doveva pretendere da
Pilato. Ma attaccato al “salomonico”, questo limitò la vista. Oggi batte alla
sua anima: «Se foste ciechi, allora non avreste nessun peccato; ma ora voi
dite: ‘Siamo veggenti’, allora il vostro peccato rimane!». [Giov. 9,41]. Ogni
peccato e bestemmia è perdonato all’uomo – che si pente, ma la bestemmia contro
lo SPIRITO non viene perdonata’ [Matt. 12, 31]. Egli astuto aveva chiesto al
Signore quale Spirito Egli intendeva.
55.
Il Salvatore disse brevemente: «Tu sei versato nella Scrittura e lo
dovresti sapere: DIO è SPIRITO, l’Unico! Chi sa che Egli esiste, e Lo
bestemmia, a lui rimane il peccato. E chi parla e agisce contro la migliore
conoscenza, bestemmia quella parte dello Spirito che il Creatore ha dato ad
ogni uomo!». – ed era andato via.
56.
Come se il SIGNORE adesso stesse dinanzi a lui, così sente quella buona
Voce che non ha ritrovato da nessuna parte. Troppo tardi! Rabbrividisce.
“Riflettete su tutto ciò che vi ho consigliato”. – Egli abbandona la stanza e –
cerca Maria, ma non la trova più. Dopo alcuni giorni conosce gente che
appartiene al Salvatore. La incontra in segreto ed è come se gli fosse
perdonata la bestemmia contro Dio e il proprio spirito. Fardelli si distaccano
dall’anima...
57.
Detto in anticipo: Caifa non vivrà più a lungo, diventa sempre più
offuscato, il suo corpo deperisce. Malato, muore nel delirio e nella
solitudine, una morte colma di amarezze.
[indice]
۞
Maria è protetta
– Il cambio del procuratore – Buon comportamento
Cornelio invita Maria a Patmos e, nel frattempo, per proteggerla la fa
portare a Capernaum – Pilato lascia l’incarico al nuovo Pontius – La casa di
Maria ritorna ai proprietari – Sulla galea di Cornelio in viaggio – Da Patmos
vedono arrivare la nave, poi l’incontro con la Madre Maria
1.
“Sei pronta, cara buona madre?”. A
Maria vengono ancora una volta le lacrime. Fin dall’aggressione mattutina è
ancor sempre fortemente oppressa. “Non piangere di nuovo!”. Consolante,
Cornelio preme la madre al suo cuore. “Le mie lacrime sono il mio
ringraziamento a Dio e anche a te”, dice con semplicità Maria.
2.
“Sono pronta”, indica alcune cose impacchettate. Cornelio ordina a due
legionari: “Venite, aiutatela, lei ha bisogno della nostra protezione”. Dispone
ciò che deve essere caricato sul carro da mulo e in più ciò che Maria ha
avvolto insieme. Quattro forti animali sono attaccati al carro, Maria ha ancora
un buon posto sullo stesso.
3.
Si fa sera. Alcuni sfaccendati stanno guardando ciò che avviene. “Sono
venuti a prenderla!”. – “Costei è la madre del traditore che è stato messo in
croce”. – Un altro dice: “Se fosse capitato a te? Ho visto come il Nazareno ha
fatto veri miracoli, Egli ha guarito anche mia sorella. Perciò io credo in Lui.
4.
Il romano la proteggerà sicuramente. Avete sentito oggi che cosa si è
permesso di fare il superiore? Nicodemo, ah, un pezzo forte! Io non sono amico
dei romani; ma quanto spesso ci ha aiutato il tribuno. Egli ci protegge perfino
dalla nostra stessa gente!”. – L’uomo si gira e se ne va, grato che è venuto
alla vera fede, fede che non si trova più nel Tempio di Salomone.
5.
Nel frattempo tutto è caricato. Tre decuri a cavallo circondano il carro.
Il tribuno accompagna la truppa fin oltre Gerusalemme, Venitrius accanto a lui.
A Gibea fanno la prima sosta, la notte è avanzata. Ancora si riesce a trovare
una casa dove dimora ‘gente di Gesù’. Con gioia accolgono Maria. Al decurio del
primo gruppo è stato ordinato:
6.
“Scubatus, porta tu la madre a Capernaum, cerca una casa vicino alla baia.
Là rimanete finché vengo io. Prima devo aspettare il nuovo Pontius. Una decuria
sorvegli la madre e la casa, l’altra sia al servizio esterno; tu sai cosa
significa questo. Di volta in volta la terza ha poi riposo. Se incontrate dei
superiori, allora appellatevi a me. Presta attenzione che la madre, strada
facendo, non sia troppo affaticata”. – Il tribuno può fidarsi della gente
scelta.
7.
Egli domanda a Maria: “Vuoi essere presso Giovanni? Hai riferito che il
‘caro Signore’ sulla croce vi ha ancora detto: ‘Vedi, ecco tua madre; vedi,
ecco tuo figlio!”. – “Ma dov’è?”. – “Su un’isola”. – Egli non la menziona.
Maria non è ancora abbastanza sicura dagli sbirri: ‘davanti a quella genia’,
nel romano, tutto ancora una volta freme.
8.
“Un’isola? Io non so… ma voglio fare ciò che tu ritieni giusto. Vi si
chiama nemici, è anche accaduto molto, cosa che doveva provocare il popolo.
Molti di voi però hanno riconosciuto Gesù, il mio… il nostro Signore e Dio,
anche tu fedele amico. Là scompare ciò che separa i popoli. Se tutti credessero
che esiste quella pace di cui il Salvatore ha sempre parlato”.
9.
Cornelio sospira, pensa alle differenze tra Roma e la Giudea, tra… Egli
stringe le mani di Maria e dice col cuore: “Sia affidato a Colui che hai potuto
portare nel tuo cuore, che però ha portato e porta noi, eternamente nel Suo
grembo!”. – Parola di romano, in un tempo in cui ‘la Luce data di nuovo’
comincia solo lentamente a splendere tra gli uomini.
* *
*
10.
A Maria è provveduto fedelmente; dietro di lei si trovano sempre alcuni
legionari, nessuno osa farle qualcosa. Perfino la gente di Hannas, che la
doveva prendere, tornano indietro alla svelta. Il tribuno furibondo ride tra
sé, quando lo viene a sapere. “Devo portarla sull’isola, almeno per un po’”.
11.
Il cambio del procuratore avviene già dopo tre settimane. Marco e Marcello
sono contenti di vedere il tribuno. A Pilato essi non fanno sentire che
veramente è arrestato. Molto presto di mattino una piccola truppa a cavallo
lascia la città; essa circonda il carro nel quale siede Pilato. È seriamente
malato. Non c’è da stupirsi! Il ‘focolare dei disordini!’ come perfino a Roma
si chiama la Giudea, gli ha dato troppo da fare. Gli ha dato tanto da fare che
non poté più resistere ai giudei quando si esclamò quel raccapricciante
‘crocifiggiLo!’.
12.
Egli ha consigliato al nuovo Pontius una ‘morbida severità’, “altrimenti
ti andrà come a me; ti travolgeranno! La gente in sé sarebbe facile da guidare,
i superiori sono gli avversari di Roma! Con loro non la spunti”. – Rivolto a
Cornelio: “A te profetizzo, senza essere un profeta: i maligni templari – ci
sono anche i buoni, come ovunque – ancora ti avvolgono una corda. Non voglio
sapere quale altra ‘visione’ sarà data alla tua azione davanti al Tempio. Fa
bene attenzione!”.
13.
“Questa non mi tocca! La corda sta meglio a loro che ad un romano oppure a
me. Ma a te, Pilato, auguro la Pace del nostro Signore”. – Se soltanto fosse il
mio, pensa egli triste. Mai mi accoglierà a Sé, io – oh, – ho mancato
completamente! È come se Cornelio vedesse i pesanti pensieri.
14.
“Abbandonati a Lui”, dice egli tanto sinceramente che al deposto scorre
una lacrima dagli occhi. “Lui perdona la tua colpa, tanto più che non tu
volevi il giudizio. Egli è il Salvatore che guarisce le ferite che spesso noi
stessi ci causiamo”. Uno sguardo indefinibile colpisce il consolatore. Pilato
monta sul suo carro, rimane raccolto in sé per delle ore. Anche a lui però –
altrettanto preannunciato – attende la completa redenzione prima della sua
morte.
15.
Cornelio discute con il nuovo Pontius e gli impartisce qualche buon
consiglio, cosa che veramente, non sempre è tenuto in conto. Con un manipolo si
va a Capernaum. Parecchie coorti rimangono a Gerusalemme e sostano nelle
vicinanze, per aiutare il Pontius nel caso servisse un intervento militare.
16.
Maria saluta il tribuno come una madre saluta suo figlio, mentre potrebbe
essere lei la figlia. Ma è così ‘celestialmente’ materna, dice l’uomo. Anche nella
città la si chiama ‘madre’. Naturalmente, la voce si diffonde, per chi già non
la conosce che è la madre di Gesù, la madre dell’‘Uomo dei miracoli della
Galilea’, come molti altolocati giudei Lo chiamavano sprezzante.
17.
Ci si ricorda di ‘molte azioni che il Signore ha fatto’ [Giovanni 21, 25],
si portano parecchi doni a Maria e, con l’occasione, ci si fa spiegare chi
veramente è stato il Signore. “Nostro Dio, il Creatore del Cielo e della
Terra!”. – I soldati riposano un po’ di tempo, ma poi Cornelio li deve di nuovo
inviare ai posti; tiene in ogni modo sempre con sé soltanto due decuri.
18.
“Che cosa facciamo, Maria?”, le chiede la sera. – “Vengono sempre dei
soppiattoni e non tutti si fanno catturare. Non posso nemmeno usare le truppe
per scopi privati. Qui e lì è possibile, solo che sono ancora in dovere. Anche
a Roma ci sono eunuchi che vorrebbero danneggiarmi molto volentieri. Ma se sei
portata via per un po’, allora il cercare te si calmerebbe. Se non puoi
ambientarti, esistono sempre delle occasioni di portarti via dall’isola. Allora
si troverà un luogo dove rimarrai indisturbata. Soprattutto: tu e Giovanni vi
rivedrete una buona volta”.
19.
“Vengo con te; a te, Cornelio, non deve accadere nulla. Che cosa faccio
ora con la casa? Me l’hanno quasi regalata”. – “Restituiscila! Più tardi se ne
troverà un’altra. Finché io vivo e mi è possibile, baderò a te. Dopodomani
partiremo. Sei d’accordo?”. – Maria fa cenno col capo. È del tutto
comprensibile che lei non è libera da preoccupazioni.
20.
Tutto è in ordine. Coloro che lasciarono a Maria la casa, dicono subito:
“Quando tornerai, allora la otterrai di nuovo. Essa rimane tua proprietà, anche
se vi abiterà qualcuno”. I samaritani sono gente pronta ad aiutare; non per
niente la parabola di Gesù del buon samaritano [Luca 10, 33; 17, 16]. –
* *
*
21.
La regione del nord è libera dai ribelli e gli uomini respirano
liberamente. È vero che si deve tollerare ‘l’aquila romana’; ma più gravi sono
le paure che portano con sé le orde selvagge. Si preferisce pagare il tributo,
chiudere un occhio su certe cose, ma si è protetti. Perciò presto si arriva a
Tiro. La galea con il nome del tribuno giunge solo dopo il loro arrivo.
22.
“Ero di servizio”, riferisce Sejananus, “c’erano da portar via truppe
importanti, anche se la nave appartiene a te”. – Cornelio sorride: “Ti ho
sgridato? No, amico mio! Inoltre sono d’accordo, domani rimaniamo qui, soltanto
dopodomani mattina si parte. In questo tempo i rematori si saranno riposati. E
ancora – non cadermi a terra – ho una donna con me”.
23.
“Una donna? Ehm, sei vedovo, ma ….” – “…da uomo vecchio”, interrompe
Cornelio. – “Per nulla! Ti misuri ancora con i giovani, particolarmente nel
dovere!”. – “Metti a te stesso l’alloro al tuo elmo! Detto in breve: tu sei un
amico del Nazareno; io ho con me Sua madre”. – “La madre? Perché?”. – Cornelio
riferisce come ha potuto preservarla dall’ignominia, ciò che induce Sejananus
ad esclamare frammezzo: “Queste canaglie!”.
24.
“Hai ragione! Il popolo ha molti uomini buoni e anche donne; ed ho
imparato a conoscere superiori da un lato migliore. Purtroppo adesso sono i
sommi, ai quali la Giudea è ora sottomessa. Il loro potere non è così facile da
vincere. Ma un giorno succederà; soltanto, non voglio sapere quale conseguenza
avrà – anche per noi”. A questo, il capitano fa cenno col capo. Roma è ancora
al primo posto, ma la base, i responsabili, sono diventati troppo teneri.
Presto o tardi – Cornelio interrompe la riflessione.
25.
“Fa preparare la mia stanza sulla galea per Maria. Quale unica donna a
bordo…”. – “Sarà fatto; e il suo nome è Maria? Suona come casa paterna e come
focolare, dove si può trovare la quiete da tutte le odissee di questa vita”. –
“Anche questo, Sejananus. Soltanto – l’alta Casa paterna è presso Dio, nel
Quale possiamo credere. Quando quella volta venni a conoscere tutto, il grande
angelo, che come uomo era venuto da noi, aprì la Casa paterna, riferì a me e a
Cirenio qualcosa di meraviglioso, anche di un ‘Focolare’ che sarebbe l’Altare
di Dio”.
26.
“Hm, altamente considerevole”. – “Appunto; ecco, bisognerà arrampicarsi e
non stancarsi per chi vuole raggiungere la meta”. – Essi sono soli nella
taverna. “Quello che ti volevo chiedere”, comincia nuovamente il capitano, “io
credo che GESU’ sia stato un Dio, oppure il Dio, dopo tutto quello che
ho sentito di Lui fino adesso. La testimonianza più valida per me proviene da
te, tribuno. In questo non mi muovo. Soltanto… se Egli è, oppure era, quel
sommo Dio, come è potuto nascere, così, come un piccolo fanciullo? Questo non
lo comprendo completamente”.
27.
“Anch’io non lo capivo, quando lo annunciò l’angelo. Poi però, quando in
Betlemme, dove Egli ‘nacque per questo mondo’, vidi il Fanciulletto, i Suoi
meravigliosi Raggi e…”. Cornelio racconta cosa accadde e come Cirenio salvò il
fanciullo e la famiglia. – “Vedi”, dice ancora, “non si può comprendere del
tutto il santo Mistero, come uomo, io intendo. La nascita umana del Signore era
solo un atto esteriore e non aveva nulla a che fare con la Divinità stessa,
come spiegò l’angelo.
28.
Solo a causa di una caduta, che un giorno sarebbe avvenuta, alla quale
però pendeva anche l’umanità, Dio prese su di Sé questa via. Quanto il
Salvatore sia stato DIO, l’ho sperimentato altrettanto spesso. Oh, Sejananus,
qualche volta mi afferro il capo tra le mani e chiedo: perché dunque tu, con i
tuoi molti errori?”.
29.
“Nessun uomo è libero da errori”, dice il capitano, “ed io – hm – sarei
completamente svanito, se Lo avessi potuto vedere”. – “Non saresti svanito!
Egli ha accolto i più grandi peccatori, se soltanto ardeva una scintilla di
pentimento nel cuore. Due volte deve essere stato severo: quando scacciò il
male dal Tempio, rovesciò i banchi dei cambiavalute e la gente si arraffò il
denaro e ci sarebbe stato molto chiasso. E Lui aveva ragione! Nelle nostre
feste pagane, spesso non molto belle, mai è tenuto un mercato, da ciò, io
intendo, non nel Tempio stesso [Matt. 21, 12].
30.
La seconda volta rimase lontano da quelle città che Lo scacciarono con
ingiurie. Quando Gli si chiese perché le avesse respinte, rispose che era
venuto ‘dai perduti’ [Matt. 18, 11], qui dovette essere diventato santamente
serio, tanto che la gente si nascose da Lui. Egli deve aver detto: ‘Non entro
da loro, affinché non commettano una seconda volta questo peccato su di ME. Da
questo li voglio preservare, e voglio attendere finché siano loro a
venire da Me!’.”
31.
“Questo è… questo non si può mai comprendere sulla Terra”. – Il marinaio
medita dentro di sé. Alla fine guarda Cornelio: “Si è fatto tardi. Andiamo a
dormire. Io mi rallegro di te e forse anche il nostro Dio”. Anche l’oste della
taverna si strofina gli occhi quando porta gli ospiti alle camere che ha
preparato per loro.
* *
*
32.
Il giorno successivo caricano la nave. Il capitano mette in ordine la sua
stessa piccola cabina per Cornelio. Quando gli schiavi sentono che verrà
insieme la ‘madre del loro Signore’, intonano un canto della loro patria
lontana. Malinconicamente risuona sul paese, e le onde rimandano qualche suono.
Tutti gli uomini sono già a bordo. In ultimo arriva Cornelio. Conduce
attentamente Maria per mano. Dietro di loro Venitrius con i due decuri. Prima
che si fa giorno, la nave deve già aver preso rotta.
33.
Questa volta c’è un buon vento. La galea va avanti come una freccia.
Nessun soggetto maligno dà fastidio. Gli addetti alla vela, che fanno il lavoro
più duro, non si possono definire gentili, ma – quando Maria appare in coperta,
ognuno vorrebbe prestare un qualche aiuto. Uno la tiene ferma, affinché non
cada col movimento delle onde, un altro va a prendere un telo: “Splende il
Sole”, dice impacciato “ma tu sei della terra ferma, allora il vento ti può far
male”. E così parecchio ancora. Sejananus lo permette con un lieve sorriso, e
Cornelio si rallegra molto di questo. “Brava gente”, dice a Venitrius, “non
avrei pensato che i ragazzi avessero ‘lati teneri’.”.
34.
“Con quel turbine tempestoso si sono anche provati”, sminuisce un po’
Venitrius. – “Certo, perché avevano bisogno l’uno dell’altro. Comunque…, per me
è una gioia quando vedo certe azioni; e allora penso…”. Il tribuno fa una
pausa. – “Che cosa?”, gli è chiesto. – “Non so se va bene. Ah, arriva Maria,
lei potrà dire se il mio pensiero è giusto”.
35.
Maria sente le ultime parole. “Che cosa ti preoccupa?”. Domanda lei
benevolmente. – “La Dottrina di Gesù, che Dio ha dato agli uomini uno spirito e
un’anima. Se entrambi sono Suo dono, allora entrambi sono buoni”. – “È
esatto!”. – “Gli uomini che devono combattere in guerra e sul mare, diventano
duri, cosa che è certamente comprensibile. La maggior parte… ma sì, non ne
parliamo.
36.
Che all’improvviso abbiano dei lati teneri, come ora per te, Maria, allora
penso: lo spirito ha il suo diritto, oppure anche l’anima, il bene appunto, che
il Creatore ha dato ai Suoi uomini. Il bene quindi non è morto, e
all’improvviso germoglia verso l’alto, come un fiorellino dalla terra. Anche
loro sono figli di Dio, nonostante la durezza del carattere”. – Cornelio guarda
Maria con sguardo interrogativo.
37.
Lei si china verso di lui. “Amico, questa è una Verità della Luce! Oh, se
tutti gli uomini pensassero anche così, quanto volentieri essi apprezzerebbero
il bene, quanto più facile sarebbe per molti! Da questo sarebbero toccati anche
i duri, perché con parole dure, raramente si ottiene qualcosa”.
38.
“Come con la mia testa calda”, balza in piedi Cornelio. “Ho pure detto a
Simeone: se io avessi capelli grigi… allora… E a volte ancora freme
fortemente”. – “Non fa nulla, se non demolisce gli argini del cuore. Questo a
te non è mai successo! Se tutti fossero pronti a soccorrere come te… Abbiamo
dei superiori che riconobbero in segreto Gesù, perché temevano Caifa e Hannas
[Giov. 12, 42]. Tu, un romano, lo fai pubblicamente e senza paura”.
39.
“Sono stato educato a questo, cara madre. Posso comprendere i superiori.
Che scopo ha se incorrono in una scomunica, oppure nella morte? A prescindere
da questo: come uno della guarnigione io posso facilmente dimostrare il
coraggio. Lo avrei fatto se non ci fossi stato educato? Oppure, piuttosto,
ancora: se non avessi trovato il Salvatore?! La Sua Forza è in me!”.
40.
Un meraviglioso riconoscimento! Maria accarezza delicatamente la guancia
del tribuno. “Tuttavia il tuo stesso essere deve anche farsi valere. Ti sei
sempre sforzato di essere giusto”. – “Un uomo ingiusto è per me un abominio.
Purtroppo in questo mondo, per quanto ho imparato a conoscere, ovunque esiste
molta ingiustizia; e da questa proviene la sofferenza degli uomini”. – “Lo si
può cambiare?”, chiede scettico Venitrius. – “Ancora no e per tanto tempo
ancora no!”. Sospira Maria. “Gesù, il nostro Signore, ce l’aveva annunciato”.
[Matt. 24,12]
* *
*
41.
Su Patmos si va alla riva. “Già di nuovo qualcosa!”. Il comandante
dell’isola ha l’aspetto cupo. Solo poco tempo fa la galea di controllo, e il
comandante ostentava il potere. “Gettate i giudei in mare”, aveva inveito.
“Come mai sono qui? Questi sono spioni!”. – Quando il comandante dell’isola si
richiamò al tribuno, la fronte divenne corrugata. “Io devo denunciare questo!”.
Tutti avevano tirato un respiro di sollievo quando il controllo era di nuovo
salpato.
42.
“Non andranno molto lontano”, Giovanni lo aveva confidato al comandante.
“Vanno a fondo?”. Nessun pio desiderio. “No! Ma la ‘lezioncina’ è sufficiente,
e la sua denuncia non troverà il giusto orecchio”. – “Così nemmeno di te e del
tuo amico”. – È inteso Nicodemo. Presto è stato riconosciuto che i due sono
diversi da come si sente in giro sui giudei. Ora il comandante fissa il mare,
sul quale la nave si sta già avvicinando.
43.
Uno con un occhio molto acuto esclama: “Quella è la ‘Cornelia’, la vedo
nella sua struttura!”. – “Se questo è vero, riceverai da me un salario extra”.
Presto il comandante vede che è la ‘Cornelia’. Fa chiamare Giovanni e Nicodemo,
i quali al primo avvistamento sono stati mandati nella torre. “Per la loro
protezione”, dice lui. “È meglio se nessuno vi veda”.
44.
Giovanni ‘sente’ venire una grande gioia. Con Nicodemo corre in fretta
alla riva. “È lui!” –Nicodemo non può più vedere bene a causa della sua età.
“Cornelio?”, chiede. “Se è così, allora sarà per noi una gioia. Un giorno ho
conosciuto Cirenio, un uomo di straordinaria finezza, e Cornelio gli somiglia
precisamente, intendo nell’animo. Per me è un buon amico. E quelli a casa”,
spira un po’ di malinconia al pensiero della patria, “se riconoscessero come
egli è, sarebbero molto alleggeriti. Tuttavia i romani migliori sono mandati
via”.
45.
“Purtroppo! Vedi, Nicodemo, il Signore aveva buoni amici, spesso più
romani che presso il popolo. Ora lo comprendo: Lui, Gesù-Dio, non apparteneva a
nessun popolo. Anche se è nato da noi per uno scopo sublime. Abramo, il
patriarca, quando Melchisedec lo incontrò nella grotta e portò dal nascondiglio
pane e vino, aveva già allora riconosciuto la vera Immagine: ‘Senza padre,
senza madre [Matt. 12, 48] senza inizio di una creatura. Il Re di Salem!’ [Gen.
14, 18]. Questo si riferisce del tutto a Gesù, ed è ancora rivelato che EGLI
era Melchisedec stesso [Ebrei 7, 1-3].
46.
“Davvero?”. In seguito a ciò, a Nicodemo passa ancora un brivido nel
cuore, se pensa a quando Gesù parlava benevolmente con lui, quando lo visitò di
notte [Giov. Cap. 3]. Giovanni fa cenno col capo. Il suo occhio splende in
grande lontananza, tale che nel mondo non esiste cosa simile. Nicodemo vede il
raggio di luce e pensa: ‘È un veggente di Dio!’.
47.
Due imbarcazioni costiere escono. Nel porto deve essere migliorato
qualcosa, poiché ci sono delle galee da far passare. E dei pescatori festosi
arrivano correndo. I giudei possono entrare nel porto per salutare gli amici.
Ci si stupisce quando compare una donna in coperta. Ebbene, delle donne romane
hanno già fatto viaggi sulla nave, ma mai verso un’isola d’esilio. Là esse non
hanno nulla da fare. Meno con gli occhi ma più col cuore, Giovanni vede per
primo ‘chi’ è lei.
48.
“Maria! Maria!”. Lei sente il richiamo e fa cenno con un fazzoletto. “Ma
chi è?”, chiede il comandante. – “La madre di Gesù, di Colui che ti ho
parlato”. – “Ehm, ehm, che cosa vuole lei qui?”. – “Non lo so. Non dovrei
stupirmi se anche lei è in arresto per misura di sicurezza”. – “Ti prego,
tuttavia nessuna donna!”.
49.
“Tu non conosci la parte superiore dei giudei che possiede il potere; e
credimi: il Potere della Parola può essere molto più tagliente che quello della
spada! [Ebrei 4, 12]. Chissà che cosa è successo”. – “Qui non posso far niente
con una donna, deve abitare presso gli isolani”. – “Si troverà la soluzione”,
dice Nicodemo, il quale si rallegra per Maria. “Lei ben difficilmente rimarrà
per sempre, questo è nulla per tale delicata donna, come lo è lei”.
50.
Nel frattempo la galea approda. Sono spinte avanti delle larghe tavole e
Cornelio per primo mette piede a terra, con Maria, che lui sostiene con cura.
“Figlio mio!”. – “Madre mia!”. Un doppio grido che penetra nell’anima degli
uomini rudi. Quelle Parole che il Signore pronunciò ai due dalla croce. Perfino
al comandante ‘acceca un sole’, egli nasconde per se stesso il piccolo bagno
degli occhi.
51.
Anche i rematori possono scendere a terra. Essi si gettano ai piedi di
Maria con mani sollevate per riverenza. – “Alzatevi, voi cari”, dice lei
dolcemente. “Pieghiamo le ginocchia solo davanti a Dio. A LUI eleviamo le
mani. Soltanto LUI invochiamo in umiltà”. E così è comprensibile che i
poveri, i quali non possiedono altro che il loro perizoma, alla vista di questa
donna pura che agisce come un’ancella, devoti cadano in ginocchio. Uno che
conosce l’ebraico osa dire:
52.
“Stare in ginocchio dinanzi a te, è come stare d’innanzi a Dio, il Quale
ti ha scelta per portarLo come Fanciullo. Tu sei…”. – “No, cari fratelli!”,
Maria pone allo schiavo una mano sul capo chino. “Non esprimere ciò che
pensi. Io sono una persona come te, a me non spetta nessuna lode e nessun onore.
Questo tocca all’Altissimo, al nostro Dio da Eternità in Eternità! Anch’io
m’inchino dinanzi a Lui. Amate e onorate Lui di tutto cuore, e fate del bene
finché vivete”.
53.
Queste parole fanno il giro dell’isola, e più tardi per Giovanni è cosa
facile convertire la gente. Una donna si fa avanti: “Vuoi venire con me? Tuo
figlio”, essa non conosce il legame e pensa soltanto: una giovane madre e un
figlio così ‘vecchio?’. Giovanni sembra più vecchio di com’è, cosa che deriva
dalla sua maturità celeste. La donna però non domanda altro.
54.
“Come decide il tribuno”, ringrazia affettuosa Maria. – “Sì, va con lei”,
dice il romano. “Riposati prima; poi ti mando a prendere”. È adirato, quando
sente del controllo. Lui non ha paura di cadere a Roma; inoltre, ha solo bisogno
di dimettersi dal servizio. “Ne discutiamo; per il momento sono lieto che siamo
arrivati qua bene”. Con gioia saluta Giovanni e Nicodemo. Si celebrano alcune
piccole feste, perché il ‘buono’ è ritornato.
[indice]
۞
Pirati, misericordioso operare – La scrittura e una
predica
Un
assalto all’isola da parte dei pirati è sventato dagli isolani, e i pirati
presi prigionieri – I feriti restano, gli altri a Roma con Cornelio – Ritorno e
conversione dei rimasti dopo una predica di Giovanni
1.
Cornelio ha solo poco tempo per occuparsi di Giovanni. Egli salva le
apparenze e nello stesso tempo dà seguito al controllo, in cui visita qualche
capanna da pescatore e la baia, nella quale le navi possono ancorare. Quanto è
bene che lo faccia, si dimostrerà già il terzo giorno.
2.
La nebbia si alza, un tempo adatto per i pirati. Un forte vento
dall’Oriente si è alzato. È sera, allora vengono correndo dei pescatori in
impetuosa fuga, gridando sconvolti. “Pirati!”, esclamano. “I pirati sono sbarcati!”.
Subito scatta un grande allarme. “Quanti ne avete potuto avvistare?”, chiede il
tribuno.
3.
“Due!”, dice il pescatore tremando. “Hanno incendiato delle case sulla
costa ed hanno già ucciso della gente”. – “Costoro non sapevano che sei qui”,
dice il comandante al tribuno. “Oppure all’opposto: hanno sondato che ho solo
venti uomini con me. Avanti! Attacchiamo! Giovanni, Nicodemo e Maria, nella
torre; questa può forse essere la nostra ultima salvezza!”.
4.
Giovanni è afflitto. “Non sono abituato alla spada”. – “Aiutaci con la tua
preghiera”, esclama il romano, mentre si precipita fuori alla testa dei suoi
uomini. Essi si sono armati in un attimo, sempre pronti alla lotta. Anche il
comandante ha soltanto venti legionari; lui però, Venitrius e il tribuno valgono
ognuno come due uomini.
5.
Presto vedono divampare i fuochi. L’orda, ottanta uomini, non sapeva che
due decuri erano sull’isola. Adesso intervengono anche i pescatori; i romani
danno a sufficienza la loro protezione dandoci dentro con le mazze. Dura a lungo
lo scontro, prima che i pirati si arrendano. Alcuni sono morti, altri si
tuffano in mare per salvarsi. Questi vengono di nuovo tirati a terra. Circa
cinquanta sono catturati e, saldamente legati, portati via.
6.
Dapprima sono rinchiusi nel castello al porto grande. ‘Oggi avrei di nuovo
una ragione per andare in collera’, pensa Cornelio, ‘ma il mio Salvatore non
ama questo’. Vengono Nicodemo con Giovanni, e Maria invita un paio di donne ad
aiutare i feriti. Due combattenti sono caduti, tutti sono stati colpiti.
Venitrius sanguina in viso, il tribuno al braccio e il comandante zoppica
fortemente. Alcuni sono gravemente feriti.
7.
Maria non lo ha mai fatto, ora lava e fascia le ferite. Si odono parecchi
lamenti, qualcuno sorride nonostante i dolori. “Un giorno dissi a Simeone: ‘Se
non avessi te!’, ora: ‘Cara madre, se tu non fossi con noi!’.”. – “E che cosa
disse Simeone, Cornelio?”, chiede Maria. – “Se non si avesse DIO!”.
8.
“Precisamente! Mai potevo soccorrere così, e ad un tratto lo posso. Non è
questo l’aiuto del nostro Signore?”. I romani sono provveduti. Maria dice:
“Anche se sono predoni, dobbiamo soccorrere i feriti”. – “Ma perché lo devo
fare? Costoro sono capaci di aggredirci subito di nuovo”, si oppone il tribuno.
– Giovanni dice:
9.
“Io vengo giù con te; andiamo a prenderne uno. I più gravi per primi. Se
vedono come li tratti, qualcuno si farà piccolo. Chi intende ragione, lascialo
sull’isola. Gli altri sono da portare a Roma e…” sussurra, mentre conduce il
tribuno da parte, “colui che ti vuole buttar giù, verrà eliminato, mentre tu
riceverai l’elogio”.
10.
“Io so che questo per te non vale molto, tuttavia anche questa è una buona
conduzione del Signore”. Il tribuno abbraccia Giovanni. “Quanto sono contento
che voi siete con me, tu, Maria e anche Nicodemo”. – “Come va col tuo
braccio?”. – “Va bene”. Cornelio storce la bocca, nasconde che la ferita brucia
terribilmente.
11.
Giovanni mette le mani sul braccio. “Che cosa hai fatto? La ferita non
brucia più, mi sembra come se tutto vada bene”. – “In un paio di giorni”, dice
il discepolo di Gesù. “Ho pregato che il ‘Salvatore’ ti potesse guarire. Abbi
ancora riguardo del braccio. Ci sono altri pirati in agguato. Costoro sono ora
pieni di paura, perché l’attacco non è riuscito.
12.
Va presto a Roma, una flotta sarebbe da preparare. A sud ovest di Creta si
trova un’isola ancora sconosciuta, là si ritirano i rimanenti. Quello è il loro
covo. Lo vedo in spirito e – ahimè amico, è così difficile consegnare degli
uomini, e la vostra Roma non pratica per nulla la bontà con questi”. – “Sì,
purtroppo!”, mormora il tribuno tra le altre cose.
13.
“Alcuni qui si lasciano salvare per la tua clemenza, perché li fai curare,
sentono quanto potrebbero vivere meglio piuttosto che con rapina, assassinio e
fuoco. In generale però – è bene rendere innocui i briganti, cosa che dovrebbe
avvenire meno con la morte ma più con un aiuto per l’anima e il corpo”.
14.
“Io cercherò di salvarli; il minimo, a dir il vero, è la galea oppure la
miniera di zolfo”. – “Tutte e due le cose sono molto amare, ma con ciò qualche
cuore duro sarà migliorato”. – “Così sia! Ti ringrazio, Giovanni!”. –
“Ringraziamo il nostro Signore”, risuona semplicemente.
15.
“Il Signore ha proibito di dirsi grazie l’un con l’altro?”. – “No! A chi
capita del bene, deve ringraziare il soccorritore con il piccolo
ringraziamento; il grande ringraziamento è per Dio”. – “Allora ho fatto bene”,
sorride Cornelio, “per te era il piccolo ringraziamento, al nostro Dio il
grande”. – “Sai tu, che cosa sei?”. – “Ebbene ascolta una buona volta! Io sono
un romano, ehm, per il mondo; spiritualmente – beh, lì s’inciampa, lì sono
soltanto un …”.
16.
“…figlio di Dio! E per il mondo, o tribuno, sei un UOMO! Tu non sei né
romano, né giudeo, né altro. I figli di Dio percorrono giù la loro via nelle
tenebre di questo mondo. Vedi, Cornelio, lo sono anch’io, siamo tutti noi che
viviamo quanto il più possibile: fedeli, veri e coscienziosi!
17.
Lo sono anche coloro che, legati ad altro per nascita, non conoscono
ancora Dio, l’Unico. Chi vive rettamente è un figlio di Dio!”. Cornelio si gira
precipitoso; Giovanni non deve vedere quanto è scosso. Questi sorride. ‘Io lo
vedo, tribuno, con il cuore, questo non lo ha partorito Roma!’. –
18.
Quando si apre la prigione, i pirati fissano i romani pieni di odio. Uno di
loro grida: “Puoi ucciderci, siamo pronti!”. Cornelio, con intenzione
apparentemente dura, dice: “Deciderà Roma che cosa dovrà essere di voi, non io!
Chi di voi è gravemente ferito? Potete presentarvi, non vi accadrà nulla”. Uno
di loro si trascina faticosamente a terra. Il tribuno gli toglie i ceppi. Due
legionari lo portano sopra. Quando si vedono le sue ferite, dice il comandante
a bassa voce, affinché il ferito non senta: “Per lui sarebbe meglio se
chiudesse gli occhi – per sempre”.
19.
Maria si china e versa, a gocce, l’acqua al poveretto. Egli beve
avidamente e guarda nei puri, meravigliosi occhi. Allora è come se qualcosa si
rivoltasse nella sua anima. Ancora è appena una scintilla che lo attraversa
come un lampo: ‘Mai avrei fatto qualcosa a questa donna, mai!’. Maria deve
consolarlo. “La tua gamba non si può salvare, ma la tua anima sì. Vuoi
questo?”. Parole strane, d’incomprensibile concetto, e ciononostante un flusso
tenero lo penetra. Egli guarda Maria e lei legge nel suo sguardo la mancanza di
comprensione e un ‘sì’. Allora lei impone le sue mani sul capo del pirata.
20.
Uno della truppa del comandante, che a Roma si fece mostrare qualcosa da
un medico, amputa la gamba frantumata. Un’operazione con mezzi primitivi. Lo
svenimento rende insensibile questo dolore. La forza della Luce, che il
discepolo e Maria gli infondono, lo aiutano, dopo giorni, a superare il peggio.
21.
Nel turno arrivano ancora un paio di casi gravi; di questi nessuno va via
dall’isola; circa una dozzina rimane. Cornelio va a Roma con gli altri
prigionieri, egli vuole ritornare il più presto possibile. Soltanto sulla nave
scopre che ha con sé i rotoli, a causa dei quali era venuto su Patmos. “Presso
di me sono custoditi bene, e veramente non c’è stato tempo di consegnarli a
Giovanni”, dice a se stesso.
22.
Tutto procede più veloce di quanto pensava. Una vittoria è ancora
stabilita. Sei galee partono per ripulire il covo dei pirati. Cornelio ha un
colloquio con l’imperatore. “Puoi chiedere molto”, dice costui clemente. “Anche
se in un primo tempo mi sono meravigliato nel sentire che cosa andavi a fare
tanto spesso a Patmos.
23.
È stato bene prendere un paio di giudei sotto protezione, così questo
popolo assai ostinato vede che siamo soccorritori e non oppressori”. Cornelio
tace. “Il comandante è stato molto valoroso?”. – “Sì, lui e altri sono feriti”,
conferma il tribuno. “Purtroppo sull’isola non c’è un medico, sebbene Patmos
sia stata già attaccata più volte di sorpresa”.
24.
“Ah sì? Ne ho parecchi a corte, uno lo cedo all’isola. D’ora in poi il
comandante è libero; può anche ritornare a Roma, se vuole”. – “Egli vuole
rimanere su Patmos, conosce tutto il mare circostante. Naturalmente il servizio
come uomo libero gli darà più gioia”. – “Ti consegno il rotolo da portare con
te. I pirati li faccio uccidere, non è peccato per questa gentaglia”.
25.
“Fa di loro dei rematori”. – “È tuo desiderio?”. Domanda Cesare con
sguardo indagatore. “Sì; ma lo ha manifestato il ‘veggente di Dio’.”. – “Che
cosa significa?”. Il tribuno riferisce tutto quello che si è verificato.
L’imperatore rimane non poco impressionato, sebbene la ‘Luce’ in lui non sia
ancora nemmeno un’aurora. Cornelio è soddisfatto, può andare ‘con onore’,
provvisto di qualche privilegio. Il controllore, che arriva più tardi, è
respinto. Con cuore libero e grato, Cornelio ritorna con la sua nave. Dopo un
buon viaggio è presto nuovamente su Patmos.
26.
I pirati pensano: ‘Che cosa verrà da Cesare?’. Cornelio però non li ha
menzionati. Stanno strettamente insieme, timorosi e anche cocciuti. Maria,
Nicodemo e Giovanni li hanno curati e si rallegrano nel vedere come uno dopo
l’altro – in verità ancora inconsciamente – si sono abbandonati alla Luce. Dopo
l’arrivo, Cornelio trova poco tempo per occuparsi di loro. C’è da cercare un
alloggio per il medico. Il comandante è così contento che finalmente avranno un
aiuto, ma alcune lacrime gli scorrono sulla barba quando gli è consegnato il
rotolo della libertà.
27.
“Che cosa tu non fai, tribuno!”. Inutilmente si asciuga le lacrime. Oh, un
uomo che piange? Dice Maria: “Non ti vergognare! Sei stato oppresso da molte
cose, soltanto, non sapevamo da che cosa, e che tu… Ora è passato; e un uomo,
al quale in un grande sconvolgimento scorrono le lacrime, ha ancora un animo.
Questo ha valore dinanzi al nostro Dio! Egli ti benedice per questo”.
28.
Il romano bacia Maria sulla fronte, ringrazia Cornelio senza parole. “Io
stesso sono lieto”, dice il tribuno. “Vuoi rimanere su Patmos?”. Un indugio.
Qui non esistono delle feste per gli dèi, nessun anfiteatro e nessun …
“Rimango!”. – “Così ti posso ancora assicurare che in questo luogo tu sei il
comandante. Ecco il privilegio. L’ho scritto io, ma guarda che cosa mi ha dato
Cesare”. Quanto ci si stupisce di tanta libertà che Cornelio ha ricevuto.
29.
Egli può operare per il tratto di costa, anche per la Giudea, al posto del
suo imperatore. Il prossimo imperatore annullerà questo; solo che allora
Cornelio non vivrà più, e molte cose cambieranno. Si tiene una piccola festa,
durante la quale Nicodemo tiene una predica sul ‘vero’ Dio a tutta la gente che
è intervenuta. Alla fine parla Giovanni; i pirati che non sono più incarcerati,
ascoltano stupiti. Ecco ciò che dice il veggente di Dio:
30.
“Cari amici degli uomini! Davanti al mondo io sono un prigioniero,
davanti a DIO un uomo libero e – viceversa: dal mondo sono totalmente
libero; esso non mi offre più nulla – il mondano della vita, intendo dire. Ma
catturato in Dio, avvinto dalla Sua mano amorevole e assistito da LUI,
così com’è venuto un aiuto a voi pirati presso di noi, anche mediante l’Amore
di Dio. È questo che manca alla maggior parte degli uomini. Ci vuole ancora
molto tempo finché la ‘Luce del santo Amore conciliante’ venga portata a tutti
gli uomini; solo l’inizio è fatto. Io ve lo voglio rivelare.
31.
Dio è venuto come un Uomo da noi in questo mondo, lì, dove sono nato
anch’io. L’ho conosciuto come discepolo, ma più tardi molto precisamente,
quando Egli dalla Magnificenza della Sua Volontà andava con la Sua Dottrina e
con le Sue Opere. Io ero il Suo discepolo, il più giovane tra una schiera
fedele che, per tre anni, sono andati con Lui attraverso il paese, da nord a
sud, da est ad ovest, il paese che era stato promesso al patriarca Abramo [Gen.
13, 14].
32.
Il Signore ha soccorso, ha confortato ed esortato ovunque; sono avvenuti
miracoli che nessun uomo mai potrà compiere. Il tribuno lo può testimoniare”. –
Cornelio va da Giovanni ed esclama distintamente: “Questo è vero; io L’ho
riconosciuto e lo testimonio: ho visto e udito molto, ed ho seguito la Sua
Dottrina. Egli era DIO, che io, un piccolo, povero uomo, ho potuto incontrare.
Credete, cara gente, a tutto ciò che ha da annunciare il veggente di Dio!”.
33.
È ancora così: quando un grande nel mondo testimonia, allora è
riconosciuto. Giovanni è un estraneo per la gente; soltanto la sua benevolenza
ha stabilito il contatto, così che ci si lascia aiutare volentieri. Non è
andato molto oltre. Ora, tuttavia, in cui il grande romano che si rispetta…
Essi non sanno che i tre non sono strettamente giudei di nascita. Maria è stata
generata dai genitori Gioacchino e Anna come dal Cielo, e i due uomini non
appartengono alla Giudea, ma soltanto al popolo d’Israele. E dall’‘Israele
spirituale’ si deve dapprima ascoltare la Dottrina. Più tardi.
34.
“Ti ringrazio, nobile romano”, dice Giovanni, “hai stimato pubblicamente
per vera la mia testimonianza. Vedete, cara gente, intendo anche voi pirati, se
volete riconoscere, certo non è facile, allora credete che DIO è venuto per
portare il Suo Aiuto superiore. Per ora non vi si può ancora dire tutto”, –
della croce di Cristo e per quale ragione è avvenuto il Golgota, – “ma ora chi
vuole e vorrebbe servire Dio, l’Altissimo, obbedirGli e amarLo, lo voglio
istruire, ed egli troverà la Pace del mio Dio.
35.
Noi abbiamo, dal tempo antico del popolo, lo Scritto che rivela che questo
Dio UNICO era sempre venuto, che uomini fedeli, come lo sono stati Enoc,
Abramo, Mosé, i profeti e altri, Lo poterono vedere, Egli parlò con loro come
parla un caro Amico con i suoi amici; di più: come un affettuosissimo Padre con
i figli! Ed è questo che noi vogliamo diventare: figli di Dio.
36.
Qualche adulto potrà pensare: figlio? Sì, secondo il corpo noi siamo
adulti; se la nostra anima, se il sentimento lo sia altrettanto, se ne può
dubitare. Non andiamo via da questo mondo quando la morte bussa alla nostra
porta?! Che cosa rimane del corpo?!
37.
Che cosa rimane indietro di lui, nel quale dimora la nostra anima? Lo
spirito che DIO ha dato?! Se Egli è il Vivente, che era in eterno, lo è e lo
rimarrà, allora anche il nostro spirito deve essere vivente. Oh, esso non è
incorso in nessuna morte! Se non lo fa, cosa che sarebbe facilmente da
comprendere, allora dopo una morte corporea e senza la nostra carne, lo
spirito insieme all’anima deve continuare a vivere [Giobbe 19, 26]. Questo
accade solo con DIO, il Creatore della vita, che non deve essere scambiata con
l’esistenza sulla Terra.
38.
Noi passiamo e peregriniamo, provenienti da Dio e ritorniamo a Lui. Questa
è la cosa più meravigliosa dalla Sua pienezza, dalla quale possiamo cogliere
Grazia su Grazia [Giov. 1,16]. Non costa nulla, i doni di Dio sono dati
magnificamente liberi! L’unica cosa che ci sarebbe da aggiungere, è: ‘L’amore
per Dio è che noi osserviamo i Suoi Comandamenti; e i Suoi Comandamenti non
sono gravosi!’ [1 Giov. 5,3]
39.
Noi non facciamo differenza tra questo e quello”, a questo punto qualcuno
fa cenno col capo, “quei romani che hanno trovato il Signore, fanno tale e
quale all’amico e al nemico. Il Signore, infatti, ha insegnato questo: ‘Se
siete amorevoli solo verso i vostri fratelli, che cosa fate di speciale!’.
[Matt. 5, 47].
40.
Non era questo meraviglioso? ‘Egli stava su un monte, migliaia erano
intorno a Lui. Ognuno sentiva la Sua Voce, ammonitrice, seria e grave. Parole
per i figli di questo mondo; e l’Universo stava ad ascoltare’. Che cosa
significa questo? Guardate di notte al firmamento, ‘il contrassegno del
Creatore’, sul quale splendono tutti i Suoi Nomi! Noi non possiamo leggerli, ma
spiritualmente essi splendono giù dalle innumerevoli assai meravigliose
Creazioni.
41.
Sul nostro mondo esistono gli esseri viventi – noi pensiamo solo a noi
uomini – queste meravigliose opere, create da Dio, dovrebbero essere spazi
vuoti? Dove rimarrebbe l’Onnipotenza del Dio Creatore se essa fosse limitata
soltanto su un mondo, sul quale viviamo noi, senza conoscerlo (a quei tempi)? A
parte i nostri cari romani qui da noi, voi dell’isola che vivete semplicemente
e modestamente, comprendete queste Rivelazione più dei grandi di questo mondo”.
– Cornelio pensa a Cesare. Egli poteva leggere la mancanza di comprensione nei
suoi occhi, come sovrano, copriva il ‘lato debole’.
42.
Giovanni sa che mai lascerà Patmos. A lui va come al capitano, per vero in
un altro modo. “Chi si dichiara pronto”, continua a dire, “ad accogliere
l’Amore di Dio, così che unisce la Sua Dottrina e la volontà di ciò che
dobbiamo fare e non fare, ha superato l’inizio di questa via.
43.
Un inizio è la parte più difficile. C’è da superare del vecchio: la fede
negli dèi! Essi vengono bollati in maniera umana, cattiva o talvolta anche
buona, con invidia oppure lottando l’uno contro l’altro. Nella fiacchezza dei
pensieri e costruendo su questa, che cosa ‘si’ insegna la gente, è risultato
che di tutti gli dèi non si sa più quale si deve servire meglio.
44.
Che i romani siano caduti vittime di un’illusione, i nostri amici lo hanno
smentito. Ma tutti i popoli che credono in molti dèi sono esposti
all’illusione. Da tempi remoti sorse un giorno la conoscenza ed ‘era stupenda’;
infatti, un Dio doveva aiutare! Ora, chi non è venuto a sapere altro, ma
è di buon cuore, di animo caritatevole e gentile, costui è altrettanto sulla
giusta via e trova ancora l’UNICO DIO, Creatore del Cielo e di tutti i mondi.
45.
Così è avvenuto con voi, cari amici degli uomini. Sì, posso dirvi dalla
Forza del Signore, al Quale io appartengo: non sono stato guidato da voi
invano! Da dove il tribuno doveva sapere che qui esistono uomini pronti per la
Luce? Chi ordinò a lui di portarmi qui? Non poteva essere un’altra isola?
Oppure Roma?
46.
L’Altissimo ha previsto la mia strada! Il Salvatore ha suggerito il pensiero
a Cornelio, ed egli ha seguito la Voce. Questo testimonia quanto lui è
fedelmente unito col Signore. Voi pescatori avevate desiderato che egli potesse
rimanere presso di voi; voi non sempre siete andati d’accordo con i legionari.
Questo si rimedia! Anche il nostro comandante si è convertito. Egli sarà un
fedele custode di quest’isola. Ora voglio concludere con le Parole del nostro
Dio: –
«Amate i vostri nemici; benedite coloro che vi
maledicono;
fate del bene a coloro che vi odiano;
pregate per coloro che vi offendono e perseguitano,
affinché siate figli del vostro Padre nel Cielo;
Egli, infatti, fa sorgere il Suo Sole sui cattivi e
sui buoni
e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti»”.
[Matt. 5, 44-45]
47.
L’alto flusso di Luce procura un
buon silenzio. Per la gente di Gesù è sentito pieno di devozione, per tutti gli
altri è sentito pieno di presentimento. È riconosciuto che un ‘buono’ si occupa
di loro. Anche i pirati si guardano in silenzioso accordo: noi rimaniamo qui.
Cornelio, che si trova ancora a fianco del discepolo, parla per primo:
48.
“Giovanni ha ragione quando parla dell’illusione di molti dèi, alla quale
anche noi siamo caduti vittime. Se esiste un Universo, una
Creazione, allora esiste anche soltanto un DIO! Io non dico: gettate a
mare i vostri dèi se non siete capaci di credere nell’unico Dio. Senza una fede
l’uomo è una foglia staccata, spinta qua e là dal vento, finché alla fine
appassisce al suolo e muore.
49.
Si può ben credere alle Forze, perché Dio crea con molte Forze. Uomo,
animale, natura e ogni cosa ha bisogno di differenti forze. Un piccolo
fanciullo è facile da portare, con quelli più grandi si ha bisogno di forze
maggiori. In ciò vedete che i vecchi dèi, presso di noi, sono da eliminare come
foglie appassite. Il veggente di Dio v’insegnerà a trovare il vero Dio, come ho
potuto trovarLo io e imparare a credere in Lui”.
50.
All’improvviso ha un’ispirazione. Egli mostra la torre. “Quello è un
baluardo contro il nemico. La fede nel Salvatore per noi è un baluardo contro
tutto ciò che ci vuole assalire di sorpresa. Qui s’intende di più, l’interiore.
C’è anche da pensare all’esteriore. Costerà parecchie fatiche mantenere la pace
su quest’isola. Allora pensate: DIO è il baluardo più potente contro tutti i
peccati, viltà e malignità di questo mondo! Incontriamoci nella torre come
simbolo: noi siamo protetti in Dio, circondati dalla Sua Forza, e niente
di esteriore potrà disturbare la solennità. Chi vuole questo, si presenti da
me. E Giovanni saprà che cosa dovrà ancora avvenire”.
51.
Inatteso – questo non si riteneva possibile – si avvicina un pirata. Egli
zoppica, si riconoscono i suoi dolori. “La donna”, dice, “la donna pura mi ha
vinto. Quando l’ho vista, voi la chiamate Marana (Maria), allora ho capito che
esiste qualcosa di meglio che andare in cerca di rovinare. Io, se posso – mi
presento per primo. Io voglio …”. – S’interrompe. Maria gli stringe le due
mani, Cornelio è molto orgoglioso per pura commozione, Nicodemo si rallegra, e
Giovanni…? Egli abbraccia il predone, il cui volto non mostra nessuna fredda
rudezza. Lo si era notato perché aveva poco di male in sé. Giovanni alza la
mano e tutti ascoltano.
52.
“Tu sei stato raccolto dai pirati, e ti proponesti di ricambiare ciò che
ti era capitato. Non pensavi che una vendetta non fosse da restituire a coloro
che non avevano causato la tua sofferenza. Racconta come sei arrivato dai
predatori dei mari. In ciò, ognuno potrà imparare a fare del bene e ad evitare
il male”.
53.
“Oh”, s’intromette Venitrius, “Io lo avevo osservato e pensato: come si
trova costui in questa banda? Il suo sguardo era sempre come coperto”. – “Sì”,
fa cenno costui col capo, “era troppo difficile di …”. – “Parla pure”, lo
invita anche il comandante. “Ora sei sotto la mia protezione”. – “Anche sotto
la mia”, dice Giovanni. Allora il giovane si fa animo.
54.
“Ero un figlio di molti, il più giovane, eravamo forse diciotto. Colui che
dovevo chiamare padre ci dava più botte che pane. La madre era sfinita, cosa
che era comprensibile, e finora l’ho custodita in me – nei pensieri – in…”, –
non sa più dire: ‘in amore’. E ciononostante in lui è esistente per questo un
sentimento.
55.
“I figli più grandi un giorno furono semplicemente cacciati via, due o tre
poterono rimanere. Allora avevo circa cinque anni, mi portò al mare e gridò:
‘Dentro, portami un grosso pesce!’. Mi minacciò con due pugni. Soltanto più
tardi compresi che lo facesse con intenzione. Con l’alta marea fui spinto
fuori, lo vidi ancora una volta alla riva e – lo udii – ridere, ridere.
56.
Che cosa erano le mie deboli forze contro la potenza delle onde? Allora
venne verso di me un asse; mi aggrappai e con esso mi spinsi lontano sul mare.
Per quanto tempo mi sostenni, non mi resi conto. Sentii ancora come se un paio
di mani mi afferrassero. Come fanciullo mi andò bene in rapporto a ciò che
dovetti subire da quest’uomo (il padre)”. Il giovane lo esprime con disprezzo.
“Un po’ alla volta riconobbi presso chi mi trovavo.
57.
Allora mi afferrò l’ostinazione: ‘Bene, con i pirati mi posso vendicare!’
Agli uomini ho fatto sempre la cosa peggiore, volentieri andavo attorno alle
donne; nonostante tutto pensavo alla madre. Lei dovette piegarsi all’uomo
maligno. Lui la batteva molto spesso. Divenni sempre più duro; davvero cacciato
in mare con intenzione ‘perché così potessi annegare!’. Oh, se incontrassi
quest’uomo (il padre), non so che cosa gli capiterebbe poi da parte mia!”. Odio
immenso inonda questo giovane pirata del mare. La luce è come spenta.
58.
Si è scossi. Un pirata conferma come si tirò fuori dell’acqua ‘il fagotto
quasi morto’. Il comandante dice digrignando: “Costui lo appenderei al più
vicino albero, così che potesse morire lentamente dopo molti giorni!”. Perfino
il tribuno ancora una volta va in escandescenza: “Non so che cosa gli farei io!
Un fanciullo – o Giovanni, perché esistono uomini così cattivi? Perché ha Dio
…”.
59.
“Fermati, fedele amico!”. Il discepolo di Gesù respinge i pugni del
tribuno e li apre lentamente, così come i piccoli pugni di un fanciullo. “Vi
comprendo bene; perfino Dio, siatene certi! EGLI ha già fatto i conti con lui,
costui non vive più”. Quell’immagine che lui vede, è da tacere per amor della
buona Dottrina, e perché lui – Giovanni – possa portare agli uomini un PADRE.
Dapprima si devono consolidare, prima che imparino a comprendere ciò che per
gli uomini è incomprensibile. Il giovane predone domanda:
60.
“Egli non vive più? Oh, questo è bene! Avevo l’intenzione di andarlo a
cercare e di – no, non sia più detto!”. Con ciò indica Giovanni, Nicodemo,
Maria e i romani. È presente anche Sejananus. “Mi avete vinto; mi sembra come
se posso essere completamente calmo, nell’interiore è …”. Egli non sa come lo
deve chiamare, perché è colmo di gioia, la cosa più deliziosa che può capitare
ad un uomo: ‘La pace di Dio che sorpassa ogni pensiero’ [Filip. 4,7].
61.
D’ora in poi serve il discepolo di Gesù, finché
questi vive, anche Nicodemo; e Maria, che presto lascerà Patmos, non la
dimenticherà mai. “Possono tutti gli altri”, intende i pirati, “che un giorno
mi hanno salvato, essere liberi? Non è vero”, egli si rivolge a loro, “che non volete
più andar via dall’isola della pace? Oh, sì, rimanete qui! Deponete il vecchio
mestiere! Diventate uomini, come lo sono i credenti!”. Egli ha serbato e
percepito la parola ‘credenti’, come se questa fosse qualcosa di buono.
62.
Arrivano tutti, quattordici uomini rudi, il cui intero contenuto di vita
era assassinio e brigantaggio. Non credevano nemmeno negli dèi. Un
presentimento, come un primo soffio di primavera, passa nelle loro anime
tenebrose. Si chinano, sollevano le loro mani e anche la gente dell’isola
accorre. «Lasciateci diventare una ‘comunità della torre’», esclama un vecchio
pescatore, che nello stesso tempo è un pastore. A causa della sua età non può
più andare in mare; ma bada a piccoli greggi, è l’ultima gioia della sua vita.
63.
“Hai inventato la parola migliore”, elogia Nicodemo, e Cornelio esclama
nuovamente: “Sì, la ‘comunità della torre’, questa deve essere Patmos! Io sono
il protettore – per il mondo”, egli riflette. “Il Protettore è il Padre della
Misericordia!”. – “O Salvatore”, trabocca Giovanni. “Come hai fatto tutto così
bene! Tu ci guidi attraverso le tribolazioni di questo mondo, ma è la Tua Luce,
il Tuo Amore, la Tua fedele Mano paterna che ci guida dalla nostra afflizione
al porto della tua Pace, verso la Redenzione e – infine al ritorno nella Casa
del Padre. Io Ti ringrazio!”.
64.
Regna grande gioia. Chi non era presente, arriva, e la comunità della
torre conta subito un paio di centinaia di persone. Il medico, uno schiavo di Atene,
non è disposto ad aderire. “Questi sono fanatici”, egli pensa. Un po’ alla
volta però sorge anche in lui la Luce. Quale uno degli ultimi prega:
“Lasciatemi essere presente”. Una stretta di mano è sufficiente.
65.
Solo la sera, che scende dolcemente, per oggi la comunità si scioglie,
dopo che Giovanni ha comunicato ancora una ‘Parola di Dio’.
[indice]
۞
Differenti vie –
Meravigliose parole di Dio – Uno speciale certificato di successione
Cornelio restituisce i rotoli a Giovanni, il quale, con
Maria, ha una visione – Maria è riportata a Capernaum dai samaritani – Passano
anni, Cornelio lascia il servizio militare, cede l’eredità, e finalmente fa
rotta verso Patmos
1.
“Non ho esaminato i tuoi Scritti, e
lo avrei fatto volentieri. Tu sei sempre stato con il Signore, vi si troveranno
preziosità”. Cornelio è seduto di fronte a Giovanni. Solo Nicodemo e Maria sono
presenti. Alla consegna di questo Scritto, che il romano considera estremamente
importante, non vuole avere altri testimoni. Non si può mai sapere. – –
2.
“Non ti posso ringraziare abbastanza”, dice Giovanni. “Il Ringraziamento
di DIO però ti è assicurato e… la Sua benedizione per l’azione che hai
dimostrato con ciò al mondo. Quando il Signore parlava della Sua morte, io ero
ben l’unico, forse anche Tommaso, che presentendo sapeva: si avvererà
assolutamente, perfino se …
3.
Allora mi venne un pensiero – non lo potevo sapere, intendo umanamente, se
si sarebbe potuto realizzare: mi proposi di scrivere un libro [Ap. Giov. 5,1]. Vedevo
la Parola e, oltre a ciò: l’Evangelo! Non so ancora se diventerà …”. –
“…qualcosa di meraviglioso”, lo interrompe Nicodemo, e Cornelio fa cenno col
capo. Maria lo conferma con un ‘sì’.
4.
Giovanni guarda negli occhi fedeli. “Or ora il Signore ha confermato
attraverso di voi che ‘esso’ diventerà realtà. Cornelio, non essere
afflitto per il fatto che non ci hai dato uno sguardo. Quando tornerai, una
parte sarà terminata. A Roma sarai fermato, non imprigionato, non ti adirare!
No, l’imperatore vorrebbe di nuovo avere tue notizie. Raccontagli del Signore,
taci sul mio scritto.
5.
Colui che siede sul vostro trono è spesso duro, tu stesso lo sai, ma di
tanto in tanto la sua anima si muove. Ti accorgerai delle sue ore buone, quando
vengono su di lui, allora predicagli ‘il Nuovo Evangelo’!”. – “Ma come lo devo
fare, se non ne so niente?”. – Maria lo incoraggia:
6.
“Tu sai più che, nella totalità, i nostri superiori. Hanna, la madre
nostra del Tempio, mi aveva riferito del tuo sogno. Appena ti era possibile,
venivi dal Signore, Lo ascoltavi, hai visto quello che Lui ha fatto. LUI stesso
è l’eterno-vero Evangelo. Egli lo mette nel cuore a quelli che lo possono
annunciare in maniera genuina. Tu parla di cosa hai udito e visto, allora
questo è l’Evangelo. L’imperatore non ha bisogno di più”.
7.
Cornelio emette un sospiro di sollievo. “Sapete, quando si tratta
dell’Altissimo – il Salvatore è per me l’Unico-eterno DIO di santa sublimità, –
allora temo di fare qualcosa di sbagliato”. Nicodemo pensa alla sua
vicissitudine. “Io ho anche pensato: quanto sei piccolo tu, piccolo uomo, e
ciononostante il Signore si è abbassato a me; con un Amore senza eguale Egli mi
mostrò il mio sentiero.
8.
Dinanzi a LUI ero io certo un nulla. Quando pensavo così, Egli m’imponeva
le Sue Mani e diceva: ‘Guarda a Colui che ti fece essere, che ti diede spirito
e anima e – che parla con te, come un padre con il figlio!’. Allora mi lasciava
solo. Lo seguivo con lo sguardo a lungo, finché veniva l’aurora. Non solo
quella della natura, no – sorse l’aurora interiore. Da allora Gli sono rimasto
fedele, per quanto un uomo possa preservare l’alta fedeltà”.
9.
“Tu hai difeso il Signore davanti al Consiglio del vostro Tempio”,
conferma Giovanni, “tanto che ti si voleva annientare”. – “Era guidato, perché
ti imbattessi nella pattuglia che io avevo inviato”. Cornelio estrae dalla sua
toga, sotto la quale porta una solida borsa di cuoio, una quantità di piccoli
rotoli, tutti scritti fittamente.
10.
“Ecco, Giovanni, è tua proprietà, oppure – si può dire: proprietà di Dio?
Se diventa un Vangelo, si potrebbe …”. – “Proprio vero, amico mio!”. Giovanni
abbraccia il tribuno. “Deve diventare l’EVANGELO DI DIO, che splenderà più
profondamente nella Verità:
11.
chi era il Signore?!
12.
Egli, a causa degli uomini, che mai comprenderanno la cosa più profonda, e
questa durerà a lungo prima che si riconosca la piena Luce, si chiamava ‘Figlio
di Dio’, e anche ‘Figlio dell’Uomo’. Quest’ultimo significa: ‘Figlio,
l’espiazione, la riconciliazione per gli uomini; adesso lo so. Il Figlio
di Dio – in persona, si è messo in cammino sulla via nell’involucro quale
Uomo’, come Uomo!
13.
Mai due personaggi! Questo significherebbe sostenere la fede negli dèi. Se
il Signore proibì la fede negli dèi prima del Suo tempo come Gesù, cosa
che deve significare ‘idoli’ [Esodo 20, 3; Isaia 2, 18 ed altri], allora Lui
mai potrà testimoniare di Se stesso in un ‘pluralismo!’. Se Gesù fosse un
oppure il Figlio di Dio, un secondo personaggio, allora con questo
l’unicità di Dio, il Suo ‘IO SONO’, sarebbe annullato”. Lo sguardo del veggente
va in una lontananza sconosciuta. “Si stravolgerebbe ancora di più. Meno per
cattiva volontà, più per superficialità del pensiero, dal momento che si pensa
di insegnare anche allo SPIRITO come ad una Persona vera e propria.
14.
Il Signore ha sempre predicato del ‘Padre, come l’eterno Spirito’:
‘Dio è Spirito e coloro che
Lo adorano,
lo devono adorare nello
Spirito e nella Verità!’ [Giov. 4, 24].
Se Lui ha insegnato questo così chiaramente, come si
può nominare Dio e Spirito come fossero due Persone? Una cosa è certa: ogni
inganno, provocato coscientemente o incoscientemente, – DIO un giorno con
questo metterà ordine! Quando i tempi della materia si adempiono, l’oscurità va
alla fine; dove però l’oscurità ottiene pressoché la supremazia – su questo
mondo, nulla può tuttavia strapparsi più rapidamente, come una corda troppo
tesa! Questo accadrà allora con l’oscurità!”.
15.
Gli occhi di Maria splendono, lei segue meglio di tutti una visione.
Allora dice: “Il Salvatore ha vinto l’oscurità con la Sua croce ed ora – oh –
ora vedo un’immagine”. Gli uomini tendono gli orecchi. Maria si dirizza un poco
in alto.
16.
“Un vestibolo (il Santuario) e un alto Seggio [Isaia 6,1], davanti, un
altare, e su questo, molti segni, anche una croce”. Rabbrividisce, se pensa
alla cosa orribile che successe. “Oh, essa è circondata da una corona di raggi,
in cui risplende Pazienza e Amore!
17.
Davanti alla croce si trova un Calice. Ahimè! ‘Non devo io bere il
Calice?’. Dio non lo ha bevuto solo nel mondo, non ha eretto solo qui la croce
come segno dell’Atto riconciliante della Redenzione. Poiché c’è un tempo, non
misurabile, io sento soltanto, come delle Eternità si congiungono, diventano una
sola cosa per il ‘TEMPO!’. È …”. Maria non può più spiegare, rimane
riservato al veggente di Dio interpretare il significato della visione.
18.
Egli parla del ‘Lustrum di Dio’, che il Santo come supremo sacrificio
espiatorio ha previsto, quando tutti i figli giacevano ancora in Lui. E ancora,
quando allora la prima figlia s’innalzò e, con ciò, il Sacrificio espiatorio
possedette già la sua validità, anche se diventava l’ultima fase (Golgota) per
la materia ancora veniente. Commossi si ascolta quest’immagine; adesso soltanto
si comprende veramente il sacrificio di Gesù: Getsemani e Golgota.
19.
Dagli occhi del romano scorrono alcune lacrime. “Anche per me”, gli passa
attraverso il cuore, “è successo!”. La commozione aumenta – l’immagine,
l’interpretazione mediante Giovanni, la grande visione nel ‘Mistero di Dio’
[Efes. 1,9] – dura a lungo, finché i quattro uomini riescono di nuovo a
riprendersi.
20.
La notte è avanzata. “Ora porto a casa Maria”. – Cornelio si alza per
primo. “Il Signore mi riconduca indietro. Forse qui potrò trovare l’ultima
pace”. Si comprende bene lui, il romano una volta fiero, che ha rimosso in sé
tutto il mondano. – “È indifferente”, dice dolcemente Giovanni, “dove troviamo
il nostro ultimo riposo terreno. Di noi, nulla rimane indietro nel mondo. Tu
pensi quanto ti sarebbe delizioso se qualcuno tenesse le tue mani appena
abbandoni questo mondo”.
21.
Quando escono dalla porta, c’è accovacciato davanti un uomo. La luna
illumina il suo volto. Voleva vegliare e si è addormentato. È il giovane
predatore, si era trascinato fin qui. Adesso si sveglia spaventato. “Io volevo
…”. – Egli non ha ancora superato del tutto la paura del tribuno. Non si può
pensare di lui che voleva origliare, per…
22.
Cornelio domanda: “Che cosa fai nella notte davanti alla nostra porta?”. –
“Ho giurato”, dice sommesso, “di vegliare sul veggente di Dio. Non si sa come
gli altri la pensano…”. Non si fida di certi pirati, sulla nave ne ha visto
troppe. – “Questo è molto lodevole. Vedi, però, caro giovane amico, noi stiamo
nella Mano di Dio e sotto la Sua protezione. Puoi vegliare più tardi,
quando starai di nuovo in piedi. Vieni, ti porto indietro”. Con delicatezza
solleva il ferito. – –
* *
*
23.
Pronti per la partenza. La galea dondola lievemente al vento e sventola il
vessillo del tribuno. Sulla cima dell’albero maestro splende l’elmo dorato. Il
bagaglio, anche le poche cose di Maria, sono già state ben ormeggiate la sera
prima. Sono radunate molte persone. I legionari, agli ordini dal comandante
Cronias, rendono al tribuno il saluto d’onore: le spade tintinnano agli scudi.
Tra loro c’è qualcuno che si è lasciato convertire anche per il Signore.
24.
Nicodemo e Giovanni dall’altra parte salutano ad alta voce. Cosa che però
mai viene concessa – Maria guarda giù, dove gli schiavi sono seduti sulle dure
panche in attesa della battuta, per abbassare i remi in mare come fosse un solo
uomo. Lei fa cenno amorevolmente ai poveri uomini, i quali sono credenti
nonostante la dura sorte, senza prospettiva della liberazione. Cornelio non li
può liberare, se non vuole essere condannato. Chi provvederebbe allora per
loro? Così essi hanno certamente qualcuno che li provvede per bene. Oggi si
adoperano particolarmente per raggiungere presto e nel miglior modo Tiro con la
‘cara Signora’.
25.
“Il Signore vi benedica!”. Giovanni solleva le mani. – “Grazie! Il viaggio
sarà quindi felice”. Le assi sono ritirate, un ordine: sessanta remi si
abbassano, la nave acquista velocità. Si arriva presto a Tiro. Cornelio si
cerca della buona gente, noleggia anche dei robusti muli con una lettiga,
v’inserisce ancora alcune pelli, affinché Maria possa viaggiare meglio. Il
reparto è sottoposto al decurio Scubatus che sosta a Tiro.
26.
“Porta la nostra cara signora a Capernaum ed aspetta finché non si è
ordinato tutto per lei. Spero che non la si molesterà più. Tu ritorna qui; io
devo andare a Roma”. – “Come si può fare del male ad una donna simile?”,
domanda Scubatus. “Sai, tribuno, ovunque ci sono belle donne; ebbene, ne ho
anche tenuto qualcuna tra le braccia. Questa Marana però…”. – “Si chiama
Maria”, corregge Cornelio. – “Non importa il nome, ma il volto. Questo
m’incanta il cuore”.
27.
“Non farti venir la voglia”, minaccia seriamente Cornelio, “e che nessuno
la ‘tocchi’! Lei è una donna pura e...”. – “Lo so, tribuno! Io la custodirò
come mia figlia”. Scubatus lo può dire, è anziano di servizio, egli tiene ben
disciplinato il suo reparto. “Per questo ho scelto te”, è elogiato, “e
ricordati: questo è un incarico onorifico, davanti a… Dio, Dio che tu ancora
non conosci”.
28.
“Uno nuovo?”. – “No, esiste soltanto quest’Unico Dio! Tutti i
nostri dèi sono solo fantasmi. Va bene, più tardi una buona volta, decurio, te
lo spiegherò”. Costui increspa scettico la fronte, cosa che non si può neanche
aversela a male. – –
29.
Maria arriva sana e salva dai samaritani; è portata nella loro casa. I
romani che,– a causa della nazionalità – si odiano, sono accolti
amichevolmente. Essi hanno di nuovo portato la madre di Gesù. Inoltre i
samaritani non sono così orgogliosi come i giudei. Maria è chiamata di casa in
casa, ognuno la vuole avere una volta. La si ama, ma non la si venera.
La venerazione tocca solo al Signore, di Cui si sa: Egli era – Egli è Dio
stesso. – –
* *
*
30.
Anni passano nel paese. Caifa è sprofondato nella pazzia, Hannas è morto,
i rimanenti del Consiglio del Tempio non ci tengono ad importunare Maria. LUI è
pur morto, Lui deve essere dimenticato. Non tutti i templari la pensano
così. La semenza che il SIGNORE ha sparso, accennata meravigliosamente nella
parabola [Matt. 13, 37], prima o poi germoglierà; e chi vuole, raccoglierà grano
invece che cardi.
31.
La situazione nella Giudea s’inasprisce. Delle insurrezioni sono represse.
Maria vorrebbe volentieri rivedere i luoghi: Betlemme, dove le accadde il
miracolo più grande, e – il Golgota. Glielo si sconsiglia. Allora si domina.
“Tutti questi luoghi sono viventi in me; non si ha bisogno dell’esteriore,
quando si possiede l’interiore”. Una grande pace subentra in lei; e tutti
coloro che ora diventano ‘cristiani’, di tanto in tanto si riuniscono. Qualche
volta arrivano anche i discepoli, due o anche di più. Allora sono ore di festa
che Dio dona loro. – –
32.
Cornelio deve far visita spesso all’imperatore a Roma, il quale è
malaticcio, ed ascolta meglio tutto ciò che sente di GESU’. In verità, ciò non
lo tocca profondamente nel cuore, – tuttavia qualcosa rimane attaccato. Per
questo il tribuno trova a Roma qualche orecchio aperto, e la ‘semenza’ cade su
buon terreno. Talvolta però anche lui sospira:
33.
“Signore, è poco ciò che Ti posso offrire! Vorrei volentieri che tutta
Roma giungesse alla conoscenza e ci fosse pace in tutto il vasto mondo. Ora
sono soltanto alcuni che posso portare come ringraziamento per il Tuo Amore.
Perdona, perché i miei doni sono magri”. Allora gli sembra come se una Mano
mite gli passi sulla fronte, e non è un’illusione – egli sente, ciò che si
riflette nel suo interiore:
34.
«Figlio Mio, sono soddisfatto di te. Il mondo non può crollare in una
volta; Io lascio crescere la gramigna tra il Mio grano [Matt. 13, 23-30]. Quando
viene l’ultimo taglio del raccolto, allora coloro che sono gramigna, saranno
strappati, portando loro molti dolori. Questi dolori guariranno le anime loro!
35.
Sul Golgota ho messo alle tenebre il suo grande ‘Alt’! Non pensare che non
sia così, che la cattiveria non fosse morta. Giustissimo! Su questo
mondo, il più basso di tutti – perciò Io sono venuto qua – il male prolifererà
come la gramigna. Quello però che cresce, va incontro alla sua fine, così come
un uomo che diventa vecchio e tende alla tomba. Il male è da estirpare con la
radice, e questo accadrà alla fine di questo mondo!
36.
Esso è la parte più bassa della materia, ed Io sono disceso nel più basso.
Per il mondo, perfino nato in una stalla! Sono venuto dai poveri, dai
peccatori; non ho portato nulla con Me che appartenesse al mondo, solo la veste
che copre il corpo. Non avevo nessuna borsa né denaro, nessun bastone come
sostegno. La Mia PAROLA era il bastone con il quale Io pascolavo i Miei greggi.
Entrambi, Cornelio, i buoni e i cattivi [Giov. Cap. 10]. Quindi sii consolato,
e vedi, Io ti benedico!».
37.
Il romano è assai profondamente scosso. Adesso, è solo, non ha bisogno di
vergognarsi. Oh, sì – mondanamente: che cosa? Un tribuno, e piange? Si
riderebbe di lui e nei vicoli lo si segnerebbe con le dita. Brevemente sorge
d’improvviso il pensiero: “Ah, per conto mio lo veda chi vuole, che cosa me ne
importa! Ho la mia isola della pace, là posso sempre fuggire, per dire ‘addio’
al mondo!”. L’imperatore invece non lo lascia ancora andar via.
38.
Dopo aver esaurito il torrente di lacrime, si siede al suo tavolo e mette
in iscritto le parole. “Come si rallegrerebbero Giovanni, Nicodemo e gli altri.
Se soltanto fossi già là!”. Ordina ancora la sua casa. Aiuta ad ottenere la
liberazione degli schiavi meritevoli che devono dirigere il tutto, com’è d’uso
nelle case dei ricchi di Roma. Compila i rotoli, in un momento giusto del suo
imperatore li fa autenticare. Nomina un amministratore, il quale è diventato
anche lui un cristiano, e gli ordina:
39.
“Dopo la mia morte sarai il mio erede. Tu però accoglierai i cristiani,
qualunque cosa accade! Chi qui cerca protezione e aiuto, dovrà aver rifugio.
Non hai bisogno di prestare un giuramento mondano; esiste un ‘giuramento
divino’ [Gen. 22, 16], e questo è santo. Chi giura in questo senso – come lo ha
fatto DIO, non lo può, a dir il vero, nessun uomo, – si è unito con DIO. Chi lo
mantiene, ha la benedizione di Dio fino alla fine della vita; chi infrange il
giuramento, morirà nei suoi peccati!”. L’amministratore s’inchina profondamente
e dice:
40.
“Signore, io presto questo giuramento divino! Soltanto una cosa”, sussurra
all’orecchio di Cornelio: “Se il prossimo imperatore che sale al potere,
appende i suoi stessi romani? Se lui oppure anche il successivo ci perseguita?
Che cosa dovrà essere?”. – “Allora sei libero dal giuramento, perfino dinanzi a
Dio! Finché puoi, però, mantienilo!”. Sguardo si abbassa nello sguardo, e
questo vale più che una qualsiasi parola.
41.
Cornelio scrive per esteso il certificato di successione sul suo completo
patrimonio e lo fa subito autenticare dal competente senatore. Come liberato da
un grave peso, così si dilata il suo petto in un profondo sospiro: “Presto sarò
libero!”. Ora ha il permesso di partire. Un ordine, che frattanto deve essere
consegnato, gli impedisce il viaggio direttamente verso Patmos. C’è di nuovo
fermento in Siria. Sono già state inviate delle truppe. Il tribuno deve
ispezionare e inviare il rapporto all’imperatore, per iscritto. Perciò Cornelio
non ha più bisogno di ritornare a Roma.
42.
“A te, mio Cirenio, è andata pure così. Saresti rimasto volentieri con il
Signore, avresti rinunciato alla tua posizione; ma Egli stesso te lo sconsigliò
e disse che come Quirino avresti potuto fare molto del bene. Lo hai fatto! Io
ti ho emulato e mi è sempre andata bene. Poi abbiamo trovato il Signore”.
Cornelio riflette a lungo. Talvolta emette un sospiro quando vede che cosa ha
fatto di sbagliato; ma poi si rallegra nuovamente per le molte belle cose, ma
in particolare perché ha potuto amare GESU’.
43.
La stessa sera gli è portato a casa l’ordine: ‘Partire subito!’. Molte
galee, stipate di legionari e la sua stessa, sono pronte per la partenza. Nella
notte si reca ancora al porto, dove brulica di uomini: militari, qua e là un
civile, delegati dell’imperatore, i quali devono fargli la relazione di tutto.
Cornelio ha fortuna, essi sono amici, i legati.
44.
La ‘Cornelia’ va avanti, le altre in coda a forma di ventaglio. Questa
volta il mare è libero dai pirati, l’ultima azione ha spazzato via un loro
grande covo. Inoltre c’è un leggero movimento delle onde. In tutte le vele c’è
una brezza, verso Oriente, dove le navi tracciano i loro solchi, cosa che rende
più facile il remare. Si fa rotta per Sidone. Il comandante del luogo accetta
con piacere i rinforzi. Così – ancora una volta – qui è ristabilita la pace.
Roma pensa: per sempre! Oh, no! Ogni potenza mondiale resa troppo grande
calpestando, si scava con ciò la sua stessa fossa, prima, adesso e più tardi.
Chi vuole però saperlo…?
45.
Cornelio sa attenuare qualche severità imposta. Finalmente – può lasciare
la Siria. La sua relazione è sottoscritta dal capo dell’esercito. Con questo il
tribuno chiede di essere dimesso dal servizio imperiale a causa della sua età.
Per sua gioia extra gli sono confermate le dimissioni con tutti gli onori.
46.
Questa volta ha molto bagaglio da stivare. Due decurie lo accompagnano,
con quella di Scubatus, la quale ha perfino pregato per questo, essa può
rimanere con Cornelio. Come ‘fedele romano’ egli può mantenere cinque decurie;
ma a lui ne bastano due. Un manipolo gli dà il saluto d’onore quando la
‘Cornelia’ lascia la riva. Il tribuno, la mano sull’elmo, rimanda il saluto. Si
trova in poppa, guarda a lungo la terra; poiché ora – ha cominciato una nuova
fase della vita. Una nuova? Sì, certo, ma sarà l’ultima sulla Terra.
47.
Il capitano si rivolge a Cornelio: “Che cosa sarà ora della nave?”.
Malvolentieri egli vorrebbe navigare sotto un altro proprietario. – “La
Cornelia rimane mia proprietà. Non so ancora se rimarrò del tutto su Patmos. È
vero che sono libero dal servizio – ma mi sento in dovere verso Roma, per
quanto da vecchio ne sono ancora capace”. – “Mi cade una pietra dalla spalla.
Si potrebbe requisire la Cornelia; questo è già successo con altre navi. Da
parte mia nessuno ha bisogno di curarsi di noi; per me sarebbe questo molto
giusto”.
48.
“Anche per me, Sejananus. Ah, il vento soffia bene”, Cornelio alza una
mano per provarlo. “Fa alzare tutte le vele davanti, più tardi anche le altre.
Così agli schiavi il lavoro sarà più facile, e noi procederemo velocemente.
Patmos, la nostra isola della pace! Oh, io mi rallegro di questo!”. – “Anch’io,
essa è solo isolata. I nostri legionari …”. Sejananus alza le spalle.
49.
“Io ho provveduto. L’uomo ha bisogno di un diversivo, anche se si sceglie
la vita spirituale. Questo è in relazione con l’esistenza nel mondo. Perfino il
Signore partecipò ad un matrimonio [Giov. 2, 1]. Che cosa lì accadde, non lo
so; Giovanni sicuramente lo avrà scritto”. – “Fu questo un divertimento mondano
per Lui?”. – “Per chi?”. – “Per il Signore! Altrimenti non ci sarebbe andato”.
50.
“Ora hai fatto insorgere una forte nebbia! Non lo crederò mai e poi mai!
Chissà perché il Maestro ci è andato. Speriamo di venirlo ancora a sapere”. –
“Nebbia – mi sembra come se una ci venisse incontro”. Sejananus guarda attentamente
verso ponente. In lontananza un paio di strisce di nebbia si levano sul mare;
dei venti le respingono di nuovo ad occidente. Cornelio ringrazia il suo ‘caro
Signore’ per questo.
[indice]
۞
Il primo capitolo
dell’Evangelo – Accenno: chi era Gesù?
La capacità di interiorizzarsi di Giovanni lo porta a
comprendere come deve iniziare l’Evangelo – Il ricordo di un primo incontro con
Gesù diciottenne, e Cornelio lo incalza per conoscere i primi versi – Nella
torre il grande insegnamento di Giovanni a Nicodemo sulla Divinità, sui figli,
sulla caduta e necessità della Redenzione sulla croce
1.
Giovanni è seduto nella stanza della torre. Ha già selezionato i suoi
rotoli per come sarebbero da proporli. Deve iniziare con un discorso del
Signore, oppure con un’azione? Oh, l’inizio, esso deve essere giusto,
“anche da noi, sul nostro sentiero della vita”, riflette il discepolo, “non
sempre è facile”. Oltracciò per perseguire il cambiamento con cui può mostrarsi
un nuovo inizio. – Ma qui, presso il Signore…?
2.
Un ricordo: egli era sulla via per andare dalla madre, a quei tempi
diciottenne. Tuttavia, ora lo ricorda così come se fosse avvenuto ieri.
Camminava attraverso un prato, dove incontrò un uomo in un mantello bianco,
fisicamente non troppo alto, ma così imperante, eminente; quella volta non
aveva potuto afferrare completamente quest’impressione. Essa cadde in piena
regola su di lui. Non soffocante, oh, no, per lui era come se si sentisse più
sollevato.
3.
Con l’avvicinarsi,… quegli occhi, quel volto,… quell’energia,… travolgente
e gentile, si sentì come avvolto. E la Parola… una Parola soltanto, su
cui lui – del tutto comprensibile – quasi si mise a ridere. «Figlio!», era
stata questa la sola Parola, e lui, Giovanni, aveva ancora pensato: Figlio!? Al
massimo tu sei di qualche anno più vecchio, potremmo essere fratelli! Egli
voleva salutare fraternamente – l’uomo – con il solito: “la pace sia con te!”.
4.
Questo sprofondò, fu come tolto via da senno e cuore, quando EGLI, Colui
che ha imparato ad amare sopra ogni cosa, alzò nuovamente la Voce e disse di
nuovo: «Figlio!». Che cosa successe – egli non lo seppe precisamente. Cadde a
terra improvvisamente dinanzi a Lui, si aggrappò a Lui e Lui cominciò a parlare
e a consolare. Giovanni pianse come un bambino.
5.
«Adesso sei il primo che Io chiamo. Non ti meravigliare, tra qualche anno
ti sceglierò pubblicamente. Allora tu sarai il quarto che chiamo al fianco Mio
[Matt. 4, 21]. Questo significa qualcosa di grande, il cui senso imparerai a
conoscere solo a poco a poco. Se ti ho chiamato ‘figlio’, allora sii certo che
soltanto ‘un PADRE’ può parlare così! Tu hai pensato che potessimo essere
fratelli. Per il mondo può andar bene; veramente, solo gli uomini e i figli
della vita tra loro sono fratelli e sorelle; su di loro c’è solo la grande
Misericordia del Cuore del Padre [Isaia 63, 15], con cui Egli custodisce
saldamente ogni Vita. Anche te!».
6.
“Non so chi tu sei”, aveva risposto Giovanni. «Io sono come te un
viandante su questo mondo. Con la sola differenza: Io conosco tutte le vie! Per
te verrà un tempo, dove penetrerai assai profondamente nella Sapienza. Allora
per te si aprirà la Luce superiore [Apoc.]. Gli uomini la comprenderanno
pochissimo; ma IO non do nulla che rimanga buio in eterno! L’uomo ama il velo
di Iside, sotto il quale si vuole nascondere, come Adamo dietro un albero.
Credi tu che DIO debba dapprima sciogliere il velo per vedere chi cerca di
nascondersi sotto questo?!».
7.
Questo fu un peso che oppresse Giovanni. La Sua risposta fu: “Io lo so,
nessun uomo può nascondersi davanti a Dio. Tu però lo dici così, come se Tu
fossi … no, anche Tu sei un uomo”. Lo aveva espresso titubante, adesso vede
ancora chiaramente quegli Occhi, come guardavano giù, su di lui, venendo da una
profonda Essenza. – egli sarebbe quasi crollato, se il Signore non lo avesse
tenuto fermo. Una tempesta di sentimenti irruppe su di lui. “Tu –
Tu sei ...”.
8.
«Ci vogliono ancora alcuni anni, prima che operi in questo paese; allora
saprai Chi Io sono! Ora va e taci su quanto hai saputo». Ad un tratto era
sparito, come se la Terra si fosse aperta e Lo avesse inghiottito. Soprattutto,
questo lo aveva scosso, e quell’unica parola ‘Figlio’.
9.
Lo rivide con due uomini più anziani. Lui, Giovanni, suo fratello e il
padre rattoppavano le reti. Il Signore li chiamò. Giacomo[4]
stupito alzò gli occhi e chiese: “Ma che cosa vuole costui?”, e continuò a
rattoppare. Giovanni gli diede una spinta: “Vieni anche tu, sperimenterai qualcosa
che non ti è mai venuto in mente!”. – “Sì? Forse a te?”, lo aveva canzonato il
più anziano. Ma egli disse solamente: “Lo conosco, e si deve seguirLo, – come
se ci chiamasse DIO”.
10.
Anche il padre aveva pensato: ‘Giovane leprotto, che cosa sai tu di Dio,
quando Egli chiama i Suoi uomini?’. Zebedeo aveva pensato con ciò alla morte.
Quando il Salvatore stava alla riva così serio e maestoso, anche Giacomo fu
afferrato dal Magnete che attira tutto a sé. Egli saltò per primo a terra e
disse: “Se hai bisogno di me, io ti seguo!”. Il Signore ne aveva benedetti
quattro. Soltanto, Zebedeo disse triste: “Ora sono senza i miei figli, chi mi
aiuterà?”. Non poteva farcela da solo con la pesca. E la famiglia, come
l’avrebbe mantenuta?
11.
Il Signore consolò il padre: «Tu non sarai solo, poiché lasci andare con
Me i tuoi figli – riconoscerai che cosa deve significare, – ti manderò un
vigoroso aiutante». E questo avvenne presto. Un vicino, al quale era morta la
moglie, d’allora in poi aiutò il padre di Giovanni nella pesca. –
12.
Ora Giovanni siede qui, e non sa ancora come deve cominciare. Il Vangelo
non si può introdurre con uno sguardo retrospettivo. Il lato personale deve
essere tolto, si dovrebbe subito dimostrare Chi è stato il Signore.
Poiché non si rivelò ad un tratto nella Sua Divinità, ma talvolta agiva come se
non fosse altro che un Uomo, oppure il Figlio di Dio, questo contrastava
le magnificenze di tutta la Rivelazione su di LUI e sui figli di Dio.
13.
‘Figlio!’, la prima Parola. Più tardi: ‘Io vi dico una Parola’,
anche se era un’intera predica. Non è Dio la Parola? Se Egli dà dieci
Comandamenti, esprime mille frasi – quindi è sempre una Parola, vale a
dire una Rivelazione, come l’Eterno è un Creatore. Con questo si
dovrebbe iniziare, subito dopo – in modo tale che … Il cannello della penna è
appuntito, lentamente l’intinge nel liquido scuro, come se dovesse ancora una
volta riflettere e poi … Il papiro si riempie di righe. Cornelio gliene ha
portato in abbondanza.
“IN PRINCIPIO ERA LA PAROLA!”
14.
Così deve essere! Dio è nel Principio, ed Egli disse: ‘Sia fatto!’ da
questa Parola del Signore-Creatore si formò il mondo, oh, – l’Universo. Lui ha
bisogno solo di guardare nella volta notturna, allora vede questa Magnificenza
del santo ‘Sia Fatto!’. Ebbene, per questo mondo il Figlio, come il Salvatore,
un giorno, gli aveva rivolto la parola.
15.
Dio, Parola e Principio, non sono da separare in nulla, una sublime
Personalità. È dimostrato, e con ragione il Signore disse di Sé: ‘IO sono la
Via, la Verità e la Vita!’. Spesso si definiva ‘Seminatore’. ‘Il
Seminatore semina la PAROLA’ [Marco 4,14]. Non aveva nemmeno detto ‘semenza’,
cosa che sarebbe stata più comprensibile. Inoltre questo: ‘Se uno osserverà la
Mia Parola …’ [Giov. 8, 51].
16.
È vero che Egli parlava anche di una pluralità delle Sue Parole, in ciò si
trovava davvero il profondo senso delle molte Opere che Egli ha compiuto come
Creatore. Ogni Parola chiamò fuori un’Opera. “Nonostante tutto, devo rimanere
nel singolare”, dice Giovanni davanti a sé, e scrive e scrive. Nessun altro
passo dell’intero Evangelo fornisce tale somma informazione sull’Essenza di
Gesù.
17.
Quando arriva a questo punto dei suoi scritti, che DIO era stato veramente
tra loro, qui indugia a mettere la parola ‘Uomo’. ‘La Parola divenne
vivente’, non risulta vera. Dio, Lui stesso la Parola, non deve diventare prima
vivente, mai nell’Eternità! Ehm, ‘carne’, con la quale l’umano sarebbe da
legare, la ‘Vitalità-Dio’ è da mettere nella giusta Luce. Sì – ora però,
subito, la ‘Magnificenza piena di Grazia e Verità!’.
18.
Esiste forse sulla povera Terra una magnificenza? Quella che si comprano i
grandi – è meno di un’ombra che il giovane Sole sposta come se non fosse mai
esistita. Questa non scende nemmeno insieme nella tomba. Solamente, presso Dio
–? Oh, essa deve significare: ‘Noi abbiamo visto la Sua magnificenza’, e da
questa ‘Sua pienezza abbiamo tutti preso Grazia su Grazia’, parte su parte,
finché siamo diventati maturi per comprenderLo totalmente. –
19.
Giovanni mette per iscritto il primo capitolo del suo Evangelo tutto d’un
fiato. Quando cala il Sole, grato depone la sua penna. Con la benedizione di
Dio, l’inizio è ben riuscito. Ma che prima deve spiegare tutto, lo riconosce
solo il giorno dopo.
20.
“Quanto è bene che t’incontro, Giovanni”. Cornelio, che è venuto presto in
spiaggia, gli va incontro. Anche il discepolo gusta volentieri il mattino,
prima che il Sole sorga dall’acqua. Qui è così meravigliosamente fresco.
Lontano, in mare, i pescatori stanno ancora ritirando le loro reti. –
“Altrettanto per me è una gioia di vedere te, l’amico, così presto”. Si siedono
a riva, dove un’erba marina offre dei posti all’asciutto.
21.
“Sei stato diligente ieri”, comincia Cornelio e, furtivo, guarda Giovanni.
Si è cambiato? Oppure egli ha solo… Cornelio: “Posso sapere che cosa hai
scritto? Sono venuto e sono stato lì a lungo, tu non mi hai notato, eri così
sprofondato. E come devo dire? Spiegami se un uomo durante un lavoro possa
cambiare fortemente, intendo nel viso”.
22.
“Questo è assolutamente possibile, secondo ciò che si sta facendo. Con un
pesante lavoro corporeo il viso è segnato, proprio per lo sforzo; e quando …”.
– “Allora ho visto bene!”, interrompe il romano. “La tua testa era
profondamente china, ma potevo ancora vedere il tuo viso. A me sembrava – non
ridere di me, tu discepolo di Gesù! – come se tutto quello che scrivevi, fosse
leggibile sul viso. Sembrava del tutto diverso dal solito e, come precisamente
adesso.
23.
‘Il SIGNORE siede là!’, pensavo io; eri diventato straordinariamente
simile a Lui”. – “Non dirlo, o Cornelio, non dirlo! Nessuno, nemmeno un angelo
sublime ha con Dio – che è venuto a noi come Salvatore – una somiglianza. Noi
siamo le Sue creature, i suoi figli”. – “Appunto! Ma ho imparato ciò che mi si
è rivelato con Gesù: se Dio ci ha fatto, ah, aspetta, questo sta pur scritto
nelle Scritture che voi possedete: ‘Dio creò l’uomo ad immagine Sua’. Deve
perciò essere esistente una somiglianza”.
24.
“Questo è sicuro; soltanto che, tra somiglianza e identità c’è una grande
differenza. Nella forma e, in qualcosa che noi uomini non sappiamo ancora, il
Signore ci ha fatto simili a Lui, anche come ad immagine Sua. Ma il volto di
Gesù, tutto il Suo modo – no! Mai un uomo, un figlio-creatura potrà somigliare
a LUI!
25.
Tu non hai vissuto il disagio raccapricciante della croce”. – “Ben per
Caifa che io ero lontano”, mormora il tribuno. Giovanni non ci bada. “Il
Signore, il nostro Dio, come diventava sempre più riconoscibile, aveva due
volti. Lo potevo vedere chiaramente; perché io ed alcuni altri non siamo stati
cacciati via. E tu sai anche il perché?”. – “Come lo devo sapere, se non ero
presente?”.
26.
“Noi dovevamo essere testimoni, dato che il Signore smascherava tutti ed è
morto come un Uomo. Dovevamo essere smarriti in Lui. Perciò Caifa aveva
espressamente ordinato di ammetterci. Se lui avesse saputo ciò che ho vissuto
presso la croce[5],
mai avrebbe permesso che Maria, un paio delle donne migliori, nonché io
potessimo rimanere. Mai!”. – “Da costui mi aspetto di tutto, questa bestia
umana! Egli è tutto fuorché un vero sacerdote!”. Cornelio adirato porta
rancore.
27.
“Prima, non doveva essere così cattivo. Soltanto quando il Signore rivelò
la vuotaggine dei nostri sacerdoti – non in tutti, c’erano di quelli buoni che
seguivano volentieri il Signore, soltanto non lo potevano fare del tutto
apertamente – soltanto allora egli è diventato così cattivo. La sua vuotaggine
era stata scoperta, era stato levato l’intonaco; quale uomo sopporta questo
volentieri?”. Cornelio lo interrompe:
28.
“Cirenio, il più vicino a Cesare, nostro superiore, molti ufficiali e
funzionari, anch’io, ci siamo dichiarati apertamente per il Signore”. – “Oh,
c’è una piccola differenza, con cui il vostro amore, la vostra fedeltà, la
vostra sincerità è sminuita al nulla: voi siete la potenza occupante, potevate
agire come volevate. Nessuno vi poteva opporre resistenza, nessuno poteva
emettere un giudizio su di voi.
29.
Ma i giudei, perfino i galilei, erano subordinati alla legge del Tempio; e
tu sai quale potere possedeva un Caifa e tutti quelli che erano asserviti a
lui. In ultimo lo hai ancora sperimentato in Nicodemo. È vero che dopo la
crocifissione al templare furono tolti ulteriori diritti. Caifa trovò lo stesso
degli assassini che dovevano eliminare il nostro amico. Il popolo, da millenni
subordinato alla guida che risultava dalla fede, non è in grado di liberarsi
dal dispotismo del superiore”.
30.
“Hmhm! Noi, Cirenio ed altri ancora che conoscono la conduzione del vostro
popolo, abbiamo ammirato molto voi, discepoli di Gesù. Siete quasi tutti sorti
dalla semplicità del popolo, e voi non avete temuto, avete percorso
l’intero paese con il Signore e – ah, un momento, tu volevi raccontarmi com’era
stato presso la croce, del ‘volto del Signore’. Questo è estremamente
importante per me, il resto è secondario”.
31.
“Oh, Cornelio, tu ti sei dato a LUI come pochi del popolo! Hai vissuto
alla corte imperiale, hai celebrato le feste degli dèi, sei stato soldato, e
altro ancora. Ora sei figlio di Dio”. Lo stesso Giovanni è sopraffatto.
Cornelio imbarazzato abbassa gli occhi. ‘Figlio di Dio?’, egli sospira. “Se
soltanto lo fossi”. Giovanni prende i pugni saldi nelle sue mani diventate
esili. Una dolce pressione. È sufficiente per far cessare il sospiro.
32.
“Quindi ascolta”, dice Giovanni. “Quando il Signore era presso Caifa,
Hannas ed Erode, Egli aveva l’aspetto di ogni uomo che è stato condannato a
morte. Il tormento aveva segnato il Suo volto. Io ero sempre vicino, affinché
potessi un giorno testimoniare. Completamente diverso fu presso Pilato, solo
gli altri non lo poterono notare. Gesù aveva due volti: – l’umano e il
divino! Quest’ultimo doveva restare velato, perché il volto umano doveva stare
completamente in primo piano.
33.
Pilato lo sentiva, si sforzava di essere del tutto corretto, cosa che Roma
non sempre è – perdona, Cornelio, a te lo posso dire, – significava flagellare
il Signore. Io lo notai, dispiaceva a Pilato stesso; egli voleva strappare ai
templari quell’assoluzione che per lui era valida già da qualche tempo. Quando,
per bassezza, lo si minacciò di riferire tutto al suo imperatore, non poté fare
altro. In quel momento il volto del Signore era come quello nostro, con tutto
il tormento. E ciò nonostante – a me non sembrava così, come se il Signore
avesse patito per Sé il tormento”.
34.
“Lo credo! Egli ha agito così meravigliosamente, in una sapienza senza
pari! Una volta Lo udii domandare ai templari: ‘Chi Mi può accusare di un
peccato?’[Giov. 8, 46]. Io pensai: ‘Tu sei Dio, Tu non hai nessun peccato; ma
l’uomo… Tu nemmeno una volta divenisti impaziente per l’ostinazione di questa
gente, alla quale portasti il meglio di Te stesso’. Questo mi aveva
meravigliato troppo. Se guardo a me, come quante volte mi adiravo e…”.
35.
“Questo il Signore lo perdona a noi uomini. Ma sotto la croce – mi opprime
amaramente se vedo davanti a me l’immagine, come LUI, che avrebbe dovuto
soltanto soffiare, e tutta la Terra sarebbe stata un luogo di macerie, si
prostrava sul legno della croce e – e …”. No! Questo con i chiodi Giovanni non
lo porta ancora sulle sue labbra.
36.
“E vidi un panno nero che avvolgeva il martirizzato. Non si sentiva nessun
gemito. L’oscuro velo venne di nuovo tirato via e vidi lo splendore sul volto
di Gesù. Per quale ragione io ero l’unico che poteva vedere questo…? Allo
stesso tempo, però, vidi pure la sofferenza del nostro caro Signore, e che il
martirio è valso per ‘noi’, per tutte le creature figli, particolarmente per
coloro che erano così peccatori. Un romano, un vostro capitano[6]
che venne alla riflessione, innanzi tutto attraverso la Parola del Signore:
‘Perdona loro, Padre, Tu Mia Misericordia, perché non sanno quello che fanno!’,
esclamò: ‘In verità, questi è un Dio!’.
37.
Quello che successe dopo, la confusione, il tremare della Terra, lo hai
già sentito. Proprio allora il Suo volto risplendette nuovamente, esso non si
può descrivere”. – “Lo condivido con te”, dice Cornelio sommesso. “Come
potrebbero gli uomini descrivere il loro Creatore così come Egli è veramente?!
Lo troverei inoltre presuntuoso! A me veniva talvolta in mente, quando mi
potevo trovare vicino a Lui: Egli sembra come uno di noi; ed allora mi
colpiva sempre un raggio proveniente dai Suoi cari occhi, così che mi dovevo
abbassare e riconoscere: ‘Tu non sei un uomo!’.”.
38.
“Per noi, Cornelio, e per tutti i poveri precipitati che si sottrassero
dal Regno della Luce, Egli era un uomo, oppure, detto così: Egli si
mostrava a noi come un Uomo. Questo perché, affinché il figlio caduto,
la Sua prima figlia, non potesse dire: ‘Come Dio a Te è facile agire così e
così. Diventa una buona volta per primo un uomo, come Tu li hai creati – cosa
che non si accorda nel senso dell’oppositore, – poi vieni e parla con me!’.
39.
Il mistero: Dio e Uomo in Uno durante il Suo Tempo-Gesù! Altrimenti è
difficile, amico mio. Quando ieri scrivevo…”. – “Ti ho già pregato di mostrarmi
i tuoi scritti”. – “Chiamiamo anche Nicodemo; per gli altri è ancora troppo
difficile”. – “Prima facciamo la colazione del mattino”. A Giovanni sta bene,
ieri ha mangiato poco, solo così… di passaggio.
40.
Il tribuno ha ingaggiato un figlio del locandiere in Sidone, egli ha portato
con sé anche molti utensili, perfino un triclinium per la locanda. Il giovane
uomo si è messo all’opera con un fervore ardente, alcuni pescatori lo aiutano;
e così è già possibile consumare ogni pasto presso il figlio del locandiere.
Regolarmente è portato dalla terra ferma tutto ciò di cui gli isolani hanno
bisogno.
41.
Il Sole, che fa splendere d’argento l’acqua, ha svegliato Nicodemo. Ora
siedono insieme, anche Sejananus, Cornelio e Scubatus. La sala da pranzo non è
finita completamente. Anche i pirati ricevono il cibo, per ora come
prigionieri; ma non sono imprigionati. Questo aiuta, affinché si sentano più
liberi e si staccano dal cattivo mestiere.
42.
Dopo la colazione i tre romani hanno molto da fare militarmente. Giovanni,
Nicodemo e Cornelio sono soli. Si recano nella stanza della torre che è stata
attrezzata per il discepolo. Egli prende i suoi scritti. Nicodemo e Cornelio
sono molto avidi di cogliere tutto. Anche di comprendere?
43.
“In Principio era la Parola, e la Parola era (presso) Dio, e Dio era la
Parola”. – Giovanni guarda il sacerdote e il romano. Un pensiero lo assale:
come si può comprendere questo? Come interpretarlo. Ha formulato lui le
frasi, oppure ci deve essere stato qualcosa che ha guidato la sua penna? Che
Cornelio si stupisca è comprensibile, ma la domanda di Nicodemo: “Come
s’intende questo?” fornisce la testimonianza che la magnificenza della
Rivelazione ha una difficoltà: difficile che l’uomo la comprenda, oppure no – a
seconda.
44.
“Lo so”, dice il discepolo, “dovete essere stupiti; lo sono anch’io. Ciò
nonostante è chiaro. ‘In’ Principio è l’Infinità-Dio di spazio e tempo.
‘Principio’ qui significa nessun inizio. Dio non ha né un inizio né una fine!
Perfino le Sue opere che Egli s’inventa, sono un impulso dell’Infinità. La
‘Parola’ invece è Lui stesso. Già i Pensieri, concepiti dalla profondità della
Sua magnificenza, sono le ‘Parole della Sua attività’!”.
45.
“Nei rotoli di Mosè sta scritto: ‘In Principio Dio creò il Cielo e
la Terra’. Non sarebbe meglio mettere, invece di ‘in’ un ‘al’?”. – “Non riesco
a starci dietro nemmeno io”, confessa Cornelio, “ma penso che, così come lo
scrive Giovanni, contiene un profondo senso, senso che soltanto noi incapaci
non riusciamo a venirne a capo. Nonostante tutto, mi sento deliziato, come se
ci fosse donata la cosa più magnifica. Si deve comprendere subito? Non ci si
può rallegrare, anche se la stupida anima sta davanti alla porta chiusa?”.
46.
“Proprio così succedeva a me”, confessa Giovanni. “Avevo bisogno di tempo
per cogliere il filo, anch’io non ho riconosciuto tutto subito. E poi –? Hai
ragione Cornelio: noi uomini nel mondo non attingiamo nella profondità delle
Rivelazioni divine, e nelle Sue altezze giungiamo soltanto quando la nostra
vita nel mondo è completata. Così allora è sufficiente che gioiamo della PAROLA
che è DIO STESSO”. Egli alza il rotolo e continua a leggere.
47.
“Io lo comprendo bene: tutte le cose sono state fatte attraverso la
Stessa, e senza la Stessa nulla è stato fatto”, interrompe Nicodemo.
“Lo conferma la visione di Mosè del ‘al principio creò’…”. – “Sì, in
Principio erano i Pensieri e la Parola del Creatore, il Quale è
venuto da noi come Salvatore. Dopo, Egli formò i Pensieri e la Parola in azione.
Oh, in quali? Certamente queste azioni videro i Suoi figli che erano sorti puri
nella Luce – la Sua opera più bella! E questo doveva davvero – per lo meno
sulle prime, per quelli nati nella Luce – mostrare l’inizio, quindi doveva
essere per loro un ‘in Principio’, come il creato essere vivente, figlio o
altro, ha e deve avere per sé il principio.
48.
Questa è la differenza che voi potete comprendere”. – “Interpretato così”,
esclama Cornelio, “mi è diventato chiaro come il Sole. Ah, Giovanni, quanto
magnificamente lo hai interpretato! Sì, se si ha questa chiave, allora non è
più troppo difficile aprire la ‘porta’ nascosta dei misteri di Dio”. – “Tu sei
un romano e lo hai riconosciuto bene”. Nicodemo non è invidioso, ma triste.
Giovanni posa già la mano sul suo braccio.
49.
“No no, amico mio! Tu hai dato lo spunto a scindere la differenza, essa
quindi era esistente anche in te. Vedi, con una Rivelazione non è per nulla
importante chi può portare e rivelare qualcosa, ma che ci venga
data. E questi Doni vengono sempre solamente da Dio, non è vero?”. – “Sono
consolato!”. Il sacerdote si asciuga gli occhi.
50.
“La Luce splende nelle tenebre, e le tenebre non l’hanno compresa,
in verità riguarda il nostro popolo”, spiega Giovanni, “ma dapprima vale per
gli sviati. Poiché essi avevano abbandonato la Luce di Dio, divennero tenebra,
tenebra che DIO non ha creato. La caduta stessa era tenebra. Questa divenne
materia, nella quale il male sperimentò la sua manifestazione.
51.
A questo sono attaccati gli uomini, i quali lo potrebbero sapere o
credere. Essi però temono la Luce di Dio, nella quale non esiste nessun
nascondiglio. La tenebra non ha compreso l’enorme opera di Dio mediante la
croce della Redenzione. Il nostro popolo sta al primo posto. Esso ha ricevuto
la Rivelazione attraverso i secoli: il Messia viene!
52.
Certo, nell’afflizione della prigionia poteva ben venire lo smarrimento:
il Messia che ci libera da tutti gli altri e ci assegna il dominio su tutto
questo mondo. Che cosa però è un popolo? Esso rimane sempre quello, come si è
formato? No! Le generazioni vanno e vengono, scendono nella tomba. Che cosa
serve allora qui il dominio del mondo?”.
53.
Cornelio si gratta la fronte. Dominio del mondo! Qui c’è ancora Roma, il
suo potere, esso si estende così lontano su mare e terra. Egli sa come questo
potere mondiale è già minato. Oh, il suo fondamento è diventato marcio, con grandi
sforzi si tengono salde le sue colonne, le quali mostrano così tante crepe. I
popoli devono esistere; l’umanità, infatti, può esistere solamente nella vita
in comune. Giovanni afferra il pensiero.
54.
“Dio chiama la schiera dei figli ‘popolo Suo’, cosa che con i popoli di
questo mondo non si lascia ridurre a nessun denominatore. La parte fedele di
questo – due terzi – quando Dio rivelò dal Suo Testamento la via che EGLI
avrebbe percorso come Redentore, si è preservata la Luce proveniente dal
‘Potere di Dio’, al quale si erano votati. Essi lo avevano capito. Non così la
parte tenebrosa, la quale non voleva. Di riflesso l’umanità, la quale cerca
sempre di nascondersi davanti alla Chiarezza-Santità del Creatore”.
55.
“Posso interrompere?”, chiede Cornelio. “Sempre; nel discorso libero
troviamo nel miglior modo possibile la nostra meta”. – “Sì, è così: esistono
davvero molti uomini che, involontariamente, non vogliono comprendere, perché
non lo possono. Là manca la facoltà di cogliere qualcosa che per loro è estraneo
e oscuro. Dio come classifica questi?”. – “Ben domandato”, elogia Nicodemo, e
Giovanni dice:
56.
“L’uomo nella facoltà di comprensione è molto differente. Da dove vengono
queste differenze? Le ha fatte la Divinità? Oppure sono sorte dalla via che
ogni figlio nato libero può e anche deve percorrere? Se ora Dio non
possedesse nessun’influenza sulla via, allora Egli non sarebbe l’Onnipotente,
al Quale tutto Gli è subordinato.
57.
La libertà della via non esclude assolutamente la guida di Dio, ma all’interno
della guida esiste la libertà di movimento, con la quale si sceglie la
via. La disposizione, come inizio creativo, non ha nessun’altra posto
che nell’Essenza di Dio-Ur. In ciò è contenuta la meta. Questi
fondamenti sono cose sovrane della Creazione che non possono mai essere formate
o piegate da un figlio.
58.
Soltanto – tra loro si mostra una direzione e un corso che è lasciato a
noi. Noi possiamo camminare lentamente o velocemente, diritto o storto,
fermarsi oppure – come spesso – anche guardare indietro, come la moglie di Lot.
Ma guardate l’esempio: lei poté guardarsi indietro, ma non fu possibile un
passo indietro. Quanto poco possiamo vivere ancora una volta dei giorni
passati, così poco ci è possibile fare anche un solo passo indietro – visto
spiritualmente. Nel potere e nell’azione del Creatore esiste solo il santo
‘avanti!’.
59.
Dio non ha mai chiuso a chiave la facoltà di conoscenza, data ad uno di
più, all’altro di meno. Allora sarebbe un Dio ingiusto! A nessuno potrebbe
essere così domandato conto: ‘Che cosa hai fatto con il talento a te affidato?’
[Luca 19, 11-25]. Il nascosto sta già in anticipo della nostra vita, prima che
veniamo su un posto del mondo. I rimasti fedeli quindi, anche nella materia,
giungono meglio alla conoscenza, perché dalla disposizione hanno mantenuto la
loro via di Luce. Negli altri esistono molte differenze, a seconda se hanno
rifiutato Dio per cattiveria oppure per la piccolezza della loro costituzione
attraverso la prima figlia, la principale seduttrice che essi hanno
semplicemente seguito.
60.
Questi ultimi – non tutti – sono coloro che hanno la cosiddetta
‘incapacità di conoscenza’. A costoro ciò non sarà mai messo in conto. Quello
però che fanno di male per cosciente cattiveria, la devono pagare! Allora non
esistono varianti, e Dio sa bene come deve classificare ognuno. Come uomini non
possiamo comprendere le differenze, anche non ce n’è bisogno; tuttavia da ciò
possiamo riconoscere il più essenziale, perfino dalla propria capacità, questa
il Creatore ce la diede insieme sul sentiero della nostra vita, dall’inizio,
quando nascemmo dalla sua Magnificenza”.
61.
“Se mi esamino”, dice apertamente Cornelio, “c’è voluto molto tempo, prima
che io venissi soltanto in certo qual modo alla comprensione. Se non ci fosse
stato Simeone (del Tempio), uno dei primi angeli (Gabriele), ahimè chi sa in
quale angolo oscuro starei ancora oggi”. Un respiro che sembra un profondo
sospiro. – Nicodemo sorride lievemente.
62.
“A me succede come a te. Ebbene, a quel tempo ero giovane e inesperto, e
credevo di possedere ogni sapienza. Allora Simeone mi accese un lumicino. Senza
di lui – chissà che cosa sarebbe stato di me!”. – “Io vi comprendo”,
dice Giovanni. “Avevo diciotto anni quando il Signore mi parlò per la prima
volta. Senza questo – posso io forse sapere se nella scelta, che valse anche
per Giacomo, mio fratello, avrei riconosciuto il Signore e Lo avrei seguito – ?
63.
A noi tre succede come alla moglie di Lot. Oggi guardiamo indietro; ma
quale Grazia: non possiamo mai più retrocedere. Allora lasciamoci prendere
dallo sguardo retrospettivo della pienezza della Grazia di Dio: noi siamo stati
chiamati, e potevamo sentire, potevamo seguire. Può ben il vero e proprio di
quest’accettazione venire altrettanto dall’alta Grazia – ma un pezzo di ciò può
essere nostro.
64.
Questo noi troviamo, cosa che io ho annotato qui”. Giovanni legge ad alta
voce il capitolo. Con questo: ‘Guarda, questi è l’Agnello di Dio che porta i
peccati del mondo’, sorgono di nuovo un paio di domande, come mai Giovanni,
subito all’inizio dell’Epistola, ha specificato in totale chiarezza l’Essenza
del Signore come ‘Dio stesso’, qui – anche se in immagine come Agnello – Lo
denomina come una seconda Persona.
65.
“Per niente difficile”, dice lo scrivano. “Significa che per gli uomini,
come pure per l’oscurità che non voleva riconoscere l’Atto sacrificale di Dio,
era da percorrere una via che poteva percorrere veramente solo il CREATORE: una
via di mezzo, o meglio, una via da Intercessore che opera ‘conciliante’,
in pratica tra la Sua Santità e la Sua Misericordia.
66.
Comprendete: la Santità, l’Essenza fondamentale Ur del Creatore, non
dimenticò la caduta e – soltanto a causa della caduta – a questa non
poteva neanche passare oltre. Non che non Gli fosse rimasto altro da fare. No! Questo
non riguardava la Sua santa Onnipotenza, con la Quale Egli conosceva
indubbiamente altre vie per rivelare la Sua alta Meta. La piccola libertà dei
figli era una perla nel prezioso gioiello della Sua eterna sublime sovrana
Volontà!
67.
Anch’io non ho riconosciuto subito perché il Signore si chiamava Figlio
dell’Altissimo. Solo attraverso la profondità delle Sue Parole e delle Sue
Opere mi divenne evidente: Egli, come Uomo, non è nemmeno un uomo! Se dunque
fosse Figlio di Dio, allora il Santissimo e anche il più Inaccessibile
apparterrebbero solo a DIO. Un figlio non è il suo stesso padre. Il Salvatore
ci ha però assistito paternamente.
68.
All’Onnipotente, che può tutto e fa tutto, al Quale nulla è nascosto, appartiene
unicamente la santa, primaria primordiale Luce, nella quale non può giungere
nessun figlio! Un figlio, e fosse l’unico che procedette dalla Divinità, non
potrebbe tuttavia possedere la stessa Luce, la stessa Santità. Ancora in
aggiunta, poiché noi tutti, quali figli di Dio, siamo figli e figlie Sue”.
69.
“Questo mi sembra chiaro”, dice Cornelio. “Devo soltanto chiederti: il
Salvatore ha insegnato che possiamo giungere a Dio. Questo è possibile, ed io
mai dubito delle Parole di Gesù, allora dovremmo giungere nella Luce primaria
primordiale, come lo hai indicato tu. E questo, per me, ancora una volta non è
un concetto. Luce è Luce, questa certamente si vede!”.
70.
“O Cornelio, tu rifletti su tutto”, elogia Nicodemo. “Se lo avessero fatto
anche i templari! Qui hanno mancato”. – Giovanni fa cenno col capo: “Oh, sì,
perché essi non volevano lasciare la loro tradizione auto costruita, la quale
si è scostata da tutte le autentiche Scritture; poiché allora sarebbe morto
completamente ‘lo splendore delle vesti!’. Dunque alla domanda: qui dalla Luce
c’è da accendere molto presto un lumicino.
71.
Tu hai riconosciuto Dio, il Quale sa tutto, può tutto e fa tutto, e non è
mai da confrontare con qualcosa. Se ora è così, allora devono esistere
differenze tra le creature e il Creatore. Che la Divinità dal più profondo
della sua Essenza dia ai suoi figli solo quello che possono afferrare, è
altrettanto comprensibile, come il fatto che deve conservare per Sé il Suo puro
Divino. Il ‘deve’ non è mai come se Dio soggiacesse ad una costrizione. Se così
fosse, allora un altro dovrebbe aver dato il ‘deve!’ che troneggia al di sopra
della nostra Divinità. La Divinità non ha bisogno di porre a Se stessa nessun
deve! Il Suo FARE, è il Suo libero ‘deve!’.
72.
Quindi, il più profondo di tutta la santità della Divinità è il Proprio UR[7]. – Questa è dunque la Luce
primaria primordiale! Soltanto – da questa Luce la Divinità è uscita per il
popolo dei figli e precisamente prima, prima che li fece divenire.
Tutto fu formato magnificamente e paternamente, affinché, appena sorgessero i
primi figli, essi fossero ‘a Casa’ e non in qualche luogo estraneo, cosa che in
quel tempo non esisteva (la materia).
73.
Dio ha smorzato in parte la Personalità-UR. Questa Luce, infatti, che è
Dio stesso, nessun figlio la può sopportare, perché è l’Impulso-UR dell’eterno
divenire, perfino un eterno consumare. Visto così: Dio non dà via niente che
non rimanga presso di Lui! Tutte le cose sono Sue per sempre, prima che
ottengano una forma di vita. Soltanto per i figli si aggiunse qualcosa d’altro:
essi dovevano esistere come capaci di vivere da se stessi! Il loro più
interiore però, la ‘scintilla-spirito’, rimane egualmente in eterno
appartenente a Dio, come la Sua Luce e la Sua Potenza di Creatore, perché data
da queste.
74.
Dall’immensa pienezza del Suo Spirito Egli prese soltanto una particella,
e questa era abbastanza grande per dotarne tutti i figli, attraverso la
quale ad ognuno venne data una ‘scintilla del raggio di Luce’. La cosa più
meravigliosa in ogni operare: come dal Suo Spirito UR Egli separò la particella
per i figli, così dalla Luce primaria primordiale il raggio di Sole, in,
attraverso e con il quale si rivela ai Suoi figli, fin dal principio, poiché li
chiamò per la propria esistenza di vita.
75.
Noi mai potremmo vedere la Divinità; Egli però è uscito come Dio, oh, un
sacrificio, noi mai lo comprenderemo, mentre possiamo far proprio il sacrificio
della croce, per la nostra beatitudine. Entrambi i sacrifici offerti per i
figli! Lui ci amava paternamente già quando dormivamo come pensieri, come
embrioni, nella profondità della Sua Essenza. E la parte, che ci viene da ciò
insieme alla Luce e alla benedizione paterna, basta in una lontananza della
Creazione che ci rimane umanamente inafferrabile. Ma proprio in ciò poggia il
punto culminante di tutte le benedizioni preparate per noi”.
76.
Cornelio sospira e Nicodemo fa altrettanto. “Se soltanto si potesse
comprendere! Così però un pochino entra nella piccola testa”. Egli si tocca
leggermente la fronte. – “E nel cuore!”, aggiunge Nicodemo. “Anche se non si
riconosce tutto fino all’ultimo puntino, è importante che si sappia della santa
Essenza-Ur di Dio. Se ci s’inchina in devozione dinanzi al Signore, allora si
viene anche elevati e s’impara a comprendere che cosa è necessario per il nostro
progresso. Il Padre nostro ci da in ogni tempo la giusta misura”.
77.
“Questo è stato un riconoscimento da parte di voi due!”. Giovanni
abbraccia gli uomini. – “Ho ancora qualcosa da domandare”, comincia di nuovo
Nicodemo, dopo che è subentrata una piccola pausa. “Tu hai affermato che Dio
mai avrebbe dato ad uno di più, all’altro di meno e lo hai riferito al talento
affidato.
78.
Da una parabola risulta: un servitore ha molto, l’altro di meno, e dai
nostri scritti sappiamo che esistono differenti angeli, cherubini e serafini.
In alcuni versetti si dice anche semplicemente ‘angeli’, oppure ‘angeli del
Signore’. Quindi, differenti!”.
79.
“Visto in questo modo – sì; ma l’esempio non è difficile. Dio, dal Suo
patrimonio fondamentale, dona ad ogni figlio una parte giusta, in valore
mai di più né di meno. I cherubini e serafini che i profeti vedevano, come
Simeone ne era uno, e Raphael che aveva accompagnato Tobia, erano sì i primi
creati, e nella loro essenza i più grandi. Essi ricevettero compiti maggiori e,
per questo, anche più forza. La benedizione, l’amore, la fedeltà, la grazia di
Dio, invece, li riceveva ogni figlio in quella pienezza, vale a dire nella possibilità
di pareggiare il dono a lui affidato con il lavoro e le forze.
80.
Corrispondente al suo lavoro di Luce un arcangelo primordiale neanche
riceveva di più in grazia, amore e benedizione, come i nati dopo dei figli
spirituali di Luce. Non pensare”, Giovanni raccoglie il pensiero di Cornelio,
“che allora, ai primi creati, Dio avesse dato molto, e poiché poi non possedeva
più tanto della parte misurata ai figli, tutti i nati dopo sarebbero più
piccoli e dotati con facoltà più piccole. No, amico! Questo dipende da molto di
più. Dico soltanto una parola: ‘servitù!’.
81.
Se potessimo aiutare servendoci l’uno con l’altro, uno come l’altro
possederebbe gli stessi doni, la stessa forza? Per vero una magra immagine, ma
un romano la comprenderà. I vostri ufficiali sanno più dei vostri legionari.
Potete combatte senza questo massacrarsi? Voi non avete altro aiuto che l’un
dall’altro”. – “Si fa nuovamente luce”, esclama Cornelio. “Oh, quanto grandioso
e saggio è Dio, Egli ha fatto e organizzato tutto meravigliosamente! Oh,
Giovanni –”. E il tribuno ammutolisce.
[indice]
۞
Belle
conoscenze – Uno sciacallo romano
Prosegue la stesura dell’Evangelo, cap. 2 e 3 spiegati
a Nicodemo e a Cornelio – In visione Giovanni vede l’arrivo di ‘problemi’ e ci
si prepara a riceverli – Tre galee con a capo Maurius per arrestare Cornelio,
il quale s’impegna per salvare tutti – Il piano del romano è sventato dalla
veggenza di Giovanni
1.
Sono passate alcune settimane. Giovanni ha potuto scrivere solo il secondo
e terzo capitolo del suo Vangelo. È malato. Ciò che ha sofferto nel cuore con
il Signore – il Suo arresto, che gli era stato pesante, solo che non ne parla
mai – tutto questo lo ha consumato. Il medico si dà molto da fare. Il vecchio
pastore gli porta un succo fatto di erbe, un suo segreto.
2.
Il medico lo ha rifiutato. “Il vostro abracadabra, a cosa deve servire?”, dice
irritato. Il vecchio non si lascia irritare. “Tu sarai ancora riconoscente”,
gli dice tranquillo. “Adesso lo so grazie alla fede: DIO ha fatto crescere le
erbe medicinali, ed io so di portare a te di più. Se lo vogliamo riconoscere,
sapremo impiegare la benedizione”.
3.
Proprio in quel momento Giovanni apre i suoi occhi. “Prendilo”, dice al
medico, “mi aiuterà, sarà un aiuto anche per te, se fai come lo sa usare il
pastore”. Presto il malato sta meglio, dopo alcuni giorni può lasciare il
letto. Da quel momento in poi il medico va a prendersi qualche buon consiglio
dal vecchio, il quale non esita a rivelargli il segreto di tutte le erbe
medicinali.
4.
Sono seduti uno accanto all’altro: Nicodemo, Cornelio, il medico, il
vecchio, Sejananus, Cronias e Scubatus, il quale è giunto alla conoscenza.
Quando il discepolo legge della purificazione del Tempio, il tribuno si frega
le mani. “Se fossi stato presente, avrei sostenuto al meglio il Maestro, e
oltre a ciò avrei fatto molto di più di quello che Lui, il Buono, ha mitigato”.
5.
“E i venditori di colombi?”, chiede Nicodemo. – “Beh, lì il Signore ha
agito proprio bene, per amor delle povere bestiole”. – “Altre volte non ha
agito bene?”, indaga il pastore. “Ma cosa pensi! Naturalmente, il nostro
Maestro opera sempre in modo giusto! Soltanto che i farisei sono rimasti troppo
risparmiati”.
6.
“Hai completamente ragione, Cornelio”, replica Nicodemo. “Cosa, infatti,
accadde poi – fu così che presto andai dal Salvatore”. – “Questo induce alla
cosa successiva che potevo scrivere”, irrompe Giovanni. “Ma, dicci che cosa
successe allora”. – “Anch’io sono curioso, anche se si sentirà qualcosa di
brutto”. – “Certo, solo del brutto”. Nicodemo riflette un po’.
7.
“Caifa e Hannas strepitavano. ‘Distruggere i nostri affari! È un ribelle,
un sovversivo di primo rango! È da mettere sotto alto tradimento! Solo lo
stupido popolo si è rallegrato’. E Hannas: ‘Chi di voi scambia una
parola con quell’assassino, sarà messo a morte!’. Da dove mi venne allora
quella forza”, continua Nicodemo, “non lo so! – ‘Non è un ribelle, né un
assassino. Non ha ancora operato molto; ma quello che si è sentito di Lui
finora, è da definire buono’.
8.
‘Ah sì’, aveva strillato Caifa, ‘è stato qualcosa di buono scacciare con
la verga della gente onesta? E la perdita che abbiamo subito? Oltre alla decima
di Mosè abbiamo perso anche il danaro delle bancarelle, ulteriore dieci
percento! E tu lo chiami, buono?’.
9.
‘Visto dal Suo punto di vista, sì’, io ammisi. ‘Egli parlava con ragione:
‘Questa deve essere una casa di preghiera, e voi ne avete fatto una spelonca di
assassini!’. – ‘Questa non la lasciamo passare’, gridò un altro; ed io:
‘Zaccaria, uno dei nostri migliori sacerdoti che siano mai esistiti, devo
indicare il punto dove lo si eliminò con un ‘dolce veleno?’. Dopo, si sostenne
che era malato. Il Signore lo sapeva, altrimenti non l’avrebbe chiamato
‘spelonca di assassini’. Ciò nonostante, Zaccaria non è per niente l’unico
che…’.
10.
‘Se non ti calmi, sarai tu il prossimo che …’, sfuggì malignamente ad
Hannas. Mi alzai ed uscii. Non aveva senso dire ancora qualcosa. E – pensai –
‘va’ da Lui, sarà quello che sarà’. Ci fu da aspettare un momento. Poi mi venne
l’occasione. Il Signore era a Betania. Avevo già girato l’intero giorno; non potevo osare, a causa delle spie, di
avvicinarmi apertamente. Attesi la notte, anche se il Signore era circondato
dal popolo per tutto il giorno. Dove prendeva Lui queste Forze?
11.
Io sapevo della ‘Nascita del Signore’ e presentivo che Lui soltanto fosse
il Salvatore, il Messia; e così, veramente, non c’era da meravigliarsi delle
Forze che possedeva. Tuttavia operava come un uomo, e gli uomini hanno bisogno
di sonno. Così andai quatto quatto. Ad un tratto Lui stava sulla via dinanzi a
me, e disse:
12.
‘Siediti vicino a Me, voglio parlare con te!’. – ‘Signore’, riuscii a
dire, ‘Tu vuoi – io sono …’. ‘Sì, Io voglio, e tu sei un figlio di Dio! Il tuo
discorso nel Tempio non Mi è nascosto, perciò ti ho seguito, come il Padre
segue ogni figlio, quando ha bisogno del Suo aiuto. E tu ne hai bisogno?’. –
‘Molto’, avevo balbettato, e non sapevo come dovevo cominciare”.
13.
Giovanni legge la parte del capitolo [3, 1-21]. Sulle domande ‘acqua e
spirito’ egli spiega il Creatore, Sacerdote, Dio e Padre, per quanto gli uomini
lo possano afferrare, e dice: “L’Acqua è il secondo Elemento-Dio-UR, è la
parte-Sacerdote, nella quale per amor nostro si rivela lo Spirito di Dio. Come
Sacerdote, Dio benedice noi figli e ci fa riconoscere la nostra via dal ‘Suo
Spirito’. La nostra parte-spirito è nata da questo Spirito, noi abbiamo
l’unione con il Signore dalla Pienezza della Sua Grazia”.
14.
“Questo è nuovamente meraviglioso”, si fa sentire Cornelio. “Ma tu,
Nicodemo, non avrei mai pensato che in quel tempo avresti agito in maniera così
coraggiosa. Sono venuto a sapere molto sul modo di procedere nel Tempio, fin da
quando il Signore andava su e giù per il paese. Prima della nascita del
Signore, e poco dopo, era diverso. Zaccaria e l’Athaja operavano bene. C’erano
naturalmente anche dei cattivi. Questi una volta Cirenio li ha tirati fuori per
benino”.
15.
“Io caddi nella loro rete”, confessa Nicodemo. “Ero giovane, ma
Simeone-Gabriel mi aiutò. Da quel tempo imparai a conoscere le differenze ed
aspettavo il Messia di cui imparai a credere che Egli non sarebbe mai venuto
per fare di Giuda una potenza mondiale, come si sognava tanto volentieri.
Questa era veramente il punto d’ebollizione di Caifa e seguaci, perché il
Signore non era un ‘Messia del mondo’. Il popolo rifletteva poco su questo;
così si lasciava anche facilmente istigare.
16.
Non Lo si poteva mai avvicinare. Con ragione diceva: ‘Io solo sono il
vostro Maestro, voi tutti siete fratelli’ [Matt. 23,8]. MAESTRO! Egli, il
Creatore del Cielo e dell’Universo! Se si pensa a questo: con LUI si parlava
come con un amico, nonostante il cuore tremasse…” – “Così succedeva anche a
me”, confessa Cornelio, “a me, al romano, che non ha tremato in nessuna
battaglia, il mio coraggio toccava il fondo, come una vecchia nave che fa
acqua”.
17.
“Anche a noi discepoli”, conferma Giovanni. “Oh, noi sapevamo per primi e
meglio di tutti chi Egli era, e ci chiedevamo com’era possibile che Dio
parlasse con noi in modo così consolante, quando avevamo paura, quando ci
volevamo gettare dinanzi a Lui. Egli però lo aveva severamente proibito, a
causa della moltitudine. Rare volte era solo. Di notte rimaneva spesso per
conto Suo. Ancora oggi, quando si pensa: essere andato per tre anni attraverso
il paese con Dio, Egli ci frequentava come un amico con gli amici, a volte
doveva parlare anche molto gravemente, quando eravamo addirittura troppo stolti.
Una volta disse:
18.
‘Io ho ancora molto da dirvi; ma adesso non lo potete sopportare’ [16,
12]. La Resurrezione, e il fatto che Egli venne da noi quattro volte,
l’Ascensione e, poi, ‘il Suo Spirito di Grazie’ che ci era stato dato
(Pentecoste), fece riconoscere pienamente la Verità. Con tutto ciò rimane
ancora parecchio celato; nel mondo è riconoscibile solo ciò che è giovevole al
nostro percorso di vita. Chi vuole questo – è molto! Può essere la metà della
nostra scala del Cielo”.
19.
Cornelio sospira profondamente: “Voglio essere grato se posso venir su di
almeno quattro gradini. Gesù venne da voi quattro volte dopo la Sua
Resurrezione; Simeone aveva spiegato la quadruplice Essenza, senza che in me
rimanesse attaccato molto. Così un po’ alla volta si potrebbero salire quattro
gradini – Il mio caro Salvatore sa che cosa sono io…”. Egli tace. Autentica
umiltà gli fa dire questo.
20.
“Tribuno”, elogia Scubatus, “non ti sei arrampicato in alto non solo di
quattro pioli, tu hai salvato molta gente dalla morte. In Siria si doveva agire
rigorosamente ed hai sempre ripiegato dove ti era possibile; hai anche salvato
la madre di Gesù, e quante altre cose che io non so. Se fossi io il Signore
Iddio, ti eleverei, come ha detto Giovanni: fino a metà di questa scala, di cui
naturalmente io non comprendo niente e certamente non sono nemmeno al primo
legno”.
21.
“Certo, Scubatus, tu stai sul primo gradino”, dice Giovanni. “Chi
riconosce, ha da sé l’unione con il Signore: da parte di LUI, ben inteso,
esiste continuamente l’unione tra Padre e figlio, tra Creatore e creatura. Una
volta cominciata, può presto subito proseguire. Non abbiamo bisogno di lodarci
l’un con l’altro, tuttavia lo possiamo percepire se avanziamo oppure no! E così
sono al fianco tuo: come Signore Iddio anch’io eleverei Cornelio dal suo quarto
gradino in alto. Su quale gradino, non c’è bisogno di saperlo, meno ancora,
ognuno per se stesso. Poiché:
‘Chi crede che stia, costui badi affinché non cada!’,
disse il Signore.
22.
Egli disse questo in parabole, nelle quali LUI per lo più parlava. Il Suo
linguaggio proveniva dal Cielo; chi lo poteva comprendere? La moltitudine però
si lasciava toccare dalla parabola. E perfino noi discepoli l’amavamo. Quando
poi, questo o quello, ci faceva domande, potevamo così dare una risposta migliore”.
23.
“Basta parlare da parte mia! Vogliamo sentire di più dell’epistola, questo
sarà più gradito a Dio”. L’energico romano si sente confuso. Che cos’è egli,
infatti, dinanzi a LUI? – “Hai ragione, tribuno”, dice Cronias, “non siamo più
giovani, dove si poteva imparare ancora molto nel tempo. Alla nostra età la
diligenza deve sostituire il tempo.
24.
“Ben detto”, elogia Nicodemo. “Con l’età si può possedere una grande
panoramica e imparare dal vissuto”. Giovanni legge agli amici il resto di
quanto ha messo giù per iscritto. Anche lì sorgono ancora domande, e la prima
è: come mai Giovanni sa tutte queste cose del Battista [Cap. 3, 23-36] oppure,
se il Signore sarebbe stato proprio là allo stesso tempo, dove lui battezzava.
25.
“Di quando in quando; il Salvatore amava il battista, quantunque allora
non si sapeva che sarebbe stato decapitato. Era un ‘anticipo del raggio di
Luce’ per l’inferno, perché anche Gesù si consegnò agli assassini. Se Lucifero
aveva esultato per il fatto di gettare il ‘precursore di quell’ultima grande
purificazione’, che lo riguardava, nelle fauci della morte, allora egli dovette
riconoscere che proprio quest’atto gli toglieva il resto delle sue forze. Il
povero tenebroso dovette vedere che neanche la ‘morte del Signore’ gli sarebbe servita.
Perciò Dio permise, cosa non considerata nella povera maniera umana, che il
battista fosse sottoposto al giudizio di Dio. Lo testimonia la sua parola:
‘Questa mia gioia è ora resa piena!’[Giov. 3-29]”.
26.
“Dimmi un po’, Giovanni”, domanda Sejananus, “come poteva parlare della
gioia resa piena? Sapeva che cosa gli sarebbe accaduto?”. – “Non lo sapeva!
Aveva solo un presentimento. Dio non lasciò camminare nel buio il ‘Suo grande
testimone’ senza avvertimento. Quindi il Battista lo percepiva, anche per questa
ragione ancora la sua parola: ‘Egli, Gesù, deve crescere’, ciò significava che
il tempo che Dio si provvedeva doveva afferrare tutto il paese, più tardi tutto
il mondo, ‘ma io devo diminuire’. Il Battista vedeva ora la sua via come
terminata, gioiva del suo ritorno a casa nel Regno. Perciò la gioia resa
piena”.
27.
“Se soltanto fossi fino a questo punto”, dice Cornelio. “Sai, Giovanni,
naturalmente gioisco anch’io del mio ritorno a casa, nel Regno; soltanto, come
mi andrà?! Tu devi considerare che Dio dapprima dovrà fare una volta i conti
con me. Prima di conoscere Simeone ero soldato con anima e corpo. In battaglia
non ho mai ucciso nessuno con intenzione, neppure uccidevo dei feriti, eccetto
che nella legittima difesa. Che cosa significa oggi per me la legittima difesa?
È certo solo una cattiva parola del mondo. Oppure no?”.
28.
“Sì, è una cattiva parola. La difensiva sorge dalla volontà di vivere. Ci
si domanda, come la si fa? Ad un malvagio che vuole uccidere un altro,
spesso per voglia di uccidere, si può già mettere fine ai crimini. Chi nella
legittima difesa uccide l’omicida senza intenzione, costui non ha
nessuna colpa dinanzi a Dio”.
29.
“Nelle scuole di combattimento di Roma si dice: ‘Uccidi per vivere, per
vincere le guerre!’. Cirenio, mio precettore, zio e padre, diceva: ‘vedi,
ragazzo, ogni uomo vuole vivere. Ovvio, in combattimento non si sa mai
precisamente come si abbatte un nemico. Escluderlo dalla battaglia, basta e
avanza; ora te lo voglio insegnare’. Da dove Cirenio aveva conosciuto questo
modo di difesa – non lo so, non ne ha mai parlato. Veramente, sono stato sempre
contento che ho potuto sperimentarlo”.
30.
“Perciò non preoccuparti di nessuna resa dei conti. Per prima cosa conta
come sei stato educato. Questo sta meno nel giovane che a poco a poco impara
prima a pensare. Non ha detto Simeone una volta a te e a Cirenio, quanto
meravigliosamente il Signore vi guidava, mai però dentro una battaglia, dove
imperversava la rovina?”. – “Sì! Dalla nascita del Signore la mia spada è
arrugginita. Per questo non posso ringraziare abbastanza. Basta questo, però,
per giungere alla ‘gioia perfetta’?”.
31.
“Se cresce la nostra gioia, cresce anche la beatitudine. Questa è la
perfetta gioia che si può sopportare solo nella Luce. La gioia della Luce è il
dolce peso che dopo ci libera da tutto il mondo”. – “Allora sono consolato,
Nicodemo; infatti, ciò che anche tu sai dire, è per una cara parola”.
32.
Si discute della vita del Battista e della sua morte violenta. “Erode era
uno spirito cattivo”, esclama Cornelio, “che era mal visto perfino a Roma”. –
“Certo”, dice Giovanni, “ma ti faccio nuovamente notare ciò che non devi
confondere. Non esistono spiriti cattivi! SPIRITO significa DIO! Perché: ‘Dio
è Spirito, e coloro che Lo adorano, devono adorarLo in Spirito e in
Verità!’[Giov. 4, 24].
33.
Se Dio è lo Spirito dal quale procede tutto il bene, allora lo Spirito non
può avere in sé nulla di cattivo. Presso di noi fu confuso, dalle lingue
antiche si metteva semplicemente ‘Spirito’ per tutto ciò che non apparteneva a
questo mondo – così esse dicevano. Noi ce lo vogliamo ricordare: lo Spirito è
buono!”. – “Hm, confuso”, aggiunge Cornelio, “si dovrebbe ben dire: egli è un
essere cattivo, oppure, un’anima cattiva”.
34.
“La dinastia di Erode era cattiva per natura, venuta dal mondo inferiore.
Tutti i membri sono poveri esseri un giorno caduti con altri; come potevano
avere in sé qualcosa di buono? La loro piccola scintilla dello spirito, che non
va perduta per nessuno, fu sostituita dalle tenebre. Per costoro, soltanto
nell’aldilà sarà possibile che la loro piccola scintilla dello spirito ottenga
il predominio che gli spetta. Questo durerà per lo più a lungo. Per amor di
loro, in modo del tutto speciale, il Signore è andato al Golgota”. Giovanni è
assalito di nuovo da un leggero brivido; egli vede anche qualcosa di buio che
si avvicina a Patmos.
35.
“Preparatevi”, dice all’improvviso, “tenete stretta nello spirito la gioia
di Dio. Arriva qualcuno a grandi passi; preghiamo il nostro caro Signore che
vada di nuovo via a piccoli passi”. “Un attacco di sorpresa?”. Cornelio fa una
faccia scura. “C’è bisogno dell’allarme?”. – “No, nessun attacco armato”. –
“Altri sono spesso più brutti. Posso decidere io? Tu e Nicodemo rimanete nella
torre; ma i pirati? Che cosa faccio con loro?”.
36.
“Il giovane gravemente ferito affidalo a me. Poiché fu salvato ancora
fanciullo, si può dire dall’amore: un naufrago. Nessuno si occuperà di lui.
Porta gli altri dai pescatori, non si sospetterà che erano pirati. Quelli
aiutano volentieri, e sarà bene se diventano servitori dei pescatori. A loro,
in ogni caso, la pesca è completamente familiare”.
37.
“Ah, Signore”, ringrazia il tribuno. “Hai buone intenzioni, perché con noi
c’è il Tuo veggente. Conservaci la pace della nostra isola”. Passano tre giorni
tranquilli. Cornelio ha inaugurato la comunità della torre. Ognuno accoglie uno
dei lavoranti. Quello che aveva perduto la sua gamba, se lo porta il pastore.
“Vado verso nord con il mio gregge, non daremo nell’occhio”. I pirati sono
contenti quando sentono tutto questo. Poiché a Roma…? No, oh no, piuttosto ci
si butta in mare per affogarsi
38.
Il terzo mattino, guardie appostate avvistano tre galee. “Allora, un forte
contingente di truppe. Caro Signore”, supplica il tribuno, “Tu sei il più
potente contingente di truppa, confido in Te!”. Rivolto alle guardie: “Ognuno
faccia come se non sapessimo chi sta arrivando. Giacché sono nostre galee,
‘questi ospiti’ posso salutarli tranquillamente”. Egli manda fuori tre grosse
barche per circondare il contingente. Il comandante in capo è sollevato, il
porto gli è sconosciuto; ciò nonostante le sue parole tuonanti risuonano fino
alla spiaggia.
39.
La ‘Cornelia’ è stata nascosta in una piccola insenatura. Dalla riva si
vedono i tormentati schiavi dei remi. “Figli degli uomini”, si lamenta in sé
Cornelio, e attende il possente che non può ordinargli nulla. Tuttavia chi sa
che cosa è successo a Roma? Lo dovrà sapere presto.
40.
Siccome, secondo il grado Cornelio è superiore, non saluta per primo, per
mettere subito un freno. Il comandante domanda in maniera grezza e senza
saluto: “Sei tu il tribuno Cornelio?”. – “Lo sono! Che cosa ti porta qui con
tre galee? Non sai che Patmos è un’isola di esilio? Inoltre è il posto di
sortita contro i pirati? Da qui c’è anche da sorvegliare la terra ferma”.
41.
“Ti ha affidato l’imperatore questo posto?”. – “Mi meraviglia la tua
domanda”, dice Cornelio, “tu lo dovresti certo sapere, altrimenti non saresti
qui! È così?”. – “Lo devi sapere tu”, dice l’altro e si gonfia potentemente.
“Al senato è venuto all’orecchio che su Patmos le cose non vanno per il verso
giusto. Io devo mettere ordine!”. –“In che cosa? Da noi non c’è nulla da
mettere in ordine”. Egli mostra il suo privilegio, cosa che non è da passarci
sopra in nessun caso.
42.
“Non ha nulla a che fare con te”, il possente diventa un pochino più
piccolo. “Soltanto, tu trattieni dei prigionieri che appartengono a Roma. Li
devo interrogare e vedere com’è fatta la gente dell’isola. Si deve sapere se
costoro ci potrebbero attaccare alle spalle!”. – “Dei pescatori che non
possiedono né spada né scudo?”. Schernisce Cornelio apertamente. “Tu pensi
forse che non ci sarei arrivato da solo ad esaminare se l’isola sia sicura per
noi?”. – “Ehm, naturalmente, io penso che lo avrai fatto”, è ammesso di mala
voglia. “Tu sei stimato; soltanto perché sei uscito dal servizio imperiale si
vuol sapere se sei ancora in grado, dal momento che …”.
43.
“Basta così!”. Cornelio, che si è armato di proposito, impugna la spada
con la sua mano destra. Quanto basta per dimostrare che il tribuno può ancora
combattere. L’altro alza la mano. “Tribuno, non ti voglio certo offendere,
eseguo soltanto gli ordini”. – “Te lo consiglio; lascia stare tutto il resto! E
una cosa ancora: la tua truppa non deve procedere in ordine sparso, puoi
ispezionare l’isola solo sotto la mia direzione”. Cornelio sente bene che non
lui dice tutto questo da sé. È come un’energia che lo circonda, viene su di lui
una forza, dal veggente oppure dal Signore? Da LUI certamente! Silenzioso
ringrazia nel cuore.
44.
“Eseguiamo l’incarico!”. – “Tu mi hai chiesto se io fossi Cornelio, io
però non conosco il tuo nome. Sei tu dunque un ‘nessuno’?”. Una magnifica
parata del tribuno. Dominandosi a fatica, il romano risponde: “Sono comandante
di coorte, il mio nome è Maurius”. – “E sei diventato un controllore? Come ci
sei riuscito?”. – “Ti riguarda qualcosa?”, è rimbeccato Cornelio.
45.
“Certamente! Tu stai sotto di me, il mio ordine deve essere
eseguito!”. – “Devo accertare se nascondi dei prigionieri e se …”. – “Non dire
altro, altrimenti puoi fare in tempo a vedere qualcosa!”. Durante questo
diverbio il comandante dell’isola Cronias si è schierato con la sua guardia e
Scubatus insieme ai decuri. Con le facce risolute, gli uomini sono anche
armati, Maurius se ne accorge solamente adesso.
46.
Egli domanda irritato: “Che significa questo?”. – “Giorni fa ho appreso la
notizia che delle galee facevano rotta verso Patmos, perciò mi sono preparato
ad un assalto di sorpresa dei pirati”. In verità non è vero, ma col borioso non
si può fare diversamente. “Giorni fa?”, domanda dubbioso. “Nessuna nave ci ha
superato. Vuoi bluffare”. – “Non dirlo ancora una volta! Interroga la mia
gente, ognuno te lo confermerà”. Tutti in coro: “Sapevamo che sarebbero venute
delle galee, soltanto, a chi appartenevano non lo potevamo sapere”.
47.
“Questo non va per il verso giusto. Ve lo ha rivelato un Dio?”. – “Hai
colto nel segno!”. Detto così, molto seriamente, Maurius non sa che cosa deve
pensare. Lui non crede negli dèi e sorvola la serietà. Per mostrarsi forte,
ordina: “Cominciamo subito col controllo!”.
48.
“Davanti a me, certamente; solo sembra come se la tua gente abbia bisogno
di una pausa”. Sì, la tempesta, che ha colpito gravemente la nave, ha scalfito
le loro forze. Rivolgendosi ai legionari, Cornelio amichevolmente dice: “Prima
volete riposare un po’?”. A Maurius manca la parola. Da quando si chiede se i
legionari vogliono riposare? Il senatore aveva dunque ragione: Cornelio è
diventato vecchio. Egli istruirà un altro.
49.
“Adunata!”. La voce di Cornelio penetra le ossa degli uomini. Conduce la
truppa verso alcuni edifici abbandonati. Poiché questi non sono stati usati,
egli li ha fatti intanto ristrutturare in modo superficiale, ma vanno bene per
ricovero. “Avete delle provviste?”, si rivolge a Maurius. “Non per molto”. –
“Faccio portare del cibo ai tuoi uomini; tu, se vuoi, sii mio ospite”.
50.
Costui vorrebbe volentieri rifiutare, ma, dove poter mangiare? Roma è
lontana. “Grazie”, dice con un po’ di calore, “accetto la tua amicizia!”. –
“Amicizia anche?”. Questo è di nuovo l’autentico tribuno. Maurius fa finta di
non averlo sentito. Cornelio sa sfruttare bene i piccoli attriti di costui.
51.
Maurius molto presto è pronto per la marcia. Giovanni, però, con il quale
Cornelio ha parlato a tarda sera, può ancora una volta soccorrere come
veggente. “Radunati dietro i fabbricati, prima che l’oscurità si muova dalle
acque. Il resto lo vedrai da te”. – “Ah, posso facilmente immaginarmi cosa
succederà. Ti ringrazio, Giovanni”.
52.
Prima che Maurius ordini, si sente la voce del tribuno: “Pronti e
rilassati!”. Il romano freme, si domina e fa come se questo fosse stato
predisposto così. “Ah, tribuno, visto che anche tu sei già pronto, eseguo il
mio incarico”. – “Io temo soltanto che tu esageri”, dice Cornelio. – “Questo,
però, lo deciderà poi l’imperatore, insieme al senato”. Così marciano
nell’entroterra. Per strappare a sé l’autorità del comando, Maurius diventa di
nuovo sgarbato: “Dove sono i prigionieri?”. Cerca di intimidire Cornelio. –
“Sta a te scovarne qualcuno”.
53.
Raggiungono il primo agglomerato. Il giorno prima Scubatus aveva istruito
i pescatori. Essi dovevano stare calmi e informare gli altri pescatori. Vedono
Cornelio e fanno un sospiro di sollievo. Da cima a fondo s’ispezionano le
casette e le capanne degli attrezzi. I pescatori e i servitori sono investiti
con ingiurie: “Dov’è la gentaglia?”. –Un pescatore dice: “Qui non c’è nessuno;
anche il tribuno ha tenuto dei prigionieri nel carcere sotterraneo, che hai
certamente visto. Se però vuoi avere dei pesci, noi li vendiamo volentieri”. –
“Vendere? Noi quel che ci serve lo prendiamo”. – “Fermo!”. Cornelio è veramente
irritato. “Da quando i romani si mettono al fianco dei pirati?”. Che dovrà
denunciare questo, per il momento lo nasconde.
54.
“Guarda, Maurius, ci sono ancora le casette e le capanne bruciate
dall’ultimo attacco. E tu non dovresti sapere che ho consegnato i predoni, vale
a dire tutti i cattivi?”, aggiunge un poco astutamente. “E non dovresti sapere
che ho portato io l’informazione, dove avevano trovato il loro nascondiglio ed
è stata annientata una grossa banda? E…”, ci dà dentro di proposito, “l’ho
fatto da uomo vecchio, del quale tu credi che non possa più combattere!
55.
I pescatori sono sotto la mia protezione; quello che ti serve, sarà
pagato. I miei pescatori in ogni caso sono uomini molto bravi, i quali da una
pesca buona portano anche qualche cesto gratuitamente”. Il pescatore che prima
ha parlato coraggiosamente, di nascosto fa cenno col capo.
56.
Per due giorni vanno da baia in baia. A nord s’imbattono nel gregge. Il
pirata con la sua unica gamba è seduto sul carretto che è trainato dai due
grandi cani pastori. Anche qui il romano vuole già semplicemente rubare; sono
grassi agnelli e anche capre, cosa che a lui fa venire la voglia.
57.
“Giù le mani!”, minaccia Cornelio. “Il gregge è l’unica ricchezza della
nostra isola, e anche noi ne abbiamo bisogno!”. Non rimane altro che andar via
a mani vuote. Il possente non ha ottenuto nulla. Tanto maggiore fa sentire la
sua superiorità al ritorno, quando dopo sono seduti nella taverna, senza
riguardo per gli ascoltatori.
58.
“Tribuno, tu sarai destituito e forse …”. – “…essere un esiliato su
Patmos? Non potrebbe capitarmi di meglio!”. Cornelio di sera ha fatto scrivere
da Giovanni che cosa è successo ogni giorno. Il capitano e Cronias hanno firmato.
Con ciò Sejananus viaggia a vele spiegate già da questa notte verso Roma, con
due giorni di vantaggio; poiché un Maurius continua ad ispezionare ed ha
superato notevolmente il termine del soggiorno. Ora si accorge che non ha
ancora visitato la torre. Vuole informarsi presso l’oste della taverna, ma il
giovane siriano non cade nella rete del romano.
59.
“Io non so nulla”, egli dice. “È cosa del tribuno. Chiedi a lui. Non credo
che la torre sia pericolosa”. – “Stupido! Non la torre è pericolosa, ma ciò che
vi è dentro!”. A spron battuto il romano ci va’. “Troppo piccola”, egli
biasima. “Attraverso i piccoli fori dall’alto si può appena vedere fino al
porto, e ancor meno fino al mare. Anche questo dovrà essere riferito”. Sale la
ripida scala che poco prima è stata restaurata, la quale porta alla stanza
della torre, apre premendo con forza la porta, credendo di essere solo e non ci
sarebbe nulla da trovare. Il tribuno è troppo intelligente perché egli a lui, a
Maurius, serva ‘in tavola’ un ritrovamento. Ah – tuttavia …
60.
Tre uomini sono seduti al grande tavolo un po’ grezzo. Poiché si fa sera,
è abbastanza buio nella stanza, l’occhio vi si deve prima abituare. Il romano
quasi si spaventa quando riconosce il tribuno. Gli altri due sono a lui
estranei; un momento, però – costoro potrebbero essere addirittura traditori.
Adesso – adesso lo ha incastrato!
61.
“Chi sono questi uomini?”. – Cornelio è la calma stessa. “Tu non sei un
ufficiale e qui non hai ancora dato buoni risultati. Siediti, è bene che tu sia
venuto, tanto più che io sapevo che la tua ultima sera ti preparerà ancora una
sconfitta”.
62.
“Ah, ho avuto riguardo di te, ho detto che saresti ancora ben visto a
Roma. Il senatore Pretias …”. – “ …conosciuto dal lato sbagliato”, – “…ti ha
accusato presso l’imperatore e il senato, perché sei uscito dal servizio e
aiuti i banditi, in Siria hai molto spesso ostacolato le disposizioni così
necessarie e …” – “ancora di più?”, domanda Cornelio con calma. Poi però
duramente:
63.
“Non ho bisogno di dirti proprio nulla, tienilo a mente! Hai trovato
qualcosa che va contro il sistema politico?”. – “Qui ci sono due banditi”, vuol
trionfare Maurius. “Sbagliato! Esamina anche questo rotolo”. Cornelio di due ne
prende in mano uno. “Un autorevole sacerdote di Gerusalemme, da ‘noi’ protetto,
ciò significa che è dalla nostra parte – su base libera, cosa che tu non
conosci per nulla. L’imperatore gli ha concesso asilo qui. Controlla!”.
64.
Ancora niente da fare. “E con l’altro come la mettiamo?”. – “Lui è un
Galileo e …”. – “Ah, aspetta! Là deve esserci stato un rivoltoso, che con una
falsa mitologia ha sobillato i suoi giudei, per la qual ragione Pilato lo ha
fatto crocifiggere. Se costui”, tocca leggermente Giovanni, “è uno della
Galilea, allora deve conoscere questa faccenda”.
65.
“Esatto, io conosco questa faccenda!”. Qui c’è un tono che fa rabbrividire
il romano. Lo scuote. Resta però lì, come uno sbigottimento striscia accanto.
Tanto più da stolto agisce. “Adesso ti prendo nella morsa, ciò che il tribuno
si è lasciato sfuggire”. Uno sguardo astioso segue a queste parole. – “Sei
libero di farlo; solo però fa attenzione che la tua anima non ne subisca un
danno!”. – “Così questi giudei vogliono metter sotto gli altri; me no! Tu sei
un seguace del ribelle, – come si chiama?”.
66.
“Non lo sai e vuoi giudicare?”. Cornelio si deve dominare per mettere le
briglie alla sua ira. In più la tristezza. Ecco che arriva qua una vera testa
di legno e vuol fare del Maestro, il caro Signore, il loro Dio per un…sì,
perfino Caifa Lo aveva accusato presso l’imperatore. “Il suo nome non ha
nessun’importanza”, ostenta di nuovo Maurius, “soltanto quello che è successo.
Ed io”, a questo punto, inaspettato, tira fuori della tunica un rotolo, “ho
l’ordine di scoprire i seguaci del Galileo e consegnarli al tribunale di Roma”.
67.
“Fa vedere!”, ordina il tribuno. – Un nuovo sguardo malizioso. “Anche i
romani che aderiscono al ribelle, sottostanno alla giustizia, senza riguardo
alla persona”. – “Pensa un po’!”. Così calmo, come lo dice Cornelio, non lo è
assolutamente. Lui conosce troppo bene Roma, per non sapere che… Egli conosce
l’obiettivo di Pretias. Ma come già spesso, da quando crede nel Maestro, lo
circonda una buona forza.
68.
“Il tuo rotolo è sottoscritto solo da Pretias; dov’è il signum del
senato?, dove il sigillo dell’imperatore?”. – “Questi saranno apposti quando
farò rapporto”. – “Presso Pretias?”. Un tremito che potrebbe svelare la paura.
Nicodemo ha acceso un lume. Con il chiarore si diffonde il profumo dell’olio,
ed attraverso le piccole finestre scorre dentro la fresca aria del mare.
69.
“Con il senato ha trattato Pretias; io non ero presente, dovevo partire
subito”. – “È da comprendere, perché a Pretias bruciava il terreno sotto i
piedi. Adesso però”, Cornelio restituisce il papiro, “vedremo se davvero è in
ordine”. Maurius comincia di nuovo con aria d’importanza: “Per il momento è
cosa secondaria, dapprima devo interrogare lui”. – Indica Giovanni. “Comincia”,
dice il veggente di Dio.
70.
“Chi ti ha portato qui?”. – “Una scorta romana”. – “Il tribuno?”. – “No!
Egli mi ha incontrato sulla via verso la prigionia. A causa di una tempesta,
come l’hai sperimentata tu, la galea non è arrivata a Roma”. – “Sei un seguace
del Crocifisso? Se sì, allora presto ti passerà l’animo leggero che cerchi di
ostentare!”.
71.
Allora Giovanni si alza. Maurius afferra istintivamente l’arma. Cornelio
lo previene, serra il pugno del romano. “Tu falso volpone! Guarda, quante forze
ancora ho io da uomo vecchio. Ho servito fin dalla giovinezza, due volte più di
te! Impara prima a dominarti, come conviene ad un romano vero! Ora puoi
continuare”. Allenta la sua presa. Maurius reprime il dolore, gli sembra come
se la sua mano fosse rotta. ‘Oh, questa gliela farò pagare!’, pensa. Giovanni
nel frattempo fa la sua confessione di fede.
72.
“Mi professo per il mio Dio che è venuto come ‘Maestro’ e ci libera dal
male di questo mondo. Io non sarei libero? Dal povero ‘diritto’, che spesso
vuol dire ‘ingiustizia’, è certo vero; ma la vita, di cui tu non hai nessun
presentimento, non può mai essere uccisa! Puoi uccidere il mio corpo; la mia
anima, il mio spirito, la vita reale, tuttavia no! Questa l’ha data a noi il
mio Signore, il Galileo, come tu, sprezzante, Lo chiami.
73.
La tua fogliolina invece si è già da tempo voltata. C’erano romani d’alto
rango, prima di tutto Quirino Cirenio, al quale tu non puoi porgere l’acqua, i
quali hanno riconosciuto il Santo-Divino del Signore, questi Lo amavano e
credevano nella Sua Dottrina, che non è una Dottrina nuova, ma nuovamente
portata, perché gli uomini l’avevano guastata.
74.
Tu hai saputo da Pretias che Cornelio ha ordinato erede il suo
amministratore. Oh, a Roma con la ricchezza si può ottenere molto: potere e
influenza. Con la ricchezza del tribuno potresti giungere al potere. Il
senatore doveva avere la metà, per il fatto d’aver tramato il piano con te: far
cadere Cornelio, con cui il suo patrimonio sarebbe toccato all’imperatore,
volevate prima vendere tutti i suoi beni immobili. Solo il danaro contante
sarebbe stato devoluto al vostro imperatore.
75.
Avevi certamente l’incarico di controllare qui; ma non tutti i senatori
conoscevano la menzogna di Pretias. Hai ricevuto un ordine verbale che
contraddice il tuo falso rotolo. Che cosa ti ha detto Aurelius? Lo puoi
ripetere qui? Non davanti a noi uomini, no – davanti all’onnipotente Iddio, al
Santo, al Quale è subordinata anche la tua vita! Egli ti ha ancora salvato, a
causa della tua gente. La Mano liberatrice però era per la tua anima.
76.
Hai taciuto la tempesta, ma si vedeva nei legionari che cosa avete avuto
alle spalle. Stava pronto soltanto una cosa: vi minacciava il naufragio. E
nuovamente ritornerai a casa solo a fatica, questo soltanto a causa della tua
gente, perché tu hai gettato via l’onore di un uomo, e mentendo e ingannando
metti trappole per consegnare degli innocenti ai tribunali del mondo!
77.
Questo succede da quando esiste il mondo, e succederà in avvenire, finché
una buona volta sarà cancellato. Ma chi presta la sua mano al cattivo mestiere,
come lo hai fatto tu, Maurius, raccoglierà il salario delle cattive azioni!
Quello che non accade in questo mondo, viene dopo in quella vita che tu neghi,
questa poi è iniziata per i negatori soltanto con il Giudizio di Dio”.
78.
Il veggente vorrebbe ora dire volentieri qualcosa di consolante, che cosa
significa l’eterno Giudizio e che oltre ogni resa dei conti tuttavia impera la
bontà di Dio. Qui sarebbe sbagliato; qui la povera anima deve dapprima giungere
nel fuoco della sua purificazione. Questo è amaro, questo fa male. È come se
Maurius si rimpicciolisse. Da dove mai costui conosce i segreti accordi tra lui
e Pretias? Questi accordi sono stati presi pochi giorni prima della partenza
per Patmos.
79.
Si erano consigliati per giorni e notti; in questo tempo nessuna nave
lasciava il porto. Costui è uno stregone, un seguace del Ribelle, Egli avrebbe
perfino fatto qualche miracolo. Lui, Maurius, non s’inganna, anche se –
segretamente ammesso – è giusto ciò che ‘costui’ sta rivelando.
80.
Cornelio è fuori di sé. Mai avrebbe pensato che gli toccasse l’onore in
questo cattivo modo. Costa, al ‘noto artificio del Cielo’, questa volta attraverso
Giovanni, preservare il tribuno da un’azione che potrebbe molto rimpiangere.
Stende la mano verso la sua spada.
81.
“Tribuno, pensa a Cirenio, al Signore, quale cosa sacra Egli ti ha
insegnato! Un Maurius non può danneggiarti, egli è così miserabilmente piccolo;
mostragli la tua grandezza. Oltre a ciò non è certo che Pretias non si pieghi.
Aurelius non tollera quest’ingiustizia. E che cosa succederà poi? Il tuo onore
non può essere interrato. Aspetta!”. Oh, sì, Sejananus è già avanti, il maligno
non può più far nulla. Bene che egli, Cornelio, abbia inviato lui da Aurelius,
il quale in caso di bisogno, lo porterà anche dall’imperatore.
82.
“A te non profetizzo nulla di buono”, dice Giovanni al romano, il quale
sta seduto quasi da far pietà sulla sedia. Oh, egli era venuto qua a vele
spiegate piene di aspettative della propria avidità di lucro, ed ora costui fa
… – “Tu penserai ancora a me, perché sono un veggente del mio Dio. Quello che
Egli mi mostra, si compie anche; perché presso di Lui c’è Verità e Giustizia,
cose che a te sono completamente sconosciute, e come uomo dovresti certo amare
la giustizia e la verità.
83.
Io prego il mio caro Signore che tu non vada in rovina completamente –
no”, Giovanni previene quando il romano chiede brusco: “Come puoi sapere se
incappiamo in una tempesta?”. – “Ti ho dimostrato che il mio Dio mi rivela
molte cose. Nessuno sapeva che cosa hai tramato in segreto, e non è mancato
molto che l’uragano avrebbe distrutto la tua nave. Io ho scoperto tutto! Posso
rivelare in anticipo che cosa succederà con te. Giungerai a Roma, gli uomini
non devono subire alcun danno. Bada però al mio consiglio:
84.
Trattieniti dal fare qualcosa. Devi far rapporto a Pretias che il vostro
piano è andato a monte. DIO è intervenuto per preservare uno dei Suoi cari
figli dalla sciagura della vostra cattiveria”. Indica il tribuno. “Egli,
insieme alla sua casa, è dedito fedelmente all’imperatore, ha amato la sua
patria, si è sempre sforzato di essere un uomo giusto. E lo è anche diventato.
85.
E di più – ha riconosciuto il vero Dio, osserva i Comandamenti che DIO ha
dato. Solo, non dire, Maurius, che egli così avrebbe rinnegato i vostri dèi.
Già da tempo tu non credi più in loro. Con ciò hai fatto bene – anche se
inconsciamente; gli dèi, infatti, sono soltanto dei pensieri onirici degli
uomini. DIO, invece, che tutto ha creato e anche mantiene, è l’UNICO! Tutto ciò
che ha creato, è proceduto dalla Sua Vita. Anche tu, Maurius!
86.
Non cercare presso Aurelius di scaricare la tua colpa su Pretias, come hai
pensato: ‘Se va storto, che paghi Pretias’.”. Di nuovo il romano si fa piccolo
piccolo. Egli non lo ammetterebbe, perciò furibondo, grida: “Tu fantastichi
molto; non credo a nulla di ciò che vuoi farmi credere! Io andrò a Roma, allora
…”. – “…correrai alla rovina, se non segui il mio consiglio. Possa venirti il
perdono dalla croce di Dio”.
87.
Giovanni si siede di nuovo; è stranamente silenzioso nella piccola stanza
della torre. Il romano se ne va in fretta, e soltanto dopo un po’, silenzioso,
esce anche Cornelio, stringendo muto le mani di Giovanni e di Nicodemo.
[indice]
۞
Previsione per
il mondo – Insegnamento dello spirito e fine della materia
La visione di Giovanni sul viaggio e il ritorno
‘giudicato’ di Maurius a Roma – A sera Giovanni insegna a tutti con parole
dall’alto
1.
Giorni sono passati e si trae un lungo respiro. ‘È andato via!’. Perfino il
tribuno si è ritirato; egli deve attendere che cosa succede a Roma. Carica su
Giovanni la sua inquietudine quando s’incontrano sulla spiaggia, dove il Sole
sorge rosso oro dal letto d’acqua. Per un po’ siede qui in silenzio, e Giovanni
non lo disturba. Lui sa attendere, perché – vede…
2.
“Puoi tu dire che cosa succederà?”, domanda lui all’improvviso, e fisso
guarda l’orizzonte nel quale ondeggiano ancora nebbie bianche. “Lo posso, sì”,
dice lui, “tuttavia ti devo riprendere: dovresti avere più fiducia! Devi certo
sapere che il nostro caro Signore ti ha abbondantemente benedetto”. – “È questo
che mi opprime, Giovanni”. Un profondo sospiro, dal quale scaturisce il
tormento dell’anima. “Quanto amore, quanta luce ed aiuto, tutto non meritato; e
quando si deve dare buoni risultati – finito!”.
3.
“Non è finito ancora per molto”. Un sorriso s’imprime sul volto del
discepolo. “Tu vuoi sapere come vanno le cose a Pretias? E Maurius? Vedo il suo
viaggio”. – “Tienimi costui a distanza rispettosa! Mi son dato arie di un uomo
forte, ora devo prima ritrovare me stesso. Come però? Puoi dirmi questo?”. –
“Certo! Vuoi sentire una lode oppure un biasimo?”. Cornelio alza lo sguardo
stupito.
4.
“Questo suona come se lo avesse detto il Signore. Dal Suo biasimo c’è da
imparare. Troppa lode può uccidere molto”. – “Una parola vera! Oh, oggi il
Maestro non ti loda, ma non esprime nemmeno un biasimo. Hai lottato duramente
con te stesso per giorni interi, ed hai guardato di sbieco la tua angoscia. Con
ciò sei di nuovo sulla retta via, ed i pochi giorni, nei quali pescavi nel
torbido, il Maestro li ha coperti amorevolmente”.
5.
“Allora Gli devo essere molto grato. È sempre stata la sua immensa
amorevolezza che – come devo dire? – sorgeva dalla fonte della Serietà, cosa
che mi ha incatenato così saldamente a Lui. Io, romano libero, sono Suo
prigioniero”. – “Oh, Cornelio, meravigliosamente riconosciuto! Siamo stati
tutti catturati dalla Sua maestosità, dalla Sua intera Essenza, non liberi
nella libertà del Suo Amore! Questo è il Divino, Divino che noi possiamo
comprendere, senza esaurire la Sua profondità. Perché dunque? Non è sufficiente
sapere: siamo Sua proprietà?”.
6.
“Così penso io, soltanto, non posso dirlo. Semplicemente una differenza
tra te e me”. – “Quale?”. – “Ebbene, ascolta un po’! Tu sei un discepolo, io
sono soltanto …”. – “Fermati, se non vuoi affliggere il Maestro!”. Un serio
avvertimento che attraversa l’anima di Cornelio. Alza lo sguardo in modo
interrogativo. “Noi siamo Suoi figli e figlie, indipendentemente da quale
compito abbia ognuno. Questo non ci differisce in nulla, perché tutto significa
‘servire insieme’.
7.
Tu hai molti schiavi ed ognuno deve fare cose differenti. Non aiuta così
alla comodità e benessere della tua casa, quando il più basso la tiene pulita,
come quello che ti porta il cibo, ti versa il vino?”. – “Una volta non
riflettevo così su queste cose, non ero abituato a nient’altro. Solo mediante
Simeone, l’angelo superiore – che non dimenticherò mai – in me si risvegliò
qualcosa, finché stette completamente dinanzi a me: hai vissuto così, tu devi
vivere diversamente! E la Dottrina del Maestro fece risplendere tutto”.
8.
“Vedi”, sorride Giovanni, “tu puoi non solo pensare, lo puoi dire
esattamente. Mi sarei meravigliato se questo non sarebbe stato possibile al
tribuno”. – “Da quando sai tu qualcosa? Una volta un saggio greco mi confidò
che quando s’interiorizzava – come lo faceva, non me lo disse – allora vedeva
intorno ad ogni uomo un‘aura’, come lui la chiamava. Io ancora oggi non ho
nessun concetto. In ogni caso – egli avrebbe letto i pensieri, soprattutto
poteva anche vedere il destino di colui al quale sapeva svelare la sua aura. Si
esprimeva pressappoco così. Lo puoi anche tu?”.
9.
“Non così, come il greco. A quest’uomo ben riusciva riconoscere qualcosa;
soltanto chi rimaneva chiuso in sé, qui non poteva vedere nulla, né il passato,
né il futuro, né i pensieri. È completamente diverso quando DIO ci fa
contemplare ciò che EGLI concede solo a pochi per il bene degli uomini, e
questo, non perché i pochi sarebbero i prescelti. Per Dio non esistono delle
eccezioni, altrimenti dovrebbe amare gli uni di più, gli altri di meno.
10.
Dal sentimento – per il bene del prossimo – si può già riconoscere
qualcosa in costoro; in questo, infatti, il greco ha ragione: ogni uomo ha
un’aura, raramente cosciente, la quale si può sentire e percepire. Tu stesso lo
hai rivelato spesso: stando vicino ad un uomo, ti sentivi attirato oppure
respinto, hai quindi percepito la sua aura o irradiazione, anche se non trovavi
nessuna parola, e non potevi vedere nulla.
11.
Ma se Dio ci dà una ‘visione’, allora non abbiamo bisogno di cose
esteriori. Così è più facile poter riconoscere con e mediante la visione
l’irradiazione del prossimo”. – “È sbagliato impararlo?”. – “Oh no, se a ciò
non si unisce un malvagio agire. Il tuo greco ha compiuto delle opere buone.
Purtroppo avviene raramente, spesso c’è dietro soltanto orgoglio ed egoismo. I
ciarlatani si fanno pagare per questo. In quel caso sorge dal pozzo oscuro
dell’anima; da questo ci si deve guardar molto.
12.
Vuoi sentire ciò che ho visto io? È stata la notte dell’altro ieri”. –
“Volentieri, mi potrebbe calmare”. – “Solo il Signore ti può calmare, e sii
consolato: ci sarà una lunga pace sull’isola. Di ciò che accadrà più avanti,
non ce ne dobbiamo ancora preoccupare. Quindi, ascoltami adesso.
13.
Da ponente veniva qua una cortina di nuvole, due giorni dopo la partenza
di colui che voleva disturbare la tua pace”. – “Non la tua?”, lo interrompe
Cornelio. – “No, perfino se incappassi io stesso in una tale oscura cortina di
nuvole – inteso la macchinazione, non quella della natura. Quello che ti
opprime, è buono. Facendo scrivere di lasciare l’eredità dei tuoi averi ai
nazareni, non ti sei sbagliato nello scegliere l’amministratore; anche lui si è
lasciato prendere dal Maestro. Ecco, ora hai nuovamente pace del tuo cuore.
14.
Maurius rideva, il vento dapprima lo spingeva letteralmente verso ponente.
‘Qui si vede’, si stizziva, ‘lo strano tipo’, era inteso io, ‘mi ha vaneggiato
qualcosa, cui purtroppo ho creduto. Ah, io agisco! Aspetta, mio tribuno, verrò
ancora, a te, ai tuoi ladri insieme all’isola!’.
15.
Non aveva ancora finito di parlare, ecco che il vento cominciò a girare.
Le galee oscillavano e due quasi si cozzarono a causa delle alte onde. Ieri la
cortina di nuvole ha coperto completamente il mare, verso ponente, dietro
Creta. Il vento diventò un mulino. I suoi rematori – questo però la sua anima
dovrà un giorno ripagarlo amaramente – li fece frustare, essi erano senza forza
e non riuscivano più a remare. Molti remi erano spezzati; e poiché stupidamente
fece issare tutte le vele, sebbene il suo capitano dicesse il contrario, esse
furono stracciate. Per tutta la notte la Triga andò in giro come in un
grande cerchio, le navi, danneggiate peggio che la Cornelia che mi ha portato
qui a Patmos.
16.
Incomprensibilmente si lasciò andare del tutto, e non mancò molto che
l’equipaggio lo avesse gettato in mare. Oggi navigano con metà forza a remi”. –
“Non glielo voglio augurare”, non è facile vincere l’umano, se uno era troppo
malvagio. “Mi dispiace per gli schiavi. Io ho tenuto i miei; se li avessi
lasciati liberi, sarei stato disprezzato e, al massimo, sarebbero capitati in
una casa malvagia”.
17.
“Hai fatto bene. Non lo dimenticheranno mai e tutta la tua gente crede nel
Signore”. – “Di questo sono lieto. Ora andiamo a fare colazione, ascolterei
volentieri quel che succede a Roma”. – “Fin dove è utile, devi conoscere la
visione. Dio non dà tutto in una volta; una visione può gravare su un’anima”. –
“Me lo posso immaginare”, mormora il tribuno,“sono molto grato che io non
possieda nessuna visione”.
18.
Nella taverna si trovano già Cronias, Nicodemo, Scubatus e alcuni
legionari alla grande tavola. Solerte, il siriano porta il cibo, in più un vino
leggero come piace a Cornelio, il quale è seduto al triclinio con i suoi amici.
Vicino alla torre scorre una limpida sorgente. Da questa si attinge volentieri
l’acqua per mescolarla al vino. Una volta Cornelio non lo avrebbe fatto,
sorride di sé. “Che cosa c’è?”, domanda Nicodemo.
19.
“In Cana, Gesù ha fatto dall’acqua un forte vino, e Lui sapeva: il vino è
buono, il vino può essere dannoso. Ah – in Sua presenza e davanti al Suo
vino nessuno si ammalò. Una volta, Simeone m’insegnò quanto si sarebbe potuto
sopportare un vino leggero o un vino forte. Con questo consiglio mi sono sempre
trovato bene”. – “Non ho fatto conoscenza con Simeone”, dice Giovanni, “intendo
a Gerusalemme; altrimenti lo conosco bene, soltanto, non posso descriverlo. La
conoscenza proviene dal Cielo”. Nicodemo fa cenno col capo:
20.
“Lo comprendo. Da Simeone ho imparato molto, anche che si è proceduti dal
Regno della Luce, per quanto si mantenga la fedeltà al Cielo. E là i figli di
Dio sono a Casa, essi si conoscono; soltanto durante un cammino temporale nella
materia, non si sa, come e con chi si era stati una volta insieme. Quando un
giorno si ritorna a Casa, allora ci s’incontra di nuovo. Anche tu, quale
discepolo di Gesù, provieni dall’Alto e conoscerai molto bene Simeone-Gabriel”.
– “Anche tu, e Cornelio”, è un ascolto interiore nella voce del cuore, “Simeone
chiamava il tribuno, il suo ‘piccolo fratello del Cielo’.”.
21.
“A quel tempo, ah, ero beato ed oppresso. Io, ‘uomo d’armi’, e poi un
fratello del Cielo, là non esistono armi”. – “Certo, anche là esistono,
soltanto che sono usate in modo del tutto diverso che su questa Terra. Qui, per
raggiungere il potere con assassinio e guerre; là, per guadagnare le anime con
il potere. Quale differenza! Non si può quasi descrivere con parole umane”.
22.
“È sicuramente da sentire solo nello spirito”, dice Cronias. “Questo si
sente come una beatitudine”. – “Di questo purtroppo non comprendo molto”,
Scubatus è addolorato, “ma se ci si lascia guidare volentieri, si arriva lo
stesso un giorno nel Regno”. – “Certamente”, consola Nicodemo, “ogni uomo che
si affida alla fedele Conduzione di Dio. Lui si è definito, a ragione, il ‘Buon
Pastore’. Il vecchio pastore sull’isola pascola i suoi agnelli, da cui si può
anche imparare”.
* *
*
23.
Cornelio ispeziona il porto con Cronias; c’è sempre qualcosa da riparare,
come le due galee che usano la guarnigione. Sulla terraferma sono impiegati
degli schiavi per il lavoro, essi sono contenti e non vorrebbero essere in
nessun altro luogo. Compiono al meglio il lavoro. Un legionario, che riconosce
la Dottrina di Gesù, è il loro superiore; il tribuno può fare affidamento su di
lui.
24.
Un giorno Cornelio imbarcò a fatica un paio di cavalli, i quali non
esistevano ancora su Patmos. In un primo tempo i pescatori li temevano, ma
presto la loro paura scomparve. I capi cavalcano lungo la costa. Sulla terra
ferma, da dove si possono raggiungere insenature nascoste, si deve
continuamente controllare. Giovanni si è abituato ad un cavallo, e lui li
conosce; non c’è, infatti, nessun alto romano che non avesse un cavallo.
Soltanto Nicodemo, che come sacerdote dipende da un asino, non può fare altro
che accarezzarli.
25.
Il controllo procede bene, ed è già il primo pomeriggio quando Cornelio si
presenta nella torre. Davanti a Giovanni c’è un papiro non scritto. “Vuoi
scrivere? Allora ritorno più tardi”, si scusa. Per lui è sempre importante non
disturbare il discepolo nel suo lavoro della Luce.
26.
“Rimani; ciò che devo scrivere mi è certamente dato, tuttavia l’uomo,
quale figlio di Dio, deve riflettere che cosa deve passare ad altri, altrimenti
sarebbe soltanto una creatura. Se fosse così, saremmo anche liberi da ogni
peccato; Colui che ci lega, infatti, non ci lascerebbe fare niente da noi
stessi. Saremmo meno che animali, i quali, nonostante la legge della natura,
vivono nella loro piccola libertà.
27.
Tu ti sei chiamato ‘prigioniero del Signore’. Proprio questo permette di
essere un figlio libero che deve pensare da se stesso, perché dai pensieri
sorgono prima le parole, poi i fatti. Così otteniamo la coscienza superiore che
ci lega liberamente al Creatore. Ne parleremo ancora una volta. Allora, se
vuoi, adesso parliamo di Roma”.
28.
“Ad un tratto non me ne importa più, Giovanni. Sarebbe più importante ciò
che vuoi scrivere”. – “Questo potrà seguire. Per te è bene se cade l’ultima
pressione dalla tua anima”. – “Hai ragione; volevo essere più forte di quello
che sono, volevo dimostrare che non mi preoccupa più il lato umano. Ah, così un
piccolo verme ha davvero rosicchiato”. – “Ora lo eliminiamo”. Si siedono ad una
delle finestre, dal mare viene una buona brezza. Giovanni dice:
29.
“Te lo riferisco così come se fosse adesso. Le galee approdano. Il capo
portuale è sconvolto quando ispeziona i relitti. ‘Non ho mai visto ancora una
cosa simile’, impreca contro il capitano. ‘Nessuna tempesta ha mai ridotto così
le nostre navi. Non si possono più usare! Che danno, e proprio adesso che ci
serve ogni nave! Dove sono le vele? I remi qualche volta si spezzano, lo so
anch’io; ma gli alberi e le vele? Rispondi, se non vuoi che ti costi la
testa!’.
30.
L’equipaggio indica Maurius. Il portuale si rivolge a lui. ‘Hai tu a che
fare con la faccenda?’. – ‘No’, mente sfacciatamente, ‘io ero controllore su
Patmos. ‘Ma questo è il colmo’, interrompe uno. ‘Il capitano non voleva issar
le vele, sebbene non si potesse più remare. Maurius ha battuto gli schiavi’.
Questo è proibito, dato che si deve ricorrere a loro. Il capo portuale aggrotta
la fronte in rughe diritte. Ci vorrà ben una settimana, prima che gli altri si
possano di nuovo mettere in azione. E tuttavia dieci galee devono andare verso
l’Iberia; ora mancano proprio queste tre.
31.
Si mette davanti a Maurius. ‘Hai preso tu il comando che spetta al tribuno
della nave?’. – ‘Dovevo giungere a Roma urgentemente e… uscire dalla tempesta
…’. – ‘Basta, di questo devo far rapporto!’. Maurius diventa alquanto piccolo,
con ciò si è già giocato il gradino di slancio, come voleva lui. ‘Puoi
andare!’. Volta le spalle a Maurius, porge la mano al capitano e dice:
‘Perdonami, non lo potevo sapere. Perché ti sei fatto superare? Il comando
stava nelle tue mani’.
32.
‘Maurius mi ha presentato il rotolo, in seguito al quale avrebbe dovuto
assumere lui il comando della Triga, se …’. – ‘Ma non esiste! Ebbene, vi siete
comportati da prodi’. Egli provvede all’equipaggio e ai rematori, ognuno è
tanto prezioso per Roma, non si può rinunciare a nessun uomo, quindi di nuovo non
si aiutano per umanità; in tutti i casi – così rimangono in vita”.
33.
“Si dovrebbe augurar loro di non sopravvivere, allora la loro pena sarebbe
finita”. Cornelio è tormentato. “Bene, amico mio, ma tali aguzzini vivranno un
giorno nell’aldilà incomparabilmente in maniera più dura dei poveri schiavi.
Nel frattempo il capo portuale ha già impiegato un esercito di altri che
appartengono al servizio del porto.
34.
La missione per l’Iberia si protrae di una settimana. Il popolo sulla
costa, dove le truppe devono approdare, riceve dai pirati un avvertimento;
dappertutto, infatti, ci sono spie, ed essi fuggono velocemente
nell’entroterra, incendiano ancora le loro casette, devastano ciò che possono
ancora devastare. Questo ritarda un po’ l’avanzata. – Ma noi vogliamo seguire
Maurius.
35.
Egli si annuncia mogio mogio ad Aurelius. Costui lo accoglie così, come se
portasse un buon messaggio. Solo che, Sejananus ha già fatto rapporto al
senato, è stato anche dall’imperatore. Questi è di luna buona, cosa che non
succede sempre, ha dettato al suo primo scrivano cose d’ogni genere. Al nostro
Sejananus lasciamo la gioia di comunicarti cose più precise”.
36.
“Aspetto volentieri. Come si è cavato d’impaccio Maurius? Lo vorrei
sapere. È già a Roma?”. – “No, è un’anteprima ciò che ho riferito. Ed avviene
così: Aurelius chiama i senatori dove Maurius deve riferire. Nel frattempo è
arrivato anche il rapporto del capo portuale. Maurius diventa bianco, anche
Pretias, entrambi volevano spartirsi la tua ricchezza. Aurelius è così
indignato che non concede nessuna grazia e, presso l’imperatore, pretende
perfino di emettere sui due il verdetto di morte.
37.
In seguito a ciò che Sejananus ha riferito di te e di me, l’umore
dell’imperatore è ancora mitigato. ‘Oggi non voglio far morire nessuno. Di là
delle colonne d’Ercole (Gibilterra) si trova un’isola che non è abitata, come
mi è stato una volta riferito. Là i due saranno abbandonati, si dovrà lasciar
loro qualche attrezzo, allora potranno stentare la loro vita come vogliono’.”.
“Non è più duro della morte?”. Giovanni tristemente lo ammette. Perché… lui
vede.
38.
“Moriranno, c’è poca acqua, e la solitudine è il loro più grande tormento.
Con questo, possono venire al discernimento. Quindi in tal senso il verdetto è
giusto, ma non da parte dell’uomo. È faccenda di DIO, cosa che LUI sa
impiegare!”. – “Certo; Dio sa anche invertire le cose, se…”. – “Noi abbiamo un
Dio meraviglioso; Egli impiega, Egli inverte, Egli può fare tutto diverso. Oh,
Egli ‘fa’ secondo la Sua Volontà abituata al bene!
39.
Se stiamo all’ombra della Sua Grazia, allora abbiamo sulle vie del nostro
cammino ciò di cui abbiamo bisogno, ciò che serve alla nostra anima”. – “E per
lo spirito?”, domanda il tribuno. “Il Maestro ha detto spesso che lo spirito
starebbe sopra tutto e – ancora una parola, non mi ricordo più precisamente,
dove Egli ha indicato Dio come SPIRITO”.
40.
“Su questo ho riflettuto poco fa. Fu quando una samaritana poté parlare
con Lui al pozzo di Giacobbe e chiese dove si dovesse adorare Iddio [Giov.
cap.4]. Allora Gesù diede una risposta che tutti gli uomini si dovrebbero
scrivere nel cuore, e molti errori scomparirebbero, ora, e più tardi ancora
molto di più. Egli disse: ‘Dio è Spirito, e coloro che Lo adorano, devono
adorarLo nello Spirito e nella Verità!’.
41.
Noi abbiamo una scintilla di spirito proveniente da Lui, non lo possiamo
afferrare pienamente, perché lo SPIRITO non è mai esauribile, né nel
riconoscimento né nella Sua Essenza, – allora la nostra parte di spirito non ha
bisogno di nessun avanzamento, di nessuna salita. Esso è dato da DIO, e la
parte puramente personale di Dio è buona! Noi però dobbiamo dare la precedenza
allo spirito in noi.
42.
L’anima – perfino se proviene dalla Luce – deve portare una parte
dell’oscurità nelle nostre vie di assistenza, altrimenti il nostro cammino
sarebbe del tutto inutile. L’anima ha bisogno di procedere, di salire, di
ritornare nella Casa del Padre”.
43.
“Ho ancora qualcosa sul cuore”, dice Cornelio supplichevole. “A Maurius
hai parlato dei giudizi del mondo che rimarrebbero finché questo mondo un
giorno sarà cancellato. Ho riflettuto spesso su questo e non sono giunto a
nessun risultato. Gli uomini si moltiplicano, nuovi paesi sorgono. Dove c’è da
prevedere una fine?”. – “Questo ce lo riserviamo per la sera, quando saranno
presenti anche gli altri. Adesso vorrei scrivere”. Con cautela, senza parola e
senza saluto, il tribuno esce, va verso la spiaggia, dove si siede volentieri.
Come se le onde gli portassero altrettanto la Rivelazione di Dio, per lui è
così solenne, completamente meraviglioso. Fino a sera si raccoglie in se
stesso.
44.
Sopravviene una mite serata, all’infuori di un leggero moto ondoso,
tutt’intorno c’è un solenne silenzio di Dio, e le stelle si riflettono
nell’acqua. La comunità della torre si è radunata al completo. Nicodemo tiene
un libero servizio di Dio, senza rituale. Parla di quella Parola ‘Dio è
Spirito’, e la può spiegare così che ognuno ne ha una benedizione. Cornelio
riflette, oggi si sarebbero radunati solo i più maturi, ma per lui è giusto.
“Anch’io prima non ero maturo”, pensa alla più bella conoscenza di se stesso,
“e tuttavia un Simeone si è affaticato per me e – il Signore!”. Ora parla il
veggente di Dio.
45.
“Cari Amici, non sempre è facile attenersi alla buona ragione. A volte si
nota la differenza solo quando si sbaglia. Quando si rientra in sé, ci si
propone seriamente di non ripetere tali errori, allora troviamo l’avanzamento
passo per passo, questo, così detto, perché c’è anche un indietreggiamento se
non si pensa al miglioramento. Qui, detto esclusivamente per riguardo alla nostra
anima.
46.
Il nostro fedele custode mondano, il tribuno, si è dato del tutto al
Signore, e così sorgono in lui grandi domande, domande che l’uomo generico
allontana volentieri da sé. A Maurius, che voleva fare il grande qui da noi, io
avevo scoperto la sua ingiustizia, dico ancora che l’ingiustizia rimane
nell’umanità, perché essa non vuole essere assolutamente diversa, finché la
materia un giorno sarà cancellata. Quando sarà questo? Che cosa significano
giudizio universale che in un lontano futuro adombrerà quest’umanità?
47.
Non vi dovete preoccupare, anche se il male di questo mondo non cesserà
completamente in voi. In Maurius lo avete sperimentato e, più spesso,
attraverso i pirati. Alcuni di loro sono oggi tra noi, sono cambiati e si
sentono come rinati. Oh, quando un uomo si dà a Dio, allora egli è – come dice
il Maestro – rinato con acqua e spirito nell’anima; e purezza e conoscenza sono
i sostegni della sua via.
48.
Giudizio universale! Non è giudicato il pianeta, perché è senza peccato, è
un’opera della Creazione proveniente dalla Mano di Dio. Egli ha rivelato su di
esso, per vero come il più basso nello spazio, proprio ora le Sue magnificenze.
Veramente non soltanto su di esso; ovunque, infatti, nell’intero spazio della
Creazione agisce il Suo Amore e la Sua Misericordia. La Terra è una parte
speciale del ‘semenzaio di Dio’; qui s’incontrano i sommi luminari e le
compagnie più basse.
49.
Su questa Terra e nella sua cerchia un giorno fu fissata la tenebra della
caduta. Perché proprio qui? In sé, questo non ha importanza. Doveva esserci una
parte di spazio, dove i precipitati dovevano subire la loro purificazione.
Proprio questa parte di spazio si trova sotto il fuoco incrociato della Sua
Serietà e della Sua Misericordia. Senza il serio intervento di Dio – come
potrebbe giungere una povera anima da sé al discernimento? Come sarebbe
possibile la Redenzione senza la Misericordia –?!
50.
Oh, nell’uomo è giudicato il mondano! Gli oscuri potevano tentare;
soltanto così, infatti, essi perdono la forza. Per questo ci vuole certamente
ancora molto tempo. Il genere umano deve portare la sua parte nel giudizio
universale. Attraverso la croce di Gesù, l’oscurità è stata totalmente aperta
con un urto, e gli oscuri, di cui ne esistono come la sabbia nel mare, vengono
riscattati. Quanto più si avvicina la fine della materia, tanto più grande
diventa l’oscuro flusso che si espande particolarmente nel mondo.
51.
Il Signore lo ha annunciato, ma, non senza quella grande consolazione:
‘Il Cielo e la Terra passeranno, ma le Mie Parole non passeranno!’
[Matt. 24,35]
Le Sue Parole sono la certezza data
a noi, nella quale siamo al sicuro. Certo, talvolta sembra come se Dio non
possa aiutare. Oh, EGLI lo può sempre! Quella Parola si è marchiata a
fuoco in noi:
‘Vi lascio la pace, vi do la Mia pace. Io non do a voi come dà
il mondo. Il vostro cuore non si spaventi e non abbia paura’. [Giov. 14,27]
52.
Come scompare ora la materia? Ecco che un giorno si dirà”, Giovanni vede
per il momento già delle immagini che avrà più tardi nell’ultimo tempo su
Patmos, “questo mondo va improvvisamente a picco. Dove? Non esiste nessun sotto
e nessun sopra, nessuna lontananza, nessuna vicinanza, attraverso la quale non
spiri l’ATMA[8] di Dio! La caduta, insieme
all’oscurità, scompare. Ben inteso: la caduta, non i caduti! Chi è
caduto, verrà un giorno risollevato.
53.
Qui non c’è nessuno di voi che non ha già visto morire un uomo. La morte
viene incontro a un uomo quasi sempre lentamente, cosa che è una grande Grazia
– per chi ne approfitta. Allora l’uomo ha ancora tempo di fare i conti con se
stesso. La morte può anche venire all’improvviso, cosa che accadrà specialmente
in quel tempo lontano, dove non si sa, come si deve vivere materialmente
– come si vorrebbe vivere. Là domina la voglia del mondano.
54.
Come gli uomini possono morire lentamente, così lentamente si dissolve la
materia del mondo dopo la ‘croce del Golgota’; come nei suoi ultimi giorni, il
cui tempo non abbiamo bisogno di conoscere, la morte coglierà di sorpresa gli
uomini, dal momento che in un giorno possono morire, strappati via,
innumerevoli uomini, attraverso la potenza del materiale, quindi la materia
viene allora disciolta più velocemente, dapprima gli estesi margini, finché si
restringe la spirale, ed in ultimo colpisce il nucleo dell’oscurità: il vicino
margine di questo mondo ed esso stesso.
55.
Alcuni nati nella Luce noteranno anche che la sventura non viene mai
data da DIO. L’umanità stessa si scava la fossa dell’avversità. Dio,
infatti, è buono! Quella parte della libertà dei figli, la quale serve allo
sviluppo di un figlio, quella influisce nel potere del mondo. Dio lo
tollera, soltanto – non senza la Sua superiore vigilanza! Se questo non
fosse il caso – già adesso questo mondo e molto altro non esisterebbe più, cosa
che si può scorgere nel firmamento per noi sconfinato: Sole, Luna e la
pluralità delle Costellazioni.
56.
Con ciò molte anime sarebbero perdute in eterno, mai troverebbero l’uscita
dal loro esilio. Che cosa sarebbe successo allora? Dio avrebbe potuto gioire
della Sua Magnificenza? Non dovrebbe guardare sempre la ‘parte esterna?’. E
dove rimarrebbe l’Onnipotenza del Suo Amore? Non farebbe Egli tutto, per
riportare a Casa quelli che si sono perduti da se stessi?
57.
Amici, l’Eterno non ha bisogno di fare prima questo. Lo ha già fatto,
dalle Eternità, e come chiave di volta attraverso la croce del Golgota! Egli ha
aperto la porta e non verrà mai più chiusa, finché l’ultimo figlio più povero
non abbia intrapreso la via del ritorno. E, come schiera su schiera trova la
via per il ritorno in Patria, così si sbriciola una cosa dopo l’altra della
materia.
58.
La materia serve solo come luogo di transito per i precipitati; per questi
in particolare sta la croce sul Golgota, per questi Dio è apparso come un Uomo.
Che cosa sarebbero i perduti, infatti, se non fosse avvenuto per loro l’Atto
sacrificante del Signore?! Qui sono rinchiusi tutti i viandanti che vanno nella
materia nel servizio del sacrificio, su questo mondo e altrove. Ovunque
agiscono le fedeli mani paterne di Dio!
59.
E ancora, il paragone, come la materia passerà: se un uomo è morto, dura
in ogni caso ancora a lungo finché si dissolve il suo corpo. L’involucro di
carne muore solo un po’ alla volta, finché in ultimo passa anche lo scheletro.
Così, lentamente – per amor dell’alta Grazia – muore la materia, la sua morte
di resurrezione!
60.
Pure noi ne siamo legati, noi abbiamo bisogno spiritualmente di una morte
di resurrezione. Con il distacco di ciò che ci ha legato attraverso la via
peregrina, andiamo incontro alla Patria di Dio. In uno potrà svolgersi
lentamente, nell’altro velocemente – ognuno è guidato da Dio, dal Suo Amore e
dalla Sua Misericordia.
61.
Catturati nell’Amore di Dio, posti sulla via dello sviluppo, sotto la
guida di Dio e con vera serietà dobbiamo dire:
‘Padre, la Tua Volontà sia fatta in ogni tempo!’,
così siamo giunti su questo piolo
della nostra scala del Cielo. Là non c’è nulla che possa spaventare il nostro
cuore. Certo, dobbiamo vivere ancora in modo terreno, nell’impulso di
conservazione, ma allora il nostro spirito ha assunto il potere. Si ha la brama
di ritornare nella Casa paterna.
62.
Chi si vuol liberare di Dio – nessuno lo può sapere, – dovrà riconoscere
un giorno: l’Amore paterno lo ha fermato, non ha fatto, per così dire, nulla
per la parte di tempo della vita materiale, ha lasciato andare l’uomo nello
smarrimento scelto da se stesso, perché ogni strada sbagliata ha un limite. Là
non c’è un avanti, là c’è soltanto il fermarsi, cui può seguire una
conversione, e deve seguire.
63.
Nessuno può fermarsi per sempre, né in maniera materiale, tanto meno in maniera
trascendentale, cosa che si riferisce unicamente alla parte animica. Si
comincia di nuovo a camminare, spesso a lungo in modo incosciente. Come un
piccolo fanciullo cammina a piccoli passi attraverso le viuzze e non sa dove
sta andando, proprio così succede ad ogni anima, ad ogni essere senza luce!
Ogni conversione ha però per conseguenza il ritorno a Casa.
64.
Non diversamente sarà un giorno con la materia. Se lo Spirito creativo di
Dio non avesse pulsato attraverso la materia, sin dal principio, quando Egli la
creò per la caduta, – non avrebbe potuto sussistere per un secondo di eternità!
La forza di conservazione, una parte essenziale della Potenza creativa, farà
sorgere da ogni sostanza grossolana un’opera nuova. Dove, come, quando – nessun
figlio lo afferrerà. Quando però il nuovo mattino della Creazione sarà giunto,
allora gusteremo l’immensa bontà di Dio, la quale ci concederà una parte nelle
meraviglie delle Sue Magnificenze.
65.
Con tutto ciò che ho potuto dire, è chiarita la questione dell’uomo: ‘Perché
ha Dio …?’. Il Suo santo ‘perché’ raramente gli uomini lo riconosceranno
pienamente. Chi si piega totalmente alla Volontà di Dio e riconosce – in
tutte le cose – la Sua conduzione, sostituisce la parola interrogativa
‘Perché’ con quell’altra:
‘Signore, quello che Tu fai, è ben fatto!’.”
* *
*
66.
Il mattino successivo s’incontrano Giovanni e Cornelio sulla spiaggia,
dove guardano verso la luce che splende lentamente sull’acqua. Lì stanno seduti
a lungo senza parlare. Il veggente attende, egli nota che il romano ha qualcosa
nel cuore. E questi comincia anche, dopo che il Sole si è completamente alzato.
67.
“Il tuo discorso di ieri mi ha profondamente toccato, anche ciò che ha
detto Nicodemo. Quanto è bene che ho potuto salvarti. E Maria, la cara donna.
Per giunta aspetto presto la notizia, ho inviato uno a Capernaum”. – “Tu sei
veramente il nostro migliore amico”. – “Ah sì? Non è il Salvatore il nostro
migliore Amico?”. – Un cordiale sorriso di Giovanni: “Tu sai che cosa intendevo
dire. Ti ho chiamato il fedele custode mondano, e qui tu sei appunto il
nostro migliore amico, diciamo – un fedele. Così abbiamo scansato bene il
pericolo”.
68.
“Sarebbe molto strano se il veggente di Dio non lo vedesse giustamente e
lo interpretasse adeguatamente. Quello che ti volevo chiedere è che qualcosa
non l’ho capita: il legame di libertà. Tu eri catturato e legato e non eri
libero. Certo, di fronte al Creatore si sarebbe –”. Cornelio si blocca, egli
non sa, se e come lo deve chiamare.
69.
“Lo senti in te”, dice Giovanni, “ti mancano le parole per sciogliere il
nodo. Quando ero legato, non ero un uomo libero; ma il mio spirito andava per
vie libere, andava con Gesù al Getsemani e – al Golgota. Nessuno poteva
ostacolare queste vie del mio spirito, perché le guardie non ne avevano nessun presentimento.
Vedi, così ero saldamente legato sulle vie di Gesù, non potevo pensare
nient’altro, perché ero un prigioniero – il Suo, così come lo sei tu.
70.
Ero io costretto a pensare così? Non avrei potuto pensare anche al mio
futuro, futuro che umanamente stava davanti a me nel buio? Non potevo
preoccuparmi di come avrei potuto fuggire? Esistevano anche dei momenti
incustoditi. Guarda, io non dovevo percorrere nell’interiore le vie di
Gesù, l’ho fatto totalmente libero. L’Amore però, col quale il Signore ci
sommerge, questa era la catena, e questo è sempre un legame di libertà.
71.
Se non stessimo sotto la Potenza creativa di Dio, se non ci guidasse,
sapendo: LUI solo ci può conservare! Oh, saremmo meno che un lieve vento che
sfiora le nostre guance e poi passa. Non si sa da dove viene, né dove va, se
sfiora qualcun altro oppure si disperde del tutto.
72.
Ma la Potenza del Creatore non ha nessun ‘rigido obbligo’, per quanto si
tratta dei figli di Dio. Il cammino degli astri insieme alla natura, che
possiamo osservare materialmente, sono subordinati ad una necessità, perché
senza di questa, nulla sussiste. Possiamo sondare la necessità della Creazione?
Oh, no, non ne abbiamo neanche bisogno. Per noi basta sapere: il Creatore guida
tutte le cose, LUI le ha fatte!
73.
Certamente anche per noi vale un ‘obbligo’ proveniente dalla legge della
Vita, con cui Dio borda meravigliosamente le nostre vie. Quest’obbligo è
la bordatura dell’intera vita, riconoscibile totalmente solo nella Luce, come
oggi quel primo vago bagliore all’orizzonte, con questa differenza: il Sole
sorgeva, lo vedevamo muoversi. L’orlo della vita rimane per noi sempre un
orizzonte, perché passiamo da un’esistenza nell’altra, infinitamente mutabile,
sempre di nuovo in nuovo e, sorgendo meravigliosamente; e questo colma tutti i
giorni della Creazione.
74.
Lo scorrere di un giorno non si può né fermare né affrettare, però
all’interno dello stesso noi siamo liberi, finché non lo condiziona il piccolo
obbligo della vita: lavorare, mangiare, bere, dormire e ancora parecchio altro
di più. In ciò ci si sente non costretti e, ciò nonostante, lo si deve fare.
Così pressappoco, soltanto in maniera più creativa, è l’alto obbligo della vita
che ci lega al Creatore, procedente dalla vitalità che Egli ci dona
continuamente. Nel Regno, Cornelio, un giorno ringrazieremo Dio, per il fatto
che ci ha legato così saldamente a Sé. Non vorrei mai più essere lasciato da
Lui”.
75.
“Nemmeno io”, dice a bassa voce il romano, “se – se Dio vuole tenermi
volentieri presso di Sé”. – “Non far che questa sia una domanda, al massimo una
preghiera, consolidata con la consapevolezza: è così! Dio ci tiene volentieri
presso di Sé, e precisamente non soltanto dall’altra parte, quando abbiamo
terminato la nostra piccola via attraverso la materia. No – Egli ci tiene
sempre saldi! Un giorno nel Regno, ora nel transito di un cammino terreno, e
poi nuovamente nella Luce, nella Casa del Padre”.
76.
Cornelio medita tra sé: “Di nuovo un cibo pesante”, e sospira assorto,
“non l’ho del tutto digerito. Così, nel piccolo, però, l’ho afferrato. Ti
ringrazio e sono lieto che io possa sapere anche questo. Sai, Giovanni, non ti
libererai più di me. Con me avrai molto da fare. Devo e voglio sapere ancora
tanto. Ah, ecco, c’è subito una ‘necessità’. Devo procedere nella conoscenza,
vorrei per una volta portare volentieri il mio lumicino all’Altare maggiore,
affinché Dio la possa contemplare”.
77.
“Posso darti un consiglio?”. – “Sempre, Giovanni!”. – “È ciò di cui
perfino io stesso ho bisogno ed allora stiamo mano nella mano. Come desiderio
il pensiero è buono; ma è meglio se depositiamo il nostro lumicino, il nostro
dono riportato, al bordo di tutte le Sue Magnificenze. Se Dio stesso lo
viene a prendere, la nostra beatitudine raggiungerà il grado più alto pensabile,
di volta in volta nel tempo, in cui accade questo e quello.
78.
Parecchi figli vorrebbero recarsi davanti all’Altare maggiore. Là Dio
coglie la loro nostalgia e, con ciò, copre l’errore: andar da sé, invece
che aspettare! Noi aspettiamo. Finché ci guida a Sé, spiritualmente senza
fermarsi. Tanto più volentieri Egli leva in alto il nostro piccolo dono e lo
pone sul Focolare della Creazione. Poi la nostra gioia celeste sarà
sublimemente perfetta per il Giorno dell’Amore”.
79.
Quello che Giovanni dice adesso, è nuovo perfino per lui stesso; la sua
anima rabbrividisce. Cornelio sta lì di nuovo seduto a lungo assorto. Lui
rabbrividisce ancora di più, del tutto deliziato, in maniera inesprimibile. Ad
un tratto abbraccia il suo amico del Cielo, come spesso chiama fra sé il
discepolo.
[indice]
۞
Altri buoni
insegnamenti – L’odissea del viaggio e ancora Parole del Signore
Giovanni prosegue sull’Evangelo e spiega alcuni passaggi riguardo
ai morti spirituali – Per spiegarsi meglio ottiene dall’alto di far vedere ai
due amici, attraverso la vista spirituale, delle immagini di anime aventi il
proprio spirito morto – Ritorno della Cornelia e racconto del lungo viaggio a
Roma con il ritorno vissuto come un’odissea – Una lettera di Maria a Giovanni
che spiega la situazione dei credenti a Capernaum – Una consolazione a Giovanni
da Gesù
1.
Un paio di settimane sono passate e la Cornelia non si vede. In un primo
momento il tribuno non si preoccupa, ritardi avvengono spesse volte. Troppo
pochi rematori, tempo sfavorevole, e parecchie altre cose, ritardano facilmente
la partenza delle galee. Per questo non ha disturbato Giovanni, per un mese
intero.
2.
In questo tempo il veggente ha scritto molto, talvolta spesso pensieroso:
‘La notizia è incompleta, cosa che si rileva dal camminare col Signore’. Così
una scena alla piscina di Betzata e soprattutto quel discorso che rimase così
incompreso[9].
Alla presenza di Cornelio ne parla con Nicodemo. È nella quinta settimana dopo
il trovarsi insieme nella torre.
3.
“Difficilmente comprensibile”, dice il sacerdote, dopo che Giovanni ha
letto questo passo. “Purtroppo non sempre potevo essere presso il Signore; voi
sapete, a Caifa e Hannas veniva rivelato quando mi trovavo presso il Maestro.
Allora c’era un baccano. Il Signore però parlava sempre della Vita, di quella
eterna, ed io riconobbi che non esiste nessuna morte, soltanto un morire, un
andar via dal mondo, senza corpo della materia. Se adesso venisse l’ora, in cui
i giacenti nelle tombe risorgessero poi alla Vita eterna, la Parola
‘eterna’ non s’accorda. ‘Eterno’ significa non solo futuro, è ciò che esiste!”.
4.
“Ho riflettuto anche su questo”, dice Giovanni. “Si prendono le Parole di
Gesù troppo terrenamente. Le Sue Parole invece hanno un grande senso. ‘Giacere
nelle tombe’ sono i piccoli di questo mondo – quelli che pensano solo alla
materia e quindi sono ‘morti di cuore’. Là lo spirito dell’uomo si trova quasi
del tutto da parte, aiuta soltanto affinché l’anima non vada completamente
perduta, perché essa non si lascia toccare. Perciò giace come in una
tomba, e questo per lo più fin molto addentro nella vita dell’aldilà.
5.
Esse vegetano come un verme, ed ecco che passa molto tempo, prima che si
lasciano risvegliare, finché viene la ‘loro ora’. Che questo vale per ogni
smarrito, il Signore lo dice qui molto concretamente: ‘Venite!’ Soltanto allora
questi risorgono spiritualmente; soltanto pochi già in questo mondo. Per di più
viene allora il tempo della vita, prima che tali anime diventino uomini, qui e
altrove, questo è uguale. Il tempo infinitamente lungo per loro si può chiamare
simbolicamente ‘eterno’.
6.
Ora, come ‘verranno fuori anche coloro che hanno fatto del bene per la
resurrezione della Vita?’. A noi il Signore lo aveva spiegato, finché giunse la
conoscenza. Quelli che fanno del bene, vale per coloro che hanno un animo
pronto a soccorrere, cosa che non deve necessariamente dipendere dalla fede. Ci
sono dei popoli che non sanno ancora nulla di un Creatore, di
conseguenza non possono neanche credere in Lui.
7.
Deve Egli condannarli? Questi uomini devono, per questo, giacere a lungo
in una tomba? No! Per costoro vale unicamente la tomba esteriore. Il Signore
disse anche: ‘In un’ora!’ in quella loro, in cui spirito e anima si
separano dal corpo. Questi risorgono poi subito, entrano nella Luce, vengono
accolti subito, perfino se hanno molto da recuperare nella scuola dello
spirito.
8.
Ora, ancora quell’altra cosa che si lascia collegare difficilmente con la
bontà di Dio. Questa è che i ‘morti nel loro cuore’ risorgeranno per il
giudizio. Cornelio, afflitto, pensa di nuovo: ‘Sì, sì, ci sono anch’io;
infatti, prima che riconoscessi il Signore, io ho …’. – Non dimenticare, amico
mio: chi si pente, a chi si è cambiato con tutto il cuore, con tutto il
sentimento, allora il Redentore parla ed ha già parlato nel tempo antico:
‘Anche se il vostro peccato è rosso sangue,
deve comunque diventare bianco come neve;
se è come lo scarlatto, deve diventar come lana’. [Isaia 1, 18]
9.
Il giudizio significa la resa dei conti per ciò che uno ha caricato su di
sé. Ma se il conto è stato liquidato, cosa che per le ‘anime morte’ è possibile
soltanto dopo il risveglio, allora segue l’insegnamento, al quale può essere
collegata la conversione.
10.
Poi il
giudizio significa il rialzare, il raddrizzare ciò che era storto, ‘la faccia’
viene voltata come riconoscimento, qui, infatti, quella libertà vale per amor
dell’anima, se essa ha l’ardente desiderio per ‘il segreto tocco’ di
Dio, di deporre la sua vita morta molto percepita”.
11.
“Posso interrompere?”, domanda Cornelio. – “Naturalmente”. – “Spiegami,
com’è da percepire una vita morta. Morto è morto! Certamente non esiste nessuna
morte nella quale non esiste più niente. Questo sarebbe contrario ad ogni
insegnamento del nostro Signore. Una volta Egli parlò con me dell’‘eterno
Essere’, questo è il Creatore stesso e – LUI, il caro Signore, perché Lui
stesso era il Padre Creatore, è e rimane.
12.
Ogni uomo, se credente oppure no, proveniente dalla Luce o dalle tenebre,
porta in sé la vitalità. Allora ero contento e Lo ringraziai, perché lo potevo
riconoscere. Ora se si è ottenuto da Dio la scintilla della Vita, allora la
morte in sé è certo eliminata. Dove tuttavia egli pone l’anima nella fossa scavata
da se stesso e la si deve indicare con ‘morte’, la percezione è qui comunque
possibile? Questo nuovamente non lo comprendo”.
13.
“È uno di quei punti che ci da molto da fare. Ti voglio una volta
guidare”. In questo Giovanni si sente profondamente beato, perché Qualcuno lo
guida, un Invisibile. È la vista dello spirito. Anche il sacerdote è portato
via in spirito. Si apre l’aldilà. Essi vedono una schiera che si agita come nel
sonno, fa differenti cose come si fa nel sogno. E così come in un sogno, viene
percepita l’esistenza: le anime sono legate al loro posto. Soltanto, nelle
piccole vicinanze c’è un avanti e indietro, dal momento che sono viventi e,
ciononostante, morte. Alcune vedono anche la loro tomba corporale nella
materia, come il loro corpo si decompone. Questo lo sentono nella loro anima.
Inutilmente esse s’incolleriscono. Ecco però…
14.
Di tanto in tanto cadono dei raggi nella loro valle tenebrosa, come quando
un raggio del Sole mattutino colpisce gli uomini nel sonno. Alcune, da questo,
si svegliano, altre continuano semplicemente a dormire. Chi si lascia
risvegliare – fino al risveglio giungono molti raggi di Grazia – ha già la sua
guida accanto a sé, guida che l’anima non vede subito. Tuttavia viene portata
via lentamente, su una pianura, perché il ‘salire’ è per lei gravoso.
Lentamente raggiunge poi le colline, finché l’anima impara a salire. Si toglie
la sua sensazione di sonno e riconosce che cosa le accade…
15.
I tre nella torre si guardano stupiti. Gli occhi di Giovanni splendono,
Nicodemo pensieroso fa cenno col capo e Cornelio dice una parola: “Capito!”.
Una visione può spiegare molto con più facilità. “Sia ringraziato il caro
Signore”, aggiunge ancora. Ora non vuole più venire con il suo fardello,
fardello che lo ha già assalito. ‘Forse la galea arriva domani’, consola se
stesso. Questo però non gli dà nessuna pace. Che cosa è accaduto con Sejananus,
con i rematori, i quali sono quasi tutti credenti? Che sono naufragati in una
tempesta, non lo crede, nemmeno nei pirati, i quali con l’ultima azione di
rastrellamento sono diminuiti. Ma Roma. – Chissà se Maurius non … nonostante la
previsione di Giovanni. – – –
16.
La sera successiva aggrava Giovanni: “Non posso più darmi pace”, comincia.
“Perfino con la più grande avversità la Cornelia è da tempo in ritardo”. – “Non
condivido la tua preoccupazione, perché non è necessaria. Non porto via nulla
al fedele, lui stesso ti dovrà riferire tutto. Egli ha avuto una grossa
preoccupazione, quando gli giunse un ordine particolare dell’imperatore.
Perfino per Aurelius questo non era giusto, e cercò di persuadere lo stesso
imperatore. Costui questa volta rimase ostinato e, disse impetuoso: ‘Quello che
ho ordinato, non deve essere cambiato! Guai al senato se agisce al contrario!’.
Egli però non lo aveva pensato così in malo modo.
17.
Ieri ho visto la Cornelia a vele spiegate e a pieni remi verso oriente
dietro Creta; domani o dopo domani la nave entrerà nel porto. Contento?”.
Invece di dare qualsiasi risposta, il romano si getta ancora una volta al collo
di Giovanni. Corre alla finestra come se potesse già vedere adesso la nave, e
ritorna al tavolo, dove Giovanni è rimasto tranquillamente seduto.
18.
“Sia ringraziato Iddio! Anche te, discepolo di Gesù. Con la visione mi hai
liberato da un grande fardello. Forse non sai precisamente ciò che è possibile
da noi, a Roma. La Cornelia è una buona nave, l’imperatore la può requisire. È
già successo con altre navi, e non soltanto adesso. Il mio capitano e i miei
uomini mi avrebbero fatto molta pena se si fosse issato sulla Cornelia un'altra
bandiera. Comprendi?”.
19.
“Assolutamente! Certo, non sono ancora stato a Roma, ma ho sentito molto.
Alla presenza del nostro Maestro, i romani Gli hanno riferito questo e quello,
per – come te – alleggerirsi il cuore. Questo avveniva quando non c’era nessuno
che stava ad origliare. Vedi, la tua preoccupazione sarebbe giustificata senza
regia celeste. Qui Dio è intervenuto in sommo grado personalmente. Certo, non
esiste nulla in cui non operino le Sue mani, spesso di nascosto, poiché il
nascosto serve per la salvezza delle anime degli uomini. Aspetta, ora puoi
stare completamente tranquillo”. – “Lo sono già! Soltanto, di nuovo con il
‘sommo grado personalmente’, ah, Giovanni, questa è troppa Grazia che il
Signore mi concede”.
20.
“Non a te solo, pensa alla gente sulla nave”. – “Sì, questa appartiene a
tutti, a loro va la stessa Grazia; ed è questo che mi rallegra molto”. Cornelio
si precipita fuori, il suo cuore trabocca. Nella solitudine sulla spiaggia i
suoi occhi si bagnano di lacrime, lì la sua gratitudine sale in alto a Dio.
21.
Due giorni più tardi, verso mezzogiorno, vengono degli informatori dal
tribuno. “Una nave in vista!”. Anche la guarnigione di Patmos e i pescatori
sono preoccupati sul ritorno della Cornelia. Uno con occhi molto acuti
riconosce la galea nella particolare buona fattura, nella bandiera e nell’elmo
in cima all’albero maestro.
22.
“È lei!”. Cornelio riconosce la sua nave che si avvicina. Gli schiavi
fanno grandi sforzi, si saprà perché fanno questo. Chi può, accorre. Due
pescatori si affrettano al loro vicino luogo e vanno a prendere una grande
nassa piena dei pesci migliori, pesci che hanno pescato tra la notte e il
mattino.
23.
Tutti sono salutati nel migliore dei modi, a parecchi schiavi sono strette
le mani, Cornelio saluta perfino ogni singolo. “Avete l’aria stanca”, dice
all’intero equipaggio, “presto sarà provveduto per voi”. A Scubatus impartisce
l’ordine: “Gli uomini alla taverna, i rematori alle baracche dietro la torre.
Falli rifocillare”. Scubatus saluta militarmente; per lui è un onore servire il
tribuno, non importa per che cosa.
24.
“Prima vogliamo fortificarci”, dispone Cornelio. Il capitano, Giovanni,
Nicodemo e i graduati si siedono al triclinium. L’oste ha iniziato delle
persone, e così non ci vuole molto che il pranzo viene servito. “Avrai molto da
riferire”, Cornelio si china verso Sejananus, “prenditi il tempo, se non oggi,
certo domani. Attendo volentieri”.
25.
“Sono subito a tua disposizione. Cronias, Scubatus e il tuo decurio devono
anche ascoltare, non si sa, se hanno una volta bisogno della notizia”. –
“Certo, Giovanni e Nicodemo in ogni caso”. Si va incontro alla sera, quando si
radunano nella torre. Due legionari stanno di guardia giù davanti alla porta. È
proprio usanza militare sorvegliare gli ufficiali, anche se qui non ci sono mascalzoni.
Più che mai quando dei superiori si consigliano in segreto.
26.
L’oste manda pane fresco e vino. Il tribuno domina la sua impazienza.
Quante cose ascolterà? “Parla franco e liberamente”, esorta egli Sejananus con
particolare benevolenza. “Non puoi immaginarti quali pietre mi son cadute dal
cuore, quando ho visto la nave in buono stato. Giovanni ha sentito rotolare le
mie pietre..”, il romano sorride. Si approva contenti. Egli dice: “Erano pietre
pesanti, ora sono rotolate via”. Sejananus fa cenno col capo un paio di volte e
racconta la sua odissea.
27.
“Prima andai da Aurelius, egli ascoltò tranquillo e disse solamente: ‘Da
Maurius non c’era da aspettarsi altro. Ma che dietro a costui ci fosse anche un
Pretias, questo è… a dir il vero, egli è pieno di debiti, ha perfino perso, in
una scommessa, la sua casa. Quando arriverà Maurius?’. Non presto, lo informai,
egli gioca grosso. ‘Ha finito di giocare’, esclamò Aurelius. Poi andò subito
dall’imperatore.
28.
Questi fu molto indignato, da come mi riferì Aurelius. ‘Roma deve molto a
Cirenio, suo nipote, il tribuno, cammina del tutto nelle sue orme!’, disse
l’imperatore. ‘Ci sono pochi fedeli, ed io li devo sostenere’. Poi ordinò di
tenere alquanto a bada Maurius”.
29.
“Giovanni lo ha visto, e come sarebbero approdate le galee, quasi
completamente distrutte e come i due mascalzoni arrivarono su un’isola”.
Sejananus guarda il discepolo. Questi è un autentico veggente, deve egli
pensare. “Allora è superfluo dire questo. Hai visto di più?”. – “Questo sì, ma
non l’ho riferito; devi avere la tua gioia nel riferire ciò che è accaduto”,
dice Giovanni. “Sì, lo voglio fare”. Sejananus beve prima una coppa di vino.
30.
“L’imperatore mi accolse nel migliore dei modi, ma il suo ordine – vi stupirete!
Mi consegnò per Cornelio un rotolo. Quello che c’è scritto, lo discusse con
Aurelius e con me: un ringraziamento speciale e Patmos deve essere tua per
tutto il tempo della tua vita. In ogni caso non esiste nessun genere di
pericolo per la nostra isola della pace, perfino se dovesse venire un altro
Maurius.
31.
Il capo portuale aveva concesso alla Cornelia di partire il giorno
successivo, allora arrivò un ordine – purtroppo un ordine falso – un terzo
mandante lo aveva falsificato. Mi portarono via metà dei miei schiavi rematori
e dieci uomini. Ero come colpito a morte! Era impossibile che io potessi
viaggiare così. Il capo portuale sentì odor di bruciato e già dopo alcune ore
scoprì la faccenda, si fece annunciare immediatamente ad Aurelius, il quale a sua
volta andò dall’imperatore.
32.
E lo strazio della mia gente! Per fortuna erano ancora all’interno del
porto. Li ottenni di nuovo subito. Quanto gioirono tutti. Ognuno fece del suo
meglio, cosa che sulle prime fu molto difficile. Oramai dovevo aspettare fino a
che fosse giunto Maurius. Per me andava bene, ci si poté riposare ed io visitai
i miei amici. Pretias era già dietro le sbarre. Dopo che Maurius arrivò,
ricevetti un nuovo ordine, ordine che mi avrebbe quasi fatto cadere a terra.
Dovevo portare io i delinquenti sull’isola.
33.
Non ero ancora mai stato al di fuori delle colonne d’Ercole, perciò non
avevo nessun’idea di dove avrei dovuto dirigermi. Mi misero a fianco l’uomo che
un giorno scoprì l’isola nel mar grande, mare di cui finora non si è ancora
vista la fine. Ora però, i delinquenti? Proprio io dovevo sorvegliarli? La
Cornelia non ha un luogo sicuro dove si potevano tenere questi due agli
arresti. Mi fu consegnato un rotolo con l’ordine di leggerlo solamente quando
la nave sarebbe stata in viaggio.
34.
Suvvia, morire bene, pensai. Maurius e Pretias furono consegnati duramente
incatenati, affinché non diventassero pericolosi. – Essi mi avevano perfino
insudiciato. – Fissai le loro catene nella stiva ai ganci di ferro, dove si
assicura anche la merce. Di per sé mi facevano pena; non aver libere né mani,
né piedi, potevano appena solo mangiare. Feci portar loro un po’ di paglia per
giaciglio. Anche se delinquenti – sono uomini.
35.
L’imperatore scrisse – lo potete leggere voi stessi, – che aveva fiducia
solamente in me nel portare questi due in esilio. Non sarebbe stato veramente
certo che Pretias non avesse avuto uomini che stavano nascosti, i quali
avrebbero potuto mettere i due al sicuro da qualche parte. Sarebbe stato certo
estremamente necessario levarsi di dosso tali elementi. Aveva ragione, il
nostro reggente supremo!
36.
Dietro le porte delle colonne d’Ercole, il mare si mostrava lontano come
un arco, e per di più noi stavamo navigano a vela, già da quattro giorni. Il
mio accompagnatore era ben pratico, ma dovevamo dapprima cercare a lungo. C’era
una serie di piccole isole, tutte lontane una dall’altra. Alcune sembravano
gradevoli, vi crescevano palme e davano l’impressione come se fossero abitate.
Noi però navigammo oltre.
37.
Alla fine trovammo quella giusta. Dapprima scese a terra il mio
accompagnatore io ed uno dei miei uomini migliori, e l’attraversammo, per
quanto sarebbe stato possibile, in poco tempo. Non trovammo da nessuna parte
tracce di uomini o animali. C’era sabbia e terreno roso dal tempo, alcune palme
storpiate facevano supporre che c’era poca buona acqua. Aveva un aspetto
desolante. Là periranno, pensai”.
38.
“Giovanni lo ha riferito”, interviene Cornelio. Quasi colpito, Sejananus
guarda il discepolo. “Lo so”, dice con atteggiamento tranquillo, “non ho bisogno
di stupirmi: tu sei un veggente di Dio, uno autentico. Ma che la visione
giungesse fin nel più piccolo particolare terreno, oh, questo non lo avrei mai
pensato! E così preciso!
39.
Trovammo soltanto una pozza d’acqua, poco profonda e apparentemente non
molto pura. Era un’isola completamente disabitata. Entrambi mi facevano molta
pena, ma per noi potevano diventar pericolosi in ogni momento, e per il trono,
quantunque anche questo …”. Sejananus si schiarisce la gola. Anche così si sa
che cosa voleva dire.
40.
“Impiegai l’intero equipaggio, armato, e portammo gli esiliati con le
catene a terra. Slegarli fu per loro molto doloroso. Per le ferite e il lungo
viaggio erano rimasti immobili e vacillanti. Ne approfittammo e ci affrettammo
a ritornare sulla nave, portammo con noi anche le catene. Prima che i due
potessero rendersene conto, eravamo già partiti”.
41.
“Questo è duro”, dice Nicodemo, “purtroppo non ci si può proteggere
diversamente da tali maligni”. – “Una morte, come la voleva Aurelius, sarebbe
stata per loro piena di grazia”, aggiunge Cornelio. “Tutti avete ragione”,
interviene Giovanni. “Il corpo passa, sia lentamente o velocemente, sia per un
imperatore o per un mendicante. Maurius aveva trattato male gli schiavi,
altrettanto Pretias.
42.
Visto dall’alto è bene, dal momento che possono espiare la loro colpa
sulla Terra. Dura però soltanto alcune lune, poi muoiono. La loro pena è loro
messa in conto, così che le loro anime nell’aldilà sperimenteranno un
alleggerimento. Questo, per la loro eternità, è infinitamente meglio che
soffrire meno a causa delle loro molte cattiverie. Dio calcola sempre
giustamente!”.
43.
“Se non avessi inviato Sejananus, allora sarebbe…” – “…successo il
contrario!”. Suona duro ciò che dice il veggente. Egli indica Cornelio: “A te
sarebbe toccato ciò che i due devono giustamente subire. Non resterebbe nulla
dell’isola della pace. Non voglio parlare di me stesso; ma DIO mi ha guidato
qui. Io devo completare una seconda Opera[10].
44.
Non aggravare la tua anima. È conduzione di DIO, anche se per noi uomini
spesse volte è difficilmente comprensibile. Noi siamo nella Sua mano e, così,
possa agire la Sua volontà in ogni tempo”. Tutti riconoscono questo volentieri.
“Perché il viaggio di ritorno è durato così a lungo?”, domanda Cornelio. “Sei
già stato tu al di fuori delle colonne d’Ercole?”. – “Con una flotta, ancora
sotto il Quirino[11].
Inoltre: la Cornelia era la sua nave capofila, perciò essa è straordinariamente
solida e ben costruita. Prima della sua fine egli aveva consegnato a me,
sigillato da Roma, il diritto di proprietà sulla galea, ed io la dovevo
chiamare con il mio nome”.
45.
“Allora pressappoco sai quanto è difficile navigare”, dice Sejananus. “Da
due giorni la serie di isole era alle nostre spalle, allora venne fuori un
vento spiacevole e mare agitato, vento che s’infranse soltanto davanti
all’Iberia (Spagna). Una nave ci venne incontro che riportò l’accompagnatore di
nuovo a Roma. Mi diressi verso Creta; non eravamo più completamente integri.
Acqua, vino e cibo erano diventati scarsi.
46.
A Tiro caricai della merce, la stiva è colma. Per Giovanni ho certamente
una gioia. Era il terzo giorno, il mattino successivo volevo ritornare, bramavo
ardentemente di vedere la nostra isola. Andavo giusto attraverso il porto, ecco
che il capo portuale mi rivolse la parola. ‘Un tizio cerca una nave che va a
Patmos’. Chi voleva venire? Non mi piaceva, non si sa mai. –
47.
‘Nessuno, un messaggio per qualcuno – anzi, aspetta, – mi pare si
chiamasse Joses o qualcosa di simile. Guarda, il messo sta ancora cercando!’.
Gli facemmo cenno di avvicinarsi. Si accertò se il suo messaggio non capitasse
in mani sbagliate, poi mi consegnò uno scritto sigillato. ‘Da una donna di
Capernaum’. Capii subito tutto. Si chiama Maria? ‘Tu conosci la donna?’, si
meravigliò l’uomo.
48.
Se è lei, dissi io – è stata in visita a Patmos. Il beneficiario si chiama
Giovanni, il Galileo Giovanni, se ti può rassicurare. ‘Anche tu credi nel – nel
…’. Un prudente sguardo colpì il portuale, il quale già andava via, – ‘nel
Salvatore Gesù?’, completò egli la domanda. I suoi occhi s’illuminarono.
49.
‘Dì a Giovanni, io sono Tommaso, sono stato da Maria. Purtroppo non sta
bene. È diventata molto delicata; solo la gente di Capernaum e di altre parti
la servono con gioia. È così’, sospirò Tommaso profondamente, ‘il suo cuore ha
sofferto per tutto ciò che è accaduto al Signore. Ha nostalgia di Casa e –
anch’io. Noi discepoli, però, prima dobbiamo ancora operare’.
50.
Dove sono gli altri apostoli? Domandai. ‘Ci siamo separati, ma
c’incontriamo spesso, ovunque è possibile. Un tizio ci aveva perseguitato ed ha
fatto lapidare uno di noi, ma avrebbe avuto una visione e si sarebbe totalmente
convertito. Non ci fidiamo ancora di lui, tanto più che è un giudeo-romano’.
Che cosa significa questo? Io indagavo. ‘È uno scriba giudeo, un uomo molto intelligente.
In un qualche modo è riuscito ad ottenere la cittadinanza romana, cosa che gli
torna ben utile’, disse Tommaso. ‘Egli si chiamava Saul, ora in romano si
chiama Paolo.
51.
È capace – lo ammetto – non teme nessuno e fonderebbe già delle comunità.
Se soltanto ci si potesse fidare totalmente di lui! Con il nostro Pietro ha
delle controversie; non c’è da intravedere chi dei due avrà la meglio. Io mi
tengo fuori, dico soltanto ciò che ho visto, ciò che ha fatto il mio Signore e
Dio’.
52.
In ciò fai bene, dissi io. Giovanni vede che cosa succede con Paolo.
‘Sarebbe bene’, disse Tommaso. Io accolsi subito nel cuore questo discepolo;
per vero aveva l’aspetto semplice, ma il suo viso, gli occhi mi dicevano quanto
di buono c’era in lui. Pregai il capo portuale di voler aiutare Tommaso – non
gli rivelai il nome – per quanto sarebbe stato possibile. Costui disse:
53.
‘Si è introdotto di nascosto, e tu sai che questo è proibito. Lo volevo
prendere, tutte le volte è sempre fuggito. Divenni furibondo. Ora, se tu
garantisci per lui, rimanga indisturbato’. Tommaso poteva andare. Gli diedi del
denaro ed egli ringraziò per questo”. Sejananus si rivolge a Giovanni:
54.
“Ecco, qui c’è il fitto scritto, speriamo che ci sia soltanto del buono,
oltre a quello che ho sentito da Tommaso: Maria ammalata e l’inquietante
Paolo”. Giovanni è d’animo depresso, e si condivide con lui la preoccupazione.
“Maria è troppo delicata”, dice Cornelio, “se si potesse curarla bene. Non è
meglio che la vada a prendere per portarla a Patmos?”. Giovanni riflette un po’
e poi scuote la testa.
55.
“Non si sentirà mai a casa, lei è legata alla terra nella quale il
Signore, che lei poté partorire per il mondo, operò miracoli così grandi,
insegnò, soffrì e rivelò le Sue magnificenze. Per lei è, per così dire, sacra,
per amor del Maestro. In Capernaum il Signore ha fatto particolarmente molto.
56.
Lo Spirito conosce l’eterno stare in compagnia; qui, brevi tempi mondani
sono di nessun significato. – Ora, prima vorrei leggere, si è anche fatto
tardi”. Sejananus è molto stanco, altrettanto Nicodemo, egli va nella sua
camera accanto, camera che Cornelio ha fatto preparare per lui mediante una
parete. Qui può riposare, mentre Giovanni, spesso, alla luce di una piccola
lampada, scrive ancora.
57.
Sono molte parti, e Giovanni nota quanta fatica ha fatto Maria per mettere
tutto su papiro. Lei non era maldestra nello scrivere, aveva imparato molto
nella scuola del Tempio. Ora si vede che la mano ha tremato, in parte per la
debolezza, in parte perché il resoconto le aggravava il cuore.
58.
Lei comunica che l’odio contro Gesù non è per nulla diminuito. Hannas è
morto, Caifa ottenebrato, ma altri sono dietro di loro come cani. Al contrario,
tutti gli amati sono fedeli e bravi, si aiutano in ogni modo, nascondono anche
i discepoli e, sembra, che per questo dovranno piuttosto andare all’estero.
59.
A Gerusalemme, la roccaforte della persecuzione, ci si è inventato un
segno, affinché nessun traditore potesse infiltrarsi nel piccolo gregge. Quando
ci s’incontra, si chiede ‘pesca’. Questa è adesso la parola d’ordine. La si è
adottata anche altrove e si è affermata.
60.
Lei stessa si sente abbastanza bene, scrive per la tranquillità; soltanto
Tommaso aveva divulgato come starebbero le cose con Maria e… Giovanni, vede,
mentre legge, qualche immagine. Sì, lei è diventata debole, volentieri avrebbe
ancora una volta visitato il ‘figlio affidato a lei’ dal Signore, ed anche
alcuni altri. Il suo cuore è sempre presso tutti i fedeli.
61.
Una volta ha visto Paolo, lui è stato caro per lei. La sua apparenza è
poco imponente, solo gli occhi hanno un forte splendore. Si deve proprio
attendere se e come si dimostrerà. Di recente, per un paio di giorni, ha
parlato pubblicamente al Merom. Lei è stata là con degli amici. La sua parola è
potente e ben ammonente. Si potrebbe certo aver fiducia in lui.
62.
La lapidazione di Stefano e la persecuzione di altri, eseguita da lui, a
parecchi amici impediscono di fidarsi di lui. Giovanni sa bene come il Signore
ha trasformato più di un cuore ostinato mediante la Sua ‘severa bontà’.
Veramente per nulla così pieno di grandezza, come ha agito con Paolo. Lei
stessa spera che lui possa ancora diventare un grande testimone.
63.
Conclude con molte domande, come sta lui, Giovanni, Nicodemo, Cornelio, il
romano migliore di tutti. Non tralascia nessuno, e i pirati sono sicuramente
tutti ‘amici di Gesù’, scrive letteralmente. Augura con un caro saluto che
tutti possano rimanere sull’isola e a nessuno possa accadere del male.
64.
Ha menzionato tutti affettuosamente, le righe diffondono maternità, ma
anche timore. Quest’ultimo giustificato. Già – pensa Giovanni, che cosa avrebbe
potuto ottenere Maurius? La mania di persecuzione provoca ampie ripercussioni.
– – Che cosa succederebbe poi? Non potrebbe ‘l’Opera del Maestro’ per questo
andare a fondo?
65.
“No!”, dice una Voce, ed è come una Mano che si posa sul capo del
discepolo. “Tu sai, figlio Mio, Io sono venuto nel mondo come Uomo
soltanto a causa degli uomini. Io sono ciò che dice il Mio Tommaso: ‘SIGNORE e
DIO nell’Eternità!’ Ho tirato fuori la Mia Dottrina celeste dalla Mia Potenza e
dalla Mia Magnificenza di Creatore, liberata per la Rivelazione. Chi la
riconosce, non può spaventarlo l’oscurità, sebbene accadano parecchie cose in
cui potreste ben pensare: perché, o Dio, perché – ?!
66.
Non chiedere mai il ‘Perché’. Ascolta attentamente e sii il Mio veggente
per gli ultimi tempi! Colui che voi chiamate Paolo, l’ho incontrato Io stesso e
Mi ha riconosciuto; egli testimonierà per la Verità fino alla sua morte! Quando
tu eri in prigione con Pietro, non avete taciuto. La Mia mano vi ha guidato
fuori; molto popolo, infatti, stava dietro a voi. Pietro poté fuggire, il suo
tempo non è ancora giunto (la morte da martire); a te ho assegnato dell’altro.
67.
Ho permesso che ti si perseguitasse e, di nuovo, preso per esiliarti. Non
è per caso che Cornelio ti abbia salvato. Qui devi vedere ancora l’ultima cosa
per gli uomini, cosa che sarà riconoscibile soltanto molto più tardi,
condizionato nel decorso della materia. Io dissi:
‘Cielo e Terra passeranno, ma le Mie Parole non passeranno!’.
[Matt. 24, 35]
68.
Il Cielo che vedete, significa per voi il Regno. Questo è il caso
condizionato, perché è il lavoro delle Mie mani. Ciò che l’uomo
s’immagina, è per lui sublime, come s’inarca il firmamento. Questo è il
Cielo che passa; la Terra – mai il Mio Regno-Terra, quel terzo santo elemento –
è ciò a cui l’uomo sa aggrapparsi; ed è perituro, svanisce come il corpo
dell’uomo!
69.
Sii consolato, Mio veggente, e istruisci coloro che ti sono affidati:
le mani di Dio operano ovunque,
la Parola di Dio rimane in eterno!”.
70.
Il mattino già albeggia. Giovanni si corica in silenzio, la sua anima è
silenziosa, silenziosi sono il ringraziamento e il suo impegno.
[indice]
۞
Sapiente discorso
di Nicodemo e suo ritorno a casa benedetto – Parola di Dio a Giovanni
Giovanni sulla tomba di Nicodemo insegna agli isolani, poi, per sua
consolazione, gli appare Gesù, che lo istruisce – Dopo, le tre lettere di
Giovanni
1.
È stata scritta una lettera a Maria e, chi può, ha aggiunto un saluto.
Perfino Sejananus che non scrive volentieri, ha firmato con ‘addio’. Scubatus
parte con la prossima nave per andare a Tiro, poi cavalca verso Capernaum per
andare a prendere notizie su come sta Maria e gli amici di Gesù.
2.
Nel frattempo sono passate settimane, Giovanni è giunto alla 10° parte del
suo Vangelo. Egli si trattiene a lungo presso ‘il buon pastore’. Si parla di
questo meraviglioso Insegnamento. Che il Signore fosse la ‘Porta’, lo deve dapprima
spiegare ai romani. Soltanto Cornelio capisce subito come questo è da
interpretare.
3.
In questo tempo Nicodemo è diventato debole. Giovanni vede e tace. Ogni
uomo va per la sua ultima via – e così anche lui. Spunta una chiara serata,
nonostante la Luna piena si vedono brillare le stelle, il mare è liscio come
l’olio. La comunità della torre si raccoglie. Com’è bello che il vecchio
pastore è presente. Lui ha guidato fin qui il suo gregge.
4.
Sejananus ha inviato a Maria “l’addio”. Qui detto in anticipo – dopo il
ricevimento della lettera lei è volentieri pronta ad intraprendere il suo
percorso finale della vita. Ora Nicodemo esprime quello che egli stesso solo
presagisce: il suo discorso d’addio. Sceglie il tema degli ultimi giorni,
‘l’alto cantico del buon Pastore’. Giovanni si stupisce come il sacerdote lo
sappia interpretare. Oh, le ali dall’eternità hanno già toccato la sua anima,
la Luce fluisce in lui, così che lo Spirito sta nel terreno antistante.
5.
“Amici miei! Io penso al tempo quando ero un individuo venale, e quasi
guidai nell’errore la comunità a me affidata in giovane età. Anche nelle nostre
comunità nascenti, accanto alla grande verità e cordialità fraterna, spunta il
falso fervore, come zizzania tra il buon grano. E non si può prevedere se al tempo
giusto si possa eliminare questa zizzania.
6.
Oh, sì, la Parola del Signore: ‘Il nemico ha seminato la zizzania tra il
Mio grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme! Durante il raccolto,
voi che servite il vostro prossimo, lasciate giacere la zizzania sul campo. Là
sarà bruciata’ [Matt. 13, 25 – 30].
7.
La zizzania rappresenta simbolicamente quelli che seminano la discordia,
girando e voltando le parole di Gesù a piacere, per splendere molto, come una
volta io nella mia comunità. Volevo essere meglio dei miei superiori e quasi
avrei precluso la mia via, se non ci fosse stato un Simeone, lui in
preparazione per la conoscenza, e poi la conoscenza superiore attraverso il
Signore.
8.
Non è molto semplice separare la verità dall’apparenza. L’apparenza ci acceca.
Se noi stessi la suscitiamo in noi, se essa ci seduce come fiamma estranea,
alla fin fine si rimane lo stesso. Noi possiamo perfino essere il nostro stesso
individuo venale. Ci si deve esaminare, non si deve essere soddisfatti di se
stessi; in ciò l’uomo si culla volentieri nel suo sonno.
9.
Quanto chiaramente il nostro Maestro ha rivelato questo nella parabola del
buon Pastore, della ‘Porta’ che EGLI è, del pericolo che il mondo porta tanto
spesso nella nostra vita! Siamo pronti ad estirpare la nostra zizzania, anche
se fa male? Possiamo provocare l’incendio che la consuma? Il male, non i
cattivi! Questi ultimi sono, in verità, la zizzania; ma il Salvatore non ha mai
inteso che le anime che si smarriscono gravemente, siano da bruciare.
10.
Lo vedo quasi come un’immagine, come un giorno gli
arroganti, i quali si mettono le corone sulle teste, non estirperanno quel
male, e ne hanno essi stessi tanto che, se lo vedessero, dovrebbero fuggire da
se stessi, invece sono poveri uomini, tali che, sono inconsapevolmente caduti
in errore; molti però percorrono la via della Luce, Luce che non si addice agli
arroganti, perché essi dovrebbero ammettere quanto sbagliate sono la loro
stessa via e i loro insegnamenti.
11.
Il Signore lo intendeva così: il falso e il mondano è estirpato,
l’anima è salvata! Lo ha dimostrato nel modo più stupendo: «Ho ancora altre
pecorelle che non sono di quest’ovile; ed Io devo condurle qui. Esse udranno la
Mia voce e vi sarà un solo gregge e un solo Pastore».
12.
Un ovile
soltanto, ma due differenti gruppi di pecore. L’ovile e le Sue pecore sono il
Regno e i figli fedeli che la nostra materia non può rovinare, anche se una
volta cadessero nell’errore, come io caddi nel mio. In umiltà, solo perché me
lo disse il Maestro, io potevo appartenere all’ovile sin dal principio, quando
il Creatore, nel Regno, diede la vita anche a me, come a tutti i figli, nella
Sua Luce!
13.
Le ‘altre pecorelle’ sono i caduti che devono essere chiamati, cosa che
accadde con la croce sul Golgota. Questa è e rimane l’ultima chiamata del
Pastore ai dispersi, ciò non significa che Dio da allora ha sempre taciuto. Oh,
no! Ma ciò che, adesso e fino alla fine della materia rivelerà – Egli stesso e
tramite i figli della Sua Luce – è la Sua ‘Parola dalla croce’, così detto: la
Salvezza proveniente dalla croce fluisce attraverso ogni Rivelazione sin dal
principio, quando stava sull’Altare di Dio. Chi si mette sotto i suoi raggi,
non mancherà la via!
14.
Per quale ragione il Signore si è chiamato la ‘Porta’ per l’ovile? Nei
confronti del mondo Egli è la protezione per i fedeli, particolarmente per la
verità della Sua Rivelazione, quando si creò i figli della Luce. Se Lui non
fosse apparso come PADRE – non esisterebbe mai un figlio, perché un figlio non
può esistere senza padre. Essi sono la Sua nobile creazione proprio da quel
principio, come Lui disse: ‘Essi (gli uomini buoni) d’ora in poi non possono
morire!’.
15.
Significa che non diventeranno mai cattivi. ‘Essi sono simili agli angeli e
ai figli di Dio, essendo figli della Resurrezione’. Se sono simili agli angeli,
allora anche gli angeli devono essere figli, altrimenti non esisterebbe
la somiglianza [Luca 20,36]. «Rallegratevi», sta scritto, «perché i vostri nomi
sono stati scritti nel Cielo» [Luca 10,20], quindi non c’è bisogno che
vengano prima iscritti, bensì sono!, quando il Creatore li ha fatti
nascere da Sé.
16.
Nessuno può distruggere la Salvezza che la Divinità ha innalzato fuori di
Se stessa, né la Sua Rivelazione, che non è da separare dall’opera. Questa è la
Porta aperta, oppure una difesa, secondo chi si vuole avvicinare ad essa. Chi è
dal Cielo va e viene, la sua via va attraverso la materia, per aiutare nel
servizio del consacrificio. Quando la sua via è completata, la Porta è aperta,
non soltanto di ritorno nella Casa del Padre, ma nelle magnificenze della
Rivelazione suprema, la quale può esistere solo nel Regno della Luce.
17.
Chi ha percorso la sua ‘via della zizzania’, troverà – per lo meno in un
primo tempo – la Porta chiusa. Tale anima non può nemmeno sopportare una
Rivelazione. Ma se una volta viene su di lei la nostalgia, come nella parabola
del ‘figlio perduto’ [Luca cap. 15], per questa si apre poi anche la Porta,
come disse il Pastore, che Egli chiamerà le altre pecorelle ed esse udranno la
Sua voce, appena si volteranno un po’. La ‘svolta totale’ avviene unicamente
attraverso la Grazia!
18.
Con la Salvezza del Golgota la Porta di Dio viene aperta ad ogni anima
poverissima. Noi sappiamo: ‘Allora il figlio era ancora lontano’, egli si era
solo voltato, e solo un incerto desiderio lo aveva raggiunto, ‘allora il PADRE
s’incamminò e andò incontro al figlio!’. Meravigliosamente toccante, il fatto
che si possa riconoscere: ad ogni figlio smarrito è dedicata la parabola del
figlio perduto.
19.
Il Padre s’incammina sempre, e un giorno ci sarà un solo gregge. I
perduti saranno ricondotti a Casa mediante la Redenzione della croce. Che però
ci sarà solamente un Pastore, lo sappiamo nella fede in un Dio Creatore, che ha
creato ogni cosa, conserva anche tutto, al Quale nulla va perduto.
20.
Quegli individui venali non hanno compreso la cosa meravigliosa, gli
altolocati non vollero comprendere nulla, allora la loro povera superiorità
sarebbe stata uguale ad un pezzo di vaso rotto. Perciò chiamavano il Maestro un
‘diavolo’, cosa che essi fecero tanto spesso.
21.
Una volta mi rivolsi contro di loro duramente e chiesi che cosa offrissero
al popolo gli schernitori, al di fuori di discorsi vuoti. Essi aprivano le loro
mani per ricevere, mai per dare. Mi si attaccò con la stessa durezza, con la
sola differenza: io volevo indicar loro una buona via, essi invece per
condannarmi. Certo, un esito modesto per il Salvatore. – Due dei fratelli però,
non dalla prima fila, mi ascoltarono riflessivi e, più tardi, vennero nella mia
casa con la preghiera di condurli dal Nazareno. Due pecorelle degli altri.
Certo non le mie parole li avevano chiamati, fu la Parola del Signore!
22.
Lasciateci essere gioiosi e lieti. Mediante la Grazia di Dio, mediante il
Suo Amore, noi apparteniamo all’ovile sin da quel principio della Vita, vita
che noi uomini non possiamo misurare. Quando un giorno passeremo di nuovo
attraverso la Porta del Cielo, comprenderemo certamente che cosa è tutta la
nostra vita, da quando Dio ci diede l’impulso dal Suo ATMA, educati nella Luce,
formati per la via del viandante e, come possiamo di nuovo tornare a Casa, non
appena sarà venuto il tempo per ognuno.
23.
Proprio questa deve essere la nostra gioia. Questo è per noi ‘il Giorno
che il SIGNORE prepara’ [Salmo 118,24], il giorno della nostra resurrezione, in
cui abbandoniamo la materia [Giobbe 19, 26] e, senza il nostro corpo, entriamo
nella gioia del nostro Signore. AmiamoLo, deponiamo ai Suoi piedi la
venerazione e l’adorazione e, siamo preparati, quando chiama l’angelo della
Vita. La morte, infatti, è il di nuovo-inizio della nostra eterna Vita! Io,
amici, sono pronto”.
24.
Fino alla fine si può sentire la voce che diventa sempre più debole, a
nessuno va persa la sua profondità. Cornelio e Giovanni adagiano il loro amico
sul giaciglio e vegliano nella notte. Il pastore, quando il medico tenta di
somministrargli una medicina, ha leggermente scrollato il capo. Quando il Sole
si leva raggiante, gli occhi del sacerdote si chiudono. Con un sorriso beato si
addormenta.
25.
In un posto isolato ci sono delle grotte. Là si prepara un sepolcro, dove
i pescatori portano i loro morti. Il medico ha visitato Nicodemo. “Egli non
vive più”, dice, e questo lo scuote. A causa della stagione calda si deve
portare la salma già la sera nella camera. Molti isolani fanno lutto. Non si è
ancora chiuso l’ingresso della grotta, quando Giovanni dice:
26.
“Amici miei!, diceva il sacerdote, e noi vogliamo essere l’un l’altro,
amici. Anche il Salvatore si definiva ‘l’Amico’, e molto spesso ha menzionato
l’Amore che ne procede. Nicodemo è stato un buon amico; le sue ultime parole,
pronunciate dallo spirito, hanno suggellato il legame d’amicizia. Nessuno di
noi lo dimenticherà, e nessuno dimenticherà il nostro fedele amico.
27.
Voi siete venuti fin qui per essere in lutto. A causa del mondo e per
l’addio può valere il lutto. Chi però crede in Gesù, per questi non vale il
lutto. Perché quando i figli e le figlie di Dio lasciano la Terra, essi entrano
di nuovo nella Vita eterna. L’animo terreno può rattristarsi, ma lo spirito si
rallegra. Ogni ritorno a Casa è, per noi che camminiamo ancora, il sublime
sigillo dato da DIO, in modo che al nostro tempo possiamo abbandonare il mondo
ed esso sprofonda dietro di noi insieme alla sofferenza, miseria e disagio.
28.
«Lasciate i morti seppellire i morti» [Matt. 8,22], disse il Signore ad un
discepolo, il cui padre era portato alla tomba. Il figlio, dunque, non doveva
accompagnare il padre fino al suo luogo di riposo, come lo facciamo noi? Oh, il
Maestro non ha mai biasimato il ‘portare nella tomba’. Allora ci fu un gran
lamento per quel fratello; il discepolo nel cuore era in discordia col Signore,
ma non osò chiedere: ‘Perché mi hai tolto il sostegno paterno?’.
29.
Solo da poco tempo eravamo andati con Lui, non conoscevamo ancora la Sua
superiore Essenza, non sapevamo che era DIO, il Padre. Presentivamo soltanto:
Egli è il Messia! Egli pretese da noi di seguirLo subito senza riguardo per il
mondo, a dir il vero in un amore incomparabilmente caldo.
30.
Se alla famiglia minacciava un rovescio di fortuna, allora non c’era
nessuno tra noi che non si sarebbe lamentato. Così anche il discepolo. Il
lamento di sua madre, che il figlio la lasciasse sola nel dolore, lo indusse ad
esprimere la preghiera di accompagnare il padre sulla via del sepolcro.
31.
I genitori avevano rinnegato il loro figlio, perché seguiva ‘un falso
fanatico’. Essi non volevano saper nulla della Dottrina di Gesù, le loro anime
erano, per così dire, morte. E solo per questa ragione la Parola del Signore.
Risultò vero che i partecipanti al lutto erano i morti e che dovevano portare
anche da soli i loro morti nella tomba. Per il discepolo quella cara Parola:
‘Tu seguiMi!’.
32.
Chi sa che l’eterna vita, di cui parlava Nicodemo, non ha
nessun’interruzione, non ha mai una fine, non è morto. Il nostro amico è
entrato vivente nella Gioia del Padre. Noi viventi portiamo quindi un vivente
nella tomba. Il corpo fisico con questo non ne ha nulla a che fare. Come esso
nacque da un piccolo germoglio, così ricade come un germoglio nella materia
peritura.
33.
Deponete il vostro lutto, anche se Nicodemo ci mancherà. Egli era sempre
pronto ad aiutare, ognuno poteva imparare da lui. Tu piangi”, dice al giovane
pirata che sta alla pietra. “Nicodemo era per te come un padre; tu non avevi
nessuno oltre il genitore, cosa che è dolorosa per tali figli. Piangi, caro
giovane, ti alleggerisce. Se vuoi, allora vieni da me, e Cornelio da ora in poi
sarà per te volentieri un padre”.
34.
Il tribuno si mette commosso accanto al pirata. Giovanni nasconde il suo
dolore con la gioia che lui – anche se potrà durare a lungo – con gli ultimi
passi terreni andrà attraverso le Porte del Cielo. Su ciò dice ancora:
35.
“Come uomini mai riconosceremo completamente ciò che il Padre ci
elargisce; è davvero faccenda della Luce ricondurci nell’Eternità. Là
riconosceremo il santo Mistero, e poi nulla più sarà difficile e misterioso.
36.
Quello che dico, lo dovete comprendere bene: voi, cari romani, cari
pescatori, voi, che vi siete dedicati alla rapina”, Giovanni intende i pirati,
“fin dalla nascita non avete riconosciuto quell’Unico Dio, non vi è
stato insegnato. Quest’imparare diversamente ed in più, era per tutti
assolutamente non facile, se qui uno procedeva un po’ più velocemente, l’altro
proprio a stenti, non vale davanti al nostro Salvatore.
37.
A chi non è offerta la verità, non la può possedere. Voi”, il discepolo
alza la mano, come lo faceva spesso il Salvatore, “avete intrapreso la via
buona. Ho io qualcosa più di voi? Subito rispondete di sì; ma vedete, io dico
‘no!’.
38.
Conoscendo già da fanciullo la fede in un Dio, doveva essermi facile
imparare il meraviglioso rivelato dal Maestro. Molto doveva essere piegato,
molto estirpato. Del nuovo si aggiungeva! Io pure dovevo immergermi in questo
nuovo, imparare a comprendere, come anche voi cari amici. Mai si può pesare il
Celeste su questo mondo fino all’ultimo grammo.
39.
Dio mai peserà fin nel più sottile, non misura il nostro fare e il nostro
lasciare secondo un logo. Se lo facesse – chi potrebbe esistere dinanzi a Lui?
Egli ci ha benedetto quando siamo usciti dalla Luce, la Sua benedizione rimane
presso di noi dalla culla fino alla tomba, e presso chi si arrampica verso
l’alto – animicamente attraverso la crescente conoscenza e fisicamente, quando
se ne và.
40.
Ora chiudiamo la tomba e, come segno di vita, poiché per il nostro amico è
il giorno della resurrezione, noi piantiamo un alberello della vita”. Il
pastore porta, come si è messo d’accordo con lui, un singolare albero sempre
verde. È ancora piccolo, si lascia facilmente trapiantare, e Giovanni lo cita
per l’ultima parte del discorso com’esempio.
41.
“Esistono pochi di questi alberi sempre verdi, questo non perde nulla. Chi
è venuto dal Cielo, somiglia ad un tale albero, anche se qui e là perde un
poco. Noi possiamo incappare nell’errore, ma non vi rimaniamo per sempre. La
nostra vita dinanzi al mondo è lo scudo di Dio, col quale Egli protegge il
nostro spirito. Lasciateci nella fede di essere nella servitù un alberello
sempre verde.
42.
Ogni figlio, nato nella Luce, doveva crescere, cosa che condiziona la
creatura. Dopo la maturazione tali figli possono percorrere la via del
consacrificio. Anche qui il segno: com’è venuto dal ventre della madre, così il
nostro spirito e la nostra anima viene dalla Luce! Se siamo cresciuti, allora
la vita c’insegna le vie e diventiamo saldi, come qui anche l’alberello metterà
radici.
43.
Se viene l’ora in cui siamo diventati maturi mediante la bontà di Dio,
allora segue il rimpatrio nella casa del Padre. Allora siamo diventati, per così
dire, nuovamente giovani, dobbiamo dapprima di nuovo imparare ad inserirci
nella Vita senza confini, nel tempo della Luce sempre eterna.
44.
Anche noi siamo qui facilmente da piantare, mettiamo nuove radici per
diventare forti spiritualmente. Non a caso io ho scelto per questo luogo questo
albero. Proprio così Nicodemo è stato trasferito nel Regno ed io, sono certo:
in un solo giorno, da quando il suo spirito e la sua anima ci hanno lasciato,
egli è già diventato saldo. Consideratelo come segno. L’alberello prospererà,
le radici penetreranno profondamente nella terra, come noi nella Terra-Regno
della santa Essenza di Dio!
45.
Sia ringraziato il Padre, Egli è venuto a prendersi il figlio”. E Giovanni
prega: “Signore, accetta il ringraziamento nel Tuo Amore, perché hai fatto
addormentare l’amico così dolcemente. Tu lo hai chiamato, egli Ti conosceva, Ti
ha seguito, ha difeso la Tua Verità, la Tua Dottrina, la Tua Magnificenza. Egli
Ti amava, come Ti amiamo noi per amor della Tua Grazia, con la quale Tu ci hai
benedetto.
46.
Aiutaci a perfezionare le nostre vie, dacci la Tua forza, per non
vacillare; fortificaci con le Tue Parole di Vita, come hai satollato noi,
discepoli, con l’ultima Cena d’Amore. Lasciaci sempre stare tra le Tue mani!”.
47.
Dietro la linea di rocce si sente il lieve movimento del mare, tuttavia
una quiete solenne scende giù dalla volta del Cielo, quiete che rimane a lungo
per tutti gli uomini, ai quali la morte è diventata adesso il santo simbolo
della Vita. Titubanti si allontanano, quando il Sole invia il suo raggio rosso
oro come un ultimo saluto. Ognuno va a casa da solo, ognuno deve ricordare il
giorno, ricordare che cosa è stato sentito, il discorso d’addio del sacerdote,
quello che ha detto il veggente, e la pace, pace che è venuta su tutti percettibilmente.
48.
Giovanni sale sulla torre, deve mettere ordine in se stesso. Dapprima lo
opprime la sua solitudine. È ancora un uomo, esposto ai sentimenti che il su e
giù della vita porta con sé. Nicodemo non aveva mai disturbato, egli aveva un
modo raffinato, e ciononostante era sempre presente quando Giovanni voleva
consigliarsi con lui, oppure aveva bisogno di un aiuto. Così pure viceversa.
Egli, il discepolo e l’uomo anziano, avevano armonizzato nel migliore dei modi.
49.
Di notte all’improvviso si sveglia, nel sogno ha visto l’amico e gli aveva
fatto cenno. Sebbene Giovanni lo avesse riconosciuto com’era in vita, Nicodemo
aveva un aspetto del tutto diverso. Era un’immagine duplice tra vecchio e
giovane, e così contento – così – anzi, agiva del tutto leggero. Allora anche
per Giovanni al risveglio è come se avesse volato nell’aria come un uccello.
50.
“O Signore, sono consolato, perché il figlio Tuo è così felice. Guarda con
clemenza, se nonostante ciò, sospiro. Tutta questa brava gente si sforza molto,
ma con Nicodemo e Cornelio sono strettamente affini spiritualmente. Questo per
il fatto che Ti riconobbero e, quanto spesso, furono al tuo fianco. Mi manca
l’amico”.
51.
“Non ti posso Io sostituir l’amico?”, suona chiaramente nel suo orecchio.
Che domanda! Giovanni cade sulle sue ginocchia. “È la cosa più umana
nell’uomo”, sente quella Voce che si è impressa nel suo essere dal primo
incontro, “che due sentimenti s’intreccino l’un con l’altro come due mani. Ti
senti solo, e nello stesso tempo, consolato. La consolazione proviene
dall’amore amichevole; e questo è particolarmente benedetto.
52.
Non essere triste a causa dell’ammonizione di vedere in ME l’unico
migliore amico. Un vero padre è colui che, oltre all’amore e la severità, è
diventato per il figlio, un amico. Questo Lo sono Io per ogni figlio! Anche
per i distaccati! Costoro più di tutti hanno bisogno di Me come amico paterno.
Sarebbe bene amare solo i figli ‘cari’? Che cosa sarebbe della Mia Divinità se
agissi come certi padri terreni?
53.
Conosci la parabola della pecorella smarrita e dei denari [Matt. 12,11;
Luca 15,8]. Questi sono coloro che si temprano dalla Luce nella speranza
illusoria di cavarsela senza la guida della Mia volontà. Perciò, quando hanno
fatto il primo passo nel buio, Io ho posto per ogni povero passo una pietra
miliare di Luce che, se si lasciano chiamare, costoro devono vedere le stazioni
luminose per loro rese piccole, e non una volta mancano la via del ritorno.
54.
Rese piccole! Grandi raggi abbaglierebbero. Esse sono le piccole candele
nella lontananza, che per sempre non si possono mai abbracciare con lo sguardo.
Potrà sembrare come un tempo incommensurabile, prima che un precipitato si
lasci sollevare e guardi con desiderio ardente il silenzioso raggio di Luce. –
Io ti dico: per Me è un soffio del tempo, perché Io, detto così per te, porto
in Me tutte le Eternità, esistendo per Me stesso soltanto una Eternità.
Perché Io sono D i o!
55.
Tu consideri la pluralità delle Mie Opere e se ognuna non possiede la
propria Eternità. Precisamente, se la consideri dal punto di vista della
creatura. Sempre generata in un’Opera e da essa presa
fuori, prima che sia sostituita dalla successiva, nessun figlio nota come Io
inizio un’opera singola, e come la compio.
56.
In questo modo ogni parte di Opera ha il suo tempo-eternità. Ma poiché
tutte sono prelevate alla Mia fonte della mezzanotte ed Io, quale Creatore
stesso, sono la Fonte della salvezza, è da comprendere che tutto è per Me
sempre un’Opera, una Rivelazione di tutto ciò che Io creo.
Eternamente, per cui non ho mai bisogno di dire: questo l’ho fatto nel passato,
l’altro lo faccio nel presente, in futuro creerò dell’altro, in qualche luogo
di un tempo.
57.
Per Me, Mio veggente, vale sempre ‘è’! Nel momento in cui faccio sorgere
una parte dell’intera opera, essa è già esistente nella realtà creativa; poiché
ciò che c’era qui per i figli, è e diventa, era in Me come UR già
totalmente definito nell’immensa anteprima della Mia Creatività! Non esiste
cosa, sia piccola come il moscerino, sia immensa come il sole più grande, che
non abbia la sua definita formazione in ME, non importa se, quando e come Io
porto questa alla formazione oppure la riassorbo di nuovo nella fonte della
mezzanotte!
58.
Questo ti soverchia, ti senti davanti a Me come perduto. Tu non lo sei,
figlio Mio – e nessuno, al quale è data la stessa Parola! Molto di ciò che hai
sentito, che hai visto e ciò che ancora ti dovrà essere mostrato, lo dovrai
mettere per iscritto, ossia sigillare, cosa che nel futuro tempo terreno sarà
da rivelare agli uomini di questo mondo, quando verrà la maturità sulle loro
anime, sebbene perfino a quel tempo pochi mondani lo afferreranno pienamente.
59.
Che cosa significa per Me questo piccolo mondo? Tu pensi, perché Io sono
venuto su di esso come Uomo, dovrebbe avere la preferenza. Questa ce l’ha certamente,
soltanto diversa da come i posteri penseranno. Là qualcuno si appenderà intorno
al collo la propria lode, come una vanitosa donna, la collana di perle false:
‘io, – noi solamente siamo scelti’, come lo dice e fa il popolo al Giordano.
Proprio in questo c’è da riconoscere l’esempio, com’è impossibile che Io, quale
Creatore di un popolo del Cielo, il cui numero non si può contare umanamente,
avessi elevato un singolo popolo terreno come ‘l’unico’, tanto meno l’intero
mondo, con tutto ciò che gli appartiene!
60.
In un certo senso il mondo è scelto, perché è il punto centrale dei
perduti. Perciò Io sono entrato in esso come Redentore, per questo sono
venuto dal piccolo popolo che tanto spesso si è distolto da Me con il suo
odioso servizio idolatro. Mai prescelto, soltanto scelto per il Mio santo-alto
Scopo dell’eterna Redenzione! Nessun uomo è favorito davanti a quelli a lui
sconosciuti che si trovano nel Mio Regno!
61.
L’uomo è venuto da se stesso nel mondo? Ha trovato lui da solo la via? Ha
fatto qualcosa di particolare da avere il privilegio, privilegio che non esiste
proprio? Oppure ho guidato IO ogni figlio che Mi ha pregato di aiutare insieme
coloro che sono perduti! Io, infatti, ho ben detto: ‘Ora và’, senza disporre la
sua via, senza prevedere un luogo, insieme al tempo, dove poi possa percorrere
e completare senza danno questa via materiale?!
62.
Fai bene a rispondere negativamente. Io veramente dissi: ‘Nella Casa del
Padre ci sono molte dimore’; quindi devono esistere molti luoghi, luoghi che
sono da Me tutti benedetti. Non esiste differenza, perché la Mia benedizione
non è mai diversa. Se si mostra diversa su un figlio fedele da uno smarrito,
non centra nulla, perché la Mia benedizione è una sola, come Io sono un
Creatore-Padre e molto di più. In tutto, però, sempre, l’UNO!
63.
Chi crede che soltanto lui si fosse meritato la misura del Cielo, cosa di
cui approfitta volentieri, a costui vale la Parola:
‘Chi crede di stare (in piedi),
badi che non cada’. [1 Cor. 10,12]
Lo riconoscerà e anche predicherà
quel figlio, del quale voi discepoli credete che non sia puro[12].
Egli non era puro, i genitori non avevano educato la sua anima. Ma
poiché ho guidato Io anche lui dal Regno fin qui e in questo tempo, così è
caduto da lui l’errore e Mi ha riconosciuto.
64.
Così vedi che Io conduco ogni figlio al suo posto e al tempo che è utile
per lui e per la Mia Opera. Ovunque i Miei figli si trovano, se in questo
mondo, oppure altrove – dappertutto IO li impiego per il conservizio o per la
Redenzione. I conserventi vengono riscattati dal bene da riportare, essi
sono gli ‘aggravati’, come li chiamavo Io. I precipitati sono i ‘travagliati’,
i quali a causa della caduta si sono resi aspra la loro via. E questi saranno completamente
riscattati, perché ne hanno bisogno. C’è differenza, Mio veggente?”.
65.
“Io non ne vedo una”, osa dire Giovanni alzando lo sguardo, sebbene non
veda nessuno. Sente solo che un Invisibile sta presso di lui. Sente la Voce
come quella del Maestro, quando parlava ai discepoli. Beatitudine! LUI è qui,
la sua anima giubila, il suo spirito ringrazia e confessa: “Tu, Signore, hai
fatto tutto bene, Tu pensi ai piccoli e ai grandi, Tu benedici i Tuoi poveri
lontani come anche i fedeli; perché tutti sono Tuoi!
66.
Quello che Sadana creò come da se stessa, avvenne da quella Forza che lei
aveva ricevuto da TE. Lei, con questa, poteva eternamente fare del bene, a
causa dello sviluppo creativo poteva cadere. Tu l’avevi legata alla Tua
longanimità, quando lei se ne strappò. Oh, Tu la tieni stretta! Anche me, Dio
mio, Padre mio e Redentore!”.
67.
“Ben riconosciuto! Tu sei catturato e, lo stesso, libero, un esempio per
coloro che vengono dall’alto e dal basso. Sull’isola ti puoi muovere
liberamente, tutt’intorno, il confine è il mare, oltre il quale tu non andrai
più durante la tua esistenza terrena. Così pure Sadana. All’interno della
materia lei era libera; tuttavia fino al suo ritorno anche la Mia Volontà era
un mare, oltre il quale non poteva giungere. La Mia CROCE è diventata per lei
il ponte sul quale potrà un giorno far ritorno a casa.
68.
Che cosa significano i confini da Me posti? Non sono essi la Meraviglia
delle Meraviglie che Io concedo a tutti? I fedeli li guardano come
l’essere-custoditi-in Me, perché essi sanno: fuori di Me e la Mia Eternità non
c’è nulla e nessuna consistenza, nessuna vita, nessuna beatitudine. I caduti se
ne urtano, senza percepirlo nel più profondo, perché i Miei confini sono bontà,
grazia, longanimità, mansuetudine [Apoc. 21,16] e non costruiti in modo duro,
ma solido. Tu comprendi la differenza. Ad una solidità (fortezza), che sono Io
stesso, ognuno si può aggrappare, i grandi e i piccoli, i lontani e i vicini.
Chi la riconosce anche da sé, ha la vera libertà dalla magnifica libera
Volontà della Mia potenza di Creatore!”.
69.
“Padre, Tu, mio Maestro, Tu mi dai tanto in Grazia, io non posso afferrare
tutto. Ma poiché mi lasci domandare nel Tuo Amore, allora penso ai fratelli.
Che cosa sarà di loro? Io mi preoccupo. Perché veramente… Tu mi hai custodito
in un confine mondanamente stretto; proprio questa è la custodia che io posso
sperimentare con clemenza. Non potresti portare sull’isola anche gli altri,
affinché nel mondo non accadesse loro nessun male? Temo che saranno duramente
perseguitati, uccisi e …”.
70.
“Giovanni, non posso Io fare secondo la Mia Sapienza, come ho previsto le
loro vie? Devo orientarMi secondo la tua preghiera?”. – “Mai, o Signore! Tu fai
tutte le cose secondo il compiacimento del Tuo Amore per i figli. Io sono
soltanto preoccupato, e questo – non può essere questo anche una gioia per Te?
Tu ci hai inculcato l’amore, per Te, per il nostro prossimo”.
71.
“Certo, e così lo considero anch’Io. Tuttavia la domanda: chi dovrà
portare il Mio Vangelo ai popoli, se tutti quelli che Io ho istruito, vivono
sull’isola?”. – “Oh!”. Una lunga esclamazione e – Giovanni scorge Dio stare
dinanzi di sé. Con un grido si piega in giù, abbraccia le ginocchia e si lascia
tirar su, finché il suo capo poggia al fianco di Dio. Non ha bisogno di
esprimere cosa muove il suo cuore. Chi meglio del Santo può leggere nel nascosto…?
72.
“Tu non sei preferito, perché vivi su Patmos, mentre gli altri devono
combattere delle battaglie, come un tempo Michael con Lucifero [Apoc. 12,7].
Essi vinceranno, anche se il loro corpo cadrà vittima, come Io ottenni la Mia
vittoria nella mano destra per le Mie Opere già prima della caduta di
Sadana. Soltanto per l’ultimo mezzo tempo [Apoc. 8,1] che ho concesso alla
materia, ho portato la vittoria della Mia Magnificenza di Dio alla croce del
Golgota per la Rivelazione, in cui ho dato in sacrificio il corpo esteriore.
73.
Ogni figlio della Luce sulla Terra e altrove, sacrifica il suo corpo per
mezzo della morte, anche se è stata dolce come nel caso di Nicodemo. Se così,
oppure diverso – tutto sta nel sacrificio della Creazione della Mia santa
Essenza-UR! La morte materiale sta invece solo al secondo posto. La via dello
SPIRITO, la dedizione di un figlio, ha la precedenza su ogni via da percorrere,
ed è iscritto nella Creazione [Apoc. 20,12], nel Libro della Vita. Quindi non
ti preoccupare per i tuoi fratelli. – Che cos’altro hai ancora nel cuore?”.
74.
“Signore, perché mi domandi? Tu sai ogni cosa, Tu conosci l’angolo
nascosto della mia anima. Penso a Maria e ai molti amici che sono disprezzati
in patria, anche se la vera Patria è eternamente il Tuo Cielo. Che cosa sarà di
Maria?”. – “Per la madre Mia corporea, lascia a Me la preoccupazione di come la
porterò via da qui. Per tua consolazione sia detto: fino all’ultimo respiro lei
sarà ben custodita, come anche molti dei tuoi fratelli.
75.
Diversamente stanno le cose con il popolo del Giordano. Tu sai, quanta
poca gente si è voltata indietro per vedere Me. Oh, sì, quando avevano un
vantaggio che toccava al corpo [Matt. 14, 21], volevano essere guariti, e
quando pensavano di ricevere il massimo potere mondano, allora sapevano dove Mi
si poteva trovare! Altrimenti…? Quando i migliori fino al tempo del giudizio
erano andati, perfino già sotto Mosé, che cosa hanno fatto? Hanno per caso
servito ME, oppure sempre anche gli idoli? E non è stata la propria
avidità l’idolo peggiore?
76.
Per questo – e per una salvezza che rimarrà incomprensibile per il popolo
– IO ho messo l’ascia alla radice del suo tronco, perché somiglia al marcio
albero del fico [Matt. 3,10]. Porta esso, mai buoni frutti? Attendo con
pazienza, soltanto – Io vedo che cosa sarà qui! Non Mi domandare in
proposito, Giovanni; poiché su quest’albero marcio, come in tutti gli alberi
dei popoli, crescono insieme frutti che si lasciano illuminare dalla Luce. E
questi Me li raccolgo, sii certo di questo!”.
77.
“Signore, io non domando mai del Tuo sguardo d’insieme, ma sento: questo
marcio Tu un giorno lo estirperai; il ‘come’ sta nella Tua Mano di Creatore.
Questi marci Tu li educherai al tempo giusto, ed anche se è soltanto dopo la
loro morte. Quanto è meraviglioso e pieno di Grazia: a Te nulla va perduto!
E se Ti preservi i buoni…”. – “Anche gli altri, Mio veggente!”. – “Sì, sì,
intendevo soltanto nella vita sul mondo, così il popolo può emettere anche rami
buoni”.
78.
“Sii benedetto, come Io benedico ogni figlio che sta alla Mia destra e
alla Mia sinistra. La benedizione si mostra veramente differente, ma il suo
contenuto, Mio Giovanni, è sempre lo stesso. Nella Bontà per la destra, nella
Misericordia per la sinistra. Che cosa pesa di più, la Bontà o la
Misericordia?”.
79.
“Non lo so”, dice Giovanni a bassa voce, per non disturbare la Santità
dell’ora. “Poiché Tu parlavi di una benedizione, non hai due diversi
pesi. Tutto in Te è l’eterno Bene; oh, sì, la BONTA!’. In essa operano le Tue
Magnificenze, anche la Misericordia per quelli che sono alla sinistra, ai quali
Tu, come lo sento adesso, hai rivolto il lato del Tuo Cuore. A coloro che
stanno alla destra nel Tuo alto e santo Diritto e in quello loro, il posto è
assegnato a causa della loro fedeltà”.
80.
“Questa è stata una conoscenza celeste e, di tal specie, ne avrai ancora
molte. Il tuo scritto (Vangelo) mai si perderà; poiché chi ha occhi per vedere,
e orecchi per udire, non lo girerà né lo volterà. E nessuno che è salito dal
misero abisso lo potrà cancellare dal mondo! Ti ho inviato l’angelo che ti
assiste; dov’è necessario sentirai la Mia Voce come proprio adesso, anche se
non Mi vedrai sempre accanto.
81.
Tu pensi ancora che il ‘veder sempre’ sarebbe delizia sublime. Vedi,
questa è preservata per il Regno; tutto il sublime si rivela soltanto nella Mia
Luce. Ma quello che è dato durante una via di percorso, è tanto in Grazia che
un figlio, ritornato a Casa, nello sguardo retrospettivo s’inginocchia grato
davanti a Me e Mi loda e glorifica per questo”.
82.
L’apparizione di Dio è d’un tratto come sfumata via, così che Giovanni,
timoroso, s’immagina che non fosse stato per nulla vero, oppure che egli stesso
non è più sulla Terra. Presto però lo inonda la beatitudine e si mette in
fretta al tavolo, e scrive e scrive, prima, tutto ciò che ha udito, e poi
ancora tre lettere. La prima è per le comunità nascenti, troverà certamente
qualcuno che ne farà parecchie copie. La seconda è indirizzata a quella cara
donna che assiste Maria e la casa in Capernaum.
83.
La terza è indirizzata ad un romano di nome Gajus, il quale molto presto è
venuto alla conoscenza. Costui ama il Signore ed aiuta molte anime fedeli.
Quando ha terminato questo, egli ha scritto alla luce della lampada, il mattino
sorge chiaro nella torre. Che strano, non è per nulla stanco, e lieto va’ fuori
sulla spiaggia.
[indice]
۞
Il battesimo – Un giovane pirata diventa un secondo Stefano –
Pirati e pescatori diventano cristiani
Insegnamenti sul battesimo di Gesù, poi il giorno del battesimo
arriva buona parte della comunità dell’isola.
1.
All’orizzonte appena si scorge ancora un delicato bagliore, quando il
tribuno si avvicina alla riva. Giovanni ha riflettuto: glielo dico? Quanto
sarebbe afflitto di non aver udito con lui la Parola del Signore! Posso però
tacere? Intorno a lui c’è un sussurro: ‘Aspetta ciò che fa la Mia Grazia’.
Quindi, deve attendere.
2.
“Mattiniero”, saluta Cornelio. – “Pure tu”, dice Giovanni. Il romano si
siede accanto a lui. Egli è avido di sentire molto ed è un buon segno per chi
non è soddisfatto di sé. “Se soltanto il Signore è soddisfatto di te”, Giovanni
lo dice come se avesse visto il ‘dissidio dell’anima’.
3.
“Davanti a te nulla è nascosto, come non lo è dinanzi a Dio”. – “Con una
grande differenza! Quello che vedo io, me lo dà Dio, mentre LUI, il Santo, vede
tutto e non ha bisogno di chiedere prima. Egli lo ha fatto spesso con noi
discepoli. Stolti come eravamo, parlavamo come se Lui dovesse prima ascoltare.
Dopo, il Suo amabile sorriso insieme al buon Insegnamento. O Cornelio, vorrei
tanto volentieri che Egli fosse sempre con noi come nei Suoi anni
d’Insegnamento!”. Stolto!, ieri sera non è stato Lui, da me, come sulla via
verso Emmaus – –?
4.
“Sarebbe anche mio desiderio”, Cornelio interrompe i pensieri di Giovanni.
“Tuttavia chi sa, se adesso sarebbe per il meglio. Come dovremmo dar prova di
noi se si pende, per così dire, sempre alla Sua veste? Se ci facciamo dire ogni
parolina come fanciulletti, per ripeterla? Tu mi comprendi, vero?”.
5.
“Precisamente! In verità io non intendevo così, di seguirLo come un giorno
attraverso la Galilea. Noi, quali Suoi figli, non finiamo mai di imparare,
perché Egli è eternamente inesauribile. Certo è, per quanto ci è dato, di
penetrare nella Magnificenza della Divinità. Questo si può unicamente e solo
col Suo aiuto”.
6.
“Egli ci ha fatto conoscere molto”, risponde il tribuno, “non posso
nemmeno afferrare la pienezza, sono ancora povero nella mia anima, perché le
preziosità traboccano, ed esse vanno a me perdute”. – “No, a te non va perduto nulla!
Se da tale umiltà d’amore qualcosa trabocca, allora Dio la conserva per il tuo
ritorno a casa – e di quello di tutti. Allora abbiamo noi la pienezza, e lo
spirito aiuta la nostra anima a cogliere queste preziosità e conservarle per
tutti i tempi”.
7.
“Hai scritto?”. – “Tre lettere, per Capernaum, dove viene sempre un
fratello che può scrivere la prima. La seconda lettera è per Giovanna, la
prescelta, che può servire Maria. Costei, dopo la morte di suo marito, Chusas,
è andata a Capernaum. La sua meta suprema era di servire sinceramente il
Signore [Luca 8,3].
8.
Conosci tu il romano Gajus? Egli ha conosciuto il nostro Maestro, poco
prima del Golgota. Dopo è stato spesso da me ed era afflitto perché non era
stato presente. Lui mai avrebbe permesso che il Signore fosse crocifisso. Prima
che mi si prendesse prigioniero per la seconda volta, potevo spiegarglielo,
certo, con immensa tristezza, perché il Signore si è dato per il mondo, perfino
per Caifa e Hannas, i veri assassini di Gesù: ‘il santo Mistero della Redenzione’
Gajus lo aveva afferrato e da allora in poi è molto attivo. Gli ho scritto che
ci vedremo presto – ma quando, non lo so nemmeno io”.
9.
“Ah”, esclama Cornelio, “l’ho incontrato due volte, un vero romano, come
oggi non ce ne sono più molti. Tra quattro giorni partirà la galea per le
provviste. Io mando il fidato Scubatus. Questi ha, per così dire, un sesto
senso. Egli provvederà alle lettere e troverà certamente Gajus. Se non è
proprio impegnato, intendo per servizio, allora lo inviterò a farmi visita su
Patmos. Poiché è piuttosto anziano, una volta può scansare un servizio. Allora
vi rivedrete” [Giov. 3 lett.].
10.
“Quindi non ho scritto invano il fatto che ci rivedremmo presto”. – “E
allora ascolta una buona volta”, s’infervora Cornelio, “finora presso di te mai
niente è stato invano! Sei certamente il più giovane dei fratelli, ma il
migliore tra loro. Oh, tutti fanno del loro meglio, non hai bisogno di
mostrarti contrario”, il tribuno afferra la mano che Giovanni alza. “Istruiti
da DIO – non dovrebbe venir fuori da voi qualcosa di buono? Tuttavia – il
Signore ti ha portato qui e – va bene – insieme a me, tu sei il Suo veggente
prescelto per l’ultimo tempo terreno che, secondo la creazione, è iniziato”.
11.
“Guarda, guarda”, elogia il discepolo,“non lamentarti più che la tua anima
non serberebbe così pienamente la Rivelazione di Dio, e parli dello
straripamento della Sua Magnificenza. Lo hai riconosciuto bene e mi rallegro
molto di questo. Ed ora trattengo io le tue mani, le quali vogliono negarlo.
Non è una reciproca elevazione che avremmo da assicurarci. Soltanto, domina la
gioia, perché noi dal Signore sappiamo la Verità della Creazione”.
12.
“Andiamo insieme alla taverna?”. Il Sole è sorto e il vasto mare si è
tuffato nel suo splendore. Giovanni getta uno sguardo alla sua torre. Alla
porta sta accovacciato il giovane; si alza a fatica, la ferita guarisce troppo
lentamente, ma è d’animo lieto, viene vicino e dice con modestia:
13.
“Se nella torre non ci sei tu, ci sono io; non si può mai sapere se una
volta non …” – “Bravo”, lo elogia il tribuno. “Che cosa sarebbe, Giovanni, se
tu lo prendessi con te?”. Il giovane li guarda felice. Giovanni fa cenno col
capo. “Ci avevo pensato; infatti, così solo – Ebbene, tu non disturberai”, si
rivolge al giovane. “Dimmi, come ti chiami veramente?”.
14.
“Noi, figli di pirati, mai abbiamo sentito un nome. I pirati mi chiamavano
Phyrax, cosa che non udivo volentieri”. – “Vorresti servire il Salvatore?”. –
“Sì!”. – “Bene, allora ti battezzerò e il tribuno ti assegnerà un nome molto
bello”. – “Oh!”. Di nuovo un’evidente gioia che tocca profondamente i due
uomini. “Quando?”. Domanda il giovane, sebbene non sappia proprio che cosa
significhi il battesimo.
15.
Dopo la colazione del mattino Giovanni lo porta con sé, gli mostra il
lavoro che deve fare e lo avvisa: “Quando scrivo, non mi devi disturbare, anche
se Cornelio è con me. Sarai certamente chiamato, devi essere quanto più
possibile intorno a me. Origliare è proibito”.
16.
“Non lo faccio mai, non lo fanno nemmeno i pirati. Essi mi hanno insegnato
anche qualcosa di buono nonostante…” – “il brigantaggio. Non lo comprenderai se
ti dico: voi siete stati guidati qui, perché qualche anima era da salvare. Ora
sei informato. Chiedi però se non ti sarà chiaro qualcosa; puoi sempre venire
da me”. – “E quando sarò battezzato?”. Impazienza d’amore infantile.
17.
“Il prossimo giorno di festa. Qui regolo io i giorni, secondo quella
visione della Creazione che ebbe Mosé [Gen. 1]. Calende si chiama il primo
giorno del mese, nel modo romano. Altri popoli calcolano diversamente. Ma noi
calcoliamo secondo il ‘calcolo di Dio’! Una rivoluzione della Luna ha ventotto
giorni, questi, poi, divisi in quattro, danno le quattro settimane. Una
settimana, secondo la Sapienza di Dio, ha sette giorni, di cui il settimo è il
giorno di riposo. Nei giorni di riposo si può fare ciò che è necessario per la
vita; ma trafficare e molto altro di più che procura soltanto guadagno, Dio lo
considera punibile. Il prossimo giorno di riposo sarai battezzato”. – “Come lo
farai?”.
18.
“Lasciati sorprendere. Non fa male”, sorride Giovanni. “Il Maestro ha
battezzato anche noi discepoli”. Ma come – ? Com’è da conformarsi alla Sua
Volontà? “Ti diventa gravoso salire e scendere la ripida scala?”. Chiede lui
amorevolmente. “Un pochino”, il giovane s’infonde coraggio, salendo si aiuta
con le mani.
19.
“Il pastore ti porterà qualcosa per guarire. Anche questo non fa male,
soltanto non aver paura”. Giovanni gli sfiora affettuosamente i capelli, una
carezza sconosciuta al giovane. “Va a prenderci il pranzo, uno lo deve portare”.
Di nascosto Giovanni sta a guardare come il ragazzo scivola giù gradino per
gradino. “Poveretto, forza, presto andrà meglio con te”.
20.
Più tardi viene su Cornelio respirando pesantemente. “Per fortuna che non devo
portare un’armatura; mi sento bene nella tunica. A parte questo. Una domanda
seria che riguarda il Maestro; non sono completamente sicuro se …”. – “Chiedi
pure, perché ciò che preme, si può e si deve togliere dal cuore. E se riguarda
il nostro buon Signore, sono già sicuro in partenza che Egli aiuterà”.
21.
“Perché il Signore si è fatto battezzare e, così – così – esteriormente?
LUI era Dio, non ha mai avuto bisogno, come diceva il battista: ‘Fa
penitenza!’. Il nostro Signore, anche come Salvatore del mondo, è l’Essere
sublimemente perfetto; non la minima ombra della materia o qualsiasi altra
imperfezione era attaccata in Lui [Giov. 8,46].
22.
“La tua domanda è ben ponderata e, credimi, Cornelio, ho dovuto impiegare
molto tempo prima che potessi svelare il mistero, perché su questo, il Signore
parlava solo in accenni. Siediti”, il tribuno va avanti e indietro, tanto è
agitato dalla sua domanda. Ora si siede. “Sono sempre colmo di gratitudine per
il fatto di essere istruito da te”, afferra le mani del discepolo, “da te,
infatti, sono istruito come da Dio stesso”.
23.
Giovanni alza gli occhi splendenti. “Come te, anch’io ricevo
l’insegnamento; poiché quello che fluisce dentro di me, è ripetutamente
meraviglioso [Apoc. 15,3], come Dio si rivelava già nei tempi antichi. Le
apparizioni si chiamavano per lo più ‘angeli del Signore’, perché il Sublime si
mostrava in vesti velate – a motivo degli uomini. In epoca posteriore non si è
riconosciuto questo e non nuoce se si legge: angeli del Signore. Spesso erano
anche tali; ma dove accadeva qualcosa del tutto magnifico, come la lotta di
Giacobbe presso il Peniel [Gen. 32,27-31], allora Dio stesso si rivelava.
Giacobbe lo aveva riconosciuto e… tacque.
24.
Il battesimo di Gesù era meravigliosamente velato, cosa che fece la Sua
alta Sapienza. Con questo Egli sostenne il Battista. L’uomo vuol vedere;
soltanto molto pochi si lasciano convertire solo con parole. Era assolutamente
necessario rialzare il popolo che stava sprofondando di nuovo moralmente, cosa
che avveniva con l’autentica fede e col servizio d’amore. A ciò è
collegato che il Santo nel ‘Alto anno dell’Atto’ ha accostato la servitù nel
terreno antistante – nel Cielo e nella materia.
25.
Il battesimo, pensato come simbolo, può rimanere conservato. Se colui che
battezza riconosce che un rituale esteriore è una cosa secondaria, nello
spirito tuttavia è una preghiera di benedizione rivolta al Signore per il
battezzando, allora anche il rituale è benedetto. Se rimane con l’apparenza
esteriore il battezzatore perde molto, ma non il battezzando.
26.
Giovanni aveva perciò collegato ogni battesimo all’esclamazione: ‘Venite,
ritornate al nostro Dio!’. Questo era giustificato, per questa ragione lo si
chiamò poi ‘colui che grida nel deserto’. Il ‘deserto mondo’, è quello dei
poveri smarriti. Il Signore permise il battesimo soltanto a causa degli uomini,
per attirarli, per indurli al ritorno. Quasi tutto quello che Egli ha detto e
fatto, erano chiamate, si può dire: era un invitare, l’invitare ad uscire dal
mondo, dal vicolo dello smarrimento e della mancanza di fede”.
27.
“Quando Lui talvolta parlava con me, io lo sentivo profondamente nel mio
petto: Egli mi chiamava dentro nel Suo Cuore. Ed io ero beato! Il Maestro
stesso non ha mai battezzato; oppure…?”. – “No, e i primi tempi ne eravamo
meravigliati. Chi meglio e molto più elevato poteva battezzare se non il
Signore?! Lo strano è che Lui non ci ha mai liberato da questa questione ed io
so perché: dovevamo ricercare noi stessi, e noi siamo giunti ad un risultato,
come ti ho spiegato: soltanto il simbolo, soltanto l’impulso era dato. Quanto
poco DIO doveva farSi battezzare, tanto poco ha bisogno di battezzare
esteriormente. Il Suo battesimo fu il lavaggio dei piedi [Giov. 13,14].
28.
A Nicodemo Egli disse: ‘Conseguire la rinascita con acqua e spirito’, ciò
che è il battesimo del Suo santo Spirito. A quel tempo il nostro amico era
ancora inesperto, noi tutti credevamo quindi che la rinascita dovesse avvenire
attraverso un ventre materno, una seconda venuta in questo mondo. Il Signore lo
negò. E noi sappiamo: ‘Rinascere nello spirito – lasciare a lui il dominio in
noi, per questo curiamo in noi il bene, l’amore e la misericordia. Per questo
mondo lo si può qualificare così: autentica umanità!”. Cornelio lo conferma
volentieri.
29.
“Questo me lo ha insegnato prima Cirenio, poi in modo superiore il buon
Simeone, in modo sublime il nostro Signore, per quanto io lo possa afferrare e
realizzare”. – Giovanni tranquillizza: “Nessun uomo diventa completamente
libero dai suoi errori fino alla fine della sua morte terrena. Dio vede qual è
la nostra natura [Salmo 103,14]. Dove però non domina nessuna cattiva volontà,
ma solo uno sbaglio puramente umano, oh – come non dovrebbe Egli lasciare agire
la Sua bontà?!”.
30.
“Ci si deve far battezzare due volte, quando di nuovo si è caduto in basso?”.
– “Una seconda domanda: Gesù Si è fatto battezzare due volte?”. – “Ti prego,
Giovanni, questo sta veramente lontano da un qualsiasi pensiero! Egli non lo ha
fatto accadere per Sé, Egli si diede alla gente come esempio. Chi si lascia
trasformare mediante il Suo Insegnamento, non ha bisogno assolutamente di
nessun battesimo”.
31.
“Come sei venuto allora alla tua domanda?”. – “Dall’Oriente veniva gente
fino a Roma. Essi insegnavano nelle scuole che l’uomo sarebbe dovuto sempre
ritornare sulla Terra, finché diventasse un essere puro”. – “Che cosa ritieni
tu di questo?”. – Cornelio riflette un po’. “Non riesco a definirlo
precisamente, qualcosa di buono c’è anche in quest’insegnamento. Io stesso
penso che non sia necessario venire più volte nel mondo. Il Signore parlava
delle ‘dimore nella Casa del Padre’. Se queste esistono, allora esse sono anche
abitate! Se questo è il caso, allora il venire, rimanere, andare
attraverso il nostro tempo di vita di Luce può guidare noi altrettanto
attraverso i luoghi”.
32.
“Sissignore! Talvolta gli angeli che servivano il Salvatore ci hanno anche
insegnato proprio su questo punto. Gli uomini nel lontano Oriente, vivendo con
etica, possedevano il loro antico insegnamento non più in modo puro. Alterne
generazioni possono cancellare molto. Anche la fede dell’unico Dio di un Abramo
è adesso particolarmente molto confusa, tale e quale nella fede idolatra
romana-greca-egizia. Oppure no?”. Cornelio pensa che di questo a lui non gliene
importa più già da molto tempo.
33.
“Le primissime generazioni nella regione dei monti più alti già
conoscevano la nascita della Luce da una stella all’altra. Ogni via in tale
stazione è da paragonare quasi alla nascita dell’uomo, sebbene sia
completamente diversa presso coloro che servono dalla Luce alla materia. Su
ogni stazione di Luce le cose esteriori sono spirituali, anche il venire,
rimanere, andare, come hai ben riconosciuto. Queste sono meravigliose
Rivelazioni, tanto della Magnificenza del Signore, quanto della benedizione ai
figli pellegrini.
34.
Ogni primo passaggio attraverso una stazione di Luce si chiamava ‘nascita’
e, nelle successive stazioni, ‘rinascita’. Più tardi fu considerata
materialmente[13].
Chiarezza e fede nel trascendentale andarono perdute. Si concentrò tutto sul
mondo.
35.
Altissimi spiriti figli della Luce si fanno inviare anche spesso nella
materia per uno scopo particolare, di cui il punto principale è la nostra
Terra. È sbagliato chiamarla rinascita. Tali angeli superiori non vengono mai
qui per conto loro. La loro missione di Luce procede unicamente dalla mano
dell’Altissimo e non ha niente a che fare con concetti mondani. Chi pensa e
crede questo, sbaglia strada.
36.
Tutto lo spirituale accade una volta, come Dio si è sacrificato una
volta [Ebr. 10,14]. Questo non esclude che – in modo particolare per noi
uomini nel mondo – quello che è già stato sia da ripetere, come quella Parola
che abbiamo compreso solo più tardi: «Vi do un nuovo Comandamento», cosa che un
giorno, da come posso riconoscere in anticipo, s’indicherà con ‘Nuovo
Testamento’.
37.
Con ciò si dimentica l’eterno, ciò che è proprio di DIO. Se Egli è l’UNO,
che mai si ripete, mai cambia la Sua legge fondamentale, allora non avrà
nemmeno bisogno di abrogare il Suo Testamento, scritto in un tempo che è
difficile da comprendere, neanche di sostituirlo con uno nuovo, perché il
vecchio avesse forse errori e quindi non sarebbe più valido. –
La Parola e l’Opera del Creatore sono eternamente valide!
38.
Io, un figlio di poveri pescatori, ho imparato a leggere e anche a
scrivere, ed esaminai qualche rotolo presso il rabbi che aveva cura del nostro
villaggio. Allora nel rotolo di Mosé c’era già il Comandamento [Deut. 6,5;
3.19,18] di amare Dio sopra ogni cosa ed il prossimo come se stessi. Se Mosé
ricevette questa Parola, allora il Comandamento del Signore non era nulla di
nuovo – visto da LUI. Per noi, che siamo smemorati e rigettiamo da noi cose
difficili, era stato dato nuovamente, meglio sarebbe dire: un’altra volta.
Chissà se un giorno questo si riconoscerà –?
39.
Ora la cosa più importante non è come lo si descrive, ma che si agisca di
conseguenza. Oh, l’ultima umanità sprofonderà nel suo delirio; non soltanto i
figli di questo mondo, come Dio chiama i precipitati, anche i figli di quelli
che si credono credenti, molti saranno falsi nonostante la fede; essi, infatti,
ardiscono di imprimere al Santo la loro povera immagine del mondo. Egli non
deve essere come è, ma come loro se Lo immaginano”.
40.
“Non si può aiutare l’umanità?”, domanda Cornelio. “Noi abbiamo vissuto
cose così deliziose con il Signore, allora si ha pur il desiderio che ognuno
potesse riceverle e conservarle. Chi non lo desidera, a costui va perduta la
benedizione proveniente dalla Dottrina di Gesù. Si può utilizzare questo, come
‘amore per il prossimo’?”.
41.
“Certamente! Un desiderio, pensato nella compassione per gli altri, è
sempre benedetto. C’è solo da riflettere: il tempo di Dio ha un altro carattere
che la percezione del tempo nel mondo. Mille anni della nostra umanità sono
meno di un soffio dalla Sua bocca! Così ogni pio desiderio si adempirà. Quando,
amico mio, è da lasciare a LUI. Anche il come!
42.
Noi vogliamo sempre il bene; se questo è valido per ognuno al quale è
dedicato il nostro pensiero del cuore, non sempre lo possiamo sapere. Se manca
qualcosa nel desiderio, allora Dio vi aggiunge volentieri il Suo; se c’è un
troppo, cosa che qualche volta è pure possibile, lo toglie. Egli è un Dio
meraviglioso; Egli opera in ogni tempo nella Sapienza della Sua bontà”.
43.
“Se non so come devo desiderare giustamente, allora preferisco non
azzardarmi per niente”. – “Non preoccuparti. Per quanto riguarda di amare Dio
sopra ogni cosa, non possiamo sbagliare, se ci si sforza seriamente. In vista
dell’adempimento del Comandamento dell’amore per il prossimo, il nostro caro
Signore provvede, affinché la benedizione ottenga misura e meta. Non è
sufficiente?”.
44.
Proprio adesso il giovane mette la testa alla porta: “Si fa sera ed io
allora volevo …”. – “Di nuovo andare a prendere il cibo?”, Giovanni sorride.
“Andiamo noi alla taverna”, dice Cornelio, “e a te il cibo lo mando su”.
45.
Giovanni gli ha riferito come il giovane ha dovuto usare le mani per salir
la scala. “Quanti giorni mancano ancora fino al battesimo?”. Egli lo attende
quasi infantilmente, sebbene abbia diciassette anni. “Calma, calma”, dice il romano
allegramente, “speriamo che lo puoi sopportare”. “Oh, se lo fa il discepolo di
Gesù, non potrà succedermi nulla!”.
46.
“Anche questa è una confessione!”. Giovanni tira a sé il giovane. “Dopo
domani per te sarà il gran giorno. Noi inviteremo tutti, anche qualcun altro si
farà battezzare”. – “Ehm, domani vado a cavallo dai nostri pescatori, allora
inviterò tutti. Questa diventerà una festa!”. Mentre Cornelio va con Giovanni,
il giovane domanda se anche lui, Cornelio, deve ancora farsi battezzare. Egli
lo controbatte un po’, il suo sentimento romano non si può rimuovere
completamente, e nemmeno deve essere rimosso. Risponde negativamente.
47.
“Tu sei battezzato attraverso la PAROLA di Gesù, come pochi che Lo
seguivano. Ciò che fece Pietro, fu per te un segno esteriore [Atti 10]. Il
mondo pende ancora alla giacca di qualcuno. Per amore per il Signore hai
sacrificato tutti i tuoi averi, diversamente dal giovane che se ne andò
rattristato, quando il Salvatore lo pretese da lui. Tu lo hai fatto con totale
libera volontà [Matt. 19,21]”.
48.
“Perché il Signore lo aveva preteso da lui? Egli sapeva che il giovane non
avrebbe donato la sua ricchezza”. – “Certamente, il Signore lo sapeva; ma vide
anche che costui l’avrebbe perduta, per trovare così un giorno il Signore, come
succederà”. – “Da dove sai questo?”. – “Me lo disse il Signore. Anch’io posi la
stessa domanda come te adesso”.
49.
“Come stanno le cose con i pescatori?”. – “Essi non hanno vissuto tanto da
vedere il nostro Signore; attraverso il battesimo saranno allora uniti con Lui.
Alcuni domandavano se potevano appartenerGli, perché non Lo avevano conosciuto.
Il nostro giorno di festa sarà benedetto”. – “Non è benedetto ogni giorno?”. –
“Certo, Cornelio, già per il fatto che DIO dà i giorni. Anche se ha soltanto una
benedizione, una benedizione completa, così Egli mostra per noi di quando in
quando come una differenza. Noi sentiamo questo e ci stimola”. –
* *
*
50.
Ora il giorno è venuto. Il discepolo ha preparato da solo la funzione del
battesimo nella notte rischiarata dalla Luna. Alla sorgente, dietro la torre,
si trova un contenitore colmo d’acqua fino all’orlo. Così come fece il Battista
al Giordano, Giovanni non lo vuol fare. La pura sorgente deve essere conservata
pura, si ha bisogno dell’acqua. Per gli animali c’è uno scarico, così che non
devono andare direttamente alla sorgente. È impossibile che ora Giovanni faccia
scendere la gente nell’acqua. Mette una brocca su un piccolo tavolo e accanto
posa uno dei suoi rotoli.
51.
Molto presto, prima che sorga il Sole, va sulla spiaggia e incontra, come
il solito, il tribuno, anche Sejananus, Cronias, Scubatus e Venitrius.
Quest’ultimo è arrivato giorni fa con una grande gioia di essere qui.
S’interroga Giovanni su che cosa succederebbe se anche loro dovessero far parte
del battesimo. Il discepolo ha lasciato decidere loro e aggiunge che Cornelio e
Venitrius non ne avrebbero bisogno. Per la rassicurazione di tutti, non dice
che il Signore battezzava con la Sua Parola, egli vuol lasciare agli altri la
piena gioia di ‘appartenere ora completamente al Salvatore’.
52.
Molti sono accorsi, uomini, donne e bambini. Il medico attende ciò che
accadrà, e il vecchio pastore si mette un po’ in disparte. Egli ha pensieri
particolari, questi non si sbagliano: ‘Ciò che dice il veggente di Dio, è
Parola di Dio. Se credo in Lui, anch’io sono Sua proprietà. Non c’è bisogno
d’altro’.
53.
Sono radunate più di cento persone ai due lati della sorgente. Davanti,
presso il tavolo, stanno i romani. Cornelio ha messo il giovane accanto a sé,
al quale ieri il pastore ha spalmato dell’unguento sulla ferita. Prima
bruciava, ma presto è subentrato un fresco lenimento. Ora sta lì, i suoi occhi
brillano come quelli di un fanciullo. Gli altri fanciulli si trattengono presso
i loro genitori.
54.
Giovanni recita la preghiera del ‘Padre nostro’. Evidenzia lo scopo del
battesimo, fa sapere che l’esteriore coopera alla benedizione e con ciò si
appartiene al Salvatore. Spiega che l’uomo si deve liberare del mondo, spiega
anche che si deve pensare a tutto ciò che serve per la vita. Un uomo deve
provvedere per i suoi, la madre per i figli.
55.
Poi parla di quella Parola che la maggior parte degli ascoltatori non
comprendeva [Matt. 6, 25-34]. “Se qui il Signore parla degli uccelli che non
seminano e non raccolgono e Dio sosterrebbe tutti quanti, allora non era inteso
che l’uomo debba lasciar riposare le mani; poiché Dio ha detto anche questo:
‘nel sudore della tua fronte devi mangiare il tuo pane’, ciò che significa:
lavoro [Gen. 3, 19].
56.
Che cosa mangerò? Che cosa berrò? Era biasimato. Guardate questa sorgente
– nessuno l’ha mai fatta, essa proviene dall’interno della Terra, come la
benedizione di Dio scaturisce da Lui stesso. Quindi cercate il Regno di Dio e
la Sua Giustizia, tutto il resto vi sarà dato. Non preoccupatevi per il mattino
successivo; poiché il giorno di domani provvederà per il suo. È sufficiente che
ogni giorno abbia la sua fatica.
57.
Io sono figlio di pescatore e so quanta fatica ci vuole a gettar le reti.
Potete voi creare e moltiplicare i pesci? No! Il Dio Creatore li ha
creati, affinché abbiate il vostro nutrimento. Egli provvede così per voi,
allora potete pensare a Lui con gratitudine, amarLo e tendere al Suo Regno e al
Suo senso del giusto. Se fate questo, allora siete legati a Lui e nessun mondo
può di nuovo strappare la vostra anima da Lui! Chi lo vuole, venga qua e prenda
in consegna anche il segno esteriore”.
58.
Dapprima prende il giovane, il quale trema in tutto il corpo. Cornelio ha
chiesto prima come lo dovrebbe chiamare. A lui sta dinanzi agli occhi quel
testimone che Saul fece lapidare. Giovanni lo ha confermato volentieri. Ebbene
– la maggior parte delle persone porta poche vesti e quindi non nuoce se
l’acqua le bagna.
59.
Giovanni attinge l’acqua dalla tinozza, pone le mani sul giovane capo e
dice: “Dio ti benedica! Ti prometto solennemente al Salvatore. Osserva i
Comandamenti, cammina per la buona strada, sii sempre caritatevole, supera
tutto ciò che vuole separarti dall’Amore di Dio. Io ti battezzo nel Nome del
nostro Salvatore GESU’ che è nostro Dio e Padre!”. Giovanni versa l’acqua sul
capo del giovane e ad un tratto questi diventa tranquillo, sente dentro di sé
come una forza e si tiene fermo alla veste del discepolo. Cornelio invece dice
in maniera percettibile:
60.
“Ora sei diventato un figlio di Dio, figlio che vuole appartenere a Dio da
se stesso. D’ora in poi ti chiamerai: Stefano”. Ecco che il giovane
s’inginocchia, non ha mai saputo come si fa, l’impulso viene semplicemente su
di lui. Un ragazzo di dieci anni si strappa da suo padre e grida: “Oh, ti
prego, anch’io voglio essere battezzato, voglio appartenere al Salvatore!”.
Qual immensa gioia attraversa il cuore del veggente e non c’è quasi nessuno che
non ne rimanga scosso.
61.
Tutti pregano, perfino Cornelio: “Battezzami; perché così come lo fai tu,
mi lega al Mio Salvatore, che è l’Iddio e Padre mio!”. Per ultimo si avvicina
il medico. Se perfino un tribuno romano si fa battezzare, perché non anche lui
che è diventato libero sull’isola soltanto a causa sua? Il pastore va via
furtivamente e pensa: ‘Io pascolo i miei agnelli, come il Signore mi ha dato
l’esempio. A me è stato così, come se sentissi l’acqua’. Il vegliardo ha
proprio ragione, poiché non l’esteriore come tale procura il legame con il
Signore, solamente la fede e – il far del bene.
62.
Tre pirati stanno a distanza e sono tristi, perché non hanno accompagnato
gli altri. Chissà se il veggente di Dio per loro… se lui … uno s’infonde
coraggio, va da lui e prega: “Uomo di Dio, due ed io – tu certamente li hai
visti – noi non sospettavamo che cosa sarebbe stato; adesso vorremmo …”. –
“…avere il battesimo? Lo pensate dunque sinceramente, oppure volete soltanto
non essere esclusi?”. Eh sì, vede molto in profondità, il veggente di Dio. Un
battezzato dice: “Ora sono venuti troppo tardi, la porta è chiusa”.
63.
“Non può Dio aprire di nuovo le porte?”, chiede Giovanni. “Voi dovete
imparare molto, e finché s’impara, si percorre una buona via. E si deve
imparare: ‘Ciò che si ottiene dall’Amore stesso di Dio, lo si deve concedere
anche agli altri’. Non vuoi tu augurare la Grazia anche ai compagni che –
certamente su vie sbagliate – con te ne hanno passate di cotte e di crude?”.
64.
“Non la intendevo così”, confessa il battezzato. “Io voglio pregare:
trasmetti loro la Grazia di Dio”. Un buon passo di un’anima che è salita dalle
tenebre e si è lasciata convertire. – “Io penso”, si fa sentire Cornelio, “che
la Bontà di Dio dura in eterno, non esiste solo quest’unico giorno di festa,
come il Signore lo ha creato per noi”.
65.
“Non deve essere oggi”, dice uno dei tre. “Se siamo venuti troppo tardi,
decidi tu un altro giorno in cui possiamo ricevere il battesimo”. Ora non c’è
soltanto il desiderio ‘di essere anche presente’. – “V’insegno ciò che dovete
prima riconoscere. Se accettate anche il carico che Dio può congiungere con la
Sua salvezza, allora il prossimo giorno festivo dovrà essere il giorno del
battesimo. I pescatori della baia di Sidon non erano presenti; li visiterò e ci
sarà certamente qualcuno che vorrà ottenere la salvezza insieme a voi”.
66.
Si presenta Venitrius: “Io ti accompagno, è meglio che tu non sia senza
protezione”. Si ferma. “Oh, la protezione di Dio è sempre con te; ma Simeone mi
ha insegnato di non sperare solo nei miracoli, c’è da impiegare anche del bene
umano. Così come il battesimo è veramente un procedimento del cuore, pura faccenda
di DIO, ed ha comunque benedetto l’esteriore, così la protezione di Grazia del
Signore rimane presso di noi. Per il mondo ci si può proteggere
ragionevolmente”.
67.
“Bravo”, esclama Sejananus. “Questo è come sul mare: non posso lasciare il
remo a se stesso, devo muovere le mani, regolarmi secondo il vento e le onde,
se voglio giungere alla meta prefissata. Certamente il Governo di Dio sta
sempre su di noi, come di notte l’esercito delle stelle illumina il mare e può
indicare la direzione”.
68.
“Diventa sempre più magnifico!”. Cornelio abbraccia per sbaglio il giovane
Stefano, invece del suo capitano, poi ride allegro e dice imbarazzato: “Vengo
anch’io. Dopo domani andiamo a cavallo; domani parte la galea delle provviste,
allora ci sarà molto da fare. Hai già dato le tue lettere a Scubatus?”, si
rivolge a Giovanni. “C’è tempo fino a domattina”, risponde questi.
69.
Nel frattempo nella taverna è stato preparato un grande banchetto, i pesci
sono preparati nel migliore dei modi ed è stato cotto molto pane. Meno male che
c’è ancora abbastanza grano, è tempo che si riempiono di nuovo le cassapanche e
gli otri. Diventa un giorno lieto, i fanciulli giubilano, anche se non hanno
compreso il più profondo, come anche qualche adulto. Ma ognuno pensa con
gratitudine: ‘Sono diventato un cristiano’.
70.
Eccetto i pescatori, che vogliono andare in mare di notte, si fa tardi. Il
mattino seguente Sejananus è partito con un buon vento. Il giorno dopo sono
partiti a cavallo Cornelio, Giovanni e Venitrius. Si trovano cuori pronti. Il
pastore ha riferito che cosa è successo col battesimo. Il giorno di festa
successivo ci sono nuovamente quasi cento persone. Ora, coloro che non hanno
trovato il contatto con la Luce, sono molto pochi sull’isola. Giovanni, tuttavia,
è pieno di consolazione: ‘In loro ci si deve confermare’.
[indice]
۞
Istigazione contro i cristiani –
Giovanni insegna sul perché dei martiri – Gajus è inviato su Patmos
Giovanni predica
oltre che sul martirio, anche sull’essenzialità di Gesù nel sepolcro, sulla
necessità del seme della morte, sulle S. Scritture e su certe espressioni di
Gesù, quali tracce del suo Evangelo quasi alla conclusione, perfino il nome
‘Bibbia’ già rivelato – Chi si ferma alla Bibbia non avanza più spiritualmente
1.
Un paio di settimane sono passate. Il discepolo convoca spesso la comunità
della torre; si presentano anche alcuni membri esterni, i quali rimangono
certamente con il loro cosiddetto paganesimo, ma riconoscono parecchio di bene
proveniente dalla Dottrina di Gesù. Cornelio provvede nel mondano per l’ordine
migliore, per quello spirituale provvede il veggente di Dio. Taluni si fanno
battezzare, anche l’oste della taverna. Tra gli abitanti dell’isola regna la
pace più meravigliosa.
2.
Nel mondo, in questo caso c’è da intendere Roma, terrore e morte sono
scatenati. Ciò nonostante, Scubatus ha provveduto per bene alle tre lettere. Ha
incontrato Maria insieme alla ‘cara donna’, come Giovanni ha iniziato nella sua
seconda lettera; da lei, quando il romano si trattiene a Capernaum, proprio
allora arriva anche Tommaso. Lui può promettere di copiare la lettera per le
comunità, altri esperti in scrittura aiuterebbero volentieri a diffonderla su
vasta scala.
3.
Il decurio è contento, specialmente perché ha trovato Gajus, e questi poi,
è contento di sentire qualcosa di Cornelio. “Sai, a Roma le cose vanno
abbastanza sotto sopra, non darà nell’occhio se sparisco per un po’ di tempo;
inoltre, non sono molto legato al servizio. A Roma ci ‘si’ occupa d’altro, cosa
che Cornelio dovrebbe sapere; lui si può indirizzare conforme a questo”. –
“Pesante vero?”, chiede Scubatus. “Dipende come si prende, bene non è in nessun
caso”.
4.
“Allora niente come su Patmos!”. Alla domanda come sarebbe là, si dice in
breve: “Vieni e vedrai!”. Quando giungono a Tiro nel porto, la ‘Cornelia’ è
pronta. Il capitano Sejananus, che è stato dal capo portuale, li incontra,
quando lui, come questi, vuole andare al porto di scalo. Egli è subito
interrogato.
5.
“Come mai adesso sei a Tiro? Ecco, questi è Gajus. Vi conoscete?”. – “Non
ancora”, dice Sejananus. Quando Gajus sente che Sejananus è il capitano della
nave, lo interroga: “Stai partendo?”. – “Appena voi potete. Mi hanno ripreso
perché da una settimana occupo un attracco. Dopo che arrivai con la galea delle
provviste, Cornelio non dava pace, dovevo subito ripartire. E Giovanni mi
disse: ‘Dirigiti a Tiro, troverai Scubatus e l’ospite’.”.
6.
“Chi è Giovanni? E come poteva, costui, sapere che noi… che io …”. – “Lasciati
di nuovo dire: vieni e vedrai!”. A ciò il capitano fa di sì col capo con
espressione seria. “Vi capisca chi vuole!”. Egli deve prima vedere o sentire
ciò che si fa. “Ci avresti aspettato? Anche più a lungo?”. Sejananus sorride:
7.
“Sarei andato in giro qui e là e dopo alcuni giorni sarei rientrato, il
capo portuale sarebbe stato impotente. Giovanni aveva ragione, come sempre”.
Gajus alza le sopraciglia. Deve essere un tipo strano, pensa. Oppure potrebbe…
– Si ricorda dei discepoli di Gesù. Come sarebbe giunto costui su Patmos?
Intanto però è felice di lasciarsi alle spalle ‘l’impiastro bollente di Roma’.
8.
Sejananus nel porto avvisa della partenza, dopo che gli amici, non visti,
sono saliti a bordo. Non si deve sapere perché è rimasto ancorato così a lungo.
“Finalmente mi libero di te! Be’ – Nettuno sia con te!”. – “Con te l’Iddio
sconosciuto!”, è replicato. “Chi?”. – “Non dovresti tu sapere che è sacrificato
al Dio sconosciuto? Noi soltanto non sapevamo chi Egli fosse”. – “Ed ora lo
sai?”.
9.
Nell’occhio sale fiammante il sospetto. Il capitano sta in guardia. Fa
finta di niente: “Si rimane attaccati al vecchio, il romano è fedele agli dèi”.
Con ciò il portuale è servito; costui ride forte: “Ah, la fedeltà negli dèi non
è troppo grande in me. Ora, stammi bene”. Una stretta di mano. Con l’andar via,
Sejananus dice piano a se stesso: “Io non sono più fedele agli dèi scomparsi,
li ho completamente cancellati”.
10.
A Patmos la guardia del porto ha avvistato la Cornelia. È annunciato
l’arrivo. Il tribuno, Cronias, Giovanni e il centurione che è rimasto
sull’isola, stanno lì e attendono. Ci vogliono tre ore, prima che la galea
possa ancorare. Gli uomini ai remi hanno fatto grandi sforzi, sostenuti dalle
vele. C’è grande gioia. Gajus per primo saluta in modo schiettamente militare,
poi si abbracciano, facendo la qual cosa l’arrivato dimentica di prendere gli
altri ‘di mira’, come lui voleva.
11.
Vanno alla taverna. Sejananus riferisce del viaggio. “Siamo stipati fino
all’orlo di grano e molto altro. Oltre a ciò, quattro cavalli. È costata molta
fatica. Devono scendere subito”. – “Ci penso io”, dice il centurione. “L’ho già
fatto spesso”. Tutti sono d’accordo. “E tu, Scubatus, sei riuscito a far
tutto?”. – “Oh sì, eseguito al meglio!”. Poi segue il rapporto.
12.
“Come ti è andata, Gajus?”. – “Abbastanza bene. Tu, aspetta un po’!”.
Guarda più vicino a Giovanni ed esclama: “Ora so perché Scubatus ha detto due
volte: ‘vieni e vedrai!’. Giovanni, quasi non ti avrei riconosciuto! Sei
diventato così – così maturo, non so, come devo dire. Sono contento di trovarti
qui! Ti ho cercato molto. A chiunque chiedevo di te, tutti ti cercavano e
nessuno sapeva dov’eri. Veramente – in Capernaum non ci sono stato, là avrei
ottenuto tue notizie”.
13.
“Io sapevo che saresti venuto, – e rimani”. Giovanni sorride
silenziosamente dentro di sé. “Rimanere? No! Devo di nuovo presentarmi”. –
“Questo te lo sconsiglio”, s’intromette Cornelio. “Mi sembra che sulla terra
ferma minacci grande miseria e preoccupazione. Allora è facile che un uomo
sparisca, e tutt’al più si penserà: ‘Ancora uno di meno, non fa niente’.
Parlaci di Roma”.
14.
“Aspettiamo fino a sera”. – “Sì, andiamo ad aiutare finché tutto è
scaricato. Anche i rematori devono essere rifocillati”. – ‘Autentico tribuno’,
mormora tra la barba Gajus. Quando arrivano allo scalo, il centurione ha già
portato a terra i cavalli che sbuffano molto impauriti.
15.
Sejananus dice a Giovanni: “Nella prima notte a terra ho fatto un sogno,
un uomo parlò: ‘Compra tutto quello che puoi. Ora Patmos è da proteggere’. Io
non compresi che cosa avrebbe significato, ma mi sentii spinto a comprare e
caricare. La galea delle provviste stava anche profondamente nell’acqua, quando
sono ritornato sull’isola. E adesso la Cornelia”.
16.
“Io potei visitarti in sogno, e vi ho detto ciò che succederà
prossimamente”. – “Questo suona difficile”. Cornelio guarda fuori sul mare.
Qualche volta ha nostalgia, meno per Roma, tutt’al più a causa della sua gente,
come piuttosto per i luoghi che gli sono diventati indimenticabili a causa del
Salvatore. Ciò nonostante non vorrebbe andare via da qui.
17.
Si sta seduti insieme nella torre. Stefano serve gli amici. Sejananus ha
portato con sé un buon vino. Non si beve però. Gajus riferisce in generale che
ovunque fermenta molto, particolarmente nella Giudea. “Le misure diventano
sempre più rigide”, egli accusa, “con ciò cresce veramente l’odio. Non c’è
nessun Cirenio! Questi sapeva come si doveva prendere la gente, se romani,
giudei, siriani o di Sidone e chiunque altro. Roma genera pace insanguinata, e
questa sarà per lei pericolosa”.
18.
“Il Quirino[14]
lo disse in anticipo, veramente solo a me. Egli non poteva parlare apertamente.
Oggi ancora molto di meno”, Gajus si riscalda. “Soltanto uno sguardo, meno di
tutto una parola, e la nostra giustizia porta una veste lacerata!”. –
“Spiegati; da noi non esistono né sguardi ambigui né tradimento. Qui sei al
sicuro”.
19.
“Ho notato come se Patmos – non tutta – fosse un Cielo tra tutti gli
inferni nel mondo. Rimanete saldi, se faccio rapporto su Roma. Nella Giudea la
cattiveria contro Gesù e i fedeli non è dimenticata. Al contrario. Ognuno è
perseguitato. Non ci si osa avvicinare i romani, ma si tradiscono i loro nomi.
20.
Ovunque, soprattutto a Roma, predominano fame, sporcizia e miseria, sotto
di cui la gente soffre. Si cerca una via d’uscita. Non si osa alzare il pugno,
cosa che, veramente, sarebbe giustificato. Ogni tanto si dà in donazione grano
e olio, che prima lo si è ‘rubato’. Viene proprio a proposito che a Roma si
diffonde la fede nel Salvatore. E che cosa si fa là? Si sobilla massa contro
massa.
21.
Per allontanare i sospetti dal supremo, affinché non vacilli il trono,
ultimamente si diffondono frottole orrende contro i nostri cristiani, per
portare gli animi al punto di ebollizione. Così aveva l’apparenza, sono stato
là recentemente, avevo un messaggio da portare. Mi meraviglia che non sia stato
trattenuto. Certo, ora lo so: è stata la conduzione del nostro Signore!
22.
Per l’anfiteatro sono stati messi in serbo dei cristiani e sembra che succeda
qualcosa di raccapricciante. Ho avuto un colloquio con Aurelius, il primo
senatore della nostra città. Egli ritiene l’istigazione pericolosa e ingiusta.
Egli dice: ‘Se continua così, il sangue dei cristiani distruggerà Roma.
L’impero sprofonda in mare come una nave in avaria. Non si ritroverà mai più!’.
Sebbene lui stesso non fosse cristiano, ne ha nascosto e portati via molti.
23.
Quando riferii che io stesso ho conosciuto Gesù, sollevò le sopracciglia,
alzò la sua mano ammonitrice e… presumo che mi abbia aiutato a lasciare Roma”.
Si è scossi e preoccupati. Cornelio può pure di nuovo ‘ribollire’, serra i
pugni, i denti digrignano e un gemito viene dalla sua bocca: “O Signore, dov’è
il Tuo aiuto?”. Un grido di soccorso dalla profondità dell’anima sua. Sì, tutti
la pensano così, soltanto Giovanni siede assorto, sul suo volto sta un’amara
serietà. Cornelio lo guarda, non comprende, e chiede precipitoso:
24.
“Tu taci? Che cosa può fare il tuo amore?”. – “Il mio, niente!”. Non c’è
qui un profeta proveniente dai tempi antichi, risuscitato per il nuovo?, – da
DIO? Ahimè, non per il tempo, per gli uomini, i quali negano lo scopo della
vita. Essi, dotati di discernimento e intelletto, potrebbero sapere ciò che
fanno. Essi però non vogliono! Questa è la loro rovina, prima, adesso e
fino alla fine di questo mondo.
25.
“Quanto poco il mattino sappiamo ciò che porta la sera, e la sera non sa
ciò che risulta il giorno successivo, tanto meno sappiamo noi che cosa ‘fa DIO
nel Suo Amore!’. Oh, smettetela con le vostre parole, nel sostenere che
non sarebbe amore se i credenti devono soffrire così amaramente! Ascoltate che
cosa ha detto il Signore com’esempio:
‘Or dunque, poiché il chicco di grano nel terreno
cade e muore, allora rimane solo; dove però esso muore,
lì porta molti frutti!’. [Giov. 12, 24]
26.
Non è presunzione indicare come grano i credenti e quelli che sono giusti
e buoni. Gli altri invece, i quali vivono solo in modo mondano, sono ingiusti e
cattivi, costoro sono le granaglie per il bestiame, del valore di un terzo del
grano, come un terzo cadde dal Cielo [Ap. 6, 6; 8, 7-12].
27.
Voi pensate: se il granello muore e germoglia, questo non fa male. Non vi
sbagliate! Dove c’è vita, c’è dolore; ciò che è morto, non ha nessuna vita! Ciò
che rimane soffocato nel sangue e si pigia nella terra, questo germoglia per la
benedizione e per la rovina! Chi uccide, morirà di morte; l’aldilà, infatti,
sarà il giudice! Là si dirà poi: ‘Paga il doppio di ciò che hai fatto’ [Ap.
18,6]. Perché il doppio!?
28.
La prima cifra è per coloro che si è rovinato, la seconda cifra è per loro
stessi. Purificarsi dall’infamia è peggio che la morte fisica più pesante
(martirio). Chi però sacrifica volentieri la sua vita per amore di Gesù, ha
certamente dei dolori, se viene ucciso senza senso, ma nell’istante della morte
l’anima s’innalzerà, portata dallo spirito che DIO gli ha dato!
29.
Chi ha gettato anche soltanto uno nella rovina, non può morire
pacificamente sul più morbido piumino. La coscienza è il luogo di supplizio
della loro anima e i tormenti sono la loro morte che porta l’anima nell’abisso
dell’aldilà. Ciò che muore nell’anima, è l’incapacità di liberare se stessa. Se
la cattiveria è pagata il doppio, allora la bontà di Dio è il loro aiuto; e
lei, uguale ad un granello morto, cresce poi ancora nel campo del Cielo.
30.
Certamente il Creatore ha solo un campo, come Lui, quale l’UNO, ha un
solo Cielo. Ma com’è da spartire un grande campo, affinché su di esso si semini
molto e possa crescere e prosperare molto, così di gran lunga magnificamente ha
spartito il Creatore sapientemente il Suo unico campo del Cielo – per il
Giorno dell’Amore, che Egli ha chiamato per noi il sesto dalla
Sua prima Settimana-Anno-Atto.
31.
Quello che succede nel Suo sublime Giorno di Festa che seguirà, non lo
possiamo sapere. Ogni giorno ha la sua benedizione, la sua beatitudine! Un uomo
giusto ha cura del più piccolo come del buono, perché servono entrambi. Così il
Signore! I fedeli stanno alla Sua destra, gli altri alla sinistra; ma senza la
parte sinistra non esisterebbe una parte destra.
32.
Con ciò voglio dire e vi consolo: lasciate andare per la loro strada i
tenebrosi; non chiedete: Signore, perché? I fratelli soffrono, le sorelle
muoiono, io – apparentemente salvato – soffro attraverso la Rivelazione che mi
spetta di scrivere”. Gli occhi sono pieni di tristezza che soffrono con il
Cielo, una tristezza che sa consolare. I pochi uomini che sono radunati intorno
a lui la sentono. Ciò non di meno Giovanni continua a parlare:
33.
“Si cacceranno i cristiani come animali selvaggi per un lungo tempo; più
tardi il cristiano, che è nessuno, consegnerà i poveri ad una morte da
martire. Lo spirito però innalzerà le loro anime sul campo di frumento del
Cielo. I persecutori e gli assassini cadranno nella tomba dell’aldilà del
‘doppio pagamento’. Un giusto pareggio pieno di sapiente bontà e onnipotenza!
34.
Anche in noi la sofferenza non passa completamente. Se noi non ci
provassimo, come potremmo mai giungere alla Luce? Quest’isola della pace però
non sarà travolta! Ascoltate: da quest’isola la Luce della Dottrina del nostro
Signore sarà portata per la seconda volta nel mondo, quando la Verità di Dio
sembrerà quasi scomparsa. Dapprima eravamo soltanto in dodici, uniti intorno al
Signore, e già adesso i fedeli non si possono quasi più contare.
35.
Quanti moriranno nella follia della persecuzione, allora per ogni morente
ne sorgeranno altri sette! La Dottrina di Dio mai tramonterà, come mai
tramonterà il Suo Amore e la Sua Misericordia! Quanto si rattopperà e strapperà
nella Verità, tanti rattoppi oscuri di smarrimento e confusione umana si
metterà sulla veste di Luce di Dio. – Il mantello del Signore rimane ciò che è,
perché gli uomini mai possono cambiare qualcosa nel Creatore!
36.
Osservate l’esempio colmo di dolore: Gesù sulla croce! Gli si presero le Sue
vesti. Si tolse qualcosa al Salvatore? Si poteva renderLo più piccolo di come
Egli era? Si è cancellata la Sua Dottrina? No! Non si è ottenuto nulla, si è
solo aggiunto all’amarezza della caduta della figlia, un’ultima amarezza – per
il mondo, gli uomini, la materia.
37.
Difendete la vostra pace contro ogni attacco da parte delle tenebre
portate qui dagli uomini. I vecchi si girano appena, ma la gioventù
cresce, forte e lieta nella fede”. Ma ecco, un’immagine: Giovanni lotta con se
stesso per fermare il torrente di lacrime! C’è ancora tempo, prima che accada.
Allora però…
38.
“Lasciateci fare la nostra parte, Dio fa la Sua per i grandi e i piccoli,
per i lontani e per i vicini. – Ora andiamo a dormire”. – “Io ho una domanda”,
dice implorando Gajus. “Giovanni, nella lettera che tu hai indirizzato a me,
per la quale ti rimango sempre grato, hai annotato: ‘quando io vengo’, quindi
ho supposto che tu saresti venuto da me. Nella lettera non c’era scritto che ti
trovavi su Patmos. Ebbene, non tu sei venuto da me, bensì io sono venuto da te.
Come devo intendere questo?”.
39.
“Non lo hai capito subito”, osserva amichevolmente Giovanni. “Hai avuto un
sogno, nel quale hai visto il Signore e me”. – “Sì, ho pensato fosse stata una
reminiscenza”. – Ebbene, esistono sogni che riflettono il passato, oppure tali
che chiariscono qua e là il futuro, altri dove s’incontrano due anime umane.
Questo è successo con Gajus. Che in quest’occasione l’elevato lo poteva cercare
e anche trovare, il veggente se lo tiene del tutto per sé. Egli però commenta
il sogno e dice:
40.
“Era facile incontrarti in sogno, caro Gajus, perché sei saldo
nell’Insegnamento di Gesù, come voi tutti”, indica intorno. “Anche se non si
sa, l’anima, guidata dallo spirito, può avere un’immagine di Luce. Se non
penetra nella consapevolezza del giorno, in modo che l’uomo non sa nulla di
questo, oh, creda volentieri: non riceverà di meno dalla Luce; e il Signore è
vicino, se come Salvatore oppure come Padre, oppure altro. Rimane solo
l’incontro con Dio!
41.
Dio è sempre onnipresente, anche se non si può comprendere come sia
possibile che Egli sia qui con noi, presso molti uomini e nei Suoi Cieli, –
nello stesso tempo. Come uomini, mai potremo afferrare l’essenzialità
dell’Altissimo e, – tuttavia sentirLo nella profondità del nostro spirito; qui,
infatti, si riflette il Suo Volto, e le Sue Parole sono la Sorgente della
nostra Vita!
42.
Il rimanente vi toccherà domani mattina dopo la prima colazione. Dio vuole
donarci molto, e noi siamo pronti ad accogliere i Suoi doni”. Con buoni auguri
per la notte ci si separa. Giovanni vede dalla piccola finestra come si muovono
le stelle, e la sua anima si muove con loro, lassù, nella volta celeste di Dio.
–
* *
*
43.
Ora gli amici sono di nuovo uno accanto all’altro, e Giovanni insegna:
“Abbiamo parlato della vera Vita. Se la rispettiamo, quella del prossimo e
della creatura, allora siamo portatori di vita davanti al Signore. Quando Egli
risvegliò Lazzaro, disse a Martha quella meravigliosa Parola, perché lei
credeva nella Resurrezione che seguiva all’ultimo Giorno. Questo derivava dal
fatto che non si rivedeva nessun uomo che era deceduto; quelli che erano in
lutto si consolavano ad un tempo lontano. Egli però, il SIGNORE della Vita,
aveva subito pronta una consolazione:
‘Io sono la Resurrezione e la Vita, chi crede in ME,
vivrà, anche se morisse;
e chi vive e crede in Me, giammai morrà!’. [Giov. 11, 25-26]
44.
Può valere per un futuro lontano questa certezza di salvezza? DIO ci ha
dato la Vita ed Egli è la Vita stessa; come può allora esistere una morte che ci
toglie la consapevolezza? Non è questo un miracolo, chiamar fuori un
uomo che giaceva da quattro giorni nella tomba e poi è vissuto ancora a lungo?
Il miracolo era: insufflare di nuovo lo spirito e l’anima nel caduco
corpo, i quali sono i portatori della Vita, se sulla Terra oppure nel Cielo,
oppure in qualsiasi luogo!
45.
Esso per noi discepoli fu un atto anticipato, per dire che anche il
Signore sarebbe risorto da una tomba del corpo, con quella sublime differenza:
LUI non aveva bisogno di nessuno che rotolasse via la pietra dalla tomba,
nessuna chiamata: ‘Vieni fuori!’; Egli procedeva dall’Onnipotenza della Sua
Essenza di Dio. Se Lui stesso si chiamò la Resurrezione e la Vita, era da
comprendere soltanto dopo che si portò nella tomba, per vero, il Suo corpo, ma
poi, appena per noi uomini, la Sua tomba fu chiusa, non giacque più nulla nella
camera vuota della roccia.
46.
Questo fu il mistero di Dio! Le grandi cose per noi, Dio le ha già fatte
nel tempo antico. Egli ordinò ad Abramo di sacrificare suo figlio; ma poiché
nessun PADRE esiste che lo potesse, per raggiungere qualcosa, così meno di
tutti il Signore, che è L’Eterno-Padre [Isaia 9, 5]! Egli disse ad Isa-i [Isaia
43, 11]:
‘Io, Io sono il Signore e fuori di Me non c’è nessun Salvatore!’.
47.
A Filippo Egli aveva confermato la Parola, quando questi domandò:
‘Signore, mostraci il Padre’. A ciò seguì la risposta che il nostro molto Amato
è proprio Lui stesso il Padre:
‘Da tanto tempo sono con voi, e Tu non Mi conosci?
Chi vede Me, vede il Padre!’.
48.
Con ciò Egli ha di nuovo annunciato quello che fu rivelato in tempi
antichi; il Padre è il Salvatore da sempre [Isaia 63,16]. Questa salvezza non
toccava soltanto al popolo d’Israele. Quando Egli usava la Parola ‘tu’,
intendeva dire tutto il Suo popolo di figli.
49.
Certamente intendeva questo: se si rivelava come l’unico-vero Dio, allora
siamo consolati; a noi è stata data anche la salvezza di Grazia. Egli, infatti,
in quel tempo antico, su fino a noi – e rimarrà fino alla fine della materia –
ha emesso il grande richiamo:
‘IO sono il Signore, tuo Iddio, dal paese d’Egitto;
tu non devi conoscere altro Dio al di fuori di Me
e nessun SALVATORE che unicamente ME!’. [Osea 13,4]
50.
Se si riferisce ‘dal paese d’Egitto’ unicamente ad Israele, allora è sbagliato.
Egitto significa semplicemente oscurità, materia o mondo. Chi si attacca al
perituro del mondo e l’ama, costui vive nell’oscurità della prigionia. Quindi
la Parola, come tutte le Parole di Dio espresse nel mondo, vale per
tutti gli uomini. Chi le osserva e le segue, questi ha la benedizione della
Luce per l’Eternità!
51.
Caifa, il quale sacrificò l’UNO per tutto il popolo, deve aver sussurrato:
‘non soltanto per il popolo …’ [Giov. 11, 50-52]. Mi fu riferito da un
sacerdote che stava all’ingresso, là, dove non c’era più la cortina. Oh, sì, se
egli lo abbia detto oppure no, è tuttavia precisamente così.
52.
Dio è la Luce veritiera che è venuta come Salvatore e Redentore nel mondo
per tutti noi. E guardate: dalla Sua pienezza tutti noi abbiamo preso
Grazia su Grazia [Giov. 1, 9-16]. Se ognuno lo riconosce, se lo tiene alto e
caro oppure no, è cosa di ogni singolo. DIO non fa differenze, se le fanno gli
uomini stessi. Il Signore ha inarcato in alto l’arco del Suo Patto e della
Grazia; chi vuole, può vederlo [Gen. 9, 13]. Se ci stiamo sotto noi – ditemi:
perché non anche gli altri? Io so bene come pensate voi amici, e la mia anima
giubila forte a Dio, perché possiamo stare insieme dinanzi a Lui. E non
soltanto noi, ma l’intera schiera dei figli di Dio!
53.
Non esiste nessun popolo che avesse una preferenza davanti ad altri,
nessun uomo sta più in alto del suo prossimo. Chi mondanamente sta più in alto,
dinanzi a Dio ha valore se agisce secondo il Suo Amore. Quindi egli è eletto,
come un poverissimo sotto di lui, a portar la Luce nelle tenebre. Mai
eletto per se stesso, mai stando in precedenza davanti all’intero popolo dei
figli di Dio! Con riferimento all’acqua di Noé venne giù la Parola di Dio:
‘Con eterna Grazia Mi voglio impietosire di te,
dice il Signore, tuo Redentore’. [Isaia 54, 8]
54.
Se valesse soltanto per un uomo, per un popolo, come sarebbe
allora da intendere questo ‘eterna’? Egli non tiene ben custodito
eternamente tutte le Opere? Dov’è una cosa che fosse sorta al di fuori
di Dio? I caduti nello smarrimento dicono: l’erba cresce dalla terra, il grano
sul campo, il frutto sull’albero, l’uomo e l’animale si moltiplicano da se
stessi.
55.
Che cosa può valere tale discorso? Quello che sorge, proviene soltanto
dalla VITA, il vivente Iddio si genera da Se stesso! Quell’eternità che colma
la Sorgente primordiale del Creatore è la quintessenza della Vita di Dio,
l’uscita come l’entrata della Vita degli esseri e delle creature, come anche di
tutte le altre cose.
56.
Noi rimaniamo a giacere nella Grazia di Dio perdurante in eterno, cosa che
per noi è la Vita. Non ciò che gli uomini chiamano grazia è identico alla
Grazia di Dio. Essa può, provenendo da un cuore buono, essere un lontano
riflesso; e se lo è, allora la si può chiamare una particella dell’alta Grazia.
Diversamente l’umano è molto più lontano di quanto lo è il mattino dalla sera.
Entrambi non si raggiungono!
57.
Tuttavia come il mattino principia un giorno e la sera lo conclude, così
l’Eterno prende il bene che serve dentro al Suo Giorno, nella Sua
attività, come Egli disse:
‘Operate finché è giorno; viene la notte,
allora nessuno potrà operare!’. [Giov. 9, 4]
58.
Dio è Spirito, il Suo operato trascendente, eterno e per ogni dove! Egli
si riferiva a Se stesso; valeva come stimolo per tutti quelli che ascoltavano
la Sua esortazione. Noi vogliamo agire di conseguenza. Voi pensate: noi pochi
non possiamo far niente nel mondo. Riflettete! Dio aiuta! Perciò i nostri
pensieri, le nostre preghiere per i figli di questo mondo, e sono da includere
i nostri fratelli e le nostre sorelle, i poveri e gli ammalati, gli abbandonati
e i bisognosi, passano attraverso la Grazia di Dio e diventa visibile nello
spazio e nel tempo”.
59.
Stanno seduti assorti in sé silenziosamente. Hanno sentito molto, nessuna
piccola parola è andata perduta, lo spirito ha colto tutto, l’anima si sente
libera. Essi guardano il discepolo, come se avesse parlato Lui. Egli già
scuote il capo, nota ciò che gli amici pensano e, come sempre, dice
affabilmente:
60.
“Ciò che noi portiamo dallo spirito, è detto unicamente da DIO. EGLI dà la
conoscenza, EGLI ci fa conoscere le Sue vie, EGLI colma il cuore dalla Sua
sorgente, finché trabocca per la benedizione, anche per quello – ben inteso –
che può parlare. Perché dinanzi al Signore non vale chi può parlare, ma che
cosa è dato! Anche parole del tutto piccole, azioni piccole, provenienti da
un cuore colmo, sono grandi e meravigliose. Nel più piccolo il Signore
testimonia del più grande, in questo si rivela tutto il piccolo – anche noi;
poiché noi siamo piccoli dinanzi a Dio!”.
61.
Ora ognuno attende alla sua opera giornaliera; ma ciò che è stato detto è
come un incendio che illumina e rende beati. Solo a tarda sera si ritorna alla
torre. Nel frattempo, Giovanni ha scritto molto. Gli preme molto, il suo
Vangelo deve essere terminato; qualche cosa di terreno succederà, finché per
lui verrà l’ultima Rivelazione.
62.
L’ultima? Medita Giovanni. Sì, l’ultima per il mondo, non l’ultima
proveniente dalla Luce. La Rivelazione di Dio non ha fine, come LUI,
l’Eterno-Santo, l’Onnipotente, è senza fine. Allora, nonostante le immagini che
l’opprimono, e non le vede con precisione, non ancora, diventa lieto e colmo di
gratitudine, può solo balbettare ciò che ha da dire al suo Signore. –
63.
L’oste stesso ha portato la cena. Alla domanda di Cornelio se gli schiavi
hanno avuto il loro pasto, s’inchina: “Come sempre, tribuno; io non dimentico
il tuo ordine”. – “Non dimenticate di far del bene e di confidare” [Ebr. 13,
16], dice Giovanni. “L’una cosa e l’altra è giusta e buona, di Cornelio e
dell’oste. Due paia di mani per un’opera”.
64.
“O Giovanni”, esclama Gajus, “devo riflettere ancora molto. Ho
riconosciuto il Signore quasi troppo tardi, e solo attraverso di te L’ho
trovato del tutto. Ah, ‘del tutto’ è sbagliato. Difficilmente esisterà qualcuno
che riconosce Dio del tutto, che si dona completamente a Lui. Ci saranno delle
differenze, perché uno giunge di più, l’altro di meno, alla chiarezza. In ciò
non sono pratico”. – “Non tutti”, consola Cronias, il quale si considera
piccolo perché lui ha trovato Dio solo attraverso il sentito dire. Il tribuno
lo tranquillizza:
65.
“Noi siamo tutti piccoli, ma possiamo amare Dio con tutto il cuore, con
tutta l’anima, con tutto il sentimento, con tutte le forze [Marco 12, 30]. Me
lo confidò Pietro che io incontrai una volta al mare. Egli rattoppava le sue
reti. Io venivo da Gerusalemme e lì avevo sentito che il Signore sarebbe andato
verso nord. Il mio amore Lo cercava. Naturalmente per noi il ‘tutto’ non è
veramente tutto, ed io penso che il Signore non lo pretenda dagli uomini.
Pietro mi spiegò che di quel ‘tutte le forze’, il Signore sapeva bene quel che
intendeva, per quanto bene ci possa riuscire”.
66.
Giovanni dice lieto: “Dove il profondo rispetto prospera incontro a
Lui nell’amore, Egli pianta i cuori nel Suo Paradiso. Non l’Eden, che venne
chiuso, – esso è il luogo della gioia nella Luce santa, la Gerusalemme superiore.
La Città, qui chiamata del patriarca, e non più quella che il Signore scacciò
dalle sue mura. Di lei rimane soltanto il nome, e mai più diventerà ciò che Abramo
fece di Je-Ru, quel piccolo luogo, al quale diede poi il ‘Salem’, come gli
disse Melchisedec: ‘Io’ il sommo Sacerdote di Salem!”.
67.
“Tu sai tanto!”, Sejananus elogia il discepolo, “tu sei come un libro che
si può leggere sempre e non si finisce mai”. – “Quello che il Signore ha fatto
e ha detto, è il SUO LIBRO, e questo, nessuno finisce di leggere. Se si pensa
di essere già giunti alla fine, allora è per noi la prima nuova pagina che è
stata scritta dalla mano santissima di DIO!
68.
Più tardi, quando il Vangelo sarà portato agli uomini, si dirà: ‘tutto è
rivelato!’. Si chiuderà il Libro che poi si chiamerà la ‘Bibbia’ e non si
vorrà ricevere più nulla di nuovo. Chi parla pensando così, per costui Dio
chiude davvero il Suo Libro. Chi chiude occhio e orecchio, chiude con ciò anche
l’anima. Egli non trae profitto con quella libbra che ognuno ha ricevuto. Quale
meraviglia quindi se rimangono fermi e non procedono? Chi rimane indietro così,
retrocede!
69.
Chi è ostacolato dall’altro nel procedere, a costui rimane rivelata la
bontà di Dio. Ci sono spesso delle anime, simile ad un bimbo, dal quale non si
pretende nulla di difficile. Chi si ferma anche per pigrizia, precisamente
così: ‘A me basta ben il vecchio; quello che sapevo finora, mi è del tutto
sufficiente’, costui va all’indietro come un animale che cerca quiete. Per
l’uomo questa è una quiete morta, come un albero che a poco a poco si sradica e
poi cade.
70.
Dove cade? Io ho parlato del grano e dell’altro granello, appunto di
quell’uomo che fa del male deliberatamente e nell’aldilà deve pagare amaramente
il debito, ma ho reso evidente che poi anche ogni povero granellino è da
piantare dal sublime Agricoltore sul Campo del Cielo. Per similitudine li ho
chiamati alberi morti. Anche loro sono figli di Dio. In loro rimane vivente lo
spirito, anche se agisce solo di nascosto fino al tempo del miglioramento.
Dallo spirito della Vita, l’albero caduto può ancora emettere germogli.
71.
Soltanto che non si può recuperare il tempo che tale figlio ha perduto. Se
Dio copre misericordioso l’ammanco, allora noi ringraziamo al posto loro ed
Egli lo accetta amorevolmente; la Sua bontà, infatti, non finisce mai. Oh, se
per GRAZIA si diventa beati, soltanto per la forza di Dio si diventa capaci di
amarLo, di servirLo mediante il servizio al prossimo, e di credere in Lui. Chi
fa questo, mai diventerà arrogante.
72.
Se la differenza tra Dio e noi è preservata, allora un giorno ritorneremo
a Casa, nella Casa del Padre che il Salvatore ci ha promesso. – Di nuovo adesso
è tardi, come ieri sera; domani è un altro giorno, allora possono giungere
nuove preoccupazioni o nuove gioie”. Ognuno stringe la mano di Giovanni.
Stefano ha preparato il giaciglio e per ultimo se ne va Cornelio, con un “ti
ringrazio” pronunciato a bassa voce.
[indice]
۞
Tommaso presso Giovanni – Ritorno a Casa della Madre Maria Molti insegnamenti sulla Parola del Signore
Dopo anni su Patmos arriva Tommaso, il quale racconta
la morte di Maria, le persecuzioni dei cristiani e diversi insegnamenti agli
isolani e, insieme a Giovanni, organizza un giorno di festa con giochi per i
giovani dell’isola
1.
Le lune s’incalzano in anni. Su Patmos non esiste guerra, invidia,
assassinio, esiste solo il profondo lato umano che si trova ovunque in prima
fila. Molto raramente arriva anche una nave forestiera, per lo più soltanto se
ha bisogno di un aiuto. E questo è sempre concesso volentieri.
2.
Cornelio è invecchiato, ma in lui si vede ancora il ‘romano’. Per il resto
sono tutti a posto. Sejananus parte regolarmente per andare a prendere le
provviste, sull’isola sono stati fatti pure molti miglioramenti. Si cerca di
essere sempre più indipendenti.
3.
All’improvviso giunge Tommaso e riferisce di Maria. “Era una giornata
meravigliosa”, racconta già il primo giorno, “quando con Pietro, Giacomo (che
Erode fece assassinare poco dopo) e Taddeo, visitammo Capernaum. Come se ci
avesse guidato là una ‘chiamata’. Tutti gli altri erano sparpagliati e, da come
ho sentito, Paolo sarebbe in viaggio verso Roma (1° viaggio).
4.
Quando giungemmo da Maria, lei giaceva tranquilla nel suo letto, alle cure
di care donne. Il suo sguardo era chiaro, il volto puro come quello di un
fanciullo, e lei ci riconobbe. Ci affidò molti saluti, non aveva dimenticato
nessuno. Per primo nominò Giovanni e ognuno degli apostoli, non per ultimi i
‘suoi cari romani’, come bisbigliava, e per primo chiamò Cornelio.
5.
Prendemmo la nostra cena come il Signore aveva raccomandato come Suo
lascito. Il Sole scendeva all’orizzonte e mi sembrò come se non fosse mai stato
così rosso oro. L’intero firmamento, fino in oriente, rifletteva del chiarore.
Là guardava Maria. Una donna la sosteneva e, nell’ultimo raggio del Sole,
chiuse i suoi occhi come un fanciullo che si è addormentato.
6.
Vi potete immaginare come abbiamo pianto, ma – spiritualmente eravamo
lieti. Lei, la pura, l’amabile, era tornata a Casa, liberata da ogni sofferenza
del mondo. Le abbiamo dato un nuovo sepolcro, come un giorno al molto amato
Signore; e – non posso sapere se anche lei, la nostra Maria, sia presto
scomparsa dalla tomba. Oh, non così come il Signore, che è il nostro Dio e
Creatore. Anche Maria, infatti, per quanto noi l’adoravamo, è stato un essere
umano, certamente uno dei più puri che mai siano passati su questa Terra e ancora
passeranno, fino alla fine di questo mondo.
7.
Pietro parlò nel suo sepolcro e Giacomo pianse in silenzio. Anche a me
vennero le lacrime. Taddeo si girò un paio di volte per nascondere la sua
tristezza, mentre quelli di Capernaum piangevano ad alta voce, e non soltanto
le donne e i bambini.
8.
Ebbene”, conclude Tommaso il rapporto, “lei ci ha lasciato e noi la
seguiamo. Come –? In Giudea le cose sono sempre più terribili. Non è raro che
un romano, che non sa nulla del Salvatore, protegga l’uno o l’altro. Da come ho
sentito ultimamente, Roma ha deliberato la legge dell’istigazione: ‘I cristiani
sono da scovare e da uccidere!’. Oh, quest’ingiustizia! Siate contenti che
dimorate su Patmos. Credo che qui non potrà accadervi nulla”.
9.
Tutti hanno ascoltato in silenzio. “Ringraziamo il nostro Signore” dice
Giovanni, “che ha preso a Sé Maria. Non era il Sole naturale che l’aveva
accompagnata per condurla oltre quel confine, come il Sole oltrepassa ogni
giorno i confini, nel venire e nell’andare. Era luce dalla Luce proceduta da
DIO che la prese dalla Terra. Noi, amici, vogliamo sperare e pregare che il
nostro ritorno a Casa sia altrettanto benedetto dalla Luce”.
10.
“Se …”. Cornelio si blocca. Perché non può esistere la pace? Perché gli uomini
devono rovinarsi, perseguitarsi, commettere del male e fare ciò che è contrario
alla Dottrina del loro Signore? Perché? Non soltanto Giovanni, anche Tommaso
vede la collera che si agita nel romano. Si riflette su quanto sangue è stato
versato, le grida di tormento della gente straziata, e questo, per amore di
GESU’, il Quale era la Bontà stessa!
11.
“Rimani con noi”, dice Cornelio a Tommaso. “Qui non può accaderti nulla.
Vorrei che tutti i cristiani venissero qua”. – “Un buon desiderio, amico mio”.
Tommaso fa cenno col capo. “Dimmi, però, chi dovrà poi portare oltre il
messaggio? Il Signore ha ordinato: ‘Andate in tutto il mondo’. Egli non lo
avrebbe certamente detto se il Vangelo fosse potuto essere diffuso dalla
piccola isola. Ma a prescindere da questo. –
12.
Se i cristiani venissero a salvarsi qui – i vostri legionari inonderebbero
quest’isola. Nessuno di noi sarebbe risparmiato! Il Signore lo ha saggiamente
organizzato, cosa che noi non comprendiamo mai del tutto, e invochiamo invano i
‘perché’.
13.
Sembra che debba essere estirpato tutto ciò che fu dato da Dio
meravigliosamente: la Sua Luce, il Suo Amore, Bontà, Verità e la Sua Parola.
Noi però sappiamo:
Nulla – nulla è vano presso Dio!
14.
Tu sai, Cornelio, come mi hai trovato. Credimi, pensavo così come te: ‘Perché,
o Signore? Dove sei Tu, dunque, dove la Tua Onnipotenza e ciò che ci hai
detto?’. Ero disperato, tanto che non potevo più pensare. Nessun Signore,
nessun Salvatore? Quando poi venne Filippo, ero ancor sempre pieno di dubbi.
15.
Di niente mi ha rimproverato il Signore, quando io stavo dinanzi a Lui.
Soltanto la Sua buona Parola: ‘…e credi!’. Così succede ad ognuno che soffre a
causa della persecuzione. Non pensate”, Tommaso si rivolge a tutti quelli che
sono radunati nella torre, “che io faccia adesso dei paragoni. È bene che siate
liberi dalla follia della persecuzione. Possa mai estendersi fin qui il braccio
del carnefice! L’esortazione però vale anche per voi: ‘…e credete!’.
16.
Dove mai possiamo seguirla noi? Là, dove siamo in pericolo. Isole della
pace devono esistere, altrimenti l’Opera di Dio sarebbe perduta – per noi, mai
per Lui! Voi avete portato la vostra parte, Giovanni due volte in prigione; e
quanto spesso Cornelio è stato ‘la mano del Signore’! Che cosa sarebbe stato di
noi? Così Dio provvede, così Egli appiana, così c’è qui il
Suo aiuto, perfino quando non lo notiamo.
17.
Noi non vogliamo chiedere più nessun ‘perché’.”. Ora Tommaso può vedere:
“Finché esiste il mondo, ci saranno lotte tra Luce e tenebre. Seguiamo la Luce,
allora l’esteriore della vita potrà scomparire, – il nostro spirito, anima,
cuore e sentimento sono proprietà del Signore. Ed EGLI è LUCE!”.
18.
Giovanni ringrazia. “Fratello, ci hai portato un grande conforto, vogliamo
mettere nelle mani di Dio la preghiera: possa Egli proteggere le nostre anime
e, dopo la morte, innalzarle nella Sua magnificenza di Luce. Perseverare nella
preghiera [Romani 12, 12], questo pretende il Signore da noi. Anche Paolo lo ha
scritto, così mi è stato riferito, la lettera era indirizzata alla comunità
romana. Egli è molto cambiato; è uno zelante e intrepido”.
19.
Giovanni fa ombra al suo volto, gli viene un’immagine e la espone anche.
“Paolo può ancora operare come un romano, egli ha il privilegio romano.
Purtroppo lo soffoca anche la mano dell’oscurità, come tutti i nostri poveri
fratelli e sorelle. Soltanto”, come talvolta si alza e opera come veggente di
Dio, “lo ripeto: nulla è vano presso Dio! E il molto sangue che scorre per amor
di Dio, prima, adesso e fino all’ultimo tempo – è il bagno della purificazione per
quell’oscurità che dimora nel cuore degli uomini e che è il prodotto
dell’inferno.
20.
Allora nessuno può addossare la sua colpa su altri, presentarsi davanti
all’Altissimo per citare il prossimo. Oh, guardate: il querelante è rigettato
[Ap. 12, 10], non il querelato! La santità di Dio pesa entrambi, poi il
querelante cadrà con la querela ai piedi di Colui che è il Giudice di tutti!
21.
Alcuni che credevano così gioiosi si smarriscono. Questo però solo per il
loro povero tempo peregrino, non in eterno. Dove, infatti, il male ruba una
fede, lì lo spirito preserverà l’anima dalla Potenza del Signore, anche nella
caduta. Dio è giusto! Egli non carica su di noi nessuna colpa se viene dalla
corruzione umana. Soltanto dove si lascia cadere se stessi, non si ama Dio, non
si presta nessun servizio al prossimo, il proprio peso del peccato grava su di
noi; e questo – questo è calcolato in piena misura.
22.
Chi è sacrificato nella morte, nella morte sarà innalzato. Non pensate
però, voi cari, noi che adesso ancora viviamo pacificamente sull’isola, un
giorno non saremo innalzati. Tu, Cornelio, hai domandato interiormente, dove
sarebbero i vostri sacrifici a Dio? Tu andresti subito a Roma, e diresti al tuo
imperatore: ‘Io sono un cristiano, ora uccidimi!’. Che cosa si guadagnerebbe con
questo per la causa del nostro Signore?
23.
Qui, amico mio, mediante il diritto della Luce e mediante il magro diritto
del mondo, hai fondato il luogo della pace, dal quale fluisce più di una
benedizione, non vista, ma tanto magnifica e potente nei suoi raggi per i
credenti del Signore. Proprio tali raggi operano smisuratamente molto, sebbene
noi non li vediamo. DIO però li vede certamente: da Lui procede la benedizione,
perché senza di Lui non ne esiste nessuna.
24.
Noi siamo un ‘punto interiore’ per il nostro tempo su questo mondo, gli
altri sono il ‘punto esteriore’. Entrambi operano, affinché il Vangelo non
perisca mai! Quanto poco DIO svanisce, tanto poco svanisce la Sua Rivelazione e
la Sua Parola. Tale e quale non svanisce ciò che noi, figli Suoi, possiamo
operare – interiormente, esteriormente, riconosciuto e non riconosciuto.
25.
Tu, caro Tommaso, torna indietro con la prossima nave. Consola ognuno che
incontri; ognuno sta nella mano di Dio. Tu non hai paura. Io mi ricordo ancora,
hai esortato noi altri ‘a morire col Signore’ [Giov. 11, 16]. Era prima del Suo
ultimo tempo, quando Egli ci rivelò che cosa sarebbe accaduto sulla via che ci
portava da Lazzaro, e noi Lo pregammo ‘di non andare là’ (a Gerusalemme). Tu
hai indicato la via di non abbandonare il nostro Signore.
26.
Saresti andato insieme al Golgota, tu non fosti allontanato. Io, Maria e
tre donne potevamo solo seguire da lontano, gli altri divennero vacillanti a
causa del pericolo e si dispersero. Ce lo ha messo in conto il Salvatore? No!
Egli ci ha consolato! Altrettanto vogliamo fare noi, ognuno là, dove il Signore
lo mette.
27.
Se tutti gli uomini sapessero perché vivono per un po’ di tempo al di
fuori della Luce – ma non lo si può pretendere dagli smarriti, là Dio ha
coperto tanto, cosa che i caduti non sanno, per la loro salvezza, – il mondo
non avrebbe quest’aspetto così desolato. Amici, vedo le immagini, anche se non
ancora chiaramente del tutto, immagini che ho ancora da scrivere; mi trema il
cuore, se deve adempiersi ciò, che cosa – quando …”.
28.
Il veggente tace, nessuno interrompe il silenzio. Ognuno è preso da un
brivido. “Non si deve ancora parlarne”, continua Giovanni, “ogni tempo ha il
suo fardello, nessuno impedisce il male scelto liberamente. Lo fa il Signore!
Quando poi la miseria è troppo grande, quando l’abisso del male diventa sempre
più profondo, il caro Signore con la Sua santa Misericordia e con mani soavi
passa su tutto il male; e un giorno, quando la materia avrà compiuto il suo
servizio, la pienezza della Sua Luce verrà sull’intero popolo dei figli.
29.
Questa è la nostra massima consolazione, sebbene la sperimentiamo solo
nella Luce. Nelle supreme stazioni stellari di Dio pare altrimenti. Là ci sono
i nostri amici, dall’empireo, e i ritornati a casa, i quali hanno chiuso i loro
occhi sotto la mano di Dio. Costoro ci aiutano a sopportare i pesi.
30.
Essi aiutano inosservati. Poi l’uomo dice: ‘Ho avuto fortuna’; ‘il destino
mi è stato clemente’; se il destino va in su, lo si chiama un ‘miracolo’. Come
opera meravigliosamente la conduzione paterna di Dio, – sì, chi la vuole
riconoscere? Ci si vergogna dello spirituale Divino, e quanto più avanti giunge
la nostra umanità nei prossimi difficili tempi, tanto meno ci si affida alla
guida di Dio e ci si distoglie dal buon sentiero della vita.
31.
Noi conosciamo la decadenza. Perfino al tempo pieno di grazia di Abramo
esisteva falsità e inganno. Sodoma e Gomorra andarono in rovina. Ciò nonostante
Abramo aveva governato tanto bene, pieno di fede ebbe cura della sua gente.
Poi, al tempo dei re d’Israele? I buoni si possono contare, qui non servono le
due mani per tacere anche dei re dei pagani, dei quali però alcuni governarono
bene.
32.
“Ora”, il Sole scivola sul volto del veggente, “non vogliamo pescare nel
torbido, dobbiamo conservare pura la chiarezza, per rifugiarci in ogni tempo in
Dio nel ringraziamento e nella preghiera. Domani vogliamo preparare ai ragazzi
il loro giorno. Vedi, Tommaso, essi devono aiutare diligentemente, e questo non
li danneggia. Di tanto in tanto noi, Cornelio, Nicodemo ed io abbiamo introdotto
un giorno libero con giochi e buon cibo”.
33.
“Questo mi rallegra molto”, esclama Tommaso. “Non ridete di me – conosco
dei giochi che vorrei insegnare ai vostri ragazzi”. – “Ottimo”, dice con voce
tonante nuovamente Cornelio. “Peccato per le gambe vecchie, altrimenti
parteciperei anch’io ai giochi”. – “Ah, anche stare a guardare ci possiamo
rallegrare”, dice Cronias.
34.
“Posso giocare anch’io?”. Stefano ha portato uno spuntino ed ha sentito
l’ultimo discorso. Ora può camminare, ma non può saltare, Tommaso gli sfiora la
mano sul capo. “Farò in modo che non sarai l’ultimo”. Come si accende l’occhio
scuro. Egli, secondo l’età, non è un ragazzo; cresciuto da solo senza infanzia,
ora vorrebbe giocare anche lui e rallegrasi.
35.
A Cornelio viene in mente come Cirenio rallegrava i ragazzi del Tempio e
Myriam; anche lui vuol fare così. Di nascosto parla con l’oste e questi sorride
di compiacenza: “Sarà provveduto!”. – “Non dovrà essere a tuo danno”. – “Che
cosa pensi, tribuno? Non voglio mica guadagnarci; questo dovrà essere il mio
piccolo tributo”.
36.
Nel tardo pomeriggio Scubatus parte alla grande, per comunicare che il
giorno seguente ogni ragazzo deve venire alla torre. La maggior parte dei
genitori si rallegra e la sera prepara la sua prole; è molto necessario
lavarli. Due pescatori borbottano, essi hanno bisogno dei loro ragazzi, di
notte dovrebbero andare in mare. Dal decurio non riescono ad ottenere nulla.
“Volete forse irritare il tribuno? Questo, certo non lo farete! Quanto ha fatto
per voi qui in questi anni, assolutamente per il vostro meglio. Quindi…?”. Non
attende nessuna risposta e continua a cavalcare. Vicino, incontra i loro
quattro ragazzi. “Attenetevi alle vostre madri”, li incoraggia, “allora potrete
certamente venire anche voi”.
37.
Nelle case dei pescatori dapprima va un pochino qui e là, il pensiero a
Cornelio vince. Cosa che succede più raramente: i ragazzi sono particolarmente
ubbidienti, si lasciano fare il ‘lavaggio’ e vanno presto a letto. Cornelio non
sente nulla dei borbottamenti. Scubatus tace la faccenda. Non ne vale la pena,
egli pensa.
38.
Su Patmos, oltre ad una stagione di pioggia oppure una tempesta dal mare,
c’è di solito bel tempo. Oggi è particolarmente bello. Il mattino molto presto
l’oste mette una lunga tavola con cose che anche a quel tempo rallegrano i
piccoli ghiottoni. Egli copre tutto, non si deve vedere subito.
39.
Si arriva nell’ampio campo delimitato, dove Tommaso traccia differenti
cerchi e altro ancora. Si gioca per due ore. I ragazzi devono saltare ed
esercitarsi, le ragazze imparano un girotondo. Giubilo su giubilo. Gli adulti
sono felici di assistere. Il giudice è Cornelio. Nel lancio del giavellotto
Stefano è il migliore. Egli è raggiante, in molti giochi deve star da parte.
Quanto riconoscente è la gioventù per questo giorno, e Giovanni insegna, come
conclusione della loro gioia, ancora del Signore, ‘dell’Amico dell’infanzia’.
40.
Il giorno dopo, al termine del lavoro giornaliero, si viene di nuovo nella
torre. Non raramente vengono anche dei pescatori che abitano vicino, c’è
accanto anche sempre il medico. Dapprima si parla del più e del meno, dove
Sejananus fa notare di stupirsi molto, perché Roma ha quasi dimenticato
l’isola.
41.
“Non dipingere il lupo alla parete”, disputa Cronias. “Vogliamo essere
grati che mediante la bontà di Dio e la presenza del nostro Giovanni ci rimane
la pace”. Si dà ragione a Cronias. “Oh, io non so”, dice il capitano, “quando è
pacifico per molto tempo, una volta viene la tempesta. È come sul mare. Si
naviga, tutto chiaro e bello; ad un tratto si alzano le onde, e i venti
trascinano qua e là”.
42.
“Esatto”, dice Giovanni, che finora ha taciuto. “Meglio è se si rimane
sempre armati, allora il male non potrà trionfare, perfino quando leva
malignamente i suoi pugni. Roma non ha dimenticato Patmos, in primo piano c’è
soltanto qualche battaglia persa, maggiormente però grande sperpero. Dove è
veramente necessario l’aiuto, non è accordato.
43.
Poi la sobillazione contro la nostra gioia di fede è diventato un gioco
infernale. Poiché il regime già si sgretola, è mascherato con sanguinose feste
di gioia. Anche i giudei cadono nei più grandi errori. Con l’eliminazione dei
cristiani attuata con l’aiuto delle truppe d’occupazione, si crede di salvare
il popolo. Ciò nonostante la corda intorno alla Giudea viene stretta sempre di
più; non durerà più molti anni che il paese sprofonderà nel fuoco, lacrime e
sangue”.
44.
“Questo sarebbe triste”, dice Cornelio che, per amore di Gesù, impara ad
amare tutto il bello, cosa che aveva conservato Israele per migliaia di anni.
Egli racconta come un giorno ebbe modo di assistere al servizio nel Tempio e
conobbe Simeone. “Sì, se lui fosse con noi, credo …”. – “DIO è sempre con noi,
dobbiamo solo abbandonarci alla Sua guida”, ammonisce seriamente il veggente.
45.
“Noi sappiamo che gli uomini cadono sempre più in basso, e …”. – “Posso
interrompere”, domanda il tribuno. Giovanni fa cenno col capo. “Una volta ho
letto presso un rabbino un antico scritto. Perfino il rabbi non sapeva se il
messaggio di quell’uomo, che si chiamava Giobbe, fosse da ritenere autentico. In
ogni caso ci stava scritto:
‘Puoi venire fin qui e non oltre;
qui è il limite delle tue orgogliose onde!’.
[Giobbe 38, 11]
46.
Il rabbi disse: ‘Quand’anche questo Giobbe fosse soltanto storia e non
fosse vissuto realmente, ciò che c’è scritto in questo rotolo è un ammonimento
al mondo intero’. Forse era un fanatico, poiché disse ancora: ‘Questo è il
giudizio del Signore! EGLI andrà in collera e giudicherà, non lascerà operare
nessuna Grazia, cosa che viene rivelato nella seconda parte della frase. Chi
comanda su tempesta e onde? Soltanto il Signore, l’Iddio Zebaoth!’.
47.
Ero impressionato e credo ancora che Dio è il giudice su tutto il male,
sui peccatori e su coloro che commettono ingiustizia. Altrimenti, come dovrebbe
essere appianata l’ingiustizia? Solo questo non mi convinse quando ancora
continuò: ‘Occhio per occhio, dente per dente’. Se m’immagino quanto il
Salvatore era buono, le Sue parole, il Suo aiuto, la Sua alta essenza, la
parola d’asprezza mi appare riprovevole. Non riesco a metterla d’accordo”.
48.
“Il Signore”, dice Tommaso, “ci spiegò quando Mosé parlava di queste cose
– più tardi sarebbe stato scritto in modo duro, non più dalla Legge del Sinai,
– perché a quel tempo il popolo era spesso fuori di sé a causa del lungo
cammino. Mosè doveva essere severo, affinché Israele non si guastasse del
tutto. Più tardi ci si è serviti della parola di Mosé per esercitare vendetta.
Soltanto che – Dio disse:
‘La vendetta e la retribuzione sono Mie!’. [Deut. 32, 35]
49.
Che cosa è la
Sua vendetta? Come vuole Egli retribuire? Chi guarda nel sublime piano
della Sapienza di Dio? Noi, piccoli uomini, sicuramente no! Ma ciò che il
Salvatore ci fa conoscere, è sufficiente per riconoscere la Verità, fin dove ci
è possibile sulla Terra.
50.
La salutare legge punitiva nel senso degli uomini non è da portare alla
pari col Salvatore. Tuttavia anche Lui era sdegnato, quando gli altolocati non
volevano comprendere le Sue Parole. Là si mostrava la Legge divina! È
certamente qualcos’altro da ciò che l’uomo fa nella sua follia”. – “Punisce quindi
Iddio, oppure è il corso nella nostra vita che infligge la punizione?”.
51.
“Entrambi, Cornelio. Tu pensi che in Dio non esistano cose di due specie.
Oh, certo! Soltanto che la punizione di Dio è sempre la disciplina e
l’educazione più amorevole, l’‘attirare’ al Suo Cuore paterno. Questo lo può
causare in parte il decorso della vita. Ogni ingiustizia ha, prima o poi, la
sua conseguenza. In essa dimora la punitiva Legge divina. Più giusto è
esprimere il grido ammonitore: ‘cambia vita’!
52.
Che in tutto il fare e lasciare ne derivi una conseguenza, lo sa ogni
piccolo fanciullo; Chi è puro, e quindi senza peccato, lo sente in maniera più
intensa. L’adulto tace con l’intenzione di soffocare un ammonimento. Questo
però serve solo provvisoriamente; il pensiero, la parola e l’azione, infatti,
hanno sempre la loro conseguenza, buona e non buona – secondo il caso.
53.
I rabbini, in genere, sono uomini fedeli, solo che si legano alla parola,
come la maggior parte dei farisei. Il senso che Dio rivela, è scoperto
raramente, ci si accontenta della Scrittura, come si suol dire. Non c’è da
stupirsi che il tuo rabbi si sia bloccato nell’esteriore. Ebbene – tanto ho
detto, Dio è il Giudice; ma EGLI una cosa non fa: mai non lascerebbe operare
nessuna Grazia. In questo si sbaglia tutto il nostro fariseismo, ed in ciò si
sbaglieranno molti dogmi fino alla fine di questo mondo.
54.
S’insegna la bontà di Dio e, nello stesso tempo, il ‘senza Grazia’! Come
si può conciliare questo, non ci si pensa. Come l’uomo è dotato della
sua parte materiale animica, vale per lui la Grazia e la Misericordia,
per gli altri vale la dannazione, l’eterno giudizio, l’impietosa pena. Quale
follia!!
55.
Fermo! Poiché io avevo parlato della parte materiale di cui è dotata
l’anima, tali uomini non potevano farci niente? Predisposizioni sarebbero
innate, sarebbe stata portata insieme dall’aldilà nel mondo. Questo è giusto
per una piccola parte. Non sarebbe triste se Dio, il Padre della piena bontà,
il Quale ci ha tirato fuori della sorgente del Suo Amore, ci avesse lasciato andare
con un ammanco sul sentiero che un giorno sorse dalla caduta, senza darci la
possibilità di superare appunto la predisposizione? – ?
56.
Si può superare molto, se si vuole; la forza dello spirito, infatti,
dataci dapprima, prima ancora che avvenisse la caduta, è più forte
dell’ammanco proveniente dalla caduta! Questo non sia un elogio speciale,
perché non dobbiamo lodarci a vicenda, ma tutti voi, amici, avete ricevuto la
dimostrazione di come un uomo possa modificarsi del tutto, assolutamente nella
direzione del ‘bene’.
57.
In voi romani era innata la dottrina degli dèi insieme al senso oscuro per
potere e guerra. Avete superato tutto, vi siete lasciati guidare dal Salvatore,
mediante la Sua Parola, mediante la Sua bontà. Vi ha giudicato, vi ha
condannato, perché eravate ‘tali romani’? No! Egli vi ha fatto passare
certamente attraverso alcune tempeste della vita, ma in segreto vi ha portato
nella Sua mano – anche me – tutti noi che potevamo seguire il Salvatore.” A
ciò, Tommaso, molto seriamente, fa cenno col capo.
58.
“Non intendevo solamente Cornelio”, prosegue Giovanni. “Con voi sarebbe
durato a lungo prima di aver potuto riconoscere la Sua Luce. Che cos’è il tempo
del mondo presso Dio? Naturalmente è bene se s’impara a conoscere presto la
Verità. Se non ci si oppone alla stessa, ci s’introduce nella profondità di
Dio, fin dove la possiamo afferrare e comprendere”. – “Perché non del tutto?”,
chiede Cronias. “Che cosa pensi tu di questo, fratello Tommaso?”. Giovanni
vorrebbe che anche lui dicesse qualcosa, lui gli è sempre stato particolarmente
caro.
59.
E Tommaso insegna: “Ciò cui si aspira, si vuol possedere completamente.
Con ‘completamente’ è menzionato il Signore. Amare Lui completamente,
diffondere la Sua Dottrina nella piena Verità, deve essere il contenuto della
conoscenza che di nuovo attinge il suo nutrimento dalla Verità di Dio. Il vero
‘completamente’ possiede puramente Dio, nemmeno i figli della Luce, che hanno
attraversato la materia. Poiché noi non lo possiamo avere, anche non occorre,
allora il Padre-Dio guarda a noi clemente. Dinanzi a Lui non ci sono mancanze,
se qualcosa si può afferrare soltanto in parte. Sia mostrato un esempio:
60.
Si può sempre guardare nel Sole quando illumina il mondo nel pieno
splendore? Già dopo poco tempo l’occhio comincia a dolere e a lacrimare; le
palpebre si lasciano cadere. Il Sole rimane, continua tranquillamente a
splendere, e sulle vie ci serve come luce migliore. Nel primo raggio
dell’aurora, oppure quando il Sole cala – sì, allora lo si guarda volentieri,
non abbaglia e si è felici. Noi vediamo quindi soltanto una piccola parte della
sua luce; ma il Sole non è da meno, esso rimane intero.
61.
Così è con la Rivelazione di Dio. Essa rimane sempre come Lui la dà. Noi
non possiamo sostenerne completamente la pienezza, perché siamo di natura
umana. Abbiamo ora meno della Verità? No! Abbiamo la nostra piena parte nei
doni del nostro caro Signore. Ciò che possiamo vedere e riconoscere, è una
parte del Suo ‘completamente’!
62.
Questo vale anche per l’unione tra Dio e noi. Da parte Sua c’è sempre il
legame intero; io lo chiamo il contatto originario. Non esiste figlio che non
sia pienissimamente legato al Creatore. Quello che LUI si è creato, non Gli
andrà mai perduto! L’uomo ha anche un’immagine di questa Magnificenza. Chi
completa un’opera, nella quale non c’è più niente da creare, anche se la regala
o la vende, ‘l’immagine’ del lavoro rimane salda in lui.
63.
Questo accade presso Dio su via suprema. Perché Lui portava le Sue Opere
in Sé e quivi le formava, custodite assai amorevolmente nel Cuore, poi levò
fuori della Sua onnipotente sorgente l’Opera completa, pose sulla via dello
sviluppo i figli della Vita, le altre Opere che noi chiamiamo ‘Creazione’ le
custodiva nell’onnipotente Mano, perciò tutte le cose rimangono Sue, in eterno
e immutabilmente.
64.
Questo è il culmine della nostra beatitudine! Gli stolti credono che
sarebbero totalmente liberi senza Dio, potrebbero fare e lasciare quello che
vogliono, oppure coloro che non rinnegano Dio, vorrebbero veder diminuito il
Suo Potere: Egli sarebbe legato alle Opere. Questo è detto per andare
tortuosamente dietro Dio; come se Egli dovesse prima voltarsi per vedere ciò
che succede. Questa è la coscienza che si copre troppo volentieri. Ci si crea
una norma, la cui meschinità si mette di fronte ad ognuno, appena si deve
abbandonare questo mondo. Nell’aldilà non si può nascondere nulla, nemmeno nei
campi più oscuri, dove le anime sperimentano la loro purificazione.
65.
Noi possiamo essere lieti. Quello che il Signore ci ha dato, se lo
conserviamo, per quanto bene ci possa riuscire, ci sarà sempre di sostegno e
appoggio. Già sulla Terra, quando gli oscurantisti travolgono tutto il bene, e
un giorno, quando potremo ritornare a Casa per la Gioia del nostro Signore, per
la liberazione dal potere della materia e da tutto ciò che ci separa dall’Amore
di Dio. In ciò, cari amici, esiste anche per noi un ‘completamente’. Gesù ha
insegnato:
‘Devi amare Dio, il tuo Signore, con tutto il cuore,
con tutta l’anima, con tutto il sentimento e con tutte le forze tue.
Questo è il più nobile Comandamento’. [Marco 12, 30]
66.
In quattro modi indica che cosa c’è da fare come massima: Egli lo ha
chiamato, il ‘più nobile Comandamento’. Non lo avrebbe mai raccomandato se non
fosse da adempiere. Perché possibile, è da impiegare la forza dello spirito, e
noi stiamo nel magnifico-alto Raggio di Dio. Se al mattino apriamo il nostro
cuore, raccomandiamo la nostra anima a Dio durante il giorno, la sera non ci
corichiamo senza ringraziarLo nel sentimento per la Sua benedizione, allora
durante la notte ci assistono forze che ci liberano dal mondo, perché possiamo
camminare continuamente nei Suoi Comandamenti di Luce – con la Sua Grazia, con
la Sua Misericordia”.
67.
Questo è stato un buon discorso. Giovanni è raggiante, Cornelio ringrazia,
gli altri chinano silenziosi il loro capo e tengono fermamente ciò che è venuto
dalla Dottrina di Gesù. Si parla ancora dell’uno o dell’altro punto. Ognuno
torna a casa benedetto. Un pescatore dice al vicino: “Tommaso è un uomo buono;
lui ha certamente amato molto il Salvatore, perché ci ha potuto dare tanto”. –
“Non soltanto ha amato”, risponde quello, “egli Lo ama continuamente, come lo
fa Giovanni, e come noi – be’ sì, come noi dobbiamo ancora imparare a farlo del
tutto”.
* *
*
68.
Il giorno dopo Tommaso parte. Sejananus va a prendere un nuovo carico. La
separazione è cordiale – e con dolore. Giovanni sa che non rivedrà più Tommaso.
Egli è consolato da un’immagine: Tommaso e Filippo saranno portati via dai
territori romani per diffondere altrove la Dottrina di Dio. Quindi in vecchiaia
chiuderanno pacificamente i loro occhi. La loro opera sarà benedetta – per un
denaro di salario giornaliero.
69.
Si sta a lungo a guardare e ci si saluta con un cenno, finché la galea è
scomparsa lontano. Cornelio va per un po’ su e giù con Giovanni; si meditano i
giorni di Grazia, finché il romano domanda: “Come andranno le cose a Tommaso e
agli altri? Mi sono così affezionato e temo che capiti qualcosa di brutto a lui
e agli altri. Qualche volta è proprio difficile credere fermamente nella
conduzione di Dio, l’uno può rimanere libero, senza impedimenti, l’altro
precipitare nella disgrazia e deve lasciare la sua vita tra i tormenti”.
70.
“Certo; noi non prevediamo perché questo succede in modo facile, un altro
in modo difficile. Per Tommaso sta tranquillo”. Egli riferisce che cosa ha
visto alla partenza. “Ecco, ci siamo di nuovo”, dice Cornelio. “Perché lui,
perché non gli altri? Naturalmente so che le vie di Dio sono più alte della
nostra piccola considerazione umana. Tuttavia – il ‘perché’, c’è”.
71.
“Non chiedere troppo, tieniti fermamente alla Dottrina di Gesù, allora
vedrai che l’operare di Dio è pienamente saggio per la benedizione di ogni
figlio”. – “Ehm, annotato! Qualcosa torna a favore di Tommaso, perché lui
voleva morire con il Salvatore e…” – “…perché egli era il più severo avversario
di Giuda, nel senso di lealtà. Spesso lo sgridava affettuosamente. Il denaro
però, e l’avidità, è stata la rovina nella quale Giuda è caduto. Lui voleva
apparire grande accanto a Gesù; ma chi aspira a questo, diventa sempre più
piccolo, così e in altro modo, prima o dopo, com’è utile all’anima guidata da
DIO”.
72.
“Di nuovo, a questa sera”. Cornelio fa cenno col capo e se ne va, medita
su tutto e il suo cuore è una chiara fiamma.
[indice]
۞
Nuovo allarme su Patmos – Un duumviro – Il senatore Aurelius
presso Cornelio
Un altro guaio sull’isola della pace da parte di
Claretus, un duumviro arrogante inviato lì per sequestrare cristiani per
l’anfiteatro di Roma – Durante il controllo di competenza arriva Aurelius con
truppe di rinforzo, e Claretus è arrestato – Giovanni insegna sul vero Cielo e
Vita, e consiglia Aurelius di confinare il duumviro a Creta – In visione il
racconto del viaggio e la conversione di Claretus dopo un’imboscata dei pirati
sul mare
1.
Sono passati due anni. Cornelio ha potuto operare ancora del bene, anche se
i suoi capelli sono diventati completamente bianchi. Un giorno arriva una nave
e, quando riparte senza disturbo, si scopre che due legionari e un centurione
sono rimasti indietro. Solo dopo giorni escono dal nascondiglio.
2.
“Roma non è più la nostra vecchia Roma”, dice il centurione. “Non abbiamo
nessun’idea su come la pensi tu, tribuno; noi siamo cristiani”. Cornelio non
dice subito ‘sì’, e nemmeno rivela che tutta l’isola è ‘cristiana’. Si può
sapere se sono sbirri? Egli lo ha visto troppo spesso e avverte gli amici.
Soltanto – sono fuggitivi e seri cristiani.
3.
In un primo momento il tribuno ordina che dovranno tornare indietro con la
prossima nave, e a Roma potrebbero riferire che cosa hanno trovato su Patmos.
Allora il centurione dice: “Non ci manderesti in rovina, se tu avessi sentito
la Parola di Gesù. Uno dei Suoi discepoli ci ha riferito molto del Signore, e
ci ha subito battezzato. Vuoi tu che ci mandano nell’anfiteatro, come mangime
per le bestie feroci – ?”.
4.
Ora Cornelio si dichiara cristiano. Come sono alleggeriti i tre; essi
conoscono tutti gli amici. Ancora una volta, però, Patmos deve sperimentare
‘Roma’. Non si è mai abbassata la sorveglianza della costa, anzi, la si è
perfino rafforzata, avendo incaricato anche dei pescatori. Improvvisamente
l’allarme: arrivano quattro galee. Giovanni, subito consultato, ha già
accennato, giorni prima, come ci si deve comportare, dà il consiglio:
“Mantenete la calma! Se vi si domanda se siete cristiani, allora ponete la
stessa domanda e dite: ‘Se voi siete cristiani, allora potete venire sulla
nostra isola senza paura, da noi non ci sono giudei’.
5.
In questo modo, intanto, sono sbarcati; più di tutto, essi cercano se qui
dimorano malfattori. Tu, Cornelio, non farti riconoscere subito, più tardi si
accorgeranno in ogni caso chi tu sei – attraverso una gioia. Per il resto,
state tranquilli: su Patmos veglia un potente angelo”. Si sono tranquillizzati,
a tutti i pescatori è stato subito portato il messaggio, Scubatus va veloce a
galoppo. L’isola è ‘all’erta’.
6.
Le navi approdano. Cornelio è qui, appoggiato saldamente alla sua spada,
l’elmo d’aquila sul capo, con indosso una leggera armatura. Un duumviro, che
comanda il grosso, lo esamina da capo a piedi e dice senza saluto: “Come mai
porti delle armi alla foggia romana? Ho l’incarico – qui, il rotolo imperiale,
se sai leggere”, pone l’accento con scherno, “puoi controllare rigorosamente”.
7.
Cornelio fa uno strano movimento verso la sua arma. Facendo questo, pensa
ad un giorno quando il principe della Luce fece scintillare la sua arma. –
“Lasciala stare!”. Il duumviro fa cenno di no! – Cornelio sorride: “Fatto male!
Come duumviro dovresti aver notato chi sono io. Poiché non mi hai salutato, non
sta bene presentarmi! Oppure?”. Ora lo sguardo è severo, cosa che mette in
sospetto il superbo.
8.
“Sei un romano?”. – “Sì! Ecco qui, se tu sai leggere!”. Cornelio
tira fuori il papiro da sotto la sua armatura: “È superato”, viene egli deriso.
“Chi sei dunque? In ogni caso è tanto che manchi da Roma, altrimenti ti
conoscerei. Sei forse esiliato? Qui dovrebbero dimorare esiliati e malfattori”.
9.
“Puoi cercarli”, schernisce il tribuno di rimando. “Porta però con te
delle chiare fiaccole, affinché ne trovi qualcuno!”. Si fruga l’isola da parte
a parte; i pescatori rimangono indisturbati. La guarnigione è invece
tormentata. Presso Cronias il duumviro perde il conto. Cornelio non dice nulla,
soltanto il suo sguardo, simile all’aquila, dà da fare al controllore.
10.
Giovanni è andato di proposito in un villaggio di pescatori. Il quarto
giorno egli sta qui all’improvviso e – sul mare si vede una nuova nave. “Sei tu
un giudeo?”. Il duumviro afferra Giovanni alla veste. “No, galileo!”. –
“Guarda, un cristiano camuffato? Che mi divori un lupo se non è cristiana tutta
l’isola. Ah, che grande pesca! Come si rallegrerà il nostro Cesare!”.
11.
“Tu pensi?”. Giovanni si leva da sé la mano del romano. Costui guarda
sbalordito. A lui succede come una volta a Venitrius, che ora ha l’ordine
segreto di salvare i cristiani, cosa che gli riesce spesso sotto la Grazia di
Dio. Il duumviro si allontana strofinandosi le mani con un panno, come per
dire: ‘Mi hai sporcato’. “Ah sì”, dice insidioso. “Un galileo? Questi sono
certo i settari che uccidono i bambini e fanno molte cose brutte! Il vostro
capo fu messo alla forca. Per vero, sei magro per una cara bestia”, schernisce
irritato, “ma le tue urla, quando ti spezzeranno le ossa, faranno impazzire
tutta Roma!”.
12.
“E le tue ossa?”. Domanda Giovanni. “Sul campo di battaglia possono
diventare un pasto per gli animali selvaggi! Non è detto che tu muoia
pacificamente”. Gli occhi del veggente s’imprimono come un ferro rovente
nell’anima oscura. La ‘cosa’ ancora è scossa di dosso. Dopo un lungo su e giù
la nuova nave nel frattempo è arrivata. I suoi legionari marciano in colonne
ben ordinate. Alla loro testa sta …
13.
“Aurelius!”, esclama Sejananus, che si è avvicinato. – “Capitano”, esclama
di rimando Aurelius, “che piacerti vederti sano! E lì – ah, il tribuno
Cornelio! Questa è una gioia vedervi star bene!”. Che sia invecchiato, non lo
si nota, non ora, in cui si mostra come fiero romano. E questo è bene.
14.
Aurelius? Da dove viene costui? Come prima cosa è il migliore dei senatori
e, molto rispettato a corte. “Che cosa ti porta qui?”. – “Te lo dico
alla presenza del tribuno”. Giovanni saluta Aurelius così come se si
conoscessero da lungo tempo. Questi ha subito un ‘sentimento’ per quest’uomo
serio. Al duumviro sussurra all’orecchio: “Purtroppo ti hanno messo su un
cavallo sbagliato”. Costui non ammette che Cornelio, per via della parentela al
trono, lo debba comandare. Soltanto, non deve inimicarsi Aurelius; allora
facilmente si potrà cambiare qualcosa, e si cade – dove …
15.
Ci vuole soltanto un cenno, e i legionari si ritirano. Il tribuno va verso
la taverna, senza porsi la questione se il duumviro lo segue. Costui segue di
soppiatto. Quando anche Giovanni segue il gruppo, borbotta: “Tu non sei romano,
perciò non hai nulla da fare con noi!”.
16.
Cornelio fa cenno a Giovanni: “Tu rimani, perché vedi tutto”. – “Vedere?”,
domanda Aurelius che, nonostante il rapporto con Sejananus, non sa che il
discepolo di Gesù ha un grande dono di veggenza. “Vieni, prima mangiamo”. Nella
taverna, all’oste ordina di chiudere. Aurelius, Sejananus, Cronias, Giovanni e
il duumviro entrano. Quest’ultimo diventa a poco a poco antipatico.
S’indurisce. Nessuno deve accorgersi in che stato d’animo è adesso.
17.
Aurelius non esita di svelare la ‘faccenda’. Egli è venuto a sapere troppo
tardi che su Patmos doveva essere fatta nuovamente irruzione, come lui la
chiama. Il viaggio si era ritardato solo di un paio di giorni. “Patmos”, egli
comincia, “è un caposaldo ed è stata affidata al tribuno ‘per tutti i tempi’
nella propria autorità. Quindi non è un rifugio per malfattori, come tu,
duumviro, hai diffuso. Certo, attraverso l’intrigo sei stato indotto a
presentarti male.
18.
Non hai domandato se la tua azione esiste di diritto. Già si dice:
‘Claretus è spacciato!’. Posso ancora proteggerti, se fai quello che ti
consiglio”. Il cambiamento tra rosso e pallido non si può impedire. Giovanni ha
evocato soltanto un campo di battaglia. Potrebbe essere l’anfiteatro, se…
19.
Aurelius continua nel suo giudizio: “Dovevi informarti, ma la tua
ambizione ti ha spinto fin qui. Non volevi essere presto promosso? Non ti
bastava ciò che sei diventato da una piccola posizione e …”. Sì, egli proviene
da una povera casata e non si può controllare in quale modo è ‘diventato’
qualcosa. Si alza adirato. “Spetta a te rinfacciarmi che …”.
20.
“Non ti rinfaccio nulla!”, lo interrompe Aurelius, “ti mostro soltanto
quanto sconsideratamente hai agito. Avresti esultato se Cornelio fosse stato
decapitato – ed hai saputo solo qui, chi egli è. Inoltre gli innocenti …”. –
“Sono tutti cristiani, votati alla morte”, dice eccitato Claretus. “Davvero?
Come lo sai? Hai trovato un cristiano?”.
21.
“Ad eseguire un riconoscimento c’è da rinunciare, si vede a prima vista
cosa sono gli isolani”. –“Ora basta! Tu cercavi soltanto esiliati e malfattori;
non voltare le carte in tavola! Non girare il coltello! Presta attenzione: ti
devo togliere il comando sulle galee; qui – il sigillo! Ciò nonostante voglio
tenerti in gran considerazione se – a Roma non intraprenderai nulla. Non solo
perché potrebbe diventare molto pericoloso per gli uomini fedeli, ma perché è
la più grande ingiustizia.
22.
Non pensare che io abbia paura dinanzi a te. Oh, no! È un ordine! Ti
consiglio, scendi a Creta, affinché tu non cada in una fossa”. – “Questo è
perfino guidato per la sua salvezza”. Giovanni lo dice con particolare
accentazione. Aurelius e Claretus tendono gli orecchi, è la voce che sale come
da un profondo pozzo, una sorgente, alla quale ci si ristora. Solo il cattivo
si irrita, mentre Aurelius domanda come la pensa Giovanni.
23.
“Lo saprai, e su di te verrà la benedizione, perché in mezzo alla rovina
di questo mondo…”, Giovanni non dice ‘Roma’, “sei rimasto un uomo di giusti
sentimenti. Esiste soltanto un Dio che voi romani, di tanto in tanto,
onorate come lo ‘Sconosciuto’. Lui ti vuol preservare. Claretus, se leva da sé
la sua cattiveria, lo guiderà volentieri con le Sue mani redentrici. Non ridere
troppo presto”, lo avverte il veggente con amara serietà.
24.
“Gli scrivo quest’avvertimento
sull’armatura e… sulla sua spada!”, dice Cornelio, così che la risata si spegne
all’istante. – “Vaneggiate!”. – Tutti però lo guardano con occhi severi. Qui
c’è qualcosa da cui Claretus non può difendersi. Viene dalla ‘Galilea’, colui
che egli vorrebbe gettare all’orco. Oh, se non sta aperto a lui…
25.
“Basta”, dice Aurelius. “Tu non puoi sfuggire, e sarebbe anche la tua
fine. L’equipaggio della nave è già informato. La faccenda con Creta mi è
venuta in mente all’improvviso, per proteggerti. Chissà”, egli guarda Giovanni
con il pensiero: lui mi ha suggerito Creta. Il discepolo fa cenno col capo e
dice:
26.
“Nel viaggio di ritorno avrai delle difficoltà, ma giungerai nel patrio
porto”. – “Si può sapere in anticipo che cosa avverrà?”. Aurelius si ricorda
ciò che anni fa gli riferì Sejananus ‘dell’unico Dio’, del Salvatore, cosa che
mai gli è svanito del tutto. Ora si consolida una sensazione gioiosa,
sensazione che al momento non riesce ad interpretare.
27.
“Come può sapere ciò che succederà?”. Claretus intende Giovanni, per
procurarsi ancora un prestigio. “Gli dèi mai informano ciò che porta il giorno
dopo. Si può presentire questo e quello, per esempio in battaglia, se si arriva
alla vittoria. Ma non ha nulla a che fare con gli dèi oppure con l’unico
Dio”, suona beffardo, “niente da fare. L’uomo soltanto causa questo”.
28.
“Ah”, beffeggia adesso il capitano, “quando sul mare si ammassano le onde,
puoi tu far qualcosa contro? In anticipo, intendo io, come dovrà mostrarsi una
via d’uscita?”. – “Mi stupisco del tuo discorso, Sejananus”, cerca ancora di
deviare il duumviro. “Non si può certo comandare al tempo. Chi però va in mare,
può riconoscere nel vento, nel movimento delle nuvole, se presto minacciano
tempeste. Uno prudente fa subito rotta verso il porto più vicino”. – “Se ce n’è
uno nelle vicinanze!”, dice Cronias, “sono stato abbastanza spesso sul mare”.
29.
“Hm”, ammette Claretus, “tuttavia vorrei sapere se si può conoscere
un’avversità in anticipo”. Di nuovo guarda a Giovanni. – “Chi ha il dono,
duumviro, può saperlo, per lo meno all’incirca, per mostrare pericoli in
arrivo”. – “Solo questi?”, provoca costui stupidamente. – “Tu hai sentito che
ho annunciato certamente delle difficoltà, ma nello stesso tempo il buon
ritorno a casa di Aurelius. Così ora sai che si può vedere luce e ombre”.
30.
“Ah, per me l’aggravio, all’altro – – facilmente intuibile! Vuoi farti
salvare da Aurelius!”. – “Non essere sciocco! Tu non hai nessun’idea, da dove
ti dovrebbe anche venire?, che nessun uomo può voltare né determinare il corso
degli avvenimento. Tu t’immagini che Cesare ne abbia il potere. Così sembra!
Domanda: può Cesare salvarsi da una caduta? Già da tempo lo avete sperimentato
nella vostra storia, quanto rapidamente un trono s’imbatte nel vacillamento
fino al completo crollo. Ogni potenza mondiale si spezza come un esile bastone,
sul quale non ci si può appoggiare”.
31.
Giovanni ammorbidisce la sua voce. “Impara a riconoscere che tutto l’umano
passa. Spesso, dello splendore, della ricchezza, del potere preteso, avanzano
solo frammenti, meno che poveri resti. Aspirati per niente! Chi giunge poi alla
nuova tendenza, di fare ancora un qualcosa di buono dal resto della vita,
troverà sempre del bene – per l’anima, se lo vuoi comprendere”.
32.
Claretus tace. Il discorso in lui non passa ‘senza lasciar traccia’. Può
egli trovare un passaggio, dal momento che mai ha seguito una luce? Per propria
colpa? Cornelio vuol venire a lui in aiuto, egli inoltre vuol spingere Giovanni
del tutto nel terreno antistante; no, il Signore, il molto amato Iddio! Egli
solo salva. E dice:
33.
“Claretus, a me un giorno è successo come a te. In parecchie faccende ero
inesperto, quando mi fu assegnato il difficile posto in Palestina. Certo, mio
zio, Quirino Cirenio, che tu conosci dai nostri rotoli, mi ha istruito. Anche
lui però, uomo buono e tanto intelligente, dovette imparare il meglio solo
attraverso un avvenimento. Anche se te lo descrivessi, capirei se non ci credi,
se ti metti a ridere di ciò.
34.
Noi veramente, lui ed io, non abbiamo riso; soltanto, non abbiamo capito
subito, come ‘questo’ fosse stato possibile: una Stella che stava alta nel
Cielo”. Cornelio ripensa a Betlemme. Se adesso la Stella starebbe nel Cielo, se
… Giovanni lo guarda e il tribuno lo sente come una dolce mano.
35.
“Abbiamo imparato a conoscere questa Stella, ad amarla sopra di tutto,
proveniente dal pre raggio (Simeone-Gabriel), il quale ha preparato la via. Non
per la Stella (il Salvatore). Questa percorreva l’alta orbita per
propria pienezza di potere; no – per noi stava lì il pre raggio, poiché
ci diede il miglior insegnamento. Tu ancora non comprendi, ancora t’immagini
che non s’addice ad un romano darsi per vinto.
36.
Oh, nessuno è diventato piccolo! Attraverso la fede nella Stella siamo
stati innalzati. Quella volta c’era un duumviro che somigliava a te; il pre
raggio gli insegnò la buona via. E l’ha percorsa, Claretus! Da tempo egli ha
trovato, nella fede all’unica Stella, un campo d’azione. Desidererei
molto che tu trovassi questa via”.
37.
“Cornelio”, dice Giovanni, “hai rimosso molte pietre. Attendiamo
fiduciosi, finché l’anima si apre per vedere la Stella di Betlemme che ti ha
riccamente benedetto”. Cornelio sospira. Non lo ha mai abbandonato la visione
di quando era stato dinanzi al Fanciulletto[15].
Segue immagine ad immagine, anche come il Salvatore lo chiamò a Sé, apertamente
e in segreto, e quanti miracoli egli ha visto. –
38.
Su Patmos si diffonde la pace. Gli amici sono radunati nella torre.
Claretus rimane seduto nella taverna. “Va bene così”, dice Giovanni, “egli è ancora
a lungo non maturo, per essere rivoltato”. – “Io”, comincia Aurelius e già si
blocca. Davanti al ‘discepolo di Gesù’ si sente piccolo e inutile. Questo lo
alleggerisce:
39.
“Né piccolo né inutile, amico Aurelius. Tu ancora spingi l’Altissimo qua e
là, non hai né un ‘sì’ e né un ‘no’. Ah, nessun errore! Non tutto si può
riconoscere in una volta. Oggi stesso però tu troverai il Signore che è il
Salvatore di tutti noi”. – “Come puoi sapere ciò che penso, o anche soltanto
sento?”.
40.
“Tu hai cercato di apprendere, origliando, qualche pensiero al tuo
Cesare”. – “Questo è qualcosa di diverso. Egli rivela spesso in modo
sconveniente ciò che mi vuol tacere”. – “Ebbene, c’è una differenza se si
tratta dello spirito o della materia. Quest’ultima ciò che è inerente all’ordine
dell’universo. Diversamente avviene con lo spirito. Là la ‘visione’ è possibile
solo se si riconosce Dio e si deve avere il dono per un qualche alto scopo.
41.
Non chiedere perché dei singoli la possiedono, cosa che è più di quanto il
mondo comprende. Tu non lo puoi ancora. A Roma conoscerai uno che ti aiuterà a
progredire. Ricordati il nome ‘Paolo’. Egli è un giudeo, ma anche un romano; la
relazione con lui non è pericolosa, almeno per ora. Più tardi si presenterà
diversamente. Allora però sarai già ritornato a Casa”.
42.
“Ritornato a Casa? Io a Roma sono nato, là sono a casa”. – “Secondo il
mondo! Questo mondo non è quel portatore di Vita. Chi nacque dallo Spirito,
anche se lo stesso come uomo – come noi”, Giovanni indica tutti, “deve vivere
per un po’ di tempo qui; più giusto: può vivere! Tutto il bene proviene dal
santo-alto ‘Potere’!
43.
Hai tu ogni tanto riflettuto da dove si viene, dove si va’, solo per il
breve tempo su questo mondo, e poi totalmente cancellato –? Per che cosa allora
si vive? Dovrebbe chiederselo ognuno che è ragionevole, perfino se non crede in
un Creatore”. – “Io vorrei imparare a conoscerLo volentieri”, dice Aurelius
assorto. “In verità non so come mi potrei comportare se Dio stesse una volta
dinanzi a me”.
44.
“Questo non si può mai stabilire prima. A me successe così, quando in
gioventù conobbi il nostro Salvatore, poco più vecchio di me stesso, così come
ogni altro uomo, e tuttavia tanto diverso! Chi qui non Lo vide, non ha bisogno
di essere preoccupato che avesse perso così il più magnifico, oppure non
l’avesse mai avuto.
45.
Naturalmente è una benedizione, così come Abramo vide l’Altissimo, oppure
Mosé e i grandi del nostro popolo. Ancora esistono popoli che vivono molto
pacificamente e, presso di loro, Dio entra ed esce. Soltanto – la visione
suprema la tiene in serbo per la Patria, per ognuno, con la qual cosa ti voglio
assicurare che Roma non è la tua vera e propria casa. Questo vale soltanto per
la fugacità umana.
46.
Il tuo ponderare ti dice che la vita, secondo la creazione, deve avere un
altro inizio e un’altra fine di quello che risulta dal misero tempo del mondo.
Oh, noi siamo proceduti dal Creatore. Anche se là per noi c’è un inizio – noi
vivevamo in Lui come pensieri, per delle Eternità, cosa che mai potremo
sondare.
47.
Questa è la
durata della nostra vita, dello spirito e dell’anima, come un Pensiero-Dio,
quale noi eravamo. Dopo il passaggio nel mondo, la vita sarà sempre presente.
Noi non scendiamo nell’inconscio buio, come un giorno – per noi detto – siamo
stati generati nella buia Santità di Dio. ‘Buio’ presso Dio non è buio! Nella
notte senza stelle, in ambienti senza finestre, siamo ciechi; ma nel maestoso
buio di Dio tutto è Luce e meraviglioso. Noi non lo possiamo sondare del tutto,
ma la Santità di Dio, come il Suo Amore, Bontà, Grazia e Misericordia, è con
noi in ogni tempo, se la riconosciamo oppure no, se la lasciamo agire in noi
oppure ci lasciamo spingere dalla materia, le cui parti sostanziali sono buie.
48.
Tu lo hai compreso, Aurelius, perché un giorno sei stato presso Dio, tu il
tuo spirito, la tua anima, il tuo sentimento. E nascesti proprio qui in questo
tempo e come romano, come accadde con Cirenio, Cornelio e molti buoni romani.
Essi poterono vivere il tempo del Salvatore Dio, anche se non tutti Lo videro personalmente.
49.
Ora,
Aurelius, sei impegnato. Non hai mai riflettuto su questo, quando hai aiutato
qualcuno e lì hai di nuovo messo ad un maligno la sua corda. Il duumviro ti
sarà ancora grato, perché tu spezzi la catena che si sta forgiando intorno a
lui. Per lui è bene: la paura guarirà la sua anima.
50.
Per il più povero tra i tuoi schiavi tu sei un giusto padrone, non hai
fatto come molti romani che non si sentono toccati dal dolore degli oppressi.
Questo, naturalmente, essi lo dovranno pagare, non importa come e dove. Credi
nel Signore, nel nostro Salvatore, Dio e Padre, il Creatore dell’Infinità!
51.
Abbandona il pensiero che a Roma tu saresti poi uno dei tanti che si
perseguitano, per gettarli davanti agli animali feroci. Oh, i poveri
istigatori! Quanto amara sarà la loro vita nell’aldilà, prima che possano
meritarsi ancora la Grazia di Dio! Non è dunque Grazia quando si può vivere,
quando si viene liberati da un’afflizione, quando si può camminare dalla culla
alla tomba ed ognuno si lascia cadere nel grembo della Divinità?… in un modo o
nell’altro… ?
52.
Aspetta, è il SIGNORE che guida il tuo fare e lasciare. Il tribuno lo ha
sperimentato, quando a lui come giovane uomo si consegnò il ‘vespaio Giudea’.
Ha sofferto, finché poi gli è andato incontro l’aperta e chiara Luce come
angelo (Gabriel quale Simeone) e, dopo – il Signore!”. Cornelio interrompe.
53.
“Immeritato, Giovanni! Cirenio ha potuto proteggere il Signore come
fanciulletto ed ha vissuto delle cose meravigliose con Lui. Inoltre il
Salvatore si mostrava sempre come un ‘caro Uomo’. Chi però Lo guardava negli
occhi, chi guardava le Sue mani, il cui operare miracoli mi ha spesso
impressionato, sapeva precisamente: Egli si mostra solo come un Uomo;
poiché la maggior parte non poteva sopportare la Sua maestà. Come Lo si è
attorniato, schernito e spiato, e nessuno Lo poteva sfiorare! Solo sul Golgota
– qui io sono ancora oggi infuriato, perché i farisei han potuto rompere su di
Lui il loro bastone del potere”.
54.
“Anche da Roma passò la notizia”, interrompe Aurelius. “Egli mi fece pena.
Fu chiamato ‘Galileo’. Tuttavia Lo si mise a tacere. Che fosse Dio
personalmente, non lo potevo credere. Sejananus certamente mi accese un
lumicino, e quello che ho sentito oggi”, Giovanni aveva già parlato con lui
sulla spiaggia, “mi fa riconoscere: deve essere verità! Come Taumaturgo sarebbe
stato un ciarlatano, si disse, e la Sua Dottrina andrebbe contro tutto il
mondo”.
55.
“Contro tutto il mondo! Non si può fare un ponte tra spirito e materia. Lo
Spirito, DIO, e quello che è dato da Lui, al quale appartengono tutti i figli
della Vita, hanno consistenza eterna. Non doveva dunque il Signore portare il
Suo bene di Salvezza e smascherare i mondani?!
56.
Questi sprecano il loro tempo di Grazia, ed è amaramente difficile
recuperare il perduto. Come però Dio è eterno, così è eterna la Sua Grazia!
Solo che nessuno dovrebbe gloriarsi di questo: quando Egli perdona, perdona
tutti! La giustizia appianante rimane sempre esistente, e ognuno che mise Dio
da parte, deve sempre fare i conti con Lui”.
“Ma chi non conosce Dio?”. – “Aurelius, Egli disse ai farisei:
‘Se foste ciechi, allora non avreste nessun peccato’. [Giov. 8-41]
‘Se voi non sapeste chi Io sono – nessuna punizione cadrebbe su di voi;
ma poiché voi lo sapete, allora il peccato vi rimane’. – ‘Tutti i peccati sono
manifesti dinanzi a Lui’. [Sir.17-17]
57.
Su questo, tuttavia, la consolazione:
‘I tuoi peccati passano come il ghiaccio al Sole’. [Sir. 3-17]
‘Rinunciare ai peccati, questo è servizio divino!’ [Sir. 35-5]
58.
Soltanto in vecchiaia hai sentito del vero Dio, ed Egli ha steso la Sua
mano a te in evidente Grazia. La Grazia ‘nascosta’ opera sempre in tutti gli
esseri viventi su questo mondo e altrove, perché senza questa, non esiste vita.
È ancora importante se tu metti da parte la tua veste romana. Non la toga”,
sorride Giovanni, quando Aurelius l’afferra. “Oh, no – intendo l’essere romano.
E puoi, tuttavia, rimanere un romano, uno che sa da tempo antico come deve
trattare un uomo”.
59.
“Non è del tutto facile”, confessa apertamente Aurelius. “Dovrei rimanere
a lungo con te, per imparare cosa c’è ancora da imparare”. – “Non ti manca
molto; poiché chi pensa e agisce in modo giusto, è più vicino a Dio, perfino se
non Lo conosce, come quelli che ‘stanno agli angli delle piazze’ [Matt.
6-5], i quali alzano le loro mani davanti alla gente e calcolano con tutto ciò
il guadagno che cade nella loro cassa”.
60.
“Posso io ancora chiedere qualcosa?”. – “Avanti”, invita Cornelio, “oggi
può di nuovo diventar domani, tanto a lungo splende su di noi la Grazia di
Dio”. – “Tribuno!” esclama Cronias, “lo hai espresso di nuovo
meravigliosamente, e tutte le volte che vediamo la stella mattutina”. –
“Altrettanto espresso al meglio. Sì, la stella della sera e la stella mattutina
sono i luminari sublimi di Dio, attraverso i quali Egli anche Si rivela.
Aurelius, che cosa ti opprime dunque?”.
61.
“È la differenza tra tenebra e oscurità. Non riesco a tenerle separate”. –
“Se pensi secondo natura, allora hai ragione, se si chiamano notti buie oppure
oscure. Visto però dallo spirito è del tutto differente. Un po’ difficile per
te, perché ti manca ancora la preveggenza. Tu però la raggiungerai facilmente e
ti diventerà chiaro ciò che è ancora oscuro.
62.
Le notti di creazione di Dio sono il contenuto delle Sue Magnificenze, della
Sua Onnipotenza, della Sua intera Essenza. E da queste Egli tirò fuori l’Opera
Sua, tirò fuori il popolo dei figli. Ma poiché in e presso di Lui stesso tutto
è Luce, nel riflesso noi abbiamo anche i giorni luminosi, la stupenda luce del
Sole, lo scintillio dorato delle stelle.
63.
Adamo si nascose dietro un fitto cespuglio e pensò: ‘Dio non vede
nell’oscurità’. Sbagliato! Volersi nascondere, fare del male, tutto ciò che
infrange la santità di Dio, – vedi, questo è oscuro. Qui per la salvezza di
tali persone è rovesciato: la Luce di Dio non cade dentro; ognuno deve uscire
dalla sua tenebra, come Adamo dal cespuglio.
64.
No!”, Giovanni respinge il pensiero, se Dio non possa mandar luce nella
tenebra, “La Mano dell’Onnipotenza si stende, Egli esclama ad Adamo: ‘Vieni
fuori!’. Questa per gli smarriti è quella Grazia immeritata che – è da
recuperare per la loro benedizione. Se ancora su questo mondo, se nell’aldilà,
per l’Altissimo non esiste tempo, ma ben per ognuno che deve percorrere la via.
Compreso bene, non è vero?”.
65.
“Pressappoco; ma con l’aiuto di Dio riconoscerò la salvezza”. Questa è
aperta confessione. Ora splende già la luce mattutina nella torre. “Che cosa
facciamo adesso col solitario?”, chiede il tribuno. È inteso il duumviro. “E
per quanto tempo vuoi e puoi rimanere, Aurelius?”.
66.
“Preferirei il più a lungo possibile, purtroppo non si può”. – “Rimani qui
una settimana. Claretus tenterà di corrompere un pescatore, il quale lo
denuncerà a Cornelio. Che la fuga non riesca, gli darà da pensare. Egli,
infatti, intuisce precisamente che a lui minaccia la morte, per lo meno
l’esilio. Spera segretamente con timore, se tu non lo aiuti lo stesso. Dagli
seriamente una mano…”. – “Lo farò! Egli è una testa di rapa senza uguali;
dovrebbe accorgersi che da solo corre nella più sicura rovina”. – “Il suo
orgoglio è la barriera che difficilmente supererà. Ti dico una parola,
Aurelius: Creta! Usa grande prudenza, sta attento!”.
67.
“Non puoi dire quello che succederà?”. – “Sì, ma credi saldamente nella
conduzione di Dio”. Si cerca di dormire ancora un poco, ma presto ci s’incontra
sulla spiaggia, quando il Sole sale dalle onde. La settimana passa con molti
discorsi ed è ricca di molte benedizioni.
68.
Talvolta il duumviro sta ad ascoltare seccato. Che la fuga non gli sia
riuscita, è colpa del ‘galileo’. Quale romano incallito egli lo nega. Arriva il
giorno della partenza. Aurelius stringe a lungo la mano del veggente e scruta
nei suoi occhi: che cosa sarà? Questi accenna in Alto con la mano destra, dove
s’inarca il cielo lucente e si rispecchia nelle acque quiete.
69.
“Non dimenticherò mai ciò che mi hai insegnato”. Al romano sembra come se
debba uscire dal paese della pace. Cornelio è abbracciato e a tutti è data la
mano da colui che parte. I pescatori portano del pesce ben essiccato. Il duumviro
sta in disparte, Giovanni va da lui e dice:
70.
“Ti auguro dalla Grazia di Dio che tu non ti rovini. Sottomettiti ad
Aurelius, lui ti potrà aiutare se tu …”. – Claretus presume ciò che c’e ancora
da dire. Ma si volta, saluta soltanto il tribuno e va sulla nave capofila, con
la quale è venuto Aurelius. Le altre galee seguono in formazione compatta. In
questo modo s’impiegano meglio, se c’è bisogno dell’aiuto reciproco. E non
passa molto tempo che questo sarà necessario.
71.
Alla sera vengono nella torre il tribuno, Sejananus, Cronias e Scubatus.
Qui sono sempre indisturbati, Il giovane Stefano veglia, e provvede per un buon
vino. Si parla dei giorni passati; la gioia per il senatore prevale. Soltanto,
a Cornelio dà da fare la cattiva aggressione del duumviro. Egli ancora non lo
fa notare. Tuttavia il medico lo ha guardato scrutando parecchie volte al
giorno ed ha pensato: egli è malato.
“Come sarà il ritorno a casa di Aurelius?”, si domanda.
72.
“Dovete sapere”, comincia Giovanni. “Aurelius lo scriverà più tardi;
allora vedrete che è giusto”. – “Ti prego”, esclama il capitano, “non abbiamo
bisogno di nessuno scritto per credere ciò che vedi!”. – “Va bene”, fa cenno
Giovanni amichevolmente, “ma meglio è se ascoltate la relazione. Fino a poco
prima di Creta il viaggio di ritorno si svolge bene, ma hanno osato di nuovo
farsi avanti i pirati ed hanno preso d’assalto le vostre navi prima che si
vedesse Creta. La guardia costiera quindi non lo nota, e non può andare in
aiuto.
73.
Soltanto – qui predomina l’altro Aiuto. Essi per vero si devono difendere
duramente, alcuni sono gettati in mare, una nave incendiata, ma i predatori
sono vinti. Uno dei più valorosi è Claretus. Lui stesso ha arrembato due navi
pirata.
74.
Da ambo le parti si lamentano vittime. I predatori sono trascinati dietro
insieme alle navi. Io lo descrivo come se fosse già accaduto; ma si svolge
soltanto dopo giorni di buon viaggio. Ed ora la cosa più importante che ci sta
a cuore: il duumviro è da salvare? Come uomo, soprattutto la sua anima –?
75.
Quando sbarcano, i ladri del mare sono incarcerati, lì si trovano quattro
sbirri con rotoli imperiali sigillati: ‘Il duumviro è da portare a Roma con
ignominia!’, continuo a dirlo così come se accadesse ora: egli sta lì cinereo,
ma orgoglioso, e non osa chiedere ad Aurelius di parlare per lui. Non ce n’è
bisogno. Questi prende il rotolo imperiale e dice al comandante che guida il
reparto:
76.
‘Da Patmos, Claretus è sotto la mia protezione. E che: lui ha vinto
la battaglia. Per primo ha scoperto e ha anche riconosciuto le canaglie, è
stato bravo al fianco mio, mi ha preservato da una caduta, ha collaborato a
spegnere l’incendio e fatto molto. Io informo. Finché non giunge un altro
ordine dell’imperatore, il duumviro rimane – non diminuito – sull’isola. Voi
rimanete qui per sua protezione come guardie. Ci sono stati all’opera degli
invidiosi di Claretus. Io salperò domani; il mio scritto e ciò che ho da
riferire verbalmente, volterà tutta la faccenda’.
77.
‘Prendi tu sulle tue spalle’, chiede il comandante, ‘il fatto che non
abbiamo eseguito l’ordine?’. –‘Voi siete liberi!’. Stupito sta il duumviro lì
vicino, non cede d’uno sguardo dal suo salvatore. C’è ancora soltanto la
preoccupazione, se il tribuno farà rapporto, come lui – Claretus – lo ha
trattato. Detestabile! Quando lo stesso giorno ancora siede insieme ad
Aurelius, gli domanda se il senatore riferirà di Patmos oppure – se lo farà
Cornelio.
78.
Aurelius gli parla in coscienza, ma riferirebbe soltanto che il controllo
si è svolto secondo l’ordine. E Cornelio –? ‘Lui è diventato da tempo un vero
cristiano, egli tacerebbe verso chiunque la violazione’.”. Cornelio
appassionato fa cenno col capo. “No, cosa che neanche io faccio! Perché? Allora
verranno tutt’al più altri qui, per ‘controllare il controllore’!”.
79.
Dice Cronias: “Può essere così”. – Giovanni rivela ancora: “Claretus
domanda ancora su di me. Aurelius gli accende un lume, finché questi prega
seriamente: ‘Aiutami mediante questo Dio che i cristiani chiamano GESU’, il
Salvatore e Guaritore e nel Quale, mi sono accorto, hai imparato a credere.
80.
Io rimango qui, finché potrai cambiare tu la mia faccenda. Se ti riesce,
allora – voglio credere in Gesù’. – ‘Soltanto allora?’, si domanda. Ci vuole un
po’ di tempo prima che Claretus torni in sé. L’accaduto, la sua paura, non
ultimo ciò che ha vissuto presso di noi, lo volta al bene. Egli confesserà:
‘Non soltanto allora, vorrei venire subito alla fede’. Come si rallegrerà
Aurelius, ed ora lui stesso può promettere dalla certezza che s’impadronisce di
lui, di aiutare il duumviro. Questo, miei cari amici”, conclude Giovanni la sua
visione, “succederà precisamente.
81.
Ora è un grande tempo di sconvolgimenti. Da quando Dio è venuto sulla
Terra come Salvatore, l’ultimo chiavistello dell’oscurità è stato rotto,
l’ultima porta è stata aperta, affinché quelle anime che vivono ancora nel loro
carcere costruito da loro stesse, fossero da prendere e portar fuori. Non
pensate che solo con Gesù sarebbe venuto questo tempo o un tempo di
sconvolgimenti. Oh, no! È l’ultimo che Dio promosse dalla Sua santa Misericordia.
82.
Dio introdusse i tempi degli sconvolgimenti dopo la caduta, così si legge:
‘Egli, il SALVATORE dal tempo antico’ [Isaia 43, 11; 63, 16]. Anche Davide Lo
chiama il ‘Re dal tempo antico’ [Salmo 74, 12]. La cacciata del caduto,
attraverso la fiaccola della serietà, fu il primo tempo di sconvolgimento, ed
era data così, che sulla libera via il precipitato avrebbe potuto voltarsi.
Dopo di questo vennero parecchi.
83.
Su un mondo [Mallona][16]
ci furono molti tempi di sconvolgimenti fino alla dissolvimento della stupenda
stella. Sulla nostra Terra i tempi di sconvolgimenti ci furono con
l’incarnazione di alti spiriti figli della Luce. Uno fu donato qui con Adamo.
Tra questo periodo e quello del Signore ci furono molti periodi, quando i
principi si manifestarono, come avvenne mediante Giobbe, dove la Pazienza lottò
per l’anima di Satana.
84.
L’ultimo sconvolgimento è venuto con il nostro Signore e non ne esiste più
un altro. Quello che è da chiamare come ‘ultimo tempo’, è l’epilogo della
Redenzione. Questo è, per tutti i figli e le povere anime, un ‘lungo tempo’,
presso il Padre-Creatore però solo ‘metà di un tempo’ [Ap. 8, 1; 12, 14]; ma
non la metà della Grazia! Oh, no! Quindi la bontà di Dio si rivela
interamente!
85.
Allora la pienezza della Luce fluisce su tutta l’Opera, in questo caso
esiste ‘l’eterno Cielo’ di Dio, che per noi è il ‘nuovo’ [Ap. 21, 1], cosa che
significa: noi nella conoscenza siamo diventati nuovi e maturi per il Cielo,
vediamo ciò che Dio ha creato, nella Sua grande affettuosa Misericordia,
all’intero popolo di figli per la salvezza, per la benedizione e per la pace.
86.
In questo, cari amici, lasciateci credere senza vacillare, a questo ci
atteniamo saldi. Sempre sia con voi e con tutti noi
‘La Grazia e la pace di Colui che è, che era e che
viene!’.”. [Ap. 1, 4]
[indice]
۞
Le profezie si adempiono – Dio Pastore e Medico – L’ultima ora di
Cornelio – L’Alta Luce – Nessuno ha un Amore più grande
1.
È passato metà dell’anno. Aurelius ha
inviato due messaggi. Quello che Giovanni aveva anticipato è avvenuto parola
per parola. Il senatore ha dato seguito alla grazia di Claretus, mettendo molto
in evidenza la ‘vittoria sui pirati’. Lo stesso ha dovuto sopportare
pazientemente un trionfo, ma per il resto si tiene quanto più possibile
indietro dal servizio, va spesso da Aurelius, presso il quale s’incontrano di
nascosto alcuni cristiani.
2.
Su Patmos ci si rallegra molto, soprattutto perché ‘di nuovo è entrata
lentamente una pecorella nel giusto ovile’, dice Giovanni. Ora però ci si
preoccupa molto per Cornelio, il medico si dà molto da fare. “Manca il vecchio
pastore; peccato, avrei imparato ancora molto da lui. Prima lo deridevo per
invidia, perché lui poteva aiutare dove io fallivo totalmente”.
3.
“Deve dapprima albeggiare la conoscenza”, lo consola Giovanni. “Tu eri
nelle vostre scuole, il nostro pastore in quella del nostro DIO, e
questa si chiama ‘natura’! Qui s’impara incomparabilmente di più che nelle più
alte scuole di questo mondo. Per te, nonostante la fede, tutto è troppo ancora
materia. Tuttavia, in ogni cosa che vedi e – in ciò che noi uomini non possiamo
per nulla vedere, è esistente lo Spirito del Dio Creatore, l’Essenziale, senza
il quale nessuna sostanza esteriore esisterebbe.
4.
Tu non lo sospetti, cosa che non danneggia, ma intanto ci rifletti, e
questo è bene – per te e per la carica che Dio ha messo nelle tue mani. Guarda
l’esempio: Dio è il Pastore [Giov. Cap. 10] ed è medico [esodo 15, 26]. Egli è
entrambi, il dono, affidato ad alcuni uomini, può aiutare con la Sua Grazia.
5.
Hai pensato che il pastore avrebbe potuto aiutare se vivesse ancora. Lui è
tornato a Casa sotto la benedizione di Dio, e il nostro amico Cornelio”,
Giovanni deve inghiottire il male del mondo a causa dell’amore, “va a Casa
oggi, sotto la benedizione di Dio”. – “Già oggi?”. Il medico poggia la sua
fronte in entrambe le mani. “Me ne sono accorto; gli posso procurare soltanto
poco lenimento. È enormemente coraggioso, nonostante il dolore; io lo noto. Qui
la domanda: Cornelio ha fatto sempre del bene, è diventato un cristiano, ha
amato il Signore, ha protetto te e altri, ha seguito il Maestro, perché – sì,
perché deve ora soffrire?”.
6.
“Non è semplice penetrare nella Verità: ‘Come può un Dio della bontà …’.
Ci si dimentica che, non per ultimo, nella sofferenza c’è da ricevere la più
grande benedizione. In genere – le eccezioni esistono ovunque – persone ricche
e altolocate nel mondo non sono inclini ad affermarsi nella fede – attraverso
il sacrificio.
7.
Non la fede dei giudei, non soltanto la magnificenza del Signore, che Egli
ci ha insegnato, no, in ogni genere di fede sta la dottrina del sacrificio; se
per lo più intesa per i rappresentanti di una dottrina, di un clero, allora
viene con l’appello di ricordarsi dei poveri. Quest’ultimo è l’ostacolo per la
maggior parte dei ricchi, i quali danno soltanto se c’è da portare a casa un
guadagno o anche soltanto per l’onore dinanzi alla massa.
8.
Vengo al nocciolo della tua domanda, come questo sarebbe da collegare con
i dolori di Cornelio. Chi deve sopportare tale sofferenza e disagio,
soprattutto l’autentico credente, li porta meno di tutto per sé. È Grazia di
Dio, se con ciò sono da pareggiare dei peccati commessi da se stessi. In
prevalenza, sono pareggiati pesi estranei, perché la vita non comincia solo nel
mondo, dove noi dalla sollecitudine possiamo a priori aiutare una povera
anima.
9.
Questo è il ‘servizio del consacrificio’. Di questi ce ne sono molti. Il
‘Servizio del sacrificio principale’ che esiste solo una volta,
dall’inizio della caduta fino all’ultima anima che è da riportare a Casa, se
n’è incaricato l’Altissimo stesso, e in ciò non esiste altro portatore di
sacrificio che unicamente Lui! Soltanto – per chi fa Egli dunque questo?
10.
Per il figlio precipitato, per i caduti insieme a lui, per tutti quelli
che sono caduti nel male, per ogni guaio nella materia! Così ha scritto Isa-i
[Isaia] circa settecento anni fa, prima che il nostro Dio venisse come
Salvatore sulla Terra:
‘Nondimeno, Egli portò le nostre malattie e caricò
i nostri dolori su di Sé’.
E: … ‘è stato trafitto a causa dei nostri peccati’. [Isaia 53, 4-5]
11.
Dio non ha bisogno di portare per Sé nessun sacrificio; altrimenti
non sarebbe Dio! Egli, per tutti, ha portato sofferenza e dolore, per
riscattare i peccatori attraverso l’alta somma di riscatto: il GOLGOTA!
Soltanto come ho insegnato io: non solo lì accadde il servizio del
sacrificio, no! – Questo era dell’alto sacrificio di Dio quell’ultima parte,
che nel LUSTRUM ha incluso tutto in Sé. Il profeta disse giustamente ‘portò’!
La forma usata del passato di Dio, include il Suo presente insieme al futuro. E
questo, per noi!
12.
Quindi un figlio di Dio sul suo sentiero può prendere su di sé qualcosa
per altre anime. Nella sua sofferenza Cornelio pensa chi gli era spesso contro
e che doveva anche sopportare in pazienza, perfino il cattivo Caifa. Costui non
del tutto, oltracciò il Salvatore è per lui troppo amato, ed egli mormora: ‘O
Signore, perdonare puoi soltanto Tu, anche le mie mancanze’.
13.
Ora andiamo da lui. Predisponiti! Sperimenterai molto, la pesantezza del
mondo, il Santo del Cielo”. In cerca d’aiuto, il medico afferra la mano del
veggente. “Che cosa dovrà essere di noi?”. Giovanni si volta verso di lui. “Dio
ci ha messo Cornelio come fedele amico per questo mondo; il miglior Amico è il
nostro SIGNORE! Egli non toglie da noi la sua Grazia!”.
14.
Entrano in silenzio nella casetta. Sono presenti Sejananus, Cronias,
Scubatus e una donna dell’isola, la quale assiste amorevolmente l’ammalato. Gli
uomini stanno lì impacciati; vorrebbero aiutare, ma come? Ognuno sente che va
verso la fine. Si fa posto a Giovanni, il quale si mette a sedere presso il
giaciglio. Cornelio spalanca gli occhi, in questi lottano l’un con l’altro,
gioia e dolore.
15.
“Quando starò dinanzi al sommo Giudice, quando vedrà tutti i miei peccati
…”. Giovanni stringe le mani diventate deboli e sorride amorevolmente. “Vuoi tu
sentire la verità?”. – “Sempre!”, esce faticosamente dalla bocca del malato.
Cerca di tirarsi su. “Rimani coricato, e pensa di essere in ginocchio dinanzi
ai piedi del Giudice. Prima ti porto una consolazione; e se ti senti liberato,
allora il tuo ritorno a Casa sarà pieno di Luce e Grazia. Tu sai che devi
lasciare il mondo?”. Un piccolo sospiro.
16.
“Sì, Giovanni. Sono contento, allora LO rivedrò, cosa che è la gioia
dell’anima mia. Ma quanta ingiustizia ho commesso? E mi tormenta: che cosa sarà
di voi? Oh, certo, il SIGNORE è il nostro Pastore [Salmo 23]. Penso tuttavia a
Roma…”. – “Non pensarci”, è alleggerito, “hai trovato la buona fede, ti sei dato
al Signore con tutto il cuore, allora nulla è sbagliato. Consolato, puoi
attendere l’ora quando Lui verrà per portarti a Casa”.
17.
“Portare a Casa me – ? O Giovanni, questo certamente mai lo avrei
meritato!”. – “Dio fa i Suoi miracoli come vuole, anche se noi li vediamo così
raramente, non li riconosciamo, spesso soltanto dopo. Egli ha porte aperte,
finestre aperte – ha sempre aperta una Mano paterna! Questa ti si tende
incontro, afferrala e tieniti stretto a questa”.
18.
“Quale consolazione!”. Cornelio si aggrappa al veggente, come fosse il
Salvatore stesso, presso il quale poté trattenersi di frequente, e
frequentemente lo benedisse. Ancora passa un’ondata di dolore attraverso il
corpo, ma nessun lamento esce dalle sue labbra. Giovanni gl’impone entrambe le
mani. Allora è all’improvviso come una scossa, il corpo rannicchiato si mette
diritto, lo sguardo diventa chiaro. Cornelio non sente più nessun dolore;
soltanto la sensazione della malattia, saldo rimane il sapere per l’ultimo
tempo terreno.
19.
“Questa è stata la mano del Maestro che mi ha aiutato”, sussurra il
tribuno. L’ultimo pezzo della sua anima cade nella Luce del Cielo. Là la porta
si apre e si chiude. Non si sente e nemmeno si vede, ma ci sono dei passi che
vanno verso il giaciglio. Giovanni piega le sue ginocchia, lo fanno anche gli
altri, ed ora – vedono una Luce, come una forma. Su tutti passano dei brividi.
“È Lui”, giubila il discepolo di Gesù silenziosamente nel cuore, e “Egli viene
da me che certamente …”, addolorato, Cornelio si copre il viso. “Sono indegno,
indegno!”, si lotta dal più profondo petto.
20.
La donna del pescatore è indietreggiata fino alla porta, lei vede ancora
soltanto la Luce, il medico vede la figura come leggermente sfocata. Non sono
queste lacrime che scorrono dai suoi occhi? E ai romani non va diversamente;
essi, proprio non si accorgono che stanno piangendo. Ora, la voce, morbida,
così cara, santa, meravigliosamente sublime. Nessun vento, per quanto soave,
può accarezzare un uomo, come lo può la voce di Dio.
21.
“Se tu sei indegno di vederMi, lascialo decidere a Me, al tuo Salvatore,
al tuo Dio! Tu Mi hai chiuso amorevolmente nel tuo cuore come pochi del popolo
al quale Io sono venuto per tutti i popoli, Mi hai adorato e Mi hai servito,
dando ai molti poveri e fedeli il tuo aiuto, che veramente era il Mio
Aiuto. Dal giorno che sei giunto alla conoscenza, ti sei sforzato di adempiere
il beatificante della Mia Dottrina.
22.
Ad un uomo nel mondo mai riuscirà completamente. Ma che cosa domando poi
IO?! Io guardo com’è costituito il cuore e la volontà. Se non trovo nessun
errore, secondo la Mia benevolenza, allora cancello la ‘parte
difettosa’. Ora non pensare a Caifa, con il quale ti vuoi aggravare dinanzi a
Me. Costui dovrà portare da sé i suoi peccati, e gli sarà amaramente difficile,
come altri anche, avvicinarsi fino all’ultima resa dei conti, che si chiama
GRAZIA.
23.
Tu hai portato parecchio peso volontariamente; soltanto, non pensare che
il tuo letto d’infermo sia una punizione da parte Mia. No, figlio Mio, nessun
uomo è punito così! Vedi, Cornelio, alcuni si sono preparati da sé il
loro povero giaciglio. Io non punisco, Io guido soltanto, affinché
l’anima sia purificata attraverso il dolore. Ricorda: IO so che cosa è
giovevole ad ogni figlio.
24.
Vuoi tu che Io ti debba liberare? E che ti elevi a Me nel Mio Regno, del
quale Io parlai a Pilato, ‘esso non è di questo mondo’?”. – “Signore, io non
so, come mi va. Tu sei venuto da me che prima ero un pagano! Mi hai solo
toccato attraverso il Tuo grande angelo (Gabriel-Simeone) e tante volte ho
inciampato, quando …”.
25.
“…quando l’ingiustizia di certi malvagi t’irritava, sebbene con la calma
si poteva aiutare di più. La forza, per questo, figlio Mio, deve dapprima
essere data da Me, ed Io te l’ho data, tu lo sai bene. Chi usa la forza con
gratitudine, allora questo per Me vale come ‘fatto da se stesso’. Tu ne sei
stato capace, per lo meno nell’ultimo terzo del tuo tempo terreno. Io lo guardo
poi come un ‘tutto’. Ti può bastare questo?”.
26.
“Maestro, fa di me quello che vuoi Tu. Lasciami la sofferenza, finché l’anima
si doni totalmente a Te. Liberami, portami nel Regno, tutto come vuoi TU e
com’è previsto nel Tuo Piano di Salvezza per me. Nelle Tue mani metto la mia
vita, nella morte, che sta al mio giaciglio”. Una testimonianza meravigliosa.
Tutti sono scossi, si osa appena respirare; infatti, adesso essi vedono il
Signore, per il Quale ognuno ha un ardente desiderio: – poterLo contemplare una
volta solamente – –.
27.
“È l’angelo della Vita”, dice amorevolmente Dio, “Io non conosco nessuna
morte! Ciò che alla fine della vita è descritto come morte, è il cambiamento;
qui l’uomo entra nella Vita vera e propria, nella Vita spirituale, Vita che era
prima e rimarrà in eterno. Non hai bisogno di vederlo, ma egli è lì, il tuo
angelo guida, che ti porta a Casa nel Regno del Padre. Sei pronto ad andare con
lui?”.
28.
“Sì, Signore, solo devo ancora confessare la mia colpa, allora mi sarà più
facile affidarmi a lui. A TE, Signore Gesù, mi raccomando. Avvolgimi nel
perdono, nella Tua Grazia”. A questo punto piange perfino Giovanni. Oh,
l’amico, il fedele, e portato a Casa in quel modo così meraviglioso dal
Signore, e tutti quanti hanno la Grazia di vedere Lui ancora una volta in
questo mondo.
29.
Egli si tiene saldo al mantello di Dio. Lo colpisce lo sguardo che il
Signore spesso lascia cadere su di lui. Tutti quanti sono beati. Nel frattempo
il Signore si china. È un bacio che tocca la fronte del morente? Un’alzata
d’occhi, infinitamente beato e un lungo respiro che corre alla sponda
dell’aldilà.
30.
Colui che lottava con coraggio nello Spirito e nella Verità – giace lì
pacificamente. Ancora un po’ e il tribuno è già un libero figlio di Dio, al
quale dà l’impronta la gioia del Cielo. Il Signore si gira, e il Suo volto
splende di bontà, così che nessuno degli uomini rudi, né la donna, il veggente
meno di tutti, riescono a reprimere un singhiozzo. Essi si schierano intorno a
Lui, inginocchiati, qualcuno afferra furtivamente l’estremità del santo
mantello. Con soave sorriso il Salvatore guarda, e dice:
31.
“Siete stati fedeli, come il figlio”, la Sua Mano indica il pacifico
dormiente, “anche tu, figlia Mia”, la donna non ha osato venir troppo vicino,
“quindi vi voglio dare questa sera ancora una Parola di Grazia. Fate prima ciò
che richiede il mondano, e portate l’esteriorità del figlio nel luogo della
pace, ciò che è anche una testimonianza del Regno Mio.
32.
Potete essere tristi; Cornelio era per voi un fedele amico, uno come ce ne
sono pochi, solo non così raro, per non venire attraverso questi il Mio aiuto
ai figli della materia. Quando calerà il Sole, quando la notte apparirà col suo
esercito di stelle, allora ritornerò, per quest’isola ancora una volta. Dirò
allora, perché metto in rilievo questo”.
33.
Non si vede come il Signore sia andato. Questo deriva dal fatto che l’uomo
mai potrà afferrare completamente la sublimità dello spirituale. Non è una
mancanza; il Sublime rimane riservato al Regno della Luce. L’irradiazione che
da ciò viene data alla materia, è una misura pienissima della grande
misericordia di cuore.
34.
La donna del pescatore deve essere calmata. Lei è agitata come sotto
l’effetto della febbre. Balbetta: “Come vengo a questo che io …”. Sejananus la
stringe al suo largo petto. “Quello che tu pensi, vale anche per noi uomini.
Giovanni sta soltanto più avanti, egli è anche il veggente di Dio. Grazie a lui
è stato possibile vedere e sperimentare il Signore, per noi, questa è stata la
prima volta. Non riesco a comprendere, non entra nella mia testa…”. – “…ma è
entrato nel tuo cuore – per tutti”. Giovanni indica ogni singolo presente.
35.
“È giusto, nessuno ha la precedenza, nemmeno io. Non ha nulla a che fare
con ciò che io ho da compiere. E tu, cara Horpha, hai servito così fedelmente,
sei stata presso il nostro buon amico giorno e notte – sì sì, una donna può
questo meglio di un uomo, così in generale, e quindi ti sei meritata il posto
presso il Signore.
36.
Ora vogliamo fare l’ultimo servizio, preparare il luogo per l’amico, dove
il perituro deve trovar la quiete. Qui non si ha bisogno di dire: ‘lasciate che
siano i morti a seppellire i morti’, perché non facciamo lutto per la morte, ma
possediamo il santo modo di vivere di Dio, la Sua Parola, la Sua bontà, la
certezza che l’Eternità ci attende con la sua Vita”.
37.
Cronias porta l’armatura del tribuno. La s’indossa a lui e vi si pongono
le armi e anche le sue onorificenze. Non fatto per il povero onore di questo
mondo, ma per l’onore dell’amicizia. Anche il veggente lo considera così.
Scubatus nel frattempo è andato via a cavallo, ha mandato qui alcuni pescatori,
i quali nel ‘luogo della pace’ preparano per Cornelio l’ultima cameretta.
Procede con la cavalcata. Un’ora prima del tramonto si vuol portar l’amico al
sepolcro.
38.
Tutti gli isolani sono sbigottiti, perché qualcuno non possiede
completamente salda la fede nel Salvatore, per affidare fiducioso a LUI il
resto. Essi esternano anche la domanda del medico: “Che cosa sarà di noi?”.
Scubatus tranquillizza quanto meglio può: “Aspettate questa sera; verrete a
sapere che il nostro Dio non va via da noi. Egli sa aiutarci in ogni tempo”.
39.
Seguono con lo sguardo il cavaliere. “Hm, sì”, dice un uomo più anziano.
“Dal battesimo attraverso il discepolo di Gesù, in me molto si è cambiato; e se
non si dovesse fare i conti con molto male – come abbiamo sperimentato poco
tempo fa con il duumviro, direi volentieri di tutto cuore: il Salvatore non ci
lascia soli. Egli ci ha promesso la Grazia, e ciò che Lui promette, anche lo
mantiene!”.
40.
Si va singolarmente e a gruppi verso il luogo del sepolcro, dove giace già
Nicodemo. Si attende con pazienza, finché arriva il corteo funebre, come dice
la bocca del popolo. Davanti va Giovanni, egli ha un rotolo nella mano. Sei
legionari dietro di lui portano su una bara il tribuno. Egli giace nei sudari,
ma non è ancora coperto. Ognuno lo deve vedere ancora una volta, deve toccare
la bara come ultimo saluto, soltanto allora è coperto, per il mondo, ma
scoperto per il Regno dell’Eternità.
41.
Questa è la Parola del veggente proveniente dalla Scrittura. Prima,
passano i molti uomini silenziosi davanti alla bara, le donne piangono, non pochi
uomini si schiariscono la gola, vorrebbero reprimere le loro lacrime e qualche
goccia cade su una barba grigia oppure su una mano. Con la bara si porta il
tribuno nella sua cameretta. Essa rimane ancora aperta come un segno: l’amico
sentirà tutto, anche le parole d’addio di Giovanni. Che egli non pianga, gli
costa fatica. L’addio –? Oh, no, ci rivedremo, appena Dio chiama ognuno in
Patria. Ed egli dice:
“Io vi lascio la Pace, vi do la Mia Pace.
Io non vi do come dà il mondo.
Il vostro cuore non si spaventi e non tema”.
L’apostolo tiene nella mano il
rotolo scritto. “È l’ultimo”, egli dice, “che ho scritto ieri di tutto il
magnifico della Vita del Salvatore, quello che io stesso ho sentito e ho visto
in tutto il Suo operare [Giov. Cap. 14].
42.
Voi siete stati in angoscia, cari amici, perché il fedele custode ci ha
lasciato. Ma la Pace che il SIGNORE sa dare, rimane con noi, mai cederà da noi,
come noi non vogliamo cedere dalla Dottrina di Dio. Conserviamo la Sua Parola
in noi [Giov. 15,7] allora siamo in Lui, al sicuro sotto la Sua protezione,
come Lui ha assicurato.
43.
Io lo comprendo bene, e il Salvatore lo guarda clemente quando vi
scoraggiate, perché i figli di questo mondo causano molto male. Noi l’abbiamo
visto; soltanto – non abbiamo anche sperimentato l’aiuto del nostro Signore?
Non è venuta subito la Mano dall’alto, attraverso buoni amici, amici che Lui ha
inviato. Ci ha colpito finora un male? Non era tutto una conduzione piena di
Grazia ogni prova che doveva fortificare la nostra fede, il nostro amore e la
speranza…? Voi fate cenno col capo, cari amici isolani, e fate bene.
44.
Oh, il Signore ha donato la Sua pace, ci ha avvolto in essa come in un
mantello. Quando Egli disse: ‘Io non vi do come dà il mondo’, allora possiamo
riconoscere: nessuna ricchezza, nessun povero onore, nessuna gloria, che quanto
è effimera e cade dagli uomini, come in autunno cadono dagli alberi le foglie.
Di questo non possediamo nulla. Per questo abbiamo però ottenuto in cambio la
pace della Luce, e questa è eterna, quando il mondo e il suo movimento
sarà da tempo passato, disperso, soffiato via, come il vento disperde il secco
fogliame.
45.
Ecco qui”, Giovanni indica il dormiente nella cameretta. “Abbiamo il santo
simbolo: il corpo del mondo, la materia peritura, non si può più muovere, non
può più far nulla; ma lo spirito insieme all’anima sono già risorti non appena
il nostro amico ha chiuso gli occhi. Se così non fosse – come avrebbe potuto il
SIGNORE dell’eterna Vita venire a prendere un morto…?
46.
Nel Regno della Luce non esiste nessuna morte, presso il Creatore di ogni
pienezza di Vita non esiste nessuna scomparsa. Qui non esiste neanche un sonno,
nel quale lo spirito non sapesse nulla di sé. Già un Giobbe, nel tempo antico,
prima che Dio venisse sulla Terra come Salvatore, ha riconosciuto:
‘Io so che il Mio Redentore vive!’ e:
‘Dopo che questa mia vita sarà smembrata,
io vedrò DIO senza la mia carne!’. [Giobbe cap.21]
47.
Noi l’abbiamo visto: quando Cornelio, infatti, ha chiuso gli occhi sotto
la mano di Dio, aveva all’improvviso un altro aspetto. Tutti hanno potuto
riconoscere che il volto diventato umanamente vecchio, ora appariva giovane,
così bello, come non lo è per nulla un uomo sulla Terra. Questo è il segno
dell’eterna vitalità ed è spesso impresso perfino ad uomini cattivi, anche se
non così puro, come puro era da vedere Nicodemo. Anche lui aveva un aspetto
giovane e gentile. Egli entrò nella ‘Casa del Padre’ completamente trasformato.
48.
Questa è la nostra grande consolazione: non abbiamo bisogno di temere
nessuna morte, non abbiamo bisogno di rattristarci al di fuori del lutto del
nostro cuore. Le nostre lacrime sono il legame d’amore per il ritornato a Casa.
La separazione per il mondo è solo un soffio, è come un vento serale che ci
guida nel grembo di notti piene di benedizioni
49.
Queste sono le notti di DIO, riempite di benedizione e delizia superiore.
Non vogliamo più portare il nostro lutto all’amico nella sua ultima dimora
terrena, anche se Dio l’ha benedetta. Pensate alla pace che il Signore ha
promesso e concessa, pensate che Egli rimane sempre con noi, come la Sua Parola
è in noi e noi in LUI!
50.
Afferrate il commiato del mondo, serbate il nostro caro amico nel vostro
animo, ed io sono certo: l’incarico che il SIGNORE diede a lui nelle mani, di
proteggere voi e molti come anche me, mediante la forza del Signore, non è
ancora terminato. Dall’aldilà egli sarà il più presto possibile di quando in
quando con noi, anche se non lo vediamo e, non ce ne accorgiamo; ma in ciò che
accadrà ancora per noi in questo mondo, sperimenteremo l’aiuto del nostro
sublime Signore”.
51.
Giovanni entra per primo nella tomba, sfiora la bara e le mani
dell’addormentato e dice a bassa voce: “Io ti saluto!”. Uno dopo l’altro fa
come lui, ognuno mormora in silenzio: ‘Io ti saluto!’. A Scubatus è
dolorosamente difficile chiudere i sudari, anche ai pescatori che chiudono la
tomba. Il giovane Stefano si lascia portar via dal luogo soltanto a fatica.
“Lui è sempre stato buono con me”, piange a dirotto, “voglio vegliare presso di
lui!”.
52.
Sejananus si prende cura di lui. “Vieni! Solo il corpo giace nella tomba,
non hai bisogno di vegliare. Cornelio sarebbe triste se non ci segui. Non hai
sentito che il Salvatore vuole ancora venire da noi?”. Alla fine il giovane va
con lui. Il Sole, come di solito rosso oro, è calato all’orizzonte del mare, e
nonostante ciò si pensa che raramente abbia brillato in maniera così
meravigliosa come oggi. Del tutto intelligibile: un ultimo raggio scivola sulle
acque, colpisce l’isola della pace come un saluto dalla lontana Eternità. –
53.
Ora si trovano nella recinzione che è stata eretta presso la torre, perché
la torre non offre spazio a tutti, quando Giovanni tiene un raccoglimento.
Sotto la maestosa cattedrale celeste di Dio, dove splende l’esercito di stelle,
regna una quiete come in genere il mondo non conosce. Si sente solo la risacca
del mare come una ninna nanna, soave e buona. E quando si sono radunati, dalla
vicina collina, sulla quale sta quasi sempre la guardia costiera, viene giù la
LUCE, nella forma, come era apparsa presso il giaciglio di Cornelio.
54.
Giovanni la vede così, come quando il Salvatore andava per le contrade, e
nonostante ciò c’è qualcosa di diverso. È da chiamare, più Santo? Oppure –
aveva Dio, nella Sua Essenza di Salvatore, soltanto coperto il Santo, affinché
gli uomini potessero in fiducia venire a Lui? Oppure – è Giovanni cresciuto
spiritualmente, così che vede Dio, come si mostra ai Suoi spirituali figli
della Luce? Già sta Egli in mezzo a loro.
“Nessuno ha un amore più grande di colui
che lascia la sua vita per i suoi amici!”. [Giov. 15, 13]
Meraviglioso, santo, così dolce e,
lo stesso, così forte, come una profonda campana suona la voce di Dio e tocca
gli uomini fino a limpide lacrime. Oh, Cornelio, l’amico, il fedele, fino
all’ultimo si è sacrificato per tutti, e anche un ‘lasciar la vita’, fu una
dedizione fino all’ultimo. Ora, ancora commossi dal cammino fatto fino alla
tomba, la Parola di Dio penetra nel loro animo. Non c’è nessuno, nemmeno il più
rude pescatore, la cui anima non tremi rabbrividendo. E Dio dice:
55.
“Figlioli Miei! Siete ancora oppressi, perché il sostegno che il fedele
amico era per voi, è andato via; e così sareste del tutto senza protezione.
Comprensibile, se pensate umanamente. Non avete riconosciuto che sull’intero
mondo e il suo cattivo operare si trova un PADRE, il quale tiene ogni destino
nelle Sue Mani?
56.
Il Mio apostolo”, Dio indica Giovanni che Gli sta vicino, “non vi ha
insegnato che IO so aiutare in tutte le cose? Sia che Io stesso porti il Mio
aiuto, sia che lo guidi attraverso i fedeli: Io sono di tutti l’Amico più
fedele, perché ho dato la Mia Vita terrena per redimere ognuno, per preparare
ad ognuno il suo ritorno a Casa, quando batte per lui l’ultima ora sulla Terra.
57.
Perciò ho scelto la Parola che Giovanni ha messo giù per iscritto ieri con
quelle da lui scelte, e sono entrambe le Mie Parole della croce. La croce del
Golgota vi garantisce la pace, qui come un simbolo per il mondo intero,
affinché, nonostante tenebra e durezza d’animo, nella quale l’umanità è ancora
catturata e vi rimarrà ancora a lungo, esista nondimeno luce e pace, il punto
di partenza per il Mio Amore, per la Mia Parola, per la Mia benedizione e per
la pace.
58.
Non pensate di essere favoriti più di altri, i quali soffrono per amor
della Mia Parola. Il difficile e il facile, gioia o sofferenza sono cose che IO
tesso in un TUTTO, da cui sorgono le vie di tutti i figli Miei. Lo avete
sentito quando stavate al giaciglio del vostro amico quando ho detto: ‘Io non
punisco, Io guido soltanto, affinché l’anima sia purificata attraverso
il dolore’.
59.
Oh, qualcuno domanderà: se ai cattivi non accade nessuna punizione, dove
rimane la Giustizia divina? Non devono ricevere i buoni il loro salario che
promette la beatitudine? E i cattivi attraverso la punizione quella ricompensa
che li esilia nell’oscurità?! Se lo considerate secondo la vostra corta facoltà
intellettiva, allora avete ragione, appunto perché la Giustizia sa soppesare il
buono e il cattivo.
60.
Nonostante la fede, voi siete ancora presi da questo mondo, ciò che Io non
metto sulla bilancia del Mio Ordine. Con la via dello sviluppo che fu preparata
per ogni figlio, nella Luce per l’alta Gioia e per la Libertà nel recinto della
Mia Creazione, dopo la caduta attraverso la materia per l’espiazione di ciò che
ognuno ha caricato se stesso, ho preparato la compensazione, affinché ogni
azione, anzi, anche ogni parola, sia essa cattiva o buona, abbia in se stessa
la punizione e la benedizione, soltanto con questa differenza:
61.
La benedizione che un figlio viandante può guadagnarsi attraverso fatica,
attraverso dedizione a Me e alla Mia Opera, viene oltre ogni dare e avere
soltanto e unicamente dal Mio ‘Bene’, dalla Mia alta Essenzialità! Io ho
aggiunto insieme questo dal principio: dapprima da Me – tutto! – Poi
dallo spirito del figlio, e di nuovo in ultimo dato da Me, perché solo così
il figlio può dedicarsi a Me.
62.
Diverso è con la punizione, la quale proviene dal cattivo operare. Non
esiste uomo nel tempo materiale che non sente almeno una volta il moto che gli
rivela il bene. Questo, introdotto da Me saggiamente, ha la forza di scuotersi,
per uscire dal male di un’oscurità dell’anima, cosa che accade mediante la Mia
mano. Questa è poi la conduzione, perché IO non ho bisogno di punire. La
punizione sta nel-far-da-se stesso. [Giov. 12, 47]
63.
Da quando il Mio Giovanni vi ha battezzato, vi siete sforzati di strappare
lottando un cambiamento alla vostra vita ed avete fatto anche del progresso.
Quello che manca ancora, lo copre volentieri la Misericordia; voi l’otterrete,
anche se non del tutto nel mondo, e questo non è di danno.
64.
Nella Casa del Padre vostro esiste abbastanza tempo e via, per recuperare
il mancante. Chi si sforza sulla via del mondo, per purificare meglio che può
la sua anima, il suo sentimento, e lotta per giungere in Alto, dove troneggia
la fede, l’amore, la verità e il bene, a questi non manca più molto da
recuperare. E questo – per la Mia gioia paterna – vi deve essere rivelato.
65.
Qui collaborano quegli amici sui quali Io mando il Mio aiuto. Se così,
allora per la gioia di colui che ha aperto completamente il suo cuore a Me,
come lo ha fatto Cornelio. Per questo egli era quell’amico fedele che ha
pensato fino all’ultima ora terrena soltanto a voi e non a sé, eccetto in
quell’unico punto, se e come Mi potesse incontrare. Ora, egli già sa e il suo
spirito Mi ha visto. Pieno di gioia, ben disposto alla salvezza, egli prima
ripercorre la via verso quel luogo di Luce, da dove un giorno è proceduto e
dove ritrova molti che con lui hanno percorso la via, per essere presso di ME, quando
Io calcherò il mondo per la rimozione di tutte le tenebre.
66.
Il sublime è la servitù di adoperarsi per gli altri. Pari ad essa è quel
ringraziamento che è rivolto ai serventi. Io sono il Servente supremo; non per
nulla, infatti, ho scelto la Parola: ‘chi lascia la sua vita per i suoi amici’.
Qui è inteso per tutti i figli che hanno inciampato o sono perfino
caduti sul loro sentiero.
67.
Parole di
ringraziamento possono rallegrarMi, se provengono dal cuore colmo e se uno non
può ringraziare con opere per le povere condizioni della vita. Opere di
ringraziamento sono la scala del Cielo, sulla quale un figlio giunge molto
facilmente nella Luce.
68.
Chi tuttavia è in grado di ringraziare con un’opera e non lo fa, scende
dei gradini nella tenebra del suo essere, invece la parola di
ringraziamento di un povero è portata dagli angeli fino al Mio trono. Guardate
la figlia Horpha, la quale ha assistito Cornelio. Lei è povera nel mondo e non
può portare nessun’offerta; ma il suo agire stava sotto il Mio raggio. Lei ha
pensato che non sarebbe stata degna di vedere Me, di stare completamente vicino
a Me. Questo pensiero è stato la sua opera di ringraziamento.
69.
Adesso rallegratevi con colui che è tornato a Casa, il suo spirito è pieno
di giubilo. Rallegratevi innanzi tutto perché sono venuto Io, e ognuno lo tenga
stretto fino alla sua fine terrena: ‘DIO è stato da me, EGLI mi ha benedetto,
EGLI mi ha redento!’. Mantenetelo stretto nella fede, nell’amore, nella
speranza fino al tempo del ritorno a Casa di ognuno, allora avrete Me, il
Padre, sempre con voi, anche se non Mi vedete, se non sentite più le Parole
così come appunto adesso. In voi, figli Miei, Io parlo in ogni tempo!
70.
Siate benedetti! Tenete strette le Mie Parole, tenete stretta la Mia pace;
e se talvolta ancora vi minacciano tempeste, allora sappiate: IO sono il vostro
sommo Amico, Io vi aiuto in ogni tempo!”. Dio passa attraverso il gran numero
di persone, ad ognuno impone le Sue mani, tutti si lasciano cadere come steli
maturi, steli che la falce sfiora, per trovare come raccolto nel granaio del
Cielo un luogo per l’Eternità.
71.
La notte è avanzata; molte stelle splendono come non sempre si vede. Il
Posto, dove stava Dio, è colmato dalla Luce più chiara. Dura a lungo, finché
gli uomini si disperdono, finché ognuno, profondamente immerso nei suoi
pensieri, s’avvia verso casa.
[indice]
۞
Stefano, nuovo capitano – Un’aggressione e meravigliosa salvezza
– Anche un buon insegnamento
La conduzione di un’aggressione dei romani in cerca di
cristiani da portare a Roma, quale monito per riconoscere come Dio vuole si
viva, sempre, non sugli altari, ma nella vivente fede anche di fronte ai
pericoli della vita – Il ritorno di Sejananus e Claretus con cinque galee è
provvidenziale
1.
Gli anni passano in tranquillità. Nell’ampio circondario di Giovanni non
c’è più nessun isolano che non è diventato completamente credente. I vecchi
romani stanno fedelmente al fianco del discepolo di Gesù, anche dalla terra
ferma sono arrivati dei legionari che si sono introdotti di nascosto sulla
nave, quando Sejananus, come ha sempre fatto, va a prendere a Tiro quelle cose
che su Patmos mancano oppure si producono a fatica. Il vecchio lupo di mare
però è ora diventato vecchio, e da tanto tempo sta pensando chi sarebbe da
istruire come pilota di galea.
2.
Un giorno il suo sguardo cade su Stefano, il quale è diventato un uomo
forte, utilizzabile per tutto ciò che viene richiesto da lui. Gli domanda:
“Dimmi, Stefano, che cosa dovevi fare quando eri con i pirati? Per quanto ne so
io, per alcuni anni sei stato con i predatori”. La paura assale il giovane
uomo. ‘Questo non può essere che io adesso – dopo tanto tempo …’. Sejananus si
accorge subito che cosa opprime l’altro.
3.
“Oh, Stefano, da quando non hai fiducia? Non in Giovanni, non in me,
soprattutto non nel nostro caro Signore?”. – “Perdona”, frettoloso implora
questi, “temevo che dovessi andar via, e che dovessi …”. – “Ah”, interrompe il
capitano, “ecco che arriva Giovanni, lui ci aiuterà a mettere la faccenda nel
giusto equilibrio”. Giovanni corre a grandi passi, come se avesse percepito che
c’è bisogno del suo aiuto, aiuto che consiste di solito in un miglior
consiglio, non raramente mette anche in movimento le sue mani.
4.
Lui ha terminato il suo Vangelo, ha scritto anche alcune lettere a diverse
comunità, dove opera Paolo e altri apostoli. Ha confortato, rialzato, perché
molti cadono nel Moloch dei grandi smarriti del mondo; l’orrore tiene strette
le anime. La maggior parte di queste lettere sono andate perdute. Per paura,
sono state distrutte, il che è comprensibile. Egli osserva affettuosamente i
due uomini. “Che cosa c’è da considerare?”, domanda.
5.
“Vieni di nuovo al momento giusto. Richiama all’ordine il nostro Stefano.
Siccome ho domandato dei pirati, ha pensato che io lo volessi vendere ancora
adesso come schiavo”. – “Io immagino che cosa vuoi, Sejananus, e la ritengo una
cosa buona. Ebbene, ora rendi la cosa facile al nostro giovane. Venite con me
nella mia torre”.
6.
Stefano lo fa con gioia. Con le sue forti spalle porta su il veggente per
la ripida scala, ma corre via ancora una volta e va a prendere dalla taverna un
vino leggero, amato da Giovanni. “Bene, ragazzo mio”, Giovanni riempie le
coppe. “Parla!”, egli si rivolge a Sejananus.
7.
“Hmm, è così: a poco a poco comincia a pesarmi dover stare al timone di
una nave attraverso tutti i pericoli. Anche nell’acquisto di tutte le cose di
cui abbiamo bisogno, mi manca una mano ferma. I nostri rematori sono tutti
bravi e, finora, ho potuto prendere con me l’uno o l’altro senza preoccupazione.
L’ultima volta a terra, non l’ho ancora riferito, me ne sono scappati due.
Perché, chi lo sa? Di sicuro non sono andati molto lontano, li ha raggiunti
certo una cattiva sorte. Adesso però questo è secondario.
8.
I miei occhi non vedono più tanto bene, la mano non è più abbastanza forte
per tenere fermo il timone davanti al vento. Ho bisogno di qualcuno di cui
posso fidarmi, che è da istruire per la ‘Cornelia’ – essa è ancor sempre la
nostra nave migliore. La mia scelta è caduta su Stefano, perché lui …”. – “Su
di me?”, lo interrompe questi. Incredulo guarda a Giovanni e al capitano, il
suo sogno segreto – oh, deve diventare realtà? E lui aveva pensato….
9.
“Ho pensato spesso”, dice Giovanni, “che cosa sarebbe se tu non potessi
più navigare. Stefano è abbastanza intelligente da occupare il tuo posto. Di
lui possiamo aver fiducia, non è vero?”, fa cenno col capo a Sejananus. “Io
certamente ho fiducia”, dice questi subito. “Prima però dobbiamo chiedere se
anche lui lo vuole”. Naturalmente il capitano ha già da tempo esaminato se
Stefano sarebbe idoneo. Nelle riparazioni delle navi lo ha spesso chiamato e
con la conduzione di galee Stefano ha esperienza. Dovrebbe soltanto guadagnarsi
il rispetto dell’equipaggio, cosa che sarebbe possibile se durante un viaggio avesse
superato un grande pericolo.
10.
“Chiedermelo prima?”. Stefano salta dalla sua sedia. “Io – ah, oh!”.
Balbetta, ma poi riferisce tutto ciò che ha imparato presso i pirati; egli – il
fanciullo – non è stato per nulla risparmiato. Conosce il mare in lungo e in
largo, i pirati solcavano ovunque il mare, perfino oltre le Colonne d’Ercole
(Gibilterra). Quello che dice, è ben fondato. Il capitano si stupisce, è molto
se è ancora vivo. Con buone intenzioni non lo si è mai portato in mare, per
liberarlo dalla sua infanzia, ahimè così difficile.
11.
“Ho fatto un bel colpo”, sorride di compiacenza Sejananus, “e se tu,
Giovanni, sei d’accordo, prendo con me subito il ‘nuovo capitano’. Dopo domani
è previsto il prossimo viaggio. Soltanto – chi avrà cura di te?”. – “Non preoccuparti”,
lo rassicura Giovanni, “ho qualcuno tra le mani; è la figlia della nostra
Horpha che ha assistito maternamente Cornelio. Già da lungo tempo mi ha pregato
se non potesse servirmi. Di sicuro una ragazza può fare alcune cose proprio
meglio di un ragazzo.
12.
Per le vie ci sono giovani che vorrebbero solo aiutare molto volentieri.
D’accordo! Stefano, preparati bene al tuo primo viaggio. Ah – il nostro
capitano tiene una severa disciplina sull’acqua. Così deve essere. Egli lo fa
con buone intenzioni, anche se talvolta deve rimproverare. In che cosa però ti
devi preparare?”. Stefano riflette su cosa intende il discepolo. Prima pensa
alla nave, al lavoro, che cosa c’è da imparare. Ma poi – .
13.
“Devo mettere il mio servizio nelle mani di GESU’, la cosa più importante,
con la quale devo occupare la mia preparazione”. Il lupo di mare tossisce. Ah –
questa è stata una risposta proprio secondo il suo cuore. Spesso in alto mare
si è affidato a Dio, quando il suo potere serviva poco, per sfuggire ai
pericoli. E Giovanni? Egli impone le mani sul giovane capo. Suona quasi come la
buona voce di Dio: “Il Signore ti benedica! Ti sei scelto il meglio! Domani
rimani completamente solo con te stesso; parla nel cuore con il Signore, diGli
tutto ciò che hai ancora da dire. Fa i conti con te stesso, apri l’anima a Dio,
allora EGLI sarà sempre la tua mano destra”.
14.
Già alla prima parola Stefano si piega in giù, prende nelle sue mani
l’orlo del mantello dell’apostolo; e a lui è così come quella volta, quando nel
recintato Dio parlò a loro meravigliosamente. Lui, Stefano, aveva di nascosto
stretto il mantello del Signore nella bocca, mentre il suo cuore era
profondamente emozionato.
15.
Scompare fino la notte successiva. Giovanni vede in spirito il suo
nascondiglio. Sopra il sepolcro di Cornelio c’è una piccola fenditura. Là egli
prega, parla anche con il tribuno, come se questi sedesse accanto a lui. “Tu ci
hai sempre servito, e Dio parlava della Sua servitù; con il Suo aiuto io voglio
fare come hai fatto tu. Voglio servire, voglio seguire il tuo esempio.
Impegnarmi per la nostra isola, deve essere il mio desiderio supremo. Con ciò
spero di servire il nostro sommo Dio, per la Sua gioia, per la nostra
salvezza”.
16.
Vengono su di lui svariati pensieri e, lo sente: Dio glieli ispira. Oltre
a parecchie beatitudini, cosa richiederà la nuova funzione? Pratica, e quello
che sarebbe ancora da migliorare. Ciò che il capitano ha fatto finora, di
questo gli altri non hanno nessun’idea. Sejananus sarà il suo maestro migliore.
17.
Sono partiti da un paio di settimane. Giovanni questa volta lo percepisce,
più che ‘vedere’: una tempesta minaccia Patmos. Le aggressioni che ci sono
state finora, si possono chiamare ‘bonarie’, rispetto a ciò che verrà. Egli
convoca a sé il comandante dell’isola Cronias insieme al centurione e Scubatus.
Si siedono di fronte nella torre. Giù vigila un poderoso ragazzo, istruito da
Giovanni.
18.
“Che cosa succede?”, chiede il comandante. “Il tuo volto è serio Giovanni
e a me sembra come se ci dovrà capitare qualcosa. Nonostante tutto io pensavo
che Roma avesse cancellato Patmos. Solo che Aurelius è morto, uno dei nostri
migliori amici nella Roma selvaggiamente sconvolta, mi fa pensare. E di
Claretus non abbiamo più sentito nulla”.
19.
Dice Giovanni con tono grave: “L’altra notte in sogno ho visto scintillare
delle spade. Svegliandomi sapevo che presto le avremmo viste. Ora non c’è
Sejananus con noi; a lui non minaccia niente, soltanto che ha portato con sé
parecchi legionari, e con ciò la nostra guarnigione è messa male.
20.
Certo – non si manda in rovina l’isola! Soltanto che costa sangue, gli
oscuri vogliono vincere. Per di più non si sospetta che una vittoria terrena
porta sempre con sé soltanto delle perdite. Ogni lotta, infatti, attira altre
lotte. Noi siamo in custodia di Dio, ma anche la ragione può agire.
Spiritualmente ero molto contrario che il nostro capitano vi comprasse delle
armi, e tu, Cronias, hai istruito i pescatori ad usarle nella maniera ‘romana’.
Per ora non è stato proprio invano che voi due abbiate agito così.
21.
Può essere, Cronias, che ci si deve difendere. Armati già oggi, e inizia
tutti coloro che possono portare le armi. Vedo una notte, forse già domani, in
cui si vuole assalirci di sorpresa. Eccetto le guardie, fa dormire tutti di
giorno. I pescatori non devono andare in mare. Scubatus, va a galoppo, dà
l’allarme, senza metter paura alle loro donne e ai bambini. Nessuno dei
pescatori restanti deve andare a pesca nelle vicine baie verso nord e verso
sud, coloro che abitano distanti devono perciò provvedere per tutta l’isola e
pescare rispettivamente due volte”.
22.
Scubatus inveisce: “Attaccare di notte è il modo di fare dei pirati e non
è degno dei fieri romani, gentaglia!”. Giovanni lo quieta. “Chi c’è al potere,
non vale niente. Da Augusto, certamente anche lui un conquistatore, non c’è
stato più nessun Cesare che abbia agito come lui. A Roma puoi contare i veri
romani. Ho perduto di vista Claretus. Ecco – proprio adesso mi sembra come se
qualcuno dica: ‘Lui vi verrà in aiuto’. Il ‘come’ non lo so, ma una cosa è
certa: qualunque cosa accadrà – DIO è con noi. Che cosa vuoi fare tu,
Cronias?”.
23.
“Armarci subito. In tutto il resto seguirà il tuo consiglio. Finora – per
me è sempre stato meraviglioso – Giovanni, tu ci hai sempre consigliato bene.
Certo, questo proviene dalla tua visione che il Salvatore dà; tu sei anche
pratico del mondo e penso che in te si sposi lo spirituale con l’essere tuo
stesso”.
24.
Giovanni lo conferma. “Vedi, i Doni dello Spirito, il celestiale, sta al
di sopra di tutte le cose della nostra umanità. Poiché abbiamo ricevuto il
nostro spirito da DIO, ci è possibile pensare e pianificare come da noi stessi,
da cui risulta una certa previsione. Spesso è la ‘sensazione’, come tu stesso
hai avuto, che ci avvertiva o anche tranquillizzava di qualcosa, secondo ciò
che il futuro nascondeva in sé. E le sensazioni sono il linguaggio dello
Spirito.
25.
Dio non vuole che rimaniamo poco perspicaci nella vita, altrimenti non
avrebbe avuto bisogno di darci uno spirito. Quello che va oltre la nostra
facoltà umana, che noi chiamiamo ‘visione superiore’, il celestiale, proviene
da Lui oppure mediante i messaggeri che Egli ci mette a fianco. – Per ora
basta, è urgente, Scubatus deve partire subito”.
26.
“Lui potrebbe cavalcare verso nord, io verso sud”, consiglia
intelligentemente il centurione, “allora faremmo presto ad avere i pescatori
radunati”. – “Sì, Hermius”, dice il comandante. “Prima ero sdegnato, quando i
dodici legionari si erano introdotti di nascosto sulla Cornelia ed io li avevo
maltrattati. ‘Canaglie’, io dissi, ‘non sapete voi che non dovete abbandonare
la vostra truppa?’.
27.
Tu, Giovanni, avevi sconsigliato di mandarli indietro ed io dovevo
dapprima sentire perché erano venuti sull’isola. Hm, essi non volevano più
uccidere uomini che si opprimeva senza colpa. Per loro un buon segno. Essi
hanno anche già accettato molto della buona fede. Ora però se devo dire di
prendere lo stesso le armi in mano, e prima fantasticavo sull’isola della pace,
che cosa diranno?”. Cronias sembra assai dubitante.
28.
“Parlerò io stesso con loro”. – “Allora io sono elegantemente fuori,
sebbene non si deve temere nessuna fatica”. – “Avrai ancora abbastanza fatica”.
I romani corrono via. Presto sono mobilitati più di cento combattenti. Ai
dodici legionari Giovanni ha spiegato che ci si deve difendere oppure si deve
lasciar che siano attaccati uomini, donne e bambini con il ‘povero diritto del
più forte’. Essi chiedono subito a Cronias di metterli nei posti peggiori. “In
verità”, dice uno con riflessione, “se si sapesse con quale difficoltà si deve
fare i conti – magari lo sa bene il veggente di Dio?”.
29.
“Probabile”, risponde Cronias, “solo che lui non vuole stancarci prima. Se
si sapesse l’avversario superiore di forze, allora questo paralizzerebbe la
nostra gioia d’impiego. “Questa non mancherà”, esclama uno dalla schiera, e i
legionari dell’isola si accordano ad alta voce. “Fateli arrivare questi
briganti, non importa chi sono!”. – “E se sono romani?”. Domanda di proposito
Cronias.
30.
“Anche in questo caso sono soltanto dei briganti! Da noi non hanno nulla
da fare! Io”, continua l’oratore, “ero presente quando si ‘controllava’. E non
era altro che brigantaggio. Ah, ogni volta li abbiamo rispediti a casa! Io sono
diventato certamente abbastanza vecchio, gli anni sono circa una sessantina,
non so precisamente; ma qui”, indica i suoi muscoli, “qui c’è ancora dentro
qualcosa!”.
31.
Si recano alla riva su un fronte esteso. C’è da aspettarsi un attacco al
porto principale. Le strette insenature dei pescatori, infatti, non sono adatte
per delle galee da combattimento. Sulla collina presso il recinto, da dove è
apparso Dio in modo meraviglioso, è seduto Giovanni tutto solo. I suoi occhi da
veggente scrutano il mare. La notte non porta nessun disturbo. Nel frattempo
sono già arrivati molti pescatori, perfino alcuni che Cronias non ha istruito.
32.
Tutti sono animati a difendere la loro patria, succeda quel che vuole.
L’oste della taverna ha raddoppiato il lavoro ed alcune donne lo aiutano. Da
lontano si portano molte ceste di pesci, tutti preparati così che l’oste li
deve soltanto cucinare o arrostire. Il mondano, purtroppo necessario, è
ordinato. Di giorno la truppa dorme, eccetto le guardie, le quali si danno il
cambio ogni ora. Anche Giovanni riposa di giorno. La seconda sera, già molto
presto, egli siede di nuovo sulla collina, quando un ragazzo svelto gli siede
accanto. Questi è molto fiero alla maniera infantile, perché anche lui può
‘combattere’. Come si sente importante.
33.
“Per questo sei ancora troppo giovane”. Giovanni lo accarezza. “Devi
correre veloce da Cronias e riferire che cosa è importante per lui. Torna
subito indietro; è possibile che tu debba correre alcune volte. Questo è molto
più utile che stare con lui e gli saresti d’impedimento”. – “Sono fiero che ti
posso aiutare”.
34.
“Non fiero! Il nostro Salvatore poteva fare tutto, ha guarito molti
ammalati e agli stolti ha dato la Sua Luce, questa era in Lui. Pensi tu forse
che Lui sarebbe mai fiero? Ed è l’Eterno-Dio! Se vogliamo misurarci in
Lui, allora siamo più piccoli della più piccola creatura, un pulviscolo
dell’Infinità”. Il ragazzino comprensivo fa cenno col capo.
35.
Mezzanotte. Giovanni vede, ben più come veggente che come uomo, lontano
sul mare il luccicare di un fuoco. Dalla riva non si vede nulla, Cronias fa
assegnamento anche sul discepolo. Ciò nonostante controlla la sua schiera.
“Adesso!” dice Giovanni, “corri e annuncia: ‘Quattro o cinque galee vengono
verso di noi, in un’ora saranno qui!”. Come una freccia, il ragazzo corre via,
arriva e riferisce al comandante ciò che gli ha incaricato di dire Giovanni,
parola per parola. E già corre indietro.
36.
“Ahimè! Il veggente non lo poteva sapere già prima?”. – “Oppure deve
essere per voi una prova!”. Cronias si volta. Lo ha sentito chiaramente e – qui
non c’è nessuno che lo possa sussurrare. Ed è come se qualcuno lo fortificasse.
Sì, solo nel pericolo la fede diventa salda. Scubatus per il fianco sinistro,
Hermius per il fianco destro dà l’ordine: “Tra un’ora!”. Entrambi partono al
galoppo sui cavalli sbuffanti.
37.
Presto vedono le fiaccole che, all’improvviso, si spengono come nel
medesimo istante. Dopo lungo tempo si vede avvicinarsi cinque galee, non si
sente nessun colpo di remo. Si frustano gli schiavi che, vicini all’assalto,
hanno spinto i loro remi con fragore nell’acqua. Si mette male, pensa Cronias.
Ora – vuole confidare saldamente in Dio e “voglia aiutarci il Salvatore”, è la
sua breve preghiera.
38.
In quel momento sta arrivando di nuovo il ragazzo. “Giovanni ti manda a
dire che da lontano arrivano nuove navi. Senza luci. E …”. – “Per Ercole!”.
Sfugge a sproposito al comandante. “No, no, non lo volevo dire, ma sono …”. –
“Prima lasciami dire tutto”, lo interrompe il giovane. “Sarebbero soccorritori,
devi ingannare per quanto possibile i nemici. E – e – Dio ci assiste, lo ha
detto Giovani molto seriamente”.
39.
“Per questo messaggio hai diritto di desiderare qualcosa”. – “Devo
diventare pescatore, ma vorrei essere più volentieri marinaio, sulla Cornelia”.
– “Me lo ricorderò”. Di nuovo il ragazzo corre da Giovanni sulla collina. “Sono
veramente amici?”, domanda egli a bassa voce. “Aspetta”, esorta Giovanni. “Puoi
correre ancora una volta?”. – “Quando tu comandi”. – “Non è un comando;
soltanto DIO comanda, più giusto dire: Egli ci raccomanda qualcosa. Ci fa
conoscere la Sua Volontà. E se operiamo di conseguenza, allora adempiamo la Sua
santa Legge, i Suoi Comandamenti”.
40.
I nemici si sono messi in formazione. La galea più piccola precede, essa
deve cercare il guado per il porto, nel frattempo le navi lontane corrono come
con ali tempestose. Gli attaccanti non si accorgono ancora. “Corri, ragazzo
mio”, esclama Giovanni precipitoso, “e annuncia: ‘Otto galee sotto la guida
della nostra Cornelia colpiscono i nostri nemici alle spalle’.”.
41.
Nemici…? Povere anime sono, sospira Giovanni. Le mani alzate in alto,
s’inginocchia. “Signore, non permettere un bagno di sangue, avvolgici nella Tua
Pace!”. Quando Cronias sente il nuovo messaggio, manda due pescatori dai
gruppi, per disporre lietamente l’animo dei suoi. Come si solleva a questo
punto il coraggio. È del tutto naturale: quando hanno visto le cinque galee,
stracariche di uomini, qualcuno si è certo domandato: ‘Ci si potrà opporre a
forze maggiori?’.
42.
Cronias ripiega in fretta la sua gente dalla sponda del porto in un arco
abbastanza profondo. Le sue linee diventano con questo ben sottili, tuttavia il
primo attacco urta contro uno spazio vuoto. Per il momento questo è favorevole.
Le ondulazioni del terreno aiutano ad impedire una visuale troppo prematura.
‘Giovanni me lo ha suggerito su incarico del nostro Signore!’. È colmo di
profonda gratitudine. Sulla riva non avrebbero potuto difendersi dalla
superiorità delle forze. Egli si trova su un punto elevato, nascosto dalla
boscaglia. Hermius e Scubatus hanno portato via i loro cavalli, ora non possono
servire e li tradirebbero troppo presto. Entrambi si ritrovano presso il
comandante.
43.
Il vento è cambiato. Da una coltre di nubi irrompe la Luna. Il comandante
dei nemici, anch’egli è un duumviro, impreca bestemmiando. Il fatto che su
Patmos nessuno noti qualcosa, pensa lui, lo fa esultare. “Non risparmiate
nessuno”, ordina, “né uomini, né donne, né bambini! Chi si dichiara cristiano,
deve essere risparmiato, così che ne abbiamo alcuni per l’anfiteatro. A Roma si
è fatta magnificamente tabula rasa con loro! Hahaha!”.
44.
La galea che precede urta la riva. Si salta di coperta in coperta della
nave. Ecco che dietro di loro risuonano sull’acqua parecchie fanfare.
Spaventati, ci si volta. Di fronte, otto navi impediscono ogni fuga ed uscita.
È riconosciuta la Cornelia, la ‘nave leggendaria’, come si chiama ovunque; e
già il coraggio sprofonda in mare. Ciò nonostante l’attacco è sferrato. Grosse
ondate con armature pesanti irrompono in campo. Appena però sono avanzate e
incontrano i primi isolani, i quali si difendono con impeto, si sente dalla
riva un forte gridare.
45.
Claretus, Sejananus, Stefano e molti legionari penetrano nelle file. Le
guardie sulle cinque galee, le quali vogliono fuggire senza riguardo per i loro
compagni, sono bloccate. Non è mancato molto e sarebbero affondate. A terra si
svolge una breve battaglia. Quando l’assalto di sorpresa risulta perduto, su
entrambi le parti ci sono molti feriti, purtroppo anche due morti, il duumviro
nemico si precipita sulla propria spada. –
46.
Si fa giorno. Il veggente di Dio scende dalla collina. Prima ha
ringraziato, ha lodato Iddio che Patmos e tutte le care persone non sono
perdute. Tra la mischia e il baccano s’incontrano Giovanni, Cronias, Sejananus,
Claretus insieme a Stefano. Quest’ultimo ha imparato dal capitano un colpo di
spada. Ci vuole quasi tutto il giorno finché il terreno sia ripulito. I
legionari dell’isola e i pescatori giubilano grandemente, ma con cuore pieno di
gratitudine. Nell’interrogatorio che conduce Claretus, infatti, si rivela come
quest’assalto di sorpresa è avvenuto.
47.
A Roma si cercano vittime per gli animali feroci; i capi e il popolo
vogliono vedere sempre di più lo spettacolo cruento. Allora un uomo, che una
volta è stato su Patmos, si è ricordato di ‘colui che si chiama discepolo di
Gesù’, e degli isolani, i quali sarebbero tutti cristiani. Subito sono state
inviate delle navi per incassare Patmos.
48.
Alla sera gli amici intimi si radunano nella torre. Dopo una lunga
discussione Cronias dice all’improvviso: “Io sì, lo comprendo, e veramente
anche non lo comprendo, perché ho fatto semplicemente tutto ciò che ordinava
Giovanni. Per di più anche lui stesso non era precisamente informato. E come
poi è successo che siete arrivati voi con tanti soccorritori, quando pensavo:
ora è finita. Militarmente non avrei resistito alla superiorità delle forze,
nonostante – nonostante la fiducia nel Signore”. – “Lasciate prima parlare
Giovanni, poi si spiegherà tutto al meglio”, consiglia Stefano.
49.
“Io in anticipo non lo sapevo precisamente; doveva essere una prova di
fede”. – “Così ho sentito io”, esclama Cronias. “Prima ero disperato”. –
“Vedi”, dice Giovanni amorevolmente, “così anche tu hai sentito la Parola del
Signore. Ma se io ho parlato di una prova di fede, allora sappiate che non DIO
ci prova, perché Egli sa tutto e tutto passa dalle sue Mani di Creatore
abituate alla salvezza. Noi stessi eravamo disperati, cosa che è assolutamente
comprensibile.
50.
Quando si vive a lungo nella pace, si pensa volentieri di essersela
meritata. Tale fede ha una falla, spesso una grande falla. Si vive così alla
giornata e ci si considera perfino per ‘buono’. È una benedizione, se l’anima è
scossa. Lo si deve ascrivere a se stessi. Che passi attraverso le Mani di Dio,
è unicamente Grazia Sua. Si deve solo ringraziare come si rivela la Grazia
magnificamente. Io, per il vostro bene, non lo dovevo vedere totalmente”.
51.
“Ma com’è successo poi che ti ho semplicemente creduto?”, chiede il
capitano. “Hai confidato meno in me e più nel Signore. Voi amici lo avete
sperimentato abbastanza spesso, quanto meravigliosa è la conduzione del
Salvatore, come Lui provvede come Padre per noi figli, quando il mondano
solleva il suo maligno capo. Tuttavia – di tanto in tanto è bene se si dimostra
la fede senza visione”. (2° Cor. 5,7]
52.
“Io ho …”, vuole confessare Cronias. – “Lo so”, dice sereno Giovanni, “nel
timore per la nostra isola della pace ti è sfuggito il nome dell’idolo Ercole.
Forse Iddio ha sorriso ed ha ordinato al tuo angelo: ‘Questo lo cancelliamo
subito!’. Tu sospiri. Vedi, quando si è in angustia e necessità, dal vecchio
fondo dell’anima salgono parecchie cose. Perfino una preghiera detta
rapidamente. Tuttavia proprio questa, Dio guarda benevolmente.
53.
Egli sa di che natura siamo fatti. Non siamo tuttavia esonerati quando
stiamo di fronte al nostro prossimo, perché ognuno in caso di bisogno si deve
sacrificare per l’altro. Questo servizio è il più importante nella vita, il
meglio della nostra fede, il punto cruciale del nostro amore, tutto ciò che è
da sacrificare all’Altissimo. Chi fa questo, non sbaglia mai; e una parola
andata senza meta si disperde.
54.
Pensieri e parole si lasciano dominare più difficilmente; si rifletta
piuttosto sull’azione. Azioni spontanee buone, provengono dallo spirito, azioni
spontanee cattive provengono dalla parte materiale dell’anima, prese alle
tenebre.
55.
“Noi però”, Giovanni mostra intorno, “possiamo credere che stiamo saldi
nella Grazia di Dio.
56.
Non è facile vincere se stessi. Se lo si è fatto, allora non si può più
cadere, a questo punto il nostro spirito si trova nella Luce di Dio e nella Sua
benevolenza”. Claretus domanda come avviene che su Patmos si adempia qualcosa
di così meraviglioso, mentre ovunque nella terraferma regnano miserie e morte e
non si sente nulla dell’aiuto della Grazia di Dio, e se Dio si limiterebbe solo
ad un piccolo spazio. – “Non preoccuparti. Tu non sei l’unico, e non lo sarai
fino alla fine di questo mondo che pone tali domande”. Gli è risposto.
57.
“Chi non ha nessun’idea che la vita dell’uomo non comincia soltanto su
questo mondo, può porre tali domande. Chi però è giunto alla fede e mette il
‘perché’ ai piedi di Dio, deve prima imparare ancora molto, non ha una solida
base di fede, anche quando crede di possederla. Dai Suoi tempi Dio dà punti d’appoggio
nei quali è da riconoscere di che cosa si tratta”.
58.
Sejananus domanda il perché la Via del Salvatore non è diffusa. “Ora, caro
amico! Il seme giace nel suolo che si chiama TERRA, e germoglia, affinché molti
uomini giungano alla conoscenza, e in un tempo ancora lontano moriranno per la
loro fede, come accade ora tutt’intorno. Di quello che il Salvatore ha fatto e
insegnato – nulla andrà perduto! Verrà il tempo in cui la semenza diventerà
grande, e tutto sarà rivelato, di allora, di adesso, dell’eterna grande
Magnificenza di Dio!
59.
Bisogna riflettere che l’opera di Dio non riguarda solo il mondo.
L’Infinito con le incalcolabili grandi costellazioni luminose, stelle e mondi,
sanno della Parola, della Via di Dio e di tutta la Sua Potenza creatrice. In
confronto, la Terra è un piccolo punto. Così noi pochi siamo anche un punto su
questo mondo. Vedete però, noi siamo un punto, un granello di semenza che DIO
sparge. A LUI sia rimesso ciò che fa della semenza, e di noi come portatori
della semenza.
60.
Osservatevi con tutto quello che c’è nel vostro corpo, ciò che regola e
mantiene la vita. Guardate poi il minuscolo moscerino e pensate: in questa
minuscola piccolezza esiste tutto ciò che abbiamo in noi: cuore e polmoni,
intestino, occhi, orecchi e senso della vita. Mai osservabile ad occhio nudo.
Non è questa un’enorme meraviglia del nostro Dio? Oh, qui noi siamo pochi in
questo tempo che hanno riconosciuto il Signore e, presi da amore, credono in
Lui, uguale a tali piccoli animaletti. Il miracolo rimane, esiste, si moltiplica
attraverso la forza della Vita. Il supremo Portatore della Vita è il Signore,
il Creatore dell’Infinità!
61.
Sulle stazioni di Luce non esiste nessuno che non sia legato con Dio e Lo
serva attraverso l’adempimento della sua Volontà abituata al bene. Anche noi
vogliamo fare così in buona volontà, gioia, amore e nell’autentico servizio.
Dio, il Signore, il Creatore fa il Suo! Noi riconosceremo questo nella piena
dimensione solo quando saremo andati via dal mondo. Allora ci sarà abbastanza
tempo e via, per recuperare ciò che non è stato possibile riconoscere nel
mondo.
62.
Questo però non deve portare alla tiepidezza, pensando: ‘Per ciò ho
abbastanza tempo più tardi, e non ho bisogno di tormentarmi adesso sulla Terra
per ricevere ciò che regala l’Eternità. Pensato molto male! Chi, in questo
modo, cerca di alleggerirsi il servizio per Dio al prossimo, troverà
nell’aldilà una spiga vuota, paglia materiale. E difficile, amaramente
difficile sarà per lui la via dell’Eternità.
63.
Voglio parlare di quella scena, quando il Salvatore chiamò Lazzaro dalla
sua tomba. Incomprensibile, anche per noi discepoli, era quella Parola nel
luogo della morte:
‘Io sono la Resurrezione e la Vita.
Chi crede in me, vivrà, anche se muore; e chi vive e crede in Me,
non morirà mai più!’. [Giov. 11, 25-26]
Lazzaro era morto, e aveva
sempre servito il Signore. Come si doveva dunque vivere, quantunque si muore? È
votato alla morte…?
64.
Oh, non si trattava del corpo. Dio tratta dello spirito, dell’anima, che ha
generato dalla Sua eterna Volontà. Egli indicò questo com’esempio. Non
interrogò nessuno dalla schiera dei discepoli, nessun uomo saggio, ma solo una
donna, Marta, se lei avrebbe compreso ben la Sua Parola e se ci credesse.
Memore di ciò che il Signore insegnò nella casa del fratello, lei si professò
apertamente per la fede, certamente con il dubbio umano che il corpo, già
putrefatto, non potesse ritornare per il mondo.
65.
Nella legge dell’onnipotenza della vita questo era perfino giusto;
tuttavia si trattava dell’insegnamento dello Spirito. Perciò prima la domanda a
Marta, se Egli, il Signore, non le disse che lei deve vedere le
magnificenze se crede anche all’incomprensibile. Incomprensibile lo era per noi
tutti. La donna testimoniava la fede! Contro la legge, di non aprire mai una
tomba, a causa della salute, lei lo lasciò tuttavia fare e, per amor della
fede, Dio avvolse di nuovo lo spirito insieme all’anima con la carne della
Terra.
66.
Questo miracolo Egli lo fece solo una volta. Noi eravamo sbalorditi
di ciò, come della potenza di fede della donna, e del morto, il quale era
deceduto e nuovamente vivente. Il contenuto più profondo di questa magnificenza
è la PAROLA di Dio, e rimarrà eternamente esistente. Se nella nostra povera
umanità è dimenticato questo e quello, se noi non lo comprendiamo oppure più
tardi altri ne formano qualcosa d’altro, presso Dio rimane tuttavia tutto così,
come e che cosa Egli pensa, dice e fa!
67.
Certamente riflesso in piccolo, così è Patmos anche l’unico miracolo.
Il mondo ci vuol rovinare, come era morto Lazzaro. Ma poiché il suo spirito
rimaneva vivente, egli poté, tramite la magnificenza di Dio, risorgere dalla
tomba; così la nostra isola della pace è da conservare vivente: un segno per
l’epoca attuale, come per tempi ancora lontani, in cui Dio rivelerà anche
questo miracolo!
68.
Sejananus, non esprimere il pensiero che Patmos è fatto a causa mia. Se mi
trovo in un piccolo punto centrale, allora è per Grazia, perché Dio dà la
Rivelazione che…”. Giovanni tace. Non c’è nessuno degli uomini che non è
rimasto toccato: qui c’è qualcosa. Che cosa…? Quando…? Dove…? Chi lo può
sapere? “Le immagini! Oh!”. Il veggente si passa la mano sulla fronte.
Svanisce. Gli rimane ancora un tempo, prima che possa scrivere il più
difficile.
69.
“Perdonate, era… – Ora si è fatto di nuovo tardi, voi siete stanchi della
fatica del giorno. Il Padre nostro però ci darà un buon sonno. Domani mi direte
come vi siete trovati, Sejananus e Claretus. Domani trattenete ancora i nemici,
anche le loro navi, ci saranno varie cosa da chiarire”.
70.
Ci si augura l’un l’altro la buona notte. “Oggi servo io”, dice Stefano,
“lasciami preparare il tuo giaciglio”. Giovanni fa cenno col capo, egli è lieto
di questo servizio.
[indice]
۞
Cap. 18
Non parole, bensì fatti – Un difficile rompicapo con una
condizione – Migliore conoscenza di se stessi
Gli attaccanti legionari sono radunati per decidere il
da farsi – La riunione nella torre per tutta la notte e la decisione di
lasciarli liberi affinché tornino a Roma malmessi – Il racconto di Sejananus
sulla conduzione degli avvenimenti per il ritorno d’aiuto a Patmos – I
legionari accettano e partono
1.
Il giorno dopo centinaia di legionari quasi sommergono il porto e la zona
circostante. Per i nemici provvede Giovanni attraverso l’oste. Non devono
patire la fame, non sono nemmeno tormentati, cosa che ad alcuni dà molto da
pensare. Non le parole, ma i fatti toccano il loro cuore.
2.
Quando Giovanni, verso mezzogiorno, viene di nuovo per vedere se tutto va
bene, uno lo tira in disparte. “Tu”, egli mormora, “perché fai questo con noi?
Noi dovevamo sterminarvi, lo avremmo fatto volentieri. Ora – ora tutto sembra
diverso. Perché ti adoperi per noi? E chi sei tu dunque? Un romano certamente
no!”.
3.
“No!”, gli è risposto. Anche gli altri prestano attenzione. “Non ti
servirebbe a nulla se tu sapessi chi io sono. Oppure”, dice Giovanni
straordinariamente sereno, “io sono un uomo come te”. L’interrogante s’irrita.
“Non mi piacciono certi scherzi”. – “Nemmeno a me!”. Detto seriamente, cosa che
non sminuisce la benevolenza.
4.
“Tu sei duro, non conosci nessuna compassione, né per gli uomini, né per
gli animali, i quali come te sentono i dolori. Che cosa sarebbe stato di voi se
noi avessimo voluto agire così come te e i tuoi complici? Non ti appoggiare al
fatto che state sotto Roma. Precisamente! Patmos è un territorio romano e il
paese è governato da romani. Anche tu lo sai: i romani non devono mai
combattere in battaglia contro i romani. Oppure…?”.
5.
“Noi non sapevamo che su Patmos
vivessero dei romani. Si assicurava che qui dimorassero dei cristiani. Che
aspetto hanno dunque i cristiani?”. –“Tu li hai visti morire orrendamente
nell’anfiteatro, e osi domandare chi o che cosa sono i cristiani?”. – “Perché
non hanno opposto resistenza, perché non hanno combattuto?”.
6.
“Con che cosa?”. Gli sguardi del veggente fiammeggiano. “Affronti una
tigre a mani nude?”. Colui che domanda striscia in se stesso, ma rivolta il
discorso. “Perché fai del bene e noi rimaniamo risparmiati?”. – “Tu non lo puoi
capire, perché sei senza compassione. Oppure qualcosa si muove in te?”,
punzecchia Giovanni nell’anima grezza. “Ti do un difficile rompicapo. Non lo
risolverai mai se rimani così come sei stato finora. Fa attenzione: Patmos è
l’isola del mio Dio!”.
7.
“Nettuno, Mercurio, oppure chi?”. Risata fragorosa. “Il mio Dio per
te non ha nessun nome!”. La voce supera la risata. Ci si guarda l’un l’altro
sconcertati e non ci si accorge che Claretus si è aggiunto. Dura un po’, finché
parla di nuovo l’interrogante: “Presso di noi ci sono molti dèi, soltanto come
guerrieri – spada, scudo e un qualsiasi dio non sta bene insieme – al massimo
Marte”.
8.
“Finalmente una verità che tu non ami! Noi sull’isola di Dio ci siamo
difesi, con armi, come le portate voi. Ovunque sia necessario, ci si può
difendere con le armi. Non vi siete dunque meravigliati per il fatto che vi
abbiamo aspettato? Ancora siete in angoscia di ciò che sarà di voi; allora
pensieri migliori non hanno posto nel cervello. Io vi consiglio: nessuno tenti
di fuggire!”.
9.
Giovanni se ne va! “Oh”, mormora uno, “il potente del comando è stato ad
ascoltare, allora possiamo congratularci! Ma chi è quell’uomo che ci ha aiutato
e ha parlato con una voce da tuono?”. Nessuno giunge ad un risultato. Su una
cosa si è d’accordo: si deve attendere e si nutre la speranza di passarla
liscia se – quest’uomo bizzarro li protegge.
10.
Qualcosa agisce del tutto mondanamente ed è comunque protezione di Dio.
Nel consiglio che presiede Claretus con Giovanni, Sejananus, Cronias, Hermius,
Scubatus e gli ufficiali che sono venuti con lui, si dice duramente: “Ribelli,
romani contro romani, vengono sempre puniti. Patmos è un territorio romano, non
doveva essere assalita così di sorpresa. I bassi motivi a causa dei cristiani
sono da escludere”. I romani acconsentono. Giovanni scuote lievemente il suo
capo.
11.
“Voi avete ben ragione, cari amici. Ciononostante potete seguire il mio
consiglio. Se punite duramente i ribelli – qualcuno certo vi sfuggirà, che cosa
faranno costoro? Se li lasciate liberi, sotto la condizione che io
porrò, allora nessuno mai s’affilerà la lingua contro di voi”. – “E tu che cosa
pensi?”, domanda un ufficiale. Claretus e gli isolani comprendono: Giovanni li
consiglierà al meglio.
12.
“Lasciateli andare con le loro navi danneggiate, ma aiutateli affinché non
subiscano naufragio. A Roma possono sostenere che sono capitati in una
tempesta. Oh, non era dunque la tempesta del mio Dio? Come mai”, si rivolge
agli ufficiali, “che sapevamo dell’assalto all’isola, e che il duumviro
Claretus per di più ci è venuto in aiuto?
13.
Essi però si guarderanno bene dal rivelare la loro sconfitta. Se parlano
di una tempesta, si penserà semplicemente al mare. E in un prossimo cambio di
governo la cosa andrà nel dimenticatoio. Allora anche voi sarete liberati, perché
vi siete allontanati dal vostro posto”.
14.
Ci si mette d’accordo di seguire il consiglio. Alcuni domandano com’è
possibile che Giovanni sappia le cose in anticipo; ‘egli sarebbe un uomo
semplice, non un romano e …’. – “Chi si fa guidare, secondo l’interiore”, dice
‘l’uomo semplice’ e sorride, “riconoscerà che esistono cose più grandi che il
piccolo comportamento umano”. Alzando le spalle ci si divide. L’uomo dell’isola
però rimane saldo. Qualcuno dei romani giunge alla conoscenza un po’ alla
volta, specialmente poi, quando tutto si è svolto come il veggente di Dio aveva
detto.
15.
Ora si fa sera. Eccezion fatta della truppa, su Patmos regna di nuovo la
pace. Guidati: solo gli amici vengono nella torre. Essi sono alleggeriti;
adesso ognuno può parlare apertamente. Non si sa mai, come uno pensa degli
altri. Giovanni lo conferma e, dopo un po’, egli prega di riferire.
16.
“Tu non sai veramente niente?”, domanda Cronias. “Mi stupirebbe molto, se
…” – “…se non rifletti che io, nonostante la visione piena di grazie, sono rimasto
un uomo come lo siete voi. Ho visto l’immagine generale; ma come si è
svolta, deve essere, per così dire, vostra gioia”. Giovanni segna Sejananus e
Claretus. “Noi”, esclama Scubatus, “vorremmo anche sentire con piacere, come
Dio vi ha messo insieme. Che in ciò abbiano operato le Sue Mani onnipotenti,
per me è un dato di fatto, il Signore opera il tutto”. Un buono sguardo
ricompensa la fede.
17.
“È andata così”, comincia Sejananus, “ero a buon punto col commercio;
avevo da fare ancora per un giorno. In una strada incontrai all’improvviso
Claretus. Quanto fummo contenti”, cosa che Claretus conferma subito, “e
andammo, con Stefano, da un oste, del quale io sapevo che serve un buon vino”.
– “Come mai che eri a Tiro?”. Chiede Cronias al duumviro.
18.
“Ahimè”, dice costui, “non ero per nulla d’accordo di venire via da Creta.
Ricevetti un distaccamento più grande e dovevo, se veniva l’ordine, recarmi
nella regione del Giordano. Ciò che doveva avvenire là, mi era sconosciuto. In
ogni caso aspettavamo già da un paio di settimane in ozio e ci esercitavamo
soltanto – per cui mi ero veramente annoiato. Quando però vidi Sejananus, mi
rise il cuore in corpo. Solamente”, Claretus diventa serio così come lo
divennero a Tiro, quando…
19.
“L’oste ci bisbigliò: ‘Ieri sono arrivate cinque galee nel porto accanto,
sono state caricate in gran fretta e questa mattina presto sono salpate in
mare’. Per dove? Chiese Sejananus, al quale si vedeva l’inquietudine negli
occhi. ‘Per Patmos’ udimmo. ‘Ma ci sono soltanto delle piccole comunità di pescatori;
che cosa ci vogliono fare lì?’.
20.
Non ci facemmo accorgere di nulla e andammo via tranquilli. Ma al
successivo angolo ci mettemmo a correre, Sejananus alla Cornelia …” – “che in
un‘ora era pronta”, dice il capitano, “ed io alla truppa vicina, che era in
ogni caso prevista per le galee, nel caso venisse un altro ordine.
21.
Ebbene, io feci come il nostro Giovanni, presi in aiuto il mondo e
ordinai: ‘Allarme, subito sulle navi!’. La Cornelia era già preceduta ed io
spronai i nostri schiavi, promisi loro del cibo supplementare se prendevamo
contatto con la Cornelia. Strada facendo dissi ai miei ufficiali che davanti a
noi ci sarebbero cinque galee con rotta completamente falsa e attacco di
sorpresa, e noi avremmo dovuto raggiungerle. Fu già strano che nessuno chiese
come mai io sapessi questo all’improvviso.
22.
Giovanni, questa era la meravigliosa conduzione di Dio! Perché altrimenti
– come sarebbe stato possibile raggiungere le navi che avevano un giorno di
vantaggio, anche se, a disposizione, avevo galee più grandi? Oltracciò il
nostro incontro, la ‘mobilitazione a vuoto’ che tanto m’infastidiva, inoltre la
Galilea, dov’era il SALVATORE, e là sangue, distruzione, incendio e morte?”.
Claretus fa un profondo respiro, ancora adesso come liberato.
23.
“Sì”, conferma Sejananus, “è stato un grande miracolo”. – “Per noi!”.
Giovanni fa cenno col capo verso gli uomini. “Ma per Dio non esistono miracoli
grandi o piccoli, perché tutto ciò che Egli fa dalla Sua Volontà e fluisce
direttamente dalla Sua potenza di Creatore, è grande e meraviglioso. Ciò che a
noi uomini sembra piccolo, oh, vedete, il Sole è un tutto, una cosa grande; i
suoi raggi e le scintille sono le particelle. Ma proprio tutto questo è il
Sole, appartenente al tutto. Comunque lo si voglia considerare, così si
riconoscono anche le cose.
24.
Nella percezione umana avete ragione: il Signore ha fatto cose grandi per
noi. Per questo Gli sia portato ogni ringraziamento. Lo faremo appena gli altri
saranno partiti”. – “Fino allora io rimango; purtroppo devo di nuovo andar via
con la truppa”, dice Claretus. “Credetelo: preferirei rimaner qui per sempre”.
– “Aspetta un momento”, lo si consola. “Il Salvatore ti guiderà, così che
ancora ti meraviglierai. Anche grandemente, Claretus!”.
25.
“È magnifico vivere nel tempo dei miracoli!”. Cronias stende entrambe le
braccia. “È sempre bene per noi uomini?… prescindendo dal fatto che non
dappertutto accade la magnificenza. A Roma e altrove…”. – “Non devi
prendertela”, interrompe il veggente. “Noi parlavamo appunto del piccolo e del
grande. Dove avviene l’apparente piccolo, là per gli uomini è pensato
diversamente; essi sarebbero molto aggravati animicamente dai miracoli
visibili.
26.
Il tempo dalla stalla di Betlemme fino alla croce sul Golgota è stato
colmo di salvezza, spargendo in maniera evidente ancora vasti raggi, se di
nascosto mai minori, finché l’oscurità sarà diventata pronta per la Luce.
Quando…? Cari amici io non lo so, solamente, durerà a lungo. Presso Dio, i
nostri tempi, corti o lunghi, sono indifferenti. David lo aveva riconosciuto e
cantò: ‘Mille anni sono dinanzi a Te come il giorno che è passato’[salmi 90,4].
Non possiamo mai percepire dopo ciò che è stato ieri, si può solo sapere ciò
che accadde.
27.
Tale e quale è con i miracoli. Essi, per così dire, vanno scemando. Solo,
giornalmente vediamo il Sole che ci elargisce luce e calore, oppure la pioggia
che bagna le campagne. Noi vediamo di notte le stelle seguire le loro orbite e
– poiché abituati – non riflettiamo più quali magnificenze esse ci mostrano.
Oltre a ciò la natura, quanto dona dalla potenza del Creatore, giorno per
giorno, la benignità di Dio non cessa mai! Non sono forse questi grandi
miracoli?
28.
Ahimè, verrà il tempo in cui quasi nessuno riconoscerà questo
miracolo! Così visto: allora la materia è spazzata via, perché gli uomini hanno
cuori vuoti e non esiste decima per Dio, né nel numero della quantità, ancora
di meno secondo la fede. Questo sarà il raccolto di Dio e nessuno stelo rimarrà
sul campo della Creazione. Il Signore Iddio raccoglie anche il granellino più
misero e lo porta a Casa, come Egli, quale Salvatore, parlò nella parabola
della pecorella smarrita e del grosso [Matt. 18,12; Luca 15, 8].
29.
“Io ero una tale pecorella”, confessa Stefano. “Che cosa sarebbe stato di
me, se il SIGNORE non mi avesse portato qui?”. – “Lo eravamo tutti noi”,
ammette Cronias. “Cornelio ha riferito molto su come il Salvatore raccoglieva
intorno a Sé tutti gli uomini. Per Lui non esistevano romani, pagani o giudei,
per LUI esistevano soltanto anime che erano da salvare dalle tenebre della
materia. E questo – oh, quando Lo abbiamo potuto vedere, il cuore mi batteva in
su fino al collo; era come se mi si dovesse spezzare”.
30.
“Di questo si può riferire, tuttavia per afferrare la Grazia non esiste
nessuna parola”. Giovanni fa cenno a tutti col capo amorevolmente. “Credetelo,
cari fratelli: le immagini che devo esprimere o scrivere, spesso non so con
quali parole sono esse da formare. Non si possono mai tradurre totalmente nel
mondano, non perché sia impossibile, ma perché il linguaggio della materia è
troppo misero.
31.
Già dire chiaro qualcosa da uomo a uomo di ciò che si percepisce, rimane
un frammento perfino nella migliore capacità, da confrontare con lo spirituale
di Luce. Ciononostante Dio ci ha dato tanto, ci possiamo esprimere, aiutarci
reciprocamente, cosa che è il concetto di base dell’amore. Solo chi serve porta
in sé la scintilla proveniente dalla Luce, dal Cosmo, dall’Amore. Tale e quale
è con tutto il resto.
32.
Il Creatore ha riservato per Sé soltanto la Sua sovranità. Questo doveva
essere. Come doveva altrimenti guidare le opere della Creazione? Ma che cosa
fece risaltare da ciò, per renderlo manifesto, come ebbi a scrivere subito
all’inizio del mio Vangelo:
‘Dalla Sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto
Grazia su Grazia!’. [Giov. 1, 16]
Egli ha consegnato questo ai figli
Suoi, lo ha donato come segno, per il fatto che noi apparteniamo a LUI e che
Lui è il Padre nostro!”.
33.
Nessuno di loro nota che – ancora sin dal giorno – si sono totalmente
allontanati dall’oppressione. Nessun pensiero va al mondo. È sempre così:
quando sono nella torre presso il veggente, allora è come se l’edificio fosse
altamente elevato, vicino al Cielo, lontano dal corpo materiale. Giovanni ha di
nuovo sviscerato finemente il pensiero.
34.
“I mondani chiamano torri i bastioni dove si proteggono dai nemici. Essi
vengono costruiti appositamente ed è anche difficile espugnarli (a quel tempo).
Appena dopo il tempo di Noé, se una stirpe voleva farsi un nome, costruiva una
solida città e una torre [Gen. 11, 1-5]. Questo si sarebbe potuto fare se non
fosse venuta su di loro l’arroganza di edificare ‘fin su al Cielo’, cosa che
significa: costringere il Creatore – già allora – a scendere giù da Se stesso.
Egli doveva essere come loro, e loro come LUI!
35.
Gesù fece notare che, chi vuole costruire una torre, deve fare un calcolo
approssimativo del costo [Luca 14, 28]. Questo non fu compreso e, comunque, era
chiaro come il Sole dinanzi a noi che ascoltavamo la parabola, che non
intendeva un edificio del mondo, ma che non si abbia l’ardire di troppa
superiorità d’animo, come lo fecero gli uomini di Babele.
36.
Non dobbiamo tirare giù nel mondo l’Altissimo. Se Dio viene da noi,
visibilmente oppure invisibilmente e noi sentiamo quando è con noi, allora
cogliamo con gratitudine ciò e quanto Egli dona. Lui stesso è la Torre nella
quale possiamo proteggere i doni della Luce e della Vita, quando il nemico,
l’oscurità, ci vuol derubare un gioiello di Dio.
37.
È certo un segno esteriore, ciò nonostante è stato anche preparato da Dio
per noi da tanto tempo, perché ci potessimo radunare in una torre, liberi dal
mondano, vicino alla Luce. La nostra torre, l’interiore e l’esteriore [Ez. 10,
3 e 5], non deve mai arrivare al Cielo; ma – se noi apriamo la porta, sopra,
sotto, dentro e fuori, oh… la magnificenza di Dio entra in noi!”.
38.
Tutti sono di nuovo sopraffatti. C’è ancora tanto da cogliere dalla Vita
del Salvatore, e nessuno pensa alla notte avanzata. Alla fine dice Scubatus:
“Giovanni! La faccenda con la torre mi è entrata nel cuore. Il nostro vecchio
pastore, che sapeva tanto …”. – “Dal quale io avrei potuto imparare ancora
parecchio”, interrompe il medico, il quale è sempre presente. – “…ha dato a noi
cristiani un nome giusto: ‘la comunità della torre!’. Egli sapeva molto di più
di quel che usciva dalle sue labbra”.
39.
Giovanni sorride nel pensare al vecchio uomo. Egli era sapiente della
natura, con molto spirituale in questo. “Non si fece battezzare, ma lui di
questo non ne aveva bisogno. Che esiste solo un Creatore, lo riconobbe
dalla natura, e così la sua fede fu il vero e proprio battesimo. Vedete,
chi di ciò non ha nessuna idea, ma è buono nell’indole e agisce verso chiunque
secondo il principio del bene, il suo spirito è legato alla Luce, la sua anima
si fa formare dall’indole buona del suo spirito. Un tale uomo non ha bisogno di
nessun segno esteriore. Chi però sa che cosa Dio ci rivela, può e deve anche
agire di conseguenza”.
40.
Si discute su l’una e l’altra cosa, specialmente dalla Dottrina di Gesù.
Si avvicina il mattino. Lontano, fuori sul mare, riconoscibile dalla torre,
l’orizzonte già si colora di rosa; ma presto si levano nuvole grigie. Il
capitano si alza. “È tempo di recarci a dormire ancora un’oretta, sebbene io
non sia per niente stanco. Avrei ancora una speciale domanda, ma ora
produrrebbe solo un più lungo discorso, un insegnamento che possiamo ottenere
dal nostro Giovanni. Che cosa ne dite?”.
41.
“Conservala per questa sera. Mettiamo in seguito la premessa necessaria e
vedremo come ci si comporta”. Dopo un breve sonno e la prima colazione si
recano dal gruppo dei prigionieri. I legionari e i pescatori li hanno
sorvegliati. Due che volevano fuggire sono fatti avanzare. Sono stati
incatenati. Claretus scioglie le catene.
42.
“Come vi è venuto in mente? Con che cosa volevate andare via?”. – “Con una
barca”, dice un arrogante. “Ebbene”, dice Hermius, “guarda il cielo; non
sareste andati molto lontano”. – “Piuttosto saremmo annegati che…”. –
“Aspettate per sapere cosa sarà di voi. – Sapete che cosa vi aspetta se il
senato vi giudica?”. Si sa certamente, e ci si piega.
43.
“Dovete ritornare a Roma, già a causa delle navi. Che cosa pensate di
riferire?”. Silenzio. “Che cosa dici tu, supremo?”. Claretus si rivolge a
Giovanni, come se questi avesse da comandare da una posizione superiore. È
opportuno a causa della gente. Giovanni finge come se debba riflettere su
tutto. Lo si guarda con fare interrogativo. Che ‘egli sarebbe uno completamente
diverso’ lo sente perfino il più indurito.
44.
“Sì”, dice grave Giovanni, e un grande amore colma il suo cuore, “non
rimane altro: voi dovete ritornare!”. All’improvviso sceglie un uomo più
anziano. “Ti scelgo come guida al posto del duumviro, che purtroppo si è
giudicato da sé. No! Non contraddire!”, quando l’uomo vuole sottrarsi, “tu sei
capace, sei già stato più volte presso il senato e ti sei fatto valere”.
45.
“Da dove sai tu questo?”. – “Non ti preoccupare; io so più di quanto tu
sospetti. Voi siete stati in territorio romano ed avete sperimentato una
‘tempesta’, che in breve vi ha sconfitto”. – “Hm, sì qui c’è stata una
tempesta”, ammette quello mogio mogio. “Come devo farcela, non lo so. Saremo
puniti in ogni caso, già a causa delle navi rovinate. Se – se – supremo, puoi
aiutarci tu? Tu, in verità, non somigli a nessun romano, – tuttavia, in te c’è
qualcosa di superiore, io l’ho subito riconosciuto. Che cosa, – non lo
domando”.
46.
“Molto bene per chi non lo domanda. Vi pongo un ultimatum: se non volete
essere giudicati, allora fate ciò che vi ordino io. Se lo promettete senza
sapere di cosa si tratta, allora sarete liberi – anche a Roma. Sia detto in
anticipo: sarete sorvegliati, se manterrete la vostra promessa giurata. Se
l’infrangerete, allora siatene certi: tutti cadrete sotto il giudizio!”.
47.
Nonostante tutto Giovanni pensa unicamente al ‘suo caro Signore’, LUI ha
le vie migliori per aiutare ogni anima a rialzarsi. L’uomo prima scelto dà la
sua parola, e a Giovanni è mostrato che costui la manterrà. Allora gli altri,
con una stretta di mano a Giovanni e Claretus, giurano di fare ciò che a loro è
raccomandato. Il veggente dice:
48.
“Ho parlato della ‘tempesta’ che è venuta su di voi sull’isola. Potete
quindi sostenere che una tempesta ha fatto naufragare la vostra impresa.
Nessuno domanderà dove sarebbe stata la tempesta. Poiché si tratta di galee –
si vede che sono danneggiate, – si penserà unicamente al mare. Saranno perfino
contenti che le navi siano state riportate a casa.
49.
In questo modo non racconterete nessuna bugia. Ci sono anche tempeste sulla
Terra, dove è già stato devastato tanto. Inoltre le galee saranno messe a posto
in modo che stasera possiate issar le vele. Fino allora il mare sarà calmo;
potrete navigare senza pericolo. Fate però ancora una volta attenzione: sarete
sorvegliati, ogni singolo sarà sorvegliato!”.
50.
“Siamo troppo contenti, tu ci hai salvato. La ‘tempesta’,” sorride l’uomo,
“ce l’hai messa in bocca nel migliore dei modi. Si rivolge alla schiera, “Chi
pensa e agisce come me?”. Non c’è nessuno che, alleggerito, non dica: “Ce la
siamo cavata a buon prezzo”. Giovanni discute i particolari con Claretus. Si
opera con fervore, il Sole ancora non è calato che le galee sono guidate fuori
del porto. Si saluta perfino.
51.
“Che tu abbia scelto l’uomo giusto”, dice il capitano, “per me non è una
meraviglia e, veramente, nemmeno di aver accomodato il tutto per loro. Ma
chissà se nessuno parlerà?” – “Io non credo”, dice Cronias, “sono contenti come
una pasqua di sfuggire al marasma che li minaccia inevitabilmente se
riferissero come, dove e che cosa è stata la ‘tempesta’.”.
52.
“Hai ragione”. Giovanni fa cenno col capo a Cronias. “Sejananus aveva
proprio pensato bene in sé, se sarebbe stato giusto circoscrivere la faccenda.
Avremmo dovuto o potuto aiutare se non fosse stato possibile nessuna circoscrizione?
Tu sai meglio di tutti che cosa spetta ad ognuno, se quest’assalto di sorpresa
sarebbe denunciato. A questo si aggiunge ancora: non era stato diramato nessun
ordine dal senato, e l’imperatore non sapeva niente; invece ancora una volta un
‘altro’ che cercava di arrampicarsi in alto con ‘l’azione su Patmos’. Questa
gente però non lo sapeva, lo sapeva soltanto il duumviro. Per questo si è tolto
la vita.
53.
Dio ci ha dato un discernimento, questo guarda meno all’esteriore, se e
come è da giudicare. Esso può esaminare, dov’è possibile una via d’uscita per
la salvezza di un uomo, per la salvezza di un’anima. Solo questa via d’uscita,
per amor dell’aiuto, Dio la guarda con clemenza, ed io ho scelto questa: –
poter scegliere, amici miei.
54.
Stava nella Mano di Dio salvarci un’altra volta, con la qual cosa è
connessa la salvezza di questa schiera. Non sempre è facile ‘operare in
direzione della Luce’. Dio lo riconosce, per di più se non si provvede per se
stessi, per lo meno non prima. L’altro deve sempre stare in prima fila, a lui
tocca il primo aiuto; allora anche il proprio aiuto può essere congiunto
insieme.
55.
Una via d’uscita, necessaria per gli altri, è estremamente da esaminare.
Troppo facilmente si è inclini ad usare scappatoie, soprattutto per se stessi.
Qualche volta è meglio se è tralasciato, un uomo deve essere spinto più
rigorosamente a causa dell’anima. Questo di certo lo sa unicamente il Signore e
– magari colui al quale lo fa conoscere”. – “Come sempre, a te”, interviene
rispettoso il giovane Stefano.
56.
Giovanni gli accarezza i capelli. “Giusto, ragazzo mio. Se si dà il
predominio alla ragione, ognuno può rendersi conto su che cosa è meglio
eseguire. Adesso – ieri, no, già stamattina si è fatto tardi e il giorno non è
nemmeno stato facile. Così per oggi fateci riposare; domani ci occuperemo di
ciò che sta a cuore a Sejananus”. Tutti sono d’accordo. Il veloce viaggio sul
mare, l’emozione, il combattimento – l’uomo ha bisogno del suo riposo, riposo
che il Signore sa benedire.
[indice]
۞
L’ambizione non rende nulla – Pensieri dalla croce
Nello spazio di confine della Volontà di Dio – Immagine del
ruscello, Eufrate e mare
Un’alta riunione spirituale nella torre, quale
ringraziamento per lo scampato pericolo e risoluzione della battaglia –
Cronias, Sejananus, Hermius, il medico, Claretus, Stefano, Horpha, Scubatus,
ascoltano Giovanni e poi vengono anch’essi rapiti in una visione celestiale
fino ad incontrare Nicodemo e Cornelio, quali alti spiriti
1.
Lo splendore serale del Sole dorato illumina il mare che si vede dalla
finestra della torre. Allora Giovanni è compenetrato dalla Luce. Vengono gli
amici, stanno già salendo per la scala. Stefano ha procurato il vino, l’oste ha
portato il cibo. Entrano Sejananus, Claretus, Scubatus, Hermius, un paio di
pescatori con le donne e Horpha tra loro.
2.
Giovanni ha preparato la tavola. “È una gioia e ringraziamo il nostro Dio
che siamo di nuovo l’uno accanto all’altro senza afflizione. EGLI ci ha
preservato da grande danno. Prima ringraziamo Lui”. Ed esprime una preghiera
proveniente dal cuore. Tutti prendono parte a ciò che il discepolo di Gesù dice
dall’ardore interiore del suo spirito. Non c’è nessuno che non avesse comunanza
di profondissimo sentimento.
3.
Claretus è il primo a rompere il silenzio, silenzio che per un po’ sta
sull’adunanza. Quanto avvenuto precedentemente lo ha spesso angustiato,
particolarmente adesso, in cui uno, uguale a lui di grado, è venuto con la
cattiva intenzione di rovinare degli uomini buoni. Nei suoi occhi arde una
preghiera: ‘Perdonami ancora oggi, quello che io allora …’ e poi lo esprime:
4.
“Anch’io venni qua per rovinarvi. Quando si è mondanamente qualcosa, si
vorrebbe sempre di più. L’ambizione fa ciò che è male. Oltre a ciò che mi opprime,
sono tuttavia colmo di gratitudine che tu, Giovanni, mi hai salvato, hai
salvato la mia anima, nello stesso tempo te stesso insieme alla cara isola
della pace. Non posso ringraziare abbastanza il Salvatore. Forse …”
5.
“…era la conduzione paterna di Dio”, interrompe Giovanni. “Sì, certamente,
volevi far del male; ma perché eri subordinato ad altri, altrimenti la tua vita
non era niente male, perciò il Signore oltre al tuo male ti ha sottratto
al tuo abuso, animico e anche mondano. Lascia stare l’oppressione. Comprendo
che l’ultima aggressione doveva colpirti: un’immagine di ciò che tu volevi
allora. C’è però una differenza.
6.
Tu non eri assolutamente libero dal pensiero: agisco io nel modo giusto?
Volevi mostrarti grande solo davanti alla tua gente, perché ti avevano deriso
per alcuni buoni sentimenti. Comprensibile che tu cercassi di rimediare a tali
‘danni’. Proprio questi ‘danni’ Dio ha guardato con benevolenza, per amor della
tua anima – e anche di te stesso come uomo. Tu sai come sarebbe andata, se …”. Claretus
fa cenno col capo.
7.
“I tuoi danni, quei buoni sentimenti, l’attuale duumviro non ne ha mai
posseduto. Credimi – se l’aggressione fosse riuscita, lui non avrebbe
risparmiato nessuno. Sui campi di battaglia pieni di morti egli aveva
rumorosamente trionfato. Nelle battaglie, che veramente non sarebbero
necessarie nel mondo, tu ti sei provato; per il resto non hai tormentato
nemmeno una volta un animale, e ancor meno un uomo.
8.
Quando venisti da noi, eri confuso. Sai tu come questo avvenne?”. Il
duumviro risponde negativamente; è un piccolo mistero umano. “Eri maturo, senza
saperlo. Una sensazione ti diceva: ‘con me deve andare diversamente’. Il ‘come’
ti era oscuro così com’è la notte senza Luna e stelle. L’altra sensazione era
il tuo prestigio. Il tuo conflitto era da risolvere attraverso il ‘Potere
costringente dell’Amore di Dio’. Naturalmente, questo non lo sapevi. Quale uomo
sospetta che non lui può liberarsi da se stesso, ma unicamente DIO lo può
fare?!
9.
Ora perciò puoi seppellire l’immagine. Io lo sapevo, ma era un bene non
liberartene ancora. Attraverso il pericolo che ci minacciava, è stato veramente
spazzato in te il resto dell’umano. Ora – lo puoi credere – ti è stato
pienamente perdonato; e fiducioso, puoi rivolgerti tu stesso al Salvatore,
nella supplica, nella preghiera e nel ringraziamento”.
10.
“O Giovanni!”. A Claretus scende veramente una lacrima dagli occhi. “Come
mi hai liberato! Sì, alzo soltanto la mano: DIO avrebbe perdonato, mi avrebbe
redento! Ma – grazie a te, Suo discepolo. Oltre al ringraziamento a Dio, non
dimenticherò mai quello che tu hai fatto a me”.
11.
“Lo può dire ognuno di noi”, conferma Cronias. “Noi tutti siamo stati
strappati, attraverso Giovanni, alle fauci del mondo, perché lui è strettamente
legato al Salvatore. Tutti questi anni, da quando egli venne sull’isola, quanto
spesso ho ringraziato perché la mia vita ha preso una grande svolta, un ritorno
all’asse, come si suol dire. Non è forse così?”. Chiede agli altri con uno
sguardo.
12.
Ognuno parla del suo tempo di conversione. Sono testimonianze dell’aiuto
di Dio. “Ora vogliamo venire al tema!”, dice Giovanni, “è altrettanto della
massima importanza ciò che Sejananus deve domandare. Ebbene – qual era la
domanda?”. Oh, ancor sempre questa grande benevolenza che irradia il volto del
discepolo. Non considerato troppo alto: un riflesso dell’incommensurabile
superiore benevolenza del Signore! Ogni volta si è toccati da questa, ci si
sente come avvolti, spinti via dal mondo con tutte le sue bassezze. – Sejananus
parla contenuto:
13.
“So io dunque se questa domanda può valere dinanzi Dio?”. – “Certamente
che vale! Non può un figlio domandare tutto a suo padre? Un vero padre non
respingerà da sé il figlio, nemmeno quando il piccolo domandante non comprende
una completa risposta e quindi verrà a sapere ciò che corrisponde
all’intelletto del figlio. Ora però è così: la tua riflessione riguarda tutti
noi, altrettanto la risposta di Dio”.
14.
“Allora voglio levarmela dal cuore. Il Salvatore – nostro Dio! Le Sue Parole
a Pilato sono una testimonianza della Sua divinità. Come Uomo, Egli prese su di
Sé il martirio; ed ora presso i cristiani si dice: ‘Al posto nostro!’. Forse
questo per me è troppo alto, perché non lo comprendo del tutto. Si sa che cosa
si è fatto precedentemente di peccaminoso e di male. Per tutto questo, Dio
potrebbe punirci; sarebbe ben il Suo alto diritto.
15.
Se poi in verità una morte simile – una croce – oh, Giovanni, è la più
grande crudeltà che si possa inventata! Perché il ‘per noi!’. Dio è certo
Onnipotente. Non avrebbe allora potuto portare la Redenzione per altre vie?
Rabbrividisco, se ci penso: per me, la croce, con tutta l’ignominia e tutti i
dolori! Non riesco a liberarmi!”. Il capitano copre il suo volto con le due
mani. Giovanni, delicatamente, le ritrae di nuovo.
16.
“Amico, guardami! Tu ti sei donato alla santa Volontà liberatrice di Dio,
e ti dico: io lo sento così come te. Forse ancora un po’ di più. Io, anzi,
stavo sotto la croce, vedevo le ferite, vedevo il sangue, come scorreva giù dal
corpo, vedevo la sofferenza negli occhi di Gesù e – vedevo: questo dolore
giammai toccava al Suo corpo. Esso voleva anche essere sentito assolutamente cosciente
– in effetti, per noi!
17.
Le pene delle nostre anime stavano negli occhi di Gesù. Con il nostro cattivo
operare feriamo noi stessi. L’uomo lo ammette raramente; egli crede che se fa
qualcosa di male oppure perfino uccide qualcuno, con ciò avrebbe solo colpito
l’altro. Oh, sì, anche questo, proprio così come il Signore ha sofferto sulla
croce. Soltanto – come presso di Lui la sofferenza attraverso la
cattiveria valse solo al corpo, così vale per gli altri. Per noi il dolore si è
impresso nel santo Volto.
18.
Questo vale anche per gli uomini tra loro, certamente in misura minima.
Ciò che si fa di male all’altro, riguarda certamente il corpo di questi; per se
stessi riguarda la propria anima. Proprio queste ferite il Signore ha preso su
di Sé. Attraverso la croce, il simbolo supremo del Suo Amore, Dio guarisce al
‘posto nostro’ l’intera caduta!
19.
Che Lui prese su di Sé il peggiore del male, mai lo sonderemo del tutto in
questo mondo, cosa che è inclusa nel Piano di Salvezza. Se noi riconoscessimo
pienamente il sacrificio di Dio – per noi esisterebbero sempre soltanto due
cose: (1) il credente dovrebbe essere sepolto sotto questo peso, magari in
eterno senza soluzione; (2) i negatori si preparerebbero la morte della caduta,
cosa che la Divinità ha interrotto mediante il Suo Lustrum.
20.
Questo accadde in principio, quando la Divinità, senza
predestinazione vide ciò che avrebbe portato con sé una via libera delle
creature figli. Qui Dio creò figli di due specie: figli senza libera volontà,
dove certamente non poteva accadere nessuna caduta, ma nemmeno nessuna
beatitudine; e figli con libera facoltà di trasformazione, con l’alta meta
dell’eterna felicità, con ciò la possibilità di deviare una volta dalla via.
21.
Dio si scelse la seconda specie. Sotto la Sua sovranità Egli diede ad ogni
figlio la facoltà di cambiamento nel senso di una libera volontà, nello
spazio di confine della Sua Volontà! Questi sono misteri che si riveleranno
totalmente dopo la via del mondo.
22.
In questo senso Dio aveva previsto il Suo sacrificio, se un figlio si
fosse allontanato da Lui. Questo successe! La croce del Golgota non è il punto
di partenza, è la chiave di volta di quel sacrificio, sacrificio che la
Divinità ha portato per il Suo popolo! Ora comprendete che ‘al posto nostro’
c’è un segreto primordiale operare: la dedizione per gli altri! [Giov. 15, 13]
23.
Perfino noi uomini, ancora così lontani dalle conoscenze celesti, siamo
capaci di portare l’un per l’altro un peso. Hermius lo portò perfino da
ragazzo”. – “Come?”. – “Lo hai forse dimenticato? Non ti ricordi più del
fratello minore, sempre pronto a leggerezze? Quando minacciavano pesanti
punizioni, tu dicevi: sono stato io. E il piccolo era libero. Più tardi se n’è
pentito. Quando egli, giovane, morì in battaglia, ti fece sapere: ‘Ho agito in
modo vergognoso’ e che ti voleva molto bene”.
24.
“Oh, sai anche queste cose?”. – “Un dono di Dio! Si può guardare talvolta
nell’aura di un uomo: del passato. Del futuro è più raramente manifesto, per la
protezione dell’uomo. Così ho visto poco fa l’immagine e mi sono rallegrato,
perché è adatta. Veramente su altre altezze, incommensurabilmente alte, è
tuttavia un’immagine riflessa: come Hermius si è sacrificato per il fratello
piccolo e prese su di sé la punizione, così il Santo per il figlio caduto e il
suo seguito, cui appartiene anche la nostra insufficienza e tutti i nostri
peccati”.
25.
“Questo è stato beatificante!”. Sejananus stringe le mani a Giovanni.
Quanto bene sono accomodati questi pesi dell’anima. Si parla per un po’ su
quest’elevatezza, finché Giovanni guarda ognuno singolarmente; facendo questo,
sorride leggermente.
26.
“Quando io ho minacciato i cattivi che sarebbero stati sorvegliati, voi
non lo avete compreso del tutto. Non guasta se allo spirituale mancano ancora
alcuni pioli. Anche presso di me. Non c’è da stupirsi. La mia minaccia, che è
stata percepita in questo modo, è stato un buon ammonimento. Di ciò non si
sbarazzeranno. Naturalmente, Dio realizza le mie parole e un angelo li può
sorvegliare. In sé il duro sorvegliante è la loro coscienza. Malvolentieri si
ricorderanno di ciò che è accaduto da noi. Questo li aiuterà a tener la bocca
chiusa”.
27.
“Forse li sorveglia Cornelio, lui ha il miglior contatto con i suoi
romani”. – “Non hai sbagliato, Hermius, può essere. Su tutto c’è il Signore! Ma
EGLI fa volentieri vigilare dei figli, sui figli, e precisamente, i grandi sui
piccoli. Cornelio già prima della nascita nel mondo era un guardiano. Oh,
un’immagine!”. Gli occhi di Giovanni vagano, come già spesso, in grandi, ignote
lontananze.
28.
“Vedo un alto seggio, intorno ad esso molte luci in personaggi, quattro
nel santo Quadrato [Ap. 21, 16; 5, 6]. Posso distinguerne una chiaramente, è –
è – Cornelio. Una voce dice: «Egli è uno dei primi gruppi, ha eseguito
fedelmente il suo incarico nel mondo. Per lui è ancora incomprensibile, ma ha
da oltrepassare alcuni gradini, come d’altronde tutti i figli ritornati a Casa.
Questo non è un ammanco, sebbene ci sia qualcosa da recuperare di ciò che è
andato perduto nella materia. DIO raccoglie questo! Il figlio appartiene al
quarto gruppo, agli angeli del comando.
29.
Non indagate però, finché vi trovate sulla Terra, che cosa ognuno probabilmente
era una volta. Non può forse uno essere venuto anche dal lato oscuro, ha poi
riconosciuto la Luce, è ritornato secondo quella parabola: ‘Voglio incamminarmi
e andare dal padre mio?’. Chi è ritornato a Casa e serve alla Rivelazione,
allora si può ben una volta sollevare il velo [Luca 15, 18].
30.
Tu sei un veggente del nostro Dio, e a te è rivelato che cosa si deve
intendere con chiave di volta dell’Atto di Redenzione del Signore, un punto di
partenza per quell’ultimo mezzo tempo [Ap. 12, 14], nel quale viene purificato
l’ultimo della caduta. Se vuoi chiedere qualcosa, allora chiedi a me». Essa è
una figura imponente che si trova dinanzi a me. Io sono così piccolo dinanzi a
lei, un nulla davanti a tutta la magnificenza che mi circonda.
31.
Posso sapere chi era il nostro Nicodemo? Egli era per noi un buon amico ed
amava il nostro Signore. «È vero! Egli ha portato nel mondo il suo amore dal
Regno della Luce; perfino nella sua giovinezza non perse l’amore; lo ha solo
impiegato in modo sbagliato, ciò che è da ascrivere alla sua giovinezza. Ora
guarda!»”.
32.
Oh, quale meraviglia! Il rapimento di Giovanni dalla Terra si vede
chiaramente in lui. “Volo via, qualcuno mi tenga stretto; perché altrimenti… –
Ah, ora ho di nuovo il terreno sotto di me, ma non è come la Terra, è una
Stella. Mi vengono incontro amabili figure. Tutte portano delle vesti chiare,
sulle loro fronti splende come una corona. Quanto è meraviglioso!
33.
Una di queste figure mi porge la mano e domanda: «Mi conosci?». Come
potrei conoscere tali esseri di Luce? Ma ecco – Tu sei Nicodemo? Lo spirito di
Luce fa cenno col capo. «Un giorno avevo il permesso di curare la Stella»,
dice, «ed ora lo posso fare di nuovo. Talvolta c’è ancora da recuperare, cosa
che ho provveduto sulla Terra. Questa è una benedizione senza pari. Solo quando
lo si può sperimentare viene su di noi la conoscenza. Allora si può solo
ringraziare». Posso sapere come ti chiami adesso?
34.
«Il mio nome è Diadjar[17].
Soltanto – un nome è in verità un segno, ma non sta mai al primo posto. Un
nome solo ha il primo posto: DIO! Solo ciò che si trova sotto la Sua
volta di Grazia, vale nell’Eternità!».– Non chiedo se io una volta ero
qualcosa, (dice Giovanni). – «Fai bene, noi aspettiamo finché tutto si rivela.
Ora continua ad istruire i tuoi amici, il Signore te li ha affidati».– Anche me
Egli ha affidato a Sé, e grazie, molte grazie per tutte le benedizioni.
35.
«Fai bene anche in questo. Per te verrà un tempo tranquillo, di cui hai
molto bisogno, per vedere l’ultima grande immagine della materia». – E poi? –
«Aspetta la salvezza del Signore»”. Il celestiale è come cancellato. Come da un
sogno, Giovanni si risveglia dalla visione, e ci vuole un po’ prima che si
raccapezzi.
36.
Ognuno si sente come rapito, come vicino al Cielo. Sul volto del veggente
passa beatitudine della Luce. Per di più ognuno riconosce che non è
assolutamente semplice essere, da uomo, fuori del proprio corpo. Quanto più
profondo l’avvenimento s’imprime nelle anime, tanto più sale in alto il
ringraziamento, e tanto più si offrono a Dio. Il veggente non sa precisamente
se ha parlato ad alta voce. Alla sua domanda Claretus risponde rispettoso:
37.
“Abbiamo sentito tutto, Giovanni. Ci hai portato con te lassù, dove io
ancora non appartengo. Hai intrecciato un legame meraviglioso intorno a noi e
l’hai annodato con Dio. Una volta vi ho guardato”, la sua mano descrive un arco
tondo. “Ognuno aveva chiuso strettamente i suoi occhi. Anch’io! Soltanto, nello
stesso tempo mi sono sentito così strano, allora volevo accertarmi se ero
ancora in vita”. Il giovane Stefano lo conferma per sé.
38.
“È un mistero, e lo vogliamo serbare per noi; ma che Cornelio – davanti al
seggio di Dio – oh, come si deve sentir bene, se ora lassù così in alto – e
Nicodemo – tutta una Stella è ai suoi piedi! Io non riesco ad afferrarlo del
tutto”. Sejananus lo ha più mormorato che parlato.
39.
“Mai sarà possibile descrivere la visione con le nostre povere parole.
Immaginatevi il Sole ancora così meraviglioso, esso è una scintilla rispetto a
quella luce che procedeva dal seggio della Divinità, lo circondava e splendeva
in una vastità del Creato, i cui confini un occhio mai vedrà. Iddio unicamente
lo può! Egli non ha confini, Egli è l’Infinito e l’Infinità! Dalla Sua
immensità di onnipotenza si diede al centro della Sua magnificenza. In questo
luogo si è creato il Suo popolo di figli. Amici, e noi ne facciamo parte! Chi
potrà afferrarlo giustamente – ?!
40.
Solamente – noi siamo Sua proprietà, proprietà che EGLI la sa custodire.
Egli guida ogni figlio alla Sua maniera, noi possiamo fiduciosi lasciarci
guidare. Poiché vedete: lo sconvolgente – è che pensavo di non ritornare
un’altra volta nel mondo. Ero vicino a LUI ed ero come avvolto in una
sconfinata lontananza, ero – non più io. Così forse è successo ai nostri due
amici, quando poterono lasciare il mondo, quando poterono riconoscere il luogo
da dove erano proceduti”. Scubatus, intanto ha fatto molto bene, ha nuovamente
riempito le coppe, ha messo il pane al posto giusto e invita:
41.
“Non pensate che io sia rimasto indifferente. Poiché sulla Terra abbiamo
da compiere il nostro dovere, dobbiamo pensare al corpo. Giovanni si è assunto
l’incarico di istruirci. Io devo imparare ancora molto, sono soltanto – hm, un
piccolo ruscello che si può attraversare con un passo breve. Giovanni mi sembra
come l’Eufrate. In verità io non l’ho mai visto, ma ho sentito dire che è molto
largo. Grandi navi vanno su e giù sulle sue acque”. Una buon’immagine. Si
mangia e si beve e Giovanni insegna da quest’immagine.
42.
“Mi vuoi onorare, Scubatus, perché mi paragoni all’Eufrate, invece tu ti
paragoni ad un ruscello. Il tuo esempio può valere per amor dell’umiltà, non
per riguardo a noi due. Il mare, la sorgente primordiale di ogni vita, è il
Creatore dell’Infinità. Se lo vediamo già come esempio, allora fluisce ancor
sempre da Dio l’acqua della vita nello spazio e nel tempo.
43.
Dall’Eden, dalla sua sorgente, procedevano i quattro fiumi. Simbolicamente
il Pison è il nostro Creatore, esso è chiamato per primo. Il Gihon è il
sacerdote, l’Hiddekel è il collegamento tra Creatore e creatura, e noi
chiamiamo Lui, nostro Dio. Il quarto fiume, l’Eufrate, simbolizza il Padre, che
l’Amore, quale Salvatore, Lo ha portato vicino alla materia [Gen. 2].
44.
Spiritualmente, dai fiumi vennero poi i torrenti, e qui significano i
principi angelici e i gruppi che seguono loro da vicino. A questi seguivano poi
le schiere dei figli, i ruscelletti. Finché noi uomini dobbiamo percorrere la
nostra via, vogliamo considerarci tutti come un ruscello, anche se uno
riconosce di più oppure sa dire di più. Tutto proviene unicamente e solo da
quel ‘Mare creativo’, dalla Sorgente primordiale di ogni essere e di ogni vita.
45.
Dio ha emanato dalla Sua Essenza primordiale segreta ogni vita, fino al
più piccolo rivoletto della materia, chiamato fuori della caduta. Egli però accoglie
di nuovo tutto in Sé, senza mai annullare la vita cosciente dei Suoi figli.
Forse – lo verremo a sapere solo un giorno nella Luce – il Creatore ha velato
il segreto così meravigliosamente ed ora l’ha un poco rivelato.
46.
Noi inspiriamo l’aria nei nostri polmoni, si trasforma in noi; il buono
giunge nel sangue, il resto viene espirato. Tale e quale il Creatore di nuovo
accoglie in Sé tutto il Suo ‘bene’. Presso di Lui esiste soltanto il bene,
la bontà, il sigillo del valore del Suo lavoro, come si disse: ‘E guarda, ecco
– ciò che Egli creò – era molto buono’ [Gen. 1, 31]. Così, inverso, vanno i
ruscelli nei torrenti, questi nei fiumi, questi nel mare della primordiale
enorme potenza del Creatore.
47.
Le grandi navi sull’Eufrate significano ancora: chi si affida al suo
Creatore e viene a Lui, al Padre, può venire a Lui con tutti i pesi, grandi o
piccoli. La Sua acqua di salvezza porta tutte le navi, i nostri pesi,
certamente anche, e sicuramente tanto più volentieri, la nostra buona volontà,
l’amore, il nostro servizio, per quanto bene noi possiamo farlo con la più
schietta forza di volontà.
48.
Scubatus pensa che abbia in ogni caso ragione con la sua immagine, lui, il
piccolo ruscello. Ci sono ruscelli larghi che si guadano oppure si possono
attraversare soltanto su una passerella. Così noi nel mondo siamo ruscelli,
stretti o larghi, questi ultimi sono quelli che possono insegnare qualcosa.
Ruscello però rimane ruscello, figlio rimane figlio nel senso della Rivelazione
di Dio: che cos’è LUI, che cosa siamo noi. Soddisfatto?”.
49.
“Non posso essere contrario, tu interpreti troppo precisamente. Dio come
mare fin giù da noi, al rivoletto sulla Terra, e qui viceversa, il rivoletto
trova la sua via nel mare, quand’anche riportato da un fiume, poi da un grande
fiume. Ah, Giovanni, se non avessimo te!”. Su questo, ognuno esprime
volentieri il suo ‘sì’.
50.
“Allora?”, domanda Giovanni, “non vorreste piuttosto dire: se non avessimo
DIO?”. All’improvviso dice Horpha: “Nonostante ciò, Scubatus ha ragione. Dio ti
ha dato a noi, affinché imparassimo a conoscere LUI. È Grazia Sua il fatto che
tu sei con noi. Ci hai liberato da molto. E così ci hai portato tu la salvezza,
la Luce di Grazia dalla mano di Grazia del tuo – del nostro Dio”.
51.
“Guarda guarda, Horpha!”. Sejananus si frega le mani. “È proprio così.
Lascia che noi ti onoriamo Giovanni, con ciò s’intende che tutto l’onore spetta
unicamente a Dio. Quando ero sulle estese acque, mi venne già allora il
pensiero: l’uomo è solo la goccia. Quando più tardi ricevetti la Parola di Dio,
da allora Dio era il mare – in via di paragone, intendo dire”.
52.
“Voi avevate tutti un impulso di Luce in voi”, dice Giovanni,
“questo era solo coperto, in parte con la nascita nel mondo. Esso tuttavia era
lì, una parte della vostra esistenza prima del mondo. Lo preserverà
sempre lo spirito in noi, perfino se un giorno non giunge all’apertura. Dio
conduce vie meravigliose; oltracciò è la luce uscita con impeto da voi anche se
il primo impulso lo ha dato il Signore. Alcuni li ho potuti toccare io con la
Sua forza.
53.
Ora scelgo una parabola, come le sceglieva di solito Gesù. Ed erano sempre
così adeguate alla realtà che la Sua Parola poteva essere comprensibile. Io ho
visto un’immagine di Giosuè. Voi in parte conoscete la storia d’Israele, come
Mosé un giorno lo portò fuori dell’Egitto, lo ricondusse nel paese del
patriarca Abramo, lui stesso però aveva terminato la sua via prima
dell’ingresso nel paese. Mediante la sua fedeltà, il suo amore e molta fatica,
giorno per giorno, adempiuto per quarant’anni, poté tenere ‘il grande
ingresso’, nella casa del Padre Celeste.
54.
Giosué guidò Israele in Canaan. Quando ebbe terminato la via di
cooperazione, io vidi, com’era insoddisfatto di sé. ‘Tanto poco’ poteva mettere
nelle mani di Dio. Egli vide soltanto un granellino o due, una povera spiga.
Questa divenne presto un intero covone che lui teneva nelle mani per la sua
massima meraviglia[18].
55.
Dio tiene pronto per ogni figlio nella Sua mano destra, cosa che significa
per ‘Suo diritto’ un granello di frumento. Questo rimane sempre Sua alta
proprietà. Nella mano sinistra, vicino al Suo cuore, sta un secondo granello,
assegnato al figlio. Lo si può incurante gettare via da sé, lo si può lasciar
marcire in sé, lo si può anche piantare nel terreno. Il terreno qui è la
conoscenza: far del bene ed evitare il male, fin dove l’uomo riesce.
56.
Non dobbiamo domandare che cosa possiamo consegnare al Padre come bene da
riportare a Casa. Chi moltiplica per alcuni il suo unico granello con la
migliore volontà, da ciò il Creatore fa facilmente una spiga, così che godiamo
piena benedizione. I Suoi grandi figli hanno quell’obbligo d’amore di riportare
a Casa molto per i piccoli, non proprio per sé solamente.
57.
Il granello che Dio tiene nella Sua mano destra è quella benedizione
mediante la quale ognuno può diventare anche un portatore di semenza. Il
Creatore semina sul campo della Creazione; i campi, che sono da interpretare
come sfere, li ha affidati ai Suoi cari grandi, i giardinetti appartengono a
noi, là dal nostro operare un granellino può diventare perfino un’intera spiga.
58.
Questo significa nuovamente: non fate nessuna differenza tra gli uomini,
per quanto uno sappia dare qualcosa di più. Noi siamo tutti figli di Dio; e non
c’è bisogno di più. Poiché mi volete onorare per autentico amore, soprattutto
nella venerazione davanti alla Parola del Signore, Parola che io posso portare,
allora sia in questo senso. Ogni lavoro, infatti, è ben degno del suo salario.
Chi però si calcola prima il suo salario, se lo è piuttosto giocato, ritorna
nella Luce molto, molto povero, ed ha forse perfino perduto il suo granello.
Allora deve giungere alla conoscenza: ‘Mi sono smarrito!’.”.
59.
Il duumviro si alza, cosa che si fa raramente durante le conversazioni,
egli parla leggermente tremolando, la sua anima è completamente agitata. “Giovanni,
ciò che oggi hai insegnato, è un pezzo di vero bene celeste. Confesso
apertamente: se in passato mi avessero voluto dire qualcosa con tali esempi,
non avrei ascoltato per niente. L’avrei chiamato idea cervellotica.
60.
Ora le immagini mi mostrano la Verità più profonda, ed io comprendo perché
il Salvatore avvolse in esse i Suoi Insegnamenti. I superiori Lo avrebbero
potuto comprendere; essi non vollero. Il popolo però Lo comprese, da ciò ha
raccolto la benedizione di Dio.
61.
Tu mi hai dato da leggere il ‘Sermone del monte’ [Matt. 5-7]. Prima avevo
scrollato la testa, mi sembrava perfino troppo semplice. Leggendole per la
seconda volta, mi sono accorto: non la Parola, il SENSO è da osservare, questo
mi era nascosto, finché un po’ alla volta ho imparato a riconoscere il senso
più profondo. Per concludere, avrei ancora una domanda”.
62.
La notte è già inoltrata, alcune stelle guardano nella finestra. Nella
stanza c’è quiete. – “Domanda”, fa cenno col capo Giovanni. – “Ebbene”,
comincia Claretus, “il mio ritorno mi pare un miracolo, e quello che ho saputo,
soprattutto quello che ha fatto il Salvatore – miracoli su miracoli! La nostra
vita sarà soprattutto un miracolo. Ma se un po’ alla volta il Signore sarà
dimenticato? Se più avanti gli uomini non crederanno più ai miracoli? Essi
diventerebbero amaramente poveri, se il maestoso operare del nostro Signore si
esaurisse. Questo mi opprime”.
63.
“Opprime anche me!”. Giovanni guarda fuori nel buio firmamento. Il futuro
è altrettanto buio, nascondendo il mondo che si … Oh, io, piccolo credente!
Quanta Luce mi ha donato il Salvatore! Le stelle, incommensurabilmente lontane,
ci splendono, anch’esse sono la Parola del Signore! La bontà mai si esaurisce,
mai la misericordia con la quale Dio lega il Suo popolo dei figli – nel Cielo,
sulla Terra, ovunque. Egli tira Claretus alla finestra, dicendo:
64.
“Guarda, Dio per noi ha acceso le stelle. Come queste brillano
eternamente, così sono eterne le meraviglie che Dio ci dona. Potrà succedere
che l’umanità in genere si distacchi dalla Luce e dalla Verità, non crederà nei
miracoli, in quelli che Dio compie veramente. In luogo di questo ci si
aggrapperà ad altro, forse a qualcosa di pratico, se Dio clemente lo lascia
accadere. In genere dominerà un buio. Amico mio, non questo”, il veggente indica
all’alta volta celeste, “no, l’oscurità dell’anima, la stoltezza, il ‘senza
Dio’ è la via che porta alla rovina.
65.
Tu pensi che l’uomo diventi poverissimo se l’alto operare miracoloso del
Signore si disperde. Esatto! Con la sola differenza: l’Operare di Dio non si
esaurisce mai! Egli non riposa e non si ferma, altrimenti tutta l’Opera Sua, le
Creazioni, scomparirebbero. La Sua forza e potenza sono gli impulsi di ogni
vita. Ognuna delle Sue Opere è in sé la VITA!
66.
Chi mette da parte Dio, Gli volta le spalle, per costoro cessa l’azione
dei miracoli. Così inteso: essi non aprono le loro mani, chiudono a chiave il
loro cuore; così la benedizione di ogni magnificenza per loro va perduta. Non
per Dio! Lui non conosce nessuna perdita, tutto ritorna nelle Sue Mani. E
chi sa – ? la può conservare per i poveri, perché loro, certamente dopo una
faticosa via dell’anima, giungono un giorno veramente nella Casa del Padre,
come trovatelli, dove non potrebbero vivere senza beatitudine.
67.
Noi non vogliamo, non dobbiamo calcolare se la loro beatitudine è minore
di quella dei viandanti, i quali sono i figli del ritorno a Casa. Solo
il Padre vede la differenza, che la Misericordia copre, per il successivo
giorno della Creazione, giorno che si chiama il ‘Sabato del Cielo’ oppure così
come scrisse Mosé: ‘E Dio riposò in questo giorno da tutte le opere che
Egli fece’ [Gen. 2, 2-3]”.
68.
Dice Cronias, prima che ci si separi: “Questa era anche una parte del
giorno del Sabato, così abbiamo raccolto molta benedizione. Ci sarebbe però una
domanda: che cosa succede nel giorno del Sabato? Mi appare chiaro ciò che
Giovanni ci ha annunciato: Dio non riposa e non Si ferma mai, altrimenti la
Creazione svanirebbe. Ma che cosa accade allora se Dio in questo settimo
giorno, di cui non si ha nessuna idea, comunque, riposa? Qui non riesco a
seguire, non riesco ad accomodarlo. Ci puoi tu insegnare ancora qualcosa?”. Il
capitano guarda implorando il loro maestro, come lui chiama spesse volte
Giovanni.
69.
“Questo ce lo riserviamo per una prossima serata. Forse risulterà una
discussione più lunga e la notte volge al declino”. – “Hm, esagerato”, contende
Cronias con se stesso. “Perdonami!”. – “Non c’è niente da perdonare. Si devono
sfamare gli affamati, dar da bere agli assetati; con il cibo spirituale c’è a volte
da osservare una misura. Dapprima riflettete su tutto ciò che avete sentito
oggi; il resto può venire successivamente – attraverso la bontà del nostro caro
Signore”.
70.
Ci si augura l’un l’altro la buona notte.
[indice]
۞
Violento uragano, pesanti fardelli, la materia pretende il
tributo
Qualcosa sul vero riposo – Differenti rivelazioni
sugl’insegnamenti di Gesù
La Cornelia
alla deriva è data per dispersa, poi ritrovata dall’altra parte dell’isola.
1.
Agli uomini scorre il sudore, e l’acqua. Infuriano violenti uragani. Lungo
la costa, in tutte le parti, s’infrangono ondate impetuose sulla terraferma,
devastando molto. Barche per la pesca si sono fracassate, e perfino le potenti
catene, con le quali è ancorata la Cornelia, non resistono alla tempesta. Il
terzo giorno la galea con alcuni uomini viene trascinata alla deriva.
2.
“Giovanni, non puoi soccorrere? Io penso – tu sai …”. Sejananus arriva
nella torre ansante. Giovanni sta alla finestra, l’aria fredda riempie la
stanza, lentamente si volta. “Per noi è una dura prova; io non lo so, da
qualche parte l’infuriare della tempesta dovrà raggiungere uno scopo. Chissà
che cosa vi è collegato. Dio non ci lascerà andare in rovina”.
3.
“Due pescatori sono periti, e la Cornelia – con sei uomini è alla deriva.
Abbiamo bisogno della nostra nave. Qui non possiamo costruirne una nuova e non
sappiamo se Roma ce ne fornirà un’altra!”. Sejananus guarda fuori fisso, terra
e acqua, tutto è in confusione. “Aspettiamo, caro amico”, dice tranquillo
Giovanni, sebbene il suo cuore batta violentemente; non per paura, ma per la
preoccupazione per gli uomini che sono esposti alla rovina.
4.
Nessuno lo sa: Stefano è corso con due ex pirati lungo la costa
meridionale. “La Cornelia deve essere da qualche parte. Se la sua prua si è
arrestata nella terraferma, la possiamo trovare”. Quasi un giorno intero si
sono opposti a questa tempesta, tra le altre cose vasti banchi di nebbia
impediscono la visuale. Uno degli uomini cade, sono troppo stanchi. Stefano lo
aiuta ad alzarsi. “Vieni, dobbiamo andare avanti, io non mi arrendo! Si tratta
di noi tutti!”. Vanno avanti faticosamente, passo per passo.
5.
Là, là – dietro un muro di pioggia nebbiosa si vede una grande ombra. “La
nave, guardate, la nave!”. Dice affannosamente Stefano giubilando. “La nostra
nave!”. Come se ricevessero nuova forza, corrono ora a briglie sciolte verso
l’ombra. La prua della galea è sospesa tra due strisce di terra molto strette.
I legionari a bordo avevano attraccato delle catene che erano ancora
disponibili ai due lati e cercavano di ormeggiarla da qualche parte alla
terraferma. Non c’erano ancora riusciti, quando i tre aiutanti si avvicinano
velocemente.
6.
I nove uomini lavorano per tutta la notte, spesso disperandosi, sebbene
qui la tempesta non sia così violenta come in mare aperto e nel luogo del loro
porto. “Essa si calma”, dice uno, “dobbiamo aspettare un po’. Se l’ancoraggio
tiene, possiamo tornare indietro e venire a prendere più tardi la galea”.
7.
Sono stremati, sono già due giorni che non hanno mangiato niente, bevono
solo acqua piovana, quando finalmente tentano di tornare indietro. Procedono
lentamente, devono superare molti detriti e crepacci aperti. È sera inoltrata,
quando al capitano e a Cronias annunciano che la Cornelia è al riparo.
8.
“Ci siamo preoccupati molto per voi, anche per Stefano. Giovanni era
triste; solo non sappiamo precisamente perché. Di nuovo aveva previsto che
‘qualcosa’ sarebbe capitato. Abbiamo avuto un colloquio così magnifico e ci
tenevo molto”, dice Cronias, “di avere un chiarimento su una domanda. E che
cosa ha detto Giovanni? ‘Ce la riserviamo per una prossima serata’. A volte non
è facile comprendere l’operato di Dio”. – “Egli opera sempre bene”, sussurra
Stefano. Ciò nonostante gli si chiudono gli occhi.
9.
“Venite nella taverna”, Cronias invita gli uomini, mentre altri mettono
alcune pelli su Stefano. “Dovete mangiare, non subito molto”, egli ammonisce,
“affinché non subiate alcun danno”. Ordina all’oste che cosa deve portare. Nel
frattempo Sejananus corre da Giovanni. “Salvata”, esclama già in alto alla
scala. “Ho visto arrivare nove uomini; chi c’era ancora?”. – “Il nostro
ragazzo!”. Il vecchio capitano è fuori di sé dalla gioia. “E due ex pirati”.
10.
“La tempesta si è calmata. Ho ringraziato il nostro caro signore, EGLI ha
soccorso. A quanto ho sentito, non è stato possibile salvare due pescatori,
sebbene altri abbiano tentato. Noi assisteremo le famiglie”. Una profonda
riflessione e poi: “La materia pretende di nuovo il tributo. Questo però
è il più delizioso di tutti i doni che Dio ci dà. Quel buon sapere: “A Lui
nessun figlio va perduto e la morte ci redime tutti quanti”.
11.
‘Hm’, pensa Sejananus. ‘È così; tuttavia come uomo ci si attacca alla
vita. Chi la deve perdere così come i nostri bravi pescatori …’. Il corso dei
pensieri è interrotto. “Vado, si deve consolare la povera gente e vedere di
cosa hanno bisogno”. – “Non andare da solo, soffiano ancora raffiche di vento
su di noi”. – “Porto con me Scubatus, per tua tranquillità”. Un piccolo
sorriso.
12.
Ci vogliono settimane piene di fatica, prima che ci sia nuovamente ordine.
È stato molto difficile rimorchiare la danneggiata Cornelia fino al porto.
Finalmente – si fa un respiro di sollievo – ci si può radunare. Il giorno prima
Giovanni ha convocato la comunità della torre e tutti sono venuti. Ognuno è
tornato di nuovo a casa, confortato e fortificato.
13.
Gli amici sono insieme. Giovanni dice a Stefano: “Sei stato coraggioso ed
hai confidato in Dio. Che cosa hai pensato veramente sulla via?”. – “Non lo so
più precisamente”, risponde Stefano, “soltanto questo: caro Salvatore Gesù,
aiutaci! Gli sforzi spesso cancellano il pensiero. Voglio sempre ringraziare
interiormente per l’aiuto di Dio!”.
14.
“Noi tutti”, dice Claretus. “Ora di nuovo la cosa più bella: l’Insegnamento
di Gesù! Dopo la fatica si possa oggi aprire per noi il Cielo di Dio”. – “Di
questo mi rallegro”, conferma Cronias. “Se tu vuoi, caro Giovanni, vorrei
ricevere volentieri il chiarimento su quel ‘riposare e, lo stesso, operare in
eterno’.”. Tutti lo desiderano. Ci si era interrogati, se e come questo sarebbe
potuto essere chiarito.
15.
“Ci sono molte cose incomprensibili”, comincia Giovanni. Amorevoli sono
volto e linguaggio. “Ci si attacca di più alla parola e si dimentica il senso
che sarebbe da approfondire. Ebbene, con le sante proprie faccende di DIO il
nostro sapere e il nostro intelletto potrà mancare, ma non il nostro spirito.
Si può giungere fino alla porta chiusa della Sua officina, e siatene
certi – che ne escono fuori comunque tanti raggi, per colmarci di conoscenza.
Questo è sufficiente per percorrere la via che conduce alla fine colma di Luce.
16.
Ora consideriamo la Parola tramandata da Mosé. Quando noi pensiamo
al riposo, deponiamo il lavoro. S’intende che l’uomo, perché perituro, ha
bisogno giornalmente di una pausa, appunto un far-nulla. Riflettete cosa qui
riposa. Certamente le mani, e anche i piedi. La vita ricevuta da DIO, con tutto
ciò non è interrotta, né i pensieri, né il cuore, né i nostri polmoni, nulla di
ciò che mantiene il nostro corpo.
17.
Riposa là veramente l’uomo, anche se non lo sente in pienezza? Il polso
continua, non si ferma. Anzi, si esamina se un lavoro è riuscito bene, si pensa
al prossimo, cosa ci sarebbe da fare. Quindi riposa soltanto l’esteriore;
l’interiore procede imperterrito e senza sosta. Qualcuno che è volentieri
attivo, nel riposo rifletterà come dovrà cominciare il giorno successivo,
riflette il procedere e la meta”.
18.
“Posso interrompere?”, chiede il centurione Hermius. – “Certo!”. – “Volevo
dire: mi si è acceso un lumicino, anche se non lo comprendo del tutto. Il
paragone con noi – sì, questo sembra chiaro e lo hai di nuovo spiegato bene,
Giovanni. La vita è una faccenda continua; e così forse – soltanto proprio non
capito – sarà con il Creatore.
19.
Anche se Lui non muove le Sue mani e i Suoi piedi, quando riposa dai
giorni del Suo lavoro, potrei dubitarne dopo tutto ciò che finora ho potuto
riconoscere di Lui. Soltanto il ‘come’ mi è incomprensibile”. – “Non solo a
te”, dice Stefano, “ma certo è buono e vero che noi in questo riguardo stiamo davanti
all’officina di Dio; dal Suo riposo, infatti, scaturisce per noi figli nuova
beatitudine”. Questo è certamente giusto.
20.
Dice Horpha che siede in cerchio con alcune famiglie. “Non ho mai osato
farmi avanti fino a questa porta; nemmeno la si troverà”. – “Pensavo
precisamente così”, interviene Claretus. “Noi possiamo investigare molto, ma
non su DIO in tutta la Sua magnificenza, nella Sua segreta Essenza, dalla quale
per tutti viene ciò che serve ad ognuno per il meglio”.
21.
“Il Signore ha una grande Gioia di voi”, elogia Giovanni. “Voi avete
completamente superato ciò che una volta era la vostra esistenza, la vostra
vita, la vostra opinione. I vostri cuori sono diventati un campo nel quale DIO
ha sparso la Sua semenza. Ora essa è germogliata, mostra già molti buoni
frutti. Hm, nessuna lode, amici miei, è proprio ciò che il Signore vi fa
sapere.
22.
Non c’è bisogno di entrare nell’officina di Dio. Se riconosciamo ciò che
Egli crea, allora è come se potessimo vedere da una lontananza quella
porta. Ma l’altra, di cui il Salvatore ha detto: ‘Io sono la Porta; se uno
passa attraverso di Me, sarà beato, uscirà ed entrerà e troverà pastura’
[Giov. 10, 9], ci sta aperta. Questo lo spiegherò più tardi. Prima ritorniamo
al ‘riposo ed eterno operare’.
23.
Nel piccolo noi sappiamo che il Creatore è l’Impulso-Azione, cosa che
significa il Suo operare. ‘Egli riposa’ – abbraccia con lo sguardo i giorni
passati della Creazione del Suo Anno-Atto-UR. In questo riposo Egli adagia sul
letto il Suo popolo di figli. Noi mai lo potremo afferrare totalmente; è
possibile solo una sensazione, dal momento che ogni spirito figlio ha bisogno
di riposo, simile a quello dell’uomo dopo una giornata di lavoro compiuto.
24.
Coloro che nella caduta della primogenita erano rimasti fedeli, hanno
sacrificato il loro ‘sempre-essere-presso-Dio’. Essi collaborano affinché la
povera figlia insieme al seguito trovi la sua via di Casa. Oh, ‘essi si
piegano, finché stanno nel campo’, per portare a Casa ogni piccola spiga, ogni
granellino, per la gioia del Padre[19].
25.
Questo è quel faticoso lavoro che non si riconosce pienamente da sé.
Esempio: il lavoro delle settimane passate ha richiesto molto impegno delle
vostre forze fisiche. Ciò nonostante il pensiero di ‘aiutare’ eclissava ogni pesante
fatica, quindi non l’avete sentita precisamente. Dopo, era assolutamente
necessario il riposo.
26.
Bene, ma è incommensurabilmente superiore, quando la notte della Creazione
concluse il sesto Giorno di lavoro, quando il Sabato venne sulle ali dell’aurora.
Il riposo di Dio non è un deporre il Suo lavoro. I fedeli raccolgono il loro
salario, le ferite dei precipitati vengono guarite. La magnificenza della
Volontà del Padre risplende sui fardelli della materia.
27.
Voi pensate ancora alla fatica. La potete sentire ancora? No! Sapete
soltanto com’è stata”. – “Oh, sì”, dice Sejananus, “durante tutte le difficili
settimane ho sospirato spesso, mi faceva male la schiena e mi cascavano le
braccia. Oggi – non sento niente di tutto questo!”.
28.
“Il giorno del Sabato colmo di bene, oltre al riposo, porta ulteriore servire”,
insegna Giovanni, “la Volontà creativa di Dio, infatti, viaggia attraverso il
campo dell’azione (Anno-Atto-UR). Il Suo riposo è lo sguardo retrospettivo sul
passato, e incommensurabile sarà il Suo giubilo nell’introspezione delle opere
di milioni di anni. La pienezza dei pensieri forma il successivo,
ininterrottamente, attraverso i quattro flussi della Sua santa Eternità-UR!
29.
Per la nostra gioia festosa Dio ha velato questo futuro. Al mattino della
Misericordia Egli solleva la coperta che nascondeva il Suo ‘operare
anticipatamente’. Un’immagine: il giorno prima del battesimo, Stefano aveva
riflettuto che cosa sarebbe stato il giorno dopo. Egli aveva creduto in
qualcosa di bello. Soltanto, in che cosa? Nella notte lo rese beato un sogno,
al risveglio non seppe più molto di questo; esisteva soltanto la sensazione di
felicità. Così andrà a noi. La notte tra i due giorni, quello dell’Amore e
della Misericordia, ci benedirà spiritualmente. Al mattino però attenderemo
beati ciò che ci prepara il Padre nel Suo e nel nostro giorno di Sabato. Questo
sia ora sufficiente e vogliamo imparare a non stendere la mano anticipatamente.
Come DIO guida, è sempre ben fatto”.
30.
Un pescatore leva timido la sua mano. “Parla!”, lo invita Sejananus.
Questi balbetta, finché Giovanni prende le sue mani: “Hai tu paura dinanzi a
me?”. – “No, soltanto che i nostri romani sono spiritualmente così progrediti,
per non parlare di te, nostro insegnante, mentre …” – “…tu non stai più in
basso di noi”, lo tranquillizza Cronias.
31.
“Davanti a Dio non esiste nessuna differenza, quando ci si sforza di
cogliere al meglio possibile i Suoi Insegnamenti, di amarLo e – per quanto
possiamo sulla Terra – aiutare i bisognosi. Tu volevi salvare i tuoi compagni,
cosa che è superiore ad ogni qualsiasi sapere e conoscenza. Non è vero,
Giovanni?”. – “Sì, è giusto! E ora parla, Pharet, noi ascoltiamo volentieri”.
32.
“Tu eri triste, io l’ho sentito. Una volta ci hai raccontato come il
Signore aveva calmato il mare. Mi è venuto in mente che tu avresti volentieri
calmato la tempesta. Penso che lo avresti potuto; poiché uno che era così
vicino al Salvatore e Lo conosceva certamente meglio di tutti, a costui sarebbe
possibile fare anche questo nel Nome di GESU’. Perché non è successo? – Chi sa
dunque questo?”.
33.
“Doveva certamente essere così”, dice Scubatus. “Giovanni, proprio non
doveva interferire nella mano operativa di Dio. Noi mai sonderemo, perché
l’operare di Dio è differente. Tra noi c’è il Suo discepolo, il quale può soccorrere
in tempeste umane e forze della natura; e poi di nuovo così, come se la bontà
di Dio fosse amputata”. Con angoscia si guarda a Giovanni, il cui volto rivela
una grande tristezza.
34.
“Avete ragione. Non tutto vi posso annunciare adesso; soltanto questo: ho
visto delle pesanti immagini, e la tempesta era come uno specchio di ciò che un
giorno si riverserà nel mondo. Gli ultimi uomini provocheranno da se stessi le
loro sofferenze. Allora potrà essere l’ultima Grazia di Dio, quando questo
dolore salirà fino al Cielo [Ap. 14, 20]”. Il tempo per questo non è ancora
venuto, l’amabilità del discepolo prorompe di nuovo: “Ora voglio prima parlare
di quella Porta che per noi sta sempre aperta.
35.
‘IO sono la porta!’. Una parola di Grazia. I superiori del Tempio avevano deriso il nostro
Signore. ‘Sei Tu di legno?’, domandò un brutto. ‘Nessuna risposta potrà essere
un giorno per te una benedizione, se …’. Gesù si rivolgeva al popolo. Oh, si
può certo domandare che cosa deve significare questa Parola. Come sempre essa era
una meravigliosa immagine. LUI, che come DIO si è sacrificato per noi, è la porta
del sacrificio, attraverso la quale ognuno può giungere di ritorno nella
Casa del Padre.
36.
Finché uno non riconosce il sacrificio, esclusi quegli innocenti che
proprio non conoscono Dio, la porta di Luce rimane chiusa per loro. Questo ha
inteso il Signore. Il popolo non istruito si accalcava intorno a Lui; noi
dovevamo creare per Lui un passaggio, Egli voleva proseguire. Quanto volentieri
però si lasciava trattenere da tutti quei poveri; amorevolmente li benediva.
37.
Credetelo, amici, ben invisibile, il Salvatore è però con noi. Noi Lo
potevamo sperimentare. Lui viene da tutti quelli che Lo accolgono, anche da
coloro che hanno bisogno di Lui. Egli è sempre per ognuno la porta; il Suo
Amore, bontà, grazia e misericordia sono il nostro ‘Hephatha’!
38.
Per i maligni superiori, per i beffeggiatori, la porta è sbarrata. Se per
sempre, non si sa. Egli disse: ‘Se qualcuno entra attraverso ME’, chi lo
fa, ‘sarà beato ed entrerà ed uscirà e troverà pastura’. Entrare
e uscire significa quella libertà che sta nella volontà di Dio. Poiché chi è
beato, mai andrà più via da Lui. Voi lo avete compreso bene. Chi però ha ancora
una domanda, allora ne abbiamo ancora il tempo”.
39.
“Ci sarebbero abbastanza domande”, si presenta Claretus. “A me manca
ancora tanto. Ci hai insegnato a credere anche l’incompreso, finché ce lo
chiarirà lo spirito. Ebbene, questa: ‘Fatevi amici con l’ingiusta mammona’
[Luca 16, 9]. Una volta tu lo hai menzionato. Forse sono l’unico che non
schiaccia questa noce”. – Dice Cronias: “Presso il nostro Salvatore esistono
molte noci che noi uomini non possiamo schiacciare da soli. Non vedo l’ora che
si risolva questo mistero. Il Signore, certo, mai ha amato mammona”.
40.
“Talvolta era strano”, comincia Giovanni. “Specialmente all’inizio, quando
Lo abbiamo seguito, i misteri si accumulavano dinanzi a noi. Una volta Santo,
quasi inavvicinabile, poi di nuovo totalmente come un Uomo, nell’Insegnamento e
nell’operare. Solo più tardi ci siamo resi conto che cosa doveva significare
quest’accenno. Egli per di più aggiunse: ‘…affinché quando voi stentate
la vita, essi vi accolgano nell’eterno rifugio’.
41.
Vedete, quando un ricco pensa ai poveri, allora questi possono, se muoiono
nella fede, aprire il rifugio di Luce. Se per vero un ricco pensa ai poveri, ma
non a Dio, sapendolo o no, per costui i poveri stendono le loro mani pregando e
supplicando: ‘Padre, aiutalo e benedicilo, egli ci ha aiutato nel mondo!’. È
questo ‘l’accogliere nell’eterno rifugio’.
42.
Questo rimarrà a lungo incompreso. L’uomo non attinge volentieri né in
alto né in basso, per lui è dritto il suo piccolo sentiero tortuoso, sul quale
va comodamente avanti, senza chiedere: che cosa sarà un giorno? Se apre il suo
cuore, allora Dio dà la risposta: come Egli disse:
‘Voi scrutate le Scritture, perché pensate
di avere per mezzo di esse la Vita eterna;
e queste sono quelle che rendono testimonianza di ME’. [Giov. 5, 39].
43.
In ciò si pensa ai rotoli che giacciono nel Tempio. Oh, ci verrebbe da
questi la Vita eterna che il Signore intende? Non dai rotoli, i quali coronano
soltanto la lettera, ma dallo spirito, che è e dona la Vita!
44.
Ciò nonostante anche questa Scrittura testimonia di Dio. Chi lascia agire
la voce dello spirito, comprenderà la parola –‘mammona’. Voi romani avete
spesso aiutato col vostro potere, e Cornelio ha lasciato i suoi averi ai poveri
e ai perseguitati. Egli possiede certamente il suo rifugio eterno e accoglie
chi il Padre conduce a lui”.
45.
Hermius sospira molto profondamente e Stefano fa come lui. “Chi può
raggiungere questo? Io, mai!”. – “Pensi tu, Hermius?”, chiede Giovanni. “Noi
non abbiamo ancora bisogno di saperlo; ma una cosa è certa: chi può credere,
chi fa del bene, nell’ultimo caso perfino coloro che non hanno mai sentito
qualcosa del Salvatore, costui entra ‘nell’eterno rifugio’, anche se uno dovrà
camminare molto nell’aldilà.
46.
Se apriamo gli occhi sulla nostra stessa insufficienza, e se possiamo
vincerla, questo aiuta ad arrampicarci sulla nostra scala del Cielo. Certamente
i gradini bassi potranno essere magri, verrà comunque su di noi la gioia: di
nuovo è bruciata una scoria – mediante la bontà di Dio e il Suo sacrificio
offerto per noi!
47.
Quindi, non abbassiamo la testa, cari amici, abbandonatevi al Padre
vostro. Io, come voi, dobbiamo tendere in avanti, superare tutto, finché ci si
sottomette alla Volontà di Dio. Se noi, come Cornelio, abbiamo o no subito un
proprio rifugio celeste, mai diminuirà la beatitudine che ci attende”.
(rifugio: custodia, protezione, tabernacolo).
48.
Oggi con loro ci sono i due legionari che un giorno s’introdussero
furtivamente sull’isola e da allora cercavano la vicinanza di Giovanni.
Volentieri egli li aveva lasciati fare, ma si erano tenuti ancora indietro.
Entrambi, soggetti ancora tanto rudi, e poi, improvvisamente: – era un vecchio
che essi volevano pugnalare! Costui, stava lì ritto, alzò le mani e li guardò.
Null’altro!
49.
Il suo sguardo li colpì in mezzo al loro animo tenebroso. Le loro armi
caddero e il vecchio disse: ‘Voi troverete un’altra via!’. Da allora in poi non
poterono più combattere. Furono guardati già con disprezzo e dovettero fuggire,
alcuni con loro. Perché altrimenti – sarebbe venuta su di loro la corte
marziale.
50.
Uno guarda Giovanni implorando. Parla Giovanni: “Che cosa hai nel cuore?”.
– “Non so se lo posso esprimere nel modo giusto. Ho sentito molto di te, ciò
che hai predicato, per me è stato tutto nuovo. Talvolta mi veniva caldo intorno
al cuore quando sentivo la tua voce. Tu e i miei superiori”, intende Cronias e
gli alti, “vi siete dati ad un Dio a me prima sconosciuto.
51.
Ma io – oh, guai! Mai giungerò al vostro Dio! Al massimo, che Lui mi
condanni! Allora sarebbe ben finita per me; ma come? Non ho ancora mai avuto
paura, in nessuna notte, in nessuna battaglia e, coi pericoli convivevo. Ora mi
assale spesso una paura: che cosa sarà un giorno di me, quando – se esiste
questo aldilà e – e una resa dei conti”.
52.
“Sector, questa paura è l’inizio di una nuova vita. Ognuno ha bisogno
della paura per risvegliarsi. Non abbiamo bisogno di aver timore dinanzi a Dio,
dinanzi al Padre; la paura consuma la forza dell’anima. La paura è l’anticamera
del profondo rispetto! Tu eri meravigliato perché mi sono rivolto
raramente a te e ai tuoi compagni; questo perché: voi dovevate cambiarvi da voi
stessi a causa della vostra precedente cattiveria. Ogni uomo ha bisogno della
sua stessa ‘conversione’!
53.
Ora vi siete cambiati e gli altri attendono nella casetta. Tu quindi puoi
portar loro il lumicino, esso non è più troppo piccolo. Il Signore ha steso le
sue Mani e ha soffiato sulla vostra piccola fiammella, affinché non si
spegnesse. Dì ai tuoi compagni: ‘Venite e seguite il Salvatore, anche noi siamo
figli di Dio!’. Egli vi ha atteso certamente da tanto tempo, soltanto non in
modo che stesse in disparte e pensasse: ‘Essi devono venire!’.
54.
Naturalmente anche questo. Come potremmo trovarLo se non avessimo la
nostalgia: ‘voglio incamminarmi e andare dal Padre mio!’ [Luca
15,18-20]. Vi sia spiegato. Il figlio, significa tutti quelli che, come voi e
molti altri, hanno fatto del male con intenzione, anche se, in parte, spinti su
una cattiva strada da circostanze della vita. Ogni uomo possiede però la voce
della coscienza. Voi la conoscevate, ma l’avete sempre repressa.
55.
In quel vecchio voi incontraste Dio! Non avete più dimenticato le sue
parole, quell’incomprensibile promessa: ‘Quando il figlio era ancora lontano,
il PADRE s’incamminò e gli andò incontro’. Non potete ancora comprendere di ciò
la grande profondità, ma questo sì: l’aiuto di Dio vi ha portato qui, al ‘luogo
del Signore’.
56.
Ora conoscete il Suo Insegnamento, lo avete ascoltato di nascosto, quando
parlavo alla comunità. Vi siete tenuti nascosti, io lo sapevo, e Dio mi ha
parlato: ‘Le pecorelle hanno già trovato l’ovile, soltanto, non conoscono
ancora la porta’. Ora per voi la porta è aperta e siete proprietà di Dio”.
57.
“Noi …? Oh, Giovanni, impossibile!”. Cretios, l’altro legionario, lo
esclama a voce alta. “Tu sei uguale a Cesare. Io l’ultimo legionario”. –
“Prendiamo per aiuto la tua immagine, allora DIO sarebbe Cesare, tutti noi le
Sue truppe”. – “Ci sono però superiori e inferiori”, replica Sector. “Una volta
ho sentito che anni addietro governava un certo Cirenio; un ufficiale anziano
potrebbe ricordarsi di lui. Penso dunque che tu presso Dio sia qualcuno, uno
dei superiori”.
58.
“Nel piccolo hai ragione”, risponde Sejananus, “intendo non di questo
mondo, soltanto del Regno, che conosceremo – dopo il mondo”. – Horpha osa dire:
“Sarà certamente così; ma per quanto conosco il nostro caro maestro, lo
negherà. Egli non ama ciò che è messo in rilievo”.
59.
Giovanni posa una mano sul suo braccio. “Voi vi siete escogitati il bene,
Horpha il meglio. Voi sapete, esistono dei principi angelici che sono venuti
alla vita per primi dalla pienezza della potenza di Dio, dalla Sua magnificenza
di Creatore. Se chiedete a loro cosa essi sono, allora risponderanno: ‘Figli
del Padre!’. Così rimanga anche tra noi; su ognuno, infatti, agiscono le mani
paterne di Dio.
60.
Sector, irrequieto, leva in alto le due mani: “Tu hai spiegato l’Essenza
di Dio e come Egli sia da riconoscere, simile a noi uomini. Se Lui ha
altrettanto due mani, come può guidare l’intera Creazione, ed in più ogni
piccolo figlio d’uomo? Questo non lo capirò mai!”. – “Imparerai a
comprenderlo”, dice Giovanni. “Lo scritto più antico a noi noto sull’Essenza di
Dio contemplabile dice: ‘Egli creò l’uomo a SUA Immagine; lo creò ad
Immagine di Dio’ [Gen. 1, 27], ‘li creò maschio e femmina. Quindi
anche il Creatore ha due mani, con le quali crea, mantiene, porta e guida, del
tutto secondo il Suo compiacimento creativo. Ascolta però:
61.
Per creare un Sole, Egli fa passare dalle Sue mani una grande forza; per
una creatura figlio, prende la Sua benedizione paterna, per legarlo a Sé
mediante la Sua creatività – nella Misericordia. Ora pensate ancora ad un filo
d’erba, ad un minuscolo insetto. Là il potere è misurato in modo delicato,
allora soffia dal Suo ATMA soltanto il più fine soffio, per formare anche
queste piccole opere, e per mantenerle, appunto per portarle al loro stesso
perfezionamento.
62.
Durante l’ultima tempesta passata avete dovuto operare con le forze più
vigorose; ma nell’uso quotidiano impiegate le mani in modo del tutto
differente. Se volete prendere un frutto dall’albero oppure anche cogliere un
fiorellino, allora ritenete la forza vigorosa, altrimenti distruggereste più
che guadagnare. Metaforicamente è così: per ogni cosa, sia grande che piccola,
Dio ha due mani, come anche noi. Le Sue mani operano sempre in modo diverso.
Compreso, caro Sector?”.
63.
“Fino a questo punto, sì”, conferma costui, “tuttavia il vero, il puro
Divino, non si afferrerà mai completamente. Sono – come si può dire – comunque
miracoli che rimangono incomprensibili a noi uomini. Già l’erba, che tu hai
menzionato, lo è. La si può tagliare quanto si vuole, crescerà sempre di nuovo
e chissà quante volte. Basta soltanto guardare di notte le stelle sulla volta
celeste! Nessuno vede dove in qualche modo sono legate. Forse sono soltanto
piccole scintille luminose, e allora si potrebbe comprendere che svolazzano
come un coleottero, il quale anche non cade giù ed ha ali così piccole che si
vedono appena. Ma con le stelle, com’è questa faccenda?”.
64.
“Tu pensavi”, sorride il veggente di Dio, “se esse altrettanto avessero le
ali e perciò potessero volteggiare liberamente nello spazio. Ali, come il
diligente insetto, non le ha nessun sole, nessun mondo. Ciononostante si
potrebbe pensare a questo. Nei Salmi del re Davide queste vengono spesso
menzionate. Evoco un passo: ‘Se prendessi le ali dell’aurora e rimanessi sul
mare più remoto’, con la meravigliosa aggiunta: ‘…anche là mi
guiderebbero le Tue mani e mi sosterrebbe la Tua destra’ [Salmo 139,
9-10].
65.
Le ali dell’aurora – sono il tendere avanti verso l’inizio di una nuova
vita, di una nuova conoscenza. Se lasciamo agire la stessa, se la seguiamo,
allora il nostro spirito, dato da DIO, vola sulle altezze, poi siamo liberi dal
‘mare più remoto’, cosa che simbolicamente vuol dire che ci siamo liberati dal
nostro io mondano, l’io che ci separa dalla Luce e dall’Amore di Dio.
66.
Lontani da LUI noi siamo come un BRUCO, il quale può soltanto strisciare; con
LUI si può vincere il mondo. Così, Sector, possiamo considerare anche le
stelle, quelle formazioni di luce. Il nostro mondo – voi non lo sapete – è
sospeso come una stella nel firmamento; e tutte queste ‘ali’ sono la Potenza
del Creatore, il Quale mantiene e sostiene la Sua opera meravigliosa.
67.
Con ‘ali dell’aurora’ sono menzionate la ‘Mano’ e la ‘Destra’ di Dio, cosa
che conferma che le Sue mani sono sostegno e benedizione della nostra vita. Si
deve riconoscere la realtà dello spirituale, in questa riconosciamo lo Spirito
di Dio che sempre ci perviene dalle opere Sue. I simboli, Hermius, poiché tu
così pensi, non sono cose astratte; essi ci danno la possibilità di riconoscere
il puramente Divino.
68.
Ora andiamo a riposare, di nuovo passa la notte. Nei prossimi giorni
avremo molto da fare con dei naufraghi. Costoro lasciateli di nuovo andare non
appena la loro nave sarà in ordine. Vengono da lontano e sono stranieri, ma è
brava gente”.
69.
“Bene, quando si sa questo”, dice Claretus, “si agisce spesso troppo
facilmente in maniera sbagliata”. – “Certo; ma voi lo sentite già come bisogna
agire, amorevolmente, ma anche con severità, comunque senza durezza”. – “Hm”,
mormora Cronias, “imparato da te”. – “Dalla Dottrina di DIO!”.
70.
Dopo pochi giorni si ripescano i naufraghi, in parte ancora sulla nave
mezza spezzata, in parte, aggrappati a delle tavole, prossimi alla morte. Non
si conosce la loro lingua, sebbene Sejananus e Claretus, i quali hanno
viaggiato molto, conoscano parecchi popoli e la loro lingua, almeno fino al
punto da potersi intendere. A questo punto deve aiutare il linguaggio dei
segni, e questo funziona abbastanza bene.
71.
Il tempo vola, colmo di molta buona opera umana, opera che è benedetta;
perché dove si soccorre il prossimo, qui opera
‘La mano di Dio e la destra Sua’.
[indice]
۞
Il Signore appare al Suo Giovanni – L’ultima grande predica del
veggente di Dio
Giovanni colloquia con il Suo Gesù, che consolazione!
Domande e risposte elevate sul futuro tempo, su Ninive e Giona – Morte del
capitano Sejananus – Un viaggio a Tiro riporta dieci giovani cristiani
1.
Da lungo tempo Giovanni è malaticcio. Opprime meno il peso del corpo, di
più opprime l’animo. Le immagini che deve mettere giù per iscritto passano nel
suo interiore come oscuri fantasmi. Un silenzioso sospiro: “Signore, o Signore,
la povera umanità dovrà un giorno far venire su di sé tutto questo? Non puoi Tu,
quale il più caro Salvatore…”– “…immergere la sofferenza nella misericordia?”.
2.
Non soltanto la voce di Dio, Lui stesso sta nella stanza della torre, al
giaciglio del Suo discepolo. “Signore!”. L’uomo balza in piedi, cade sulle
ginocchia, leva le due mani e nasconde il suo capo al petto di Dio. Soltanto
quest’unica parola; ma quale brama, quale fervore c’è in quest’unico grido.
3.
“Siediti”, dice Dio benevolo, come Lui, quale Salvatore, parlava sempre ai
poveri e ai figli, “e ascolta”. Tremando, Giovanni si siede su una sedia, di
fronte a Dio. “Per l’amore e la misericordia tu hai certamente ragione di
alzare, implorando, entrambe le mani, pensi al tormento che un giorno infurierà
nel mondo. Pensi anche a tutti i peccati, alla cattiveria, a ciò che si fa verso
di Me, verso il Mio Spirito, verso la Mia fatica quasi sprecata per il popolo
degli uomini?! Oppure pensi che sia punizione del Mio Amore, dove non ci
sarebbe nulla da punire, per educare i figli smarriti?!”.
4.
“Io non lo so, eccetto una cosa: Tu fai bene in ogni tempo secondo la Tua
Sapienza, anche se l’uomo non la riconosce”. – “Nemmeno tu, uno dei Miei
discepoli nel mondo?”. Domandato così seriamente, opprime Giovanni e,
ciononostante, lo rende così beato: ‘Il Signore parla con me!’.
5.
“Tu mi hai colmato con il Tuo Spirito di Grazia, ed io so bene quanto è
meraviglioso il Tuo operare. In più la Tua fatica! Nessuno la pesa! Da ciò
viene quasi solo una particella sull’oscurità delle anime, degli uomini
smarriti, per i quali valeva il non-riconoscere. Tu annunci il terrore come un
giorno ai profeti, perfino ancora di più, e vedo, come l’umanità si rovini
sempre di più. O Signore, leva via il più brutto, la Tua misericordia amorevole
possa impietosirsi per gli smarriti e perduti. Poiché vedi, o Signore, la materia
è l’oscuro carcere delle anime; come potranno imparare a vedere coloro che in
essa sono prigionieri?”.
6.
“Chi le ha catturate? Chi imporrà ai posteri di essere ancora peggiori che
a Sodoma e a Ninive?”. Giovanni si aggrappa singhiozzando alla santa veste. “Non
hai bisogno di dirMi nulla”, consola Dio, la Sua mano accarezza dolcemente il
capo chino, finché il torrente di lacrime del discepolo si esaurisce.
7.
“A te è estremamente difficile vedere, ma il tuo spirito è grande, la tua
anima forte; ed anche se ti abbatte il peso dell’immagine – fino all’ultimo tu
sarai il Mio fedele veggente. Prendi su di te il peso della visione e ricorda:
IO ho portato il peso della croce per la materia, per i passati, per i presenti
e per i venienti. Il futuro in sé non è brutto; ciò che significa tempo,
infatti, è una parte della Mia magnificenza. Soltanto ciò che la caduta fa in
essa, è quel ‘non buono della materia’. Dipende dall’uomo, se si piega al
non-bene, oppure ‘al Mio bene della vita’.
8.
Ho menzionato Ninive. Tu sai che cose c’era lì?”. – “Non precisamente,
Padre, spiegamelo, Ti prego. Si parlava della disobbedienza di Giona, ma io non
lo potevo credere”. – “Hai fatto bene in riguardo a questo, perché hai alzato
le mani per farMi cambiare di sentimento. Con la differenza: tu vorresti che il
giudizio un giorno non cadesse giù, mentre Giona mormorò, perché non accadde.
9.
Sempre Io inviai Giona nella città sfrenata, per predicare il giudizio,
per avvertire e – per invocare. Quella gente ascoltò la Mia voce e si distolse
dalla sua cattiveria. Questa è la Mia bontà, bontà che aiuta e guarisce in
tutti i tempi, perfino quando c’è un mezzo ritorno. Giona ogni volta fu deriso,
quando egli ritornava, quando i Niniviti diventavano tiepidi. E alla fine Io
ebbi pietà del profeta e della città [Giona 4, 11].
10.
Così avrò pietà un giorno anche per quegli ultimi uomini malvagi, proprio
perché il giudizio avverrà. Il Mio fuoco di Creatore! Non dire: il fuoco brucia
e duole. Più di ogni altro proveniente dalla Mia Sapienza il Mio fuoco
guarisce! Incompreso, Io lo so meglio dell’uomo, come anche di te.
11.
Vuoi ancora levar le mani implorando: ‘O Signore, lascia passare il
giudizio come allora su Ninive?!’. Vuoi porre un argine al fervore del Mio
fuoco quale balsamo? IO non causo ferite, questo sia detto! Non IO porto il
giudizio! Non gli angeli inviati riversano le loro coppe dell’ira, se con,
se senza la Mia Volontà – considerato dal senso del giudizio: l’uomo
giudica se stesso!
12.
La materia è la più grande ferita della Creazione. Certo, l’autrice è tornata
indietro, il Golgota l’ha costretta. Soltanto che l’intera caduta non è ancora
a lungo purificata, cosa che è da purificare solo attraverso dolore e
sofferenza. Questo IO faccio, da quando la povera figlia cadde dal Cielo; e da
allora agisce il Mio giudizio: rialzando, raddrizzando, indirizzando verso
Casa.
13.
Quindi non verrà prima, esso scorre come il rocchetto del tessitore.
Quanto più si va vicino alla fine della materia, tanto più si condensa
l’avversità, qui poi non più soltanto a causa della caduta della prima
figlia. Se fosse così, oh, guarda – su questo mondo reso povero sventolerebbe
presto il vessillo della pace e i figli ritornerebbero incolumi nella Casa del
Padre, uno come l’altro.
14.
No! L’uomo vuol sempre di più formare la sua vita da se stesso, senza
domandarsi se il Creatore la possa conservare. L’immagine fallace e
retrospettiva di Sadana! Lei voleva padroneggiare la sua vita senza di Me.
Alza le tue mani; di ogni buona preghiera Io faccio una goccia della Mia
benedizione, di cui l’ultima umanità ha estremamente bisogno.
15.
Sei sconvolto, perché sono venuto da te come ‘Salvatore’. Io vengo spesso
da ogni figlio, e mai calcoleresti quanto volte IO lo faccio e – quanto pochi
si accorgono della Mia venuta. Ciononostante non è fatto invano! IO sono presso
di voi tutti i giorni [Matt. 28, 20], cosa che tu devi ancora insegnare. Allora
per te si cambierà molto. Taci che sono stato presso di te, ma devi evidenziare
la Mia benedizione. Allora sii pronto! E sii consolato! Io sono con te, le Mie
mani ti sostengono!”.
16.
Strano, rare volte Giovanni è solo, ognuno lo vuol servire. Se lui lo
desidera per scrivere in pace ciò che la Luce gli rivela, allora si aspetta
finché chiama. Oggi non ha detto nulla e, tuttavia, nessuno è venuto ad interrompere
l’ora suprema con il Signore. Il discepolo verifica sempre con nuovo stupore,
come Dio guida tutto fin nei minimi particolari.
17.
“Sì”, dice fra sé, “nessuno conosce il sublime del Tuo governo. In questo
giace il dono di ogni benedizione, donato ai figli Tuoi. Chi può misurare il
suo valore?”. Giovanni s’immerge nella preghiera. Nonostante alcuni fardelli,
il suo spirito giubila all’Altissimo; egli è simile ad un altare sul quale
depone il ringraziamento e la preghiera – davanti al Volto santo, Volto che
egli crede di conoscere, e comunque, quando potrà lasciare il mondo,
rabbrividendo, vedrà CHI è Colui che ‘nel Santuario troneggia sul supremo
maestoso trono’ [Isaia 6, 1], vicino e magnificamente amorevole, un PADRE di
tutti i figli.
18.
Un’ora buona è passata da quando il Signore ha parlato con lui. Si alza,
per vedere Sejananus, il quale di recente è diventato stranamente silenzioso.
Ognuno se ne accorge: i suoi giorni sono contati. Ha dato ancora qualche buon
consiglio a Stefano e all’equipaggio della Cornelia, spesso stringe muto la
mano di Giovanni, negli occhi quella domanda che sorge in ogni uomo, quando si
sente vicino alla morte: ‘Dove si va? Che cosa sarà di me?’.
19.
Così, muto, nel linguaggio della Luce, Giovanni guarda il suo amico negli
occhi, ed è un conforto, un meraviglioso segreto che colma il cuore di colui
che se ne va! Pensando questo, Stefano viene fuori precipitoso; “Giovanni,
vieni, presto, Sejananus si è messo sul suo letto ed ha chiesto di te!”. Il
veggente di Dio fa cenno col capo in silenzio. Stefano è già corso via, questa
volta non badando di aiutare qualcuno a scendere la scala.
20.
Gli amici sono radunati presso il capitano. Il medico sussurra: “Presto
passerà, non ha bisogno di soffrire”. Giovanni lo vede, quando si siede al
giaciglio e prende le mani fredde. Sejananus ha spesso sentito la morte accanto
a sé nei suoi viaggi, l’ha guardata con coraggio, allora nel senso del mondo.
Da quando è giunto alla conoscenza, cosa che deve al discepolo più vicino a
Dio, nel bisogno e nella tempesta si è affidato al Signore e – spiritualmente
ha guardato a Lui, non nell’occhio della morte, come si dice. Anche adesso il
suo sguardo si leva in alto, come se il Cielo si fosse già aperto per lui e,
con gioia nella voce, dice:
21.
“Il Salvatore chiama! Voglio chiedere perdono al Mio Signore Iddio per
tutto ciò che ho fatto contro di Lui. Vorrei vedere volentieri Maria, Cornelio,
Nicodemo e anche altri. Saluterò tutti da parte vostra”. Si guarda intorno, in
ultimo dice a Giovanni. “Non dimenticherò nessuno di voi. Chissà se potrò
aiutare un pochino a proteggere la nostra isola della pace…? Addio, add…”.
22.
Ed è di nuovo come se qualcuno venisse al giaciglio e andasse via,
invisibile e, lo stesso percettibile, come un alito proveniente dall’Eternità
di Dio. Le palpebre si sono chiuse da sé. A lungo stanno lì senza parola,
ognuno pensa: di nuovo se n’è andato un fedele che nei pericoli sapeva sempre
aiutare. Si può avere quel lutto che proviene dall’amore, e la comunità della
torre è in lutto, quando il giorno successivo si porta al sepolcro il ‘morto’
che ora è eternamente ‘vivente’. Si depone la sua bara nella camera accanto a
Cornelio.
23.
Giovanni parla delle morte e della vita, la morte del corpo sarebbe il
‘nuovo inizio della nostra vita’, proceduta dal Creatore, ancorata al ritmo
della Sua Volontà, la quale conosce cambiamenti, ma nessuna mancanza. Dopo di
che Giovanni va al mare, là rimane seduto, finché l’aria fresca della notte
passa su Patmos.
24.
Stefano, Cronias, Scubatus, Hermius, Claretus e molti pescatori insieme
alle donne lo seguono, attendendo finché il discepolo si alza. “Mettiamo nelle
Mani del Padre il nostro dolore”, dice lui, “EGLI sa consolare. Più tardi vi
annuncerò ciò che la voce di Dio mi ha incaricato di dire. Dobbiamo parlare di
alcune cose, perché presto il nostro Stefano dovrà andare a Tiro. Non ti sarà
molto facile occupare questo posto. Tuttavia hai imparato molto sotto il nostro
vecchio capitano. Te la senti di stare al timone da solo?”.
25.
“Il Salvatore mi aiuterà, come ha aiutato Sejananus”. – “Oh, la migliore
delle risposte che potevi dare, caro ragazzo”. Si fanno avanti due pescatori e
uno dice: “I nostri figli maggiori possono pescare i pesci senza di noi, noi
serviamo Stefano e …” – “…anch’io!”. Il duumviro si rivolge a quest’ultimo.
“Sono andato spesso per mare e sono pronto, dove è necessario aiuto”.
26.
Giovanni ringrazia gli uomini, egli è contento che il ‘suo ragazzo’, come
qualche volta chiama ancora Stefano, abbia l’aiuto migliore. Si ritorna allo
stazionamento. Così passano alcuni giorni prima che la Cornelia cominci il suo
prossimo viaggio. A Tiro è caricato di tutto, ma la nave non contiene soltanto
merce.
27.
A bordo ci sono dieci giovani cristiani, tra loro quattro ragazze. Uno dei
pescatori, che tornava indietro tardi attraverso un vicolo scuro, li ha trovati
pigiati strettamente sotto un muro ad arco. Egli ha subito visto che c’era
qualcosa che non andava, è andato lì ed ha chiesto perché si nascondessero. La
giovane schiera, molto impaurita, vuole fuggire, ma il pescatore dice: “Io commercio
in pesci, e il pesce è un segno segreto (dei cristiani di allora). Chissà,
forse lo conoscete?”.
28.
“Tu sei – tu sei un cristiano?”, dice piano una voce. “Sì!”, confessa
l’uomo di Patmos. “Oh, aiutaci!”, supplica una ragazza. “Da giorni veniamo
perseguitati”. Il pescatore fa cenno: “Venite!”. La notte è buia, arriva con la
sua schiera nel porto, senza che gli inseguitori se ne accorgano. Dorme anche
il mastro portuale. Stefano e Claretus sono già a bordo. Che gioia, di nuovo
sono stati salvati dei poveri uomini.
29.
“Domani il mastro portuale ci darà il ‘via libera’.”. – “Ma se vengono
gl’inseguitori?”, domanda un giovane angosciato. Claretus lo tranquillizza. “Io
sono cristiano e duumviro romano. Se sono romani, allora vale il mio ordine;
altri non hanno niente da cercare presso di noi. Ora è meglio che andate sotto
coperta, là troverete un giaciglio”.
30.
“Il Salvatore ci ha guidato meravigliosamente”, si sussurrano l’un
l’altro, quando trovano un giaciglio, certamente ruvido, ma sicuro. La Cornelia
arriva a Patmos con il carico. I giovani si mostrano volonterosi, sono dei
buoni aiutanti, a questi si aggiungono ancora altri cristiani, romani e anche
greci. Da ogni viaggio ne sono raccolti e salvati alcuni. –
31.
Il tempo scorre. È un giorno di commemorazione, quando il Signore, dopo la
Sua resurrezione, liberò i discepoli dalla loro paura. Giovanni ha registrato
fedelmente tutti questi giorni speciali e, in essi, ha sempre insegnato una
parola particolare. La comunità della torre è radunata. In parte ci si siede
sulla morbida erba, in parte si rimane in piedi, perché anche il veggente sta
in piedi. E lui comincia a parlare:
32.
“Miei cari, alcuni buoni amici se ne sono andati, esteriormente, ma
abbiamo conservato il loro ricordo. Noi sappiamo dove essi sono. E noi…? Noi li
seguiamo gioiosi; la strada, infatti, conduce a Casa. I giovani e voi altri,
tutti, che il SIGNORE ha salvato, siete meravigliosamente consolidati nella
fede dell’unico Dio che noi amiamo e adoriamo.
33.
Io vedo: l’isola della pace Patmos rimarrà ancora a lungo risparmiata.
Quello che avverrà più tardi, sia lasciato al futuro. Alcuni di voi che hanno
appreso molto del Salvatore, domandano perché il Signore è passato solo per
alcuni anni visibilmente su questa Terra, così che in proporzione pochi uomini
hanno potuto vederLo. A ragione voi domandate! Sì, dopo la crocifissione del
Signore, anche dopo la Sua resurrezione, anzi, anche dopo l’Ascensione, noi, i
discepoli, domandavamo completamente la stessa cosa.
34.
Dal Suo Spirito di Grazia abbiamo ricevuto tuttavia la consolazione:
‘Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo’,
il che significa: sia che Lo
vediamo con i nostri occhi fisici oppure no, non diminuisce la promessa di
salvezza come lascito della sua santa onnipresenza. Essa è data a noi uomini per
la nostra salvezza, anche se non si comprende del tutto perché si deve vedere
assai raramente lo ‘Spirito della Verità e della Santità’.
35.
La Sua Vita da Salvatore fu il tempo di svolta per la materia. Dapprima il
suo dominatore [della materia] spinse molto in alto l’esteriorità, in
similitudine: l’uomo cresce, diventa forte, fino al culmine della vita. Poi
viene la svolta, in cui di nuovo diminuiscono forza e capacità. Questa svolta,
quella dell’uomo, quella della Creazione materiale, è un immenso Atto di
Grazia, Atto che sarà riconosciuto totalmente solo nell’aldilà. Ma questo
si vede in ciò: esteriormente si torna indietro, spiritualmente la via conduce
là, nel luogo di cui il Salvatore disse:
‘Nella Casa del Padre Mio ci sono molte dimore,
altrimenti ve l’avrei detto, perché vado a prepararvi il posto!’.
[Giov. 14-2]
36.
Oh, il posto era esistente, già prima che l’eterno inizio della vita per
il popolo dei figli fosse pensato. Là siamo a Casa, là conduce la meta, là noi
LO vedremo eternamente, poiché è la nostra Luce e la nostra Vita. Proprio per
questo Egli è con noi tutti i giorni, il Suoi occhi vegliano su di noi, su
tutto ciò che ha creato. Non esiste nulla che non fosse proceduto dalla Sua
Volontà abituata al bene!
37.
Quella visione, nella quale l’occhio esteriore non ha parte, è il vero e
proprio vedere che si può avere. Dipende da noi se giungiamo alla vista
interiore. Questa proviene dalla fede, dal sapere incondizionato: DIO guarda a
noi, non siamo lontani da Lui. Solo – se Gli stiamo lontani noi? Ebbene,
da parte nostra siamo anche legati con Lui. Noi Lo amiamo, ci diamo al Suo
Insegnamento, attraverso di Lui siamo consolati; e questo, cara comunità della
torre, è la vera visione dello spirito.
38.
Non necessitiamo di nessuna percezione esteriore; il nostro spirito,
cuore, anima e sentimento hanno il collegamento più saldo, con cui Egli è
sempre con noi, giorno per giorno, così come per tutti quelli che verranno che
amano Dio e osservano i Suoi santi Comandamenti. Perciò io ho detto, i posteri
li lasciamo al futuro. Perché il governo di Dio non cessa mai! In questo sta la
causa prima della Sua santa onnipresenza.
39.
Ultimamente sono emerse ancora alcune domande, domande che oggi noi
tratteremo. Hermius pensava: ‘Se Dio è con noi tutti i giorni, e il nostro
amico non ha dubitato di questo, come mai parlava allora di un ritorno?’. Si
ritorna, se prima si è andati via. Umanamente! Poiché si pensa così, per questo
il Signore ha parlato di un ritorno. Doveva essere conforto e certezza per noi
e per tutti quelli che credono che Egli provvede per noi in ogni tempo e ci
concede sempre il Suo aiuto.
40.
Esiste tuttavia un Suo ritorno, e precisamente per quelli che non credono
in Lui; non intendo quelli che non hanno ancora mai sentito qualcosa di Dio.
Costoro stanno nel patto di Grazia, prima che esistesse una lontananza. Ma per
gli iniziati: il Creatore di tutte le cose viventi esiste e poi lo stesso non
Lo riconoscono per qualche ragione, e quelli che fanno intenzionalmente del
male e portano così la loro stessa vita fino al limite della distruzione, per
costoro Dio ritorna! Con l’improvvisa, amara conoscenza: troppo tardi per la
mia anima! Non da parte di DIO; più in là, infatti, Egli potrà ben ancora fare
altro. Questo rimane riservato eternamente a LUI!
41.
Se abbiamo ricevuto questa parte di Grazia, allora c’è da augurarsi che
sia data proprio anche agli smarriti. Un’incommensurabile benedizione! La
salvezza della fede data a noi non è anche un’incommensurabile benedizione? Se
entrambe le parti sono differenti, allora sta puramente nella santa giustizia
di Dio, nella mano destra del Suo creare. Questo è radicato nella Parola per lo
più incompresa:
‘Quello che fate al vostro prossimo, lo fate a Me!’.
42.
Possiamo dare qualcosa al Creatore che non abbiamo già ricevuto prima da
Lui? [Rom. 11, 35] Ciò nondimeno la Parola del Signore perdura a giusto titolo.
Se facciamo del bene al prossimo, nella parola e nell’opera, allora offriamo
una gioia all’Altissimo. Egli l’accoglie, Egli ne fa un tesoro regale della Sua
nobile Casa. Questo è inteso con ciò. Nel fare-del-male Dio revoca per noi –
mai per Sé – la parte dei valori della Creazione.
43.
Noi siamo partecipi delle Sue opere, della Sua instancabile Grazia, nel
far del bene e nel far del male. Questo corrisponde alla parabola delle libbre
[Luca 19, 16 – 20]. Se moltiplichiamo la libbra, allora moltiplichiamo per noi
il valore della Creazione. Se non lo facciamo, poi viene a mancare la parte
proveniente dalle magnificenze del Regno. Che cosa succede allora? Noi non
siamo presso Dio! Cuore, anima e sentimento, sono senza Luce. Lo spirito rimane
libero!
44.
Scubatus pensa che Dio avesse legato l’‘essere con noi tutti i giorni’
soltanto alla schiera dei discepoli, non alla comunità, quindi non si potrebbe
vedere Iddio. Fratello, noi consideriamo la tua domanda posta più per paura. Tu
vuoi essere legato strettamente con Dio. Oh, guarda, tu non hai bisogno di
voler prima; tu sei, come tutti noi, presso il nostro Dio di Eternità in
Eternità!! Il Signore ha ben affidato a noi discepoli questa parola d’addio, ma
nel ‘voi’ sono inclusi tutti coloro che percorrono ancora la loro via di
viandanti nella materia. Egli non ha detto: ‘presso di voi discepoli’; voi
come tutti, è un numerale senza cifra.
45.
Voi sospirate, ringraziate per questa benedizione. Sì, ringraziare, non lo
deve mai dimenticare nessuno di noi, come un giorno cantò Davide:
‘Ringraziate il signore, perché Egli è buono
e la Sua bontà dura in eterno!’. [Salmo 106, 1]
46.
Sejananus chiedeva qualcosa, quando Cornelio era ancora con noi. Non è
facile da spiegare, ci vuole un ultrasenso, per sgusciar fuori il senso da una
parola, come il seme da un frutto. Egli pensava a quella differenza di Padre e
Figlio. A volte il Salvatore parlava di Sé come del ‘Figlio del Padre’, altre
volte di ‘IO’! Inequivocabilmente nell’unicità di un Dio-Persona.
47.
Noi conosciamo la verità. Più tardi da ciò si formeranno faticosi dogmi,
non verificando che cosa il Signore abbia detto, perché, quando e a chi ha
parlato del Figlio oppure dell’IO. Si deve conoscere la differenza per dare il
predominio allo Spirito”. Giovanni vede un’immagine di fede. La applica alla
spiegazione, sebbene giunga al significato soltanto per i tempi futuri.
48.
“Il Comandamento di base di Dio, nel quale tutti gli altri Comandamenti
possiedono il loro riflesso, la loro ripercussione, è comunicato attraverso
Mosé:
‘I O sono il Signore, tuo D I O
,
non devi avere altri déi accanto a Me!’.
Con déi era inteso il servizio
degli idoli, non soltanto la deviazione dall’unico Dio, bensì tutto il
fare e lasciare, cosa che porta alla perdizione dell’uomo, contro la giusta
vita.
49.
I profeti d’Israele, toccati dallo Spirito di Dio, annunciarono la
Dottrina dell’unico D i o ! Essi non hanno mai parlato di un ‘Noi’, che
sarebbe da interpretare come due o più persone. Oggi ci vorrebbe troppo tempo
per indicare tutti i passi; ma li ho messi per iscritto. Più tardi”, Giovanni
va oltre la propria visione, perché la comunità diventatagli cara deve un
giorno continuare ad istruirsi senza di lui, “imparerete a conoscerli tutti.
50.
Ne faccio notare solo due da Isaia, nei quali sono radicati quegli altri
che illuminano l’‘Unico Dio’:
‘IO sono il Signore, e fuori di Me non c’è nessun Salvatore!’
‘Io sono il Primo e l’Ultimo.
E fuori di ME non c’è nessun Dio!’. [Is.43, 11; 44, 6]
Se nel Comandamento di base di Dio
si parla di IO e ME, non possono esistere più persone nella Divinità, di cui
magari una dice, cosa deve avvenire, un’altra dovrebbe subentrare al posto di
questa.
51.
Sebbene fosse inteso un ‘ramoscello’ e un ‘germoglio’ [Isaia 11, 1],
allora voleva dire che Dio invierà uno Spirito dalla Sua Settuplicità
per l’intera materia (la caratteristica dell’Amore), cosa che il profeta
annuncia molto chiaramente, vale a dire su quale germoglio poggerà
‘lo Spirito del Signore, lo Spirito della sapienza e dell’intelletto,
lo Spirito del consiglio e della forza,
lo Spirito della conoscenza e del timore del Signore!’.
52.
Con ciò sono indicate le sette caratteristiche di Dio meravigliosamente
nell’UNO, e non esiste nessuna scissione, nessuna personificazione secondaria,
come già alcuni intendevano che anche il Salvatore sarebbe stato soltanto un
profeta [Matt. 16, 14]; e molta gente più tardi Gli vorrà strappare la veste
della Sua santità, per non vederLo come DIO. Quale povertà, quale errore!
53.
Noi riconosciamo che il Signore è nostro Dio e Padre. Egli, a causa della
moltitudine, la quale non poteva comprendere il Divino in Lui, parlava di Sé
come ‘Figlio’, poi ci spiegava, quando noi undici discepoli eravamo con Lui:
‘Fate attenzione! Io sono il Figlio, la Riconciliazione, la
Pacificazione per i misfatti che sono stati provocati dalla caduta. Se venissi
nel mondo nella Mia totale Divinità – oh, Io vi dico: potrebbero essere date
soltanto due cose! Attraverso le Mie condizioni, ogni mondo, ogni vita sarebbe
stata subito dissolta nell’attimo in cui Io avessi messo il Mio piede su questo
mondo terreno – a causa della caduta! Che senso avrebbe avuto?
54.
Oppure: se avessi lasciato agire la libertà di vita in virtù della Mia
potenza, sarebbero stati certamente tutti redenti, ma senza la propria forza
della fede sarebbero diventati tutti degli ‘esemplari della Mia potenza di
Creatore’. Non poteva rimanere nessuna particolarità, nessun io personale, e
nessun eco della Mia paternità. Il Mio enorme lavoro preparatorio, di formarMi
un caro popolo di figli, di conceder loro la Mia immagine, doveva sprofondare
in un nulla. Sarebbe stato così, se Mi fossi presentato come ‘Divinità’, senza
il manto della clemenza.
55.
Solo nascosto in Me, tuttavia riconoscibile per chi vuole giungere alla
conoscenza, Io porto la ‘pienezza’ in tutta la Mia magnificenza [Col. 2, 9],
coperta appunto soltanto con la veste dell’umanità. Così ho percorso questa via
per la figlia caduta, per elevare con ciò a Me il Mio popolo di figli in
eterno, dapprima quelli che percorrono il sentiero del sacrificio, soprattutto
gli altri che hanno bisogno di essere elevati, tutti insieme, fino alla fine
dell’intera materia!’.
56.
La Parola del Signore, basata sulla testimonianza dei profeti, lascia
riconoscere che Egli era realmente Dio stesso. Alla presenza dei farisei
parlava di Sé come ‘Figlio’; mai per Sua protezione, di cui EGLI non aveva
bisogno. Il loro scherno sarebbe diventato quel duro vallo di sbarramento, oltre
il quale sarebbero venuti solo dopo un’eternità e da alta salvezza di Grazia,
prima che possano vedere, da una grande distanza, il nostro Padre-Creatore. Per
risparmiare a loro l’incommensurabile grave fardello, Egli fu per loro soltanto
‘il Figlio’. A loro non rimane risparmiato il risarcimento, a nessuno che operò
male.
57.
A Sejananus e a Cornelio io lo avevo accennato. Cornelio lo sapeva anche
senza di questo, lui aveva visto così spesso il Signore, lui che stava
profondamente nella fede del ‘Dio come Salvatore’. Strano, c’erano molti romani
che riconobbero il Signore e Lo incontrarono come tributo pieno di riverenza.
Ricordatevi sempre: esiste un solo Dio e nessun altro accanto a LUI! Il
Salvatore lo aveva rivelato nella Parola: ‘Nessuno può servire due padroni!’
Noi ci pieghiamo dinanzi a Dio, il Creatore dell’intero Universo. A Lui sia
data lode, onore e gloria e il ringraziamento in venerazione, in amore e in
adorazione!”.
58.
Tutti s’inchinano, sprofondati nella preghiera. In alto levano i cuori e
sentono che l’ATMA di Dio alita su di loro e rimane salda. In quel tempo, quasi
completamente sconosciuta, essa è la comunità più fedele che dà all’umanità un
saldo sostegno spirituale – anche sconosciuto. DIO però causa l’essenza!!
Potere, Potestà, Potenza e Forza scorrono inarrestabilmente attraverso il Cosmo
nelle Magnificenze del Suo operato colmo di benedizioni. Non c’è nulla che non
venga dalle mani dell’Onnipotenza di Dio, che non rifluisca in queste mani,
eoni di volte eoni.
59.
Ci si lascia in silenzio, eppure felicissimi. Nessuno sa che è l’ultima
predica del profeta, del
veggente
di Dio, l’ultima predica di Giovanni.
[indice]
۞
Epilogo
Nella sua vecchiaia, Giovanni completa l’Apocalisse, d’un
fiato, poi il ritorno al Padre.
1.
Dopo quest’ultima grande predica, su Patmos non c’è stato nessun
cambiamento in male. Si continua ancora a salvare cristiani, e anche altri
perseguitati; cresce, infatti, il male nel mondo. Parecchi vecchi fedeli ritornano
a Casa, ma anche i nuovi arrivati si confermano.
2.
Da allora in poi Giovanni si è indebolito nel fisico, spiritualmente però
è rimasto forte fino alla fine della
Rivelazione.
3.
Quando giace mortalmente pallido ‘in volto’, allora viene vegliato,
nessuno lo disturba. Non si sa, solo si sospetta che al suo capezzale ci sia
sempre un angelo che fa venire su di lui forza di Luce del Cielo – proveniente
dalla santa mano del Diritto e della Grazia di Dio per i lontani e i poveri
figli.
4.
Tra tutte le immagini, per Giovanni rimane sempre un periodo di riposo,
periodo che egli ha bisogno per il suo lato ancora umano. Allora ci si raduna
intorno a lui, e lui dà loro la consolazione di Dio e aiuta con la parola e
l’azione. Solo le immagini gravi, l’opprimente, le tiene del tutto per sé fino
alla fine della sua vita. Quello che invece frammezzo è luminoso e amorevole, i
suoi scritti inviati a Filadelfia e altri, lo riferisce anche alla sua cara
comunità della torre.
5.
Stefano, che è diventato capitano della Cornelia ha, segretamente, ancora
consegnato le sue sette lettere, e può essere considerato un miracolo che, in
tutta la confusione che l’umanità si è creata anche da se stessa, queste
lettere giungano nelle mani giuste, alle comunità indicate, e siano rimaste
conservate.
6.
Già da qualche tempo è stata costruita una piccola casa per Giovanni,
affinché non avesse più bisogno di salire nella torre. Gli ultimi due capitoli
li ha scritti tutto d’un fiato. È come una ‘fiamma’ la forza dello SPIRITO che
lo guida dai suoi figli. Egli chiama tutti così, sia grandi sia piccoli, vecchi
o giovani. Visita tutti i villaggi dei pescatori, e non c’è nemmeno uno della
comunità che non seguisse con le lacrime agli occhi, perfino singhiozzando non
poco, la sua via d’amore, quando passa di casa in casa.
7.
“È la Tua bontà, buon Dio-Padre, mio Salvatore, che posso vedere tutti
ancora una volta. Tu li avevi affidati a me, TU però volevi benedire le Tue
pecorelle! Proteggile, lascia agire le Tue mani su questo luogo, finché i
fedeli trovano il loro ritorno a Casa. Allora il mondo possa prendersi ciò che
vuole; tanto, si prende ciò che gli appartiene. E qui – o Signore, io lo so
bene, anche solo finché arriva la fine della materia proveniente dalle Tue mani
di Grazia.
8.
Tu hai mostrato a me le pesanti immagini! O Signore, abbi pietà! Lascia
ora anche a me nella Tua pace trovare il ritorno a Casa, e includi tutti quanti
nella Tua grande, affettuosa Misericordia, nell’Amore della Redenzione.
Signore, rendici liberi!”.
9.
Giovanni si ferma su una collina. Ad una certa distanza i suoi fedeli
vedono come il volto del veggente si cambia sempre di più, volto che splende
nel senso vero e proprio della parola. Oh, sente l’amata, fidata voce di Gesù,
voce che lo rende inconcepibilmente beato. Egli mai trovò in compenso una
qualche parola. E sente:
“Torna a Casa, la tua opera del giorno è compiuta”.
10.
Non di più, ed è stata comunque l’inconcepibile grandezza e potenza di
tutto il Cielo. Essa colma le opere della Creazione. Giovanni si ferma ancora
per alcuni istanti, come ascoltando lievemente, e poi, colmo di gratitudine:
“Sì, mio Signore Gesù, vengo a Casa!”.
11.
Ad un tratto la comunità è tutta radunata; è come se ognuno avesse sentito
la chiamata: “Vieni, oggi egli torna a Casa!”. Sui molti uomini scende un
solenne silenzio. Davanti alla casetta di Giovanni sta pronta la sua seggiola.
Giorni prima ha consegnato tutti i suoi scritti al comandante Cronias, il
quale, nonostante l’età, è ancora abbastanza vigoroso. È un’opera prodigiosa di
Dio che il Vangelo, e l’ultima Rivelazione, non siano andati perduti.
12.
Ora solleva, come benedicendo, le sue mani. Per tutti ha un caro sguardo
d’addio colmo di gratitudine. Quello che ha messo alla fine della Rivelazione
[Apocalisse], l’ultima Parola della Bibbia, è anche la sua ultima parola alla
comunità della torre:
La
Grazia del nostro
SIGNORE
GESU’ CRISTO
Sia
con tutti voi!!
La Cornelia
L’isola
di Patmos in Grecia
[breve descrizione
della nave]
Cap.1 La via verso la prigionia, Cornelio presso Pilato e Caifa
Giovanni è liberato da Cornelio e inviato a Tiro –
Pilato è sollevato dall’incarico – Caifa è ammonito per l’ignobile crocifissione
– Nicodemo si rifugia da Cornelio che lo fa inviare a Tiro.
Cap.2 La
salvezza, due miracoli e come si arriva a Patmos
Il drappello con Venitrius e Giovanni verso Sidone
– L’incontro con il comandante Sejananus – Nicodemo raggiunge Sidone – Il
viaggio con la tempesta e la morte di un oppositore a Dio – La guida della nave
da parte delle forze della natura verso Patmos – Il ringraziamento – Venitrius
si lascia guidare e benedire da Giovanni – Speranza in un prossimo ritorno a
Patmos.
Cap.3 Un’infamia,
un buon giudizio e una terribile figuraccia
A Gerusalemme Maria è incalzata da Caifa per via
degli scritti di Giovanni – La minaccia e poi l’aggressione mentre arrivano
Cornelio e Venitrius – Caifa è arrestato e poi liberato previa ammenda – La
protezione di Maria – Cornelio raduna il popolo e i templari – Caifa è
sbugiardato – Il Consiglio del Tempio si riunisce con Hannas che risolve
l’accaduto ma medita sulla crocifissione.
Cap.4 Maria
è protetta – Il cambio del procuratore – Buon comportamento
Cornelio invita Maria a Patmos e, nel frattempo,
per proteggerla la fa portare a Capernaum – Pilato lascia l’incarico al nuovo
Pontius – La casa di Maria ritorna ai proprietari – Sulla Galea di Cornelio in
viaggio – Da Patmos vedono arrivare la nave, poi l’incontro con la Madre Maria.
Cap. 5 Pirati, misericordioso operare – La
scrittura e una predica
Un assalto all’isola da parte dei pirati è
sventato dagli isolani, e i pirati presi prigionieri – I feriti restano, gli
altri a Roma con Cornelio – Ritorno e conversione dei rimasti dopo una predica
di Giovanni.
Cap. 6 Differenti vie – Meravigliose parole di Dio – Uno speciale certificato di successione
Cornelio restituisce i
rotoli a Giovanni, il quale, con Maria, ha una visione – Maria è riportata a
Capernaum dai samaritani – Passano anni, Cornelio lascia il servizio militare,
cede l’eredità, e finalmente fa rotta verso Patmos.
Cap. 7 Il
primo capitolo dell’Evangelo – Accenno: chi era Gesù?
La capacità di
interiorizzarsi di Giovanni lo porta a comprendere come deve iniziare l’Evangelo
– Il ricordo di un primo incontro con Gesù diciottenne, e Cornelio lo incalza
per conoscere i primi versi – Nella torre il grande insegnamento di Giovanni a
Nicodemo sulla Divinità, sui figli, sulla caduta e necessità della Redenzione
sulla croce.
Cap. 8 Belle conoscenze – Uno sciacallo romano
Prosegue la stesura
dell’Evangelo, cap. 2 e 3 spiegati a Nicodemo e a Cornelio – In visione
Giovanni vede l’arrivo di ‘problemi’ e ci si prepara a riceverli – Tre galee
con a capo Maurius per arrestare Cornelio, il quale s’impegna per salvare tutti
– Il piano del romano è sventato dalla veggenza di Giovanni.
Cap. 9 Previsione per il mondo – Insegnamento dello spirito e fine della materia
La visione di Giovanni
sul viaggio e il ritorno ‘giudicato’ di Maurius a Roma – A sera Giovanni
insegna a tutti con parole dall’alto.
Cap. 10 Altri buoni insegnamenti – L’odissea del viaggio e ancora parole del Signore
Giovanni prosegue sull’Evangelo e spiega alcuni passaggi riguardo ai morti
spirituali – Per spiegarsi
meglio ottiene dall’alto di far vedere ai due amici, attraverso la vista spirituale, delle immagini di
anime aventi il proprio spirito morto – Ritorno della Cornelia e racconto del
lungo viaggio a Roma con il ritorno vissuto come un odissea – Una lettera di
Maria a Giovanni che spiega la situazione dei credenti a Capernaum – Una
consolazione a Giovanni da Gesù.
Cap. 11 Sapiente
discorso di Nicodemo e suo ritorno a casa benedetto – Parola di Dio a Giovanni
Giovanni
sulla tomba di Nicodemo insegna
agli isolani, poi, per sua consolazione, gli appare Gesù, che lo istruisce – Dopo, le tre lettere di
Giovanni.
Cap. 12 Il battesimo – Un giovane pirata diventa un secondo Stefano, pirati e pescatori
diventano cristiani
Insegnamenti sul battesimo di Gesù, poi il giorno
del battesimo arriva buona parte della comunità dell’isola.
Cap. 13 Istigazione
contro i cristiani – Giovanni
insegna sul perché dei martiri – Gajus è inviato su Patmos
Giovanni predica oltre che sul martirio, anche
sull’essenzialità di Gesù nel sepolcro, sulla necessità del seme della morte,
sulle S. Scritture e su certe espressioni di Gesù, quali tracce del suo
Evangelo quasi alla conclusione, perfino
il nome ‘Bibbia’ già rivelato – Chi si ferma alla Bibbia non avanza più
spiritualmente.
Cap. 14 Tommaso
presso Giovanni – Ritorno a Casa della madre Maria – Molti insegnamenti sulla
parola del Signore
Dopo anni, su Patmos arriva
Tommaso, il quale racconta la morte di Maria, le persecuzioni dei cristiani e diversi insegnamenti agli isolani e,
insieme a Giovanni, organizza un giorno di festa con giochi per i giovani
dell’isola.
Cap. 15 Nuovo
allarme su Patmos – Un duumviro – Il senatore Aurelius presso Cornelio
Un altro guaio
sull’isola della pace da parte di Claretus, un duumviro arrogante inviato lì
per sequestrare cristiani per l’anfiteatro di Roma – Durante il controllo di
competenza arriva Aurelius con truppe di rinforzo, e Claretus è arrestato –
Giovanni insegna sul vero Cielo e Vita, e consiglia Aurelius di confinare il
duumviro a Creta – In visione il racconto del viaggio e la conversione di
Claretus dopo un’imboscata dei pirati sul mare.
Cap. 16 Le
profezie si adempiono. Dio, Pastore e Medico – L’ultima ora di Cornelio –
L’alta Luce – Nessuno ha un Amore più grande
Cap. 17 Stefano,
nuovo capitano – Un’aggressione e meravigliosa salvezza – Anche un buon
insegnamento
La conduzione di
un’aggressione dei romani in cerca di cristiani da portare a Roma, quale monito
per riconoscere come Dio vuole si viva, sempre, non sugli altari, ma nella
vivente fede anche di fronte ai pericoli della vita – Il ritorno di Sejananus e
Claretus con cinque galee è provvidenziale
Cap. 18 Non
parole, bensì fatti – Un difficile rompicapo con una condizione – Migliore
conoscenza di se stessi
Gli attaccanti legionari
sono radunati per decidere il da farsi – La riunione nella torre per tutta la
notte e la decisione di lasciarli liberi affinché tornino a Roma malmessi. – Il
racconto di Sejananus sulla conduzione degli avvenimenti per il ritorno d’aiuto
a Patmos – I legionari accettano e partono.
Cap. 19 L’ambizione non rende nulla – Pensieri dalla croce – Nello spazio di confine della
Volontà di Dio – Immagine del ruscello, Eufrate e mare
Un’alta riunione
spirituale nella torre, quale ringraziamento per lo scampato pericolo e
risoluzione della battaglia – Cronias, Sejananus, Hermius, il medico, Claretus,
Stefano, Horpha, Scubatus, ascoltano Giovanni e poi vengono anch’essi rapiti in
una visione celestiale fino ad incontrare Nicodemo e Cornelio, quali alti
spiriti.
Cap. 20 Violento
uragano, pesanti fardelli, la materia pretende il tributo – Qualcosa sul vero
riposo – Differenti rivelazioni sugli insegnamenti di Gesù
La Cornelia alla deriva
è data per dispersa, poi ritrovata dall’altra parte dell’isola.
Cap. 21 Il
Signore appare al Suo Giovanni – L’ultima grande predica del veggente di Dio
Giovanni colloquia con il
suo Gesù, che consolazione! Domande e risposte elevate sul futuro tempo, su
Ninive e Giona – Morte del capitano Sejananus – Un viaggio a Tiro riporta dieci
giovani cristiani
Cap. 22 Epilogo
Nella sua vecchiaia,
Giovanni completa l’Apocalisse, d’un fiato, poi il ritorno al Padre.
* * *
[ home sito ]
[1] Quirino
Cirenio, zio di Cornelio. Vedasi “L’infanzia di Gesù”, di Jakob Lorber
[2] “Lontano
dalla Terra” è il nomignolo dato a Simone-Gabriel, nell’opera omonima di Anita
Wolf del 1959
[3] Daniele 5,25
– Mene, tekel e parsin: contato, pesato e diviso
[4] Giacomo è il
fratello di Giovanni, da non confondere con Giacomo, fratello acquisito di
Gesù.
[5] Vedi “Le
quattro pietre miliari della vita di Gesù” di Anita Wolf
[6] Sappiamo
dalle rivelazioni di Seltmann che il capitano romano, al quale fu ordinato di
eseguire la crocifissione, si convertì e sposò la Maddalena.
[7] UR, la
fusione del Creatore e della Creazione: la vocale e la consonante. In questo
Nome sella Divinità fondamentale si fondono tutte le cose, le svelano e le
cristallizzano.
[8] Soffio
vitale, o anima.
[9] Giov. 5 –
28,29.
[10] L’Apocalisse.
[11] Cirenio, zio
di Cornelio.
[12] Si riferisce
all’apostolo Paolo (N.d.T.)
[13] Fu poi
considerata come “Incarnazione”.
[14] S’intende
Cirenio
[15] Vedi: “L’infanzia
di Gesù” di J. Lorber cap..19,19
[16] Il pianeta
esploso, i cui resti sono la fascia degli asteroidi che orbitano nell’orbita
tra Marte e Giove. Vedi il libro di Leopold Engel dal titolo “Mallona, il pianeta esploso”
distribuito dalla “Casa editrice Gesù La Nuova Rivelazione”.
[17] Vedi l’opera “La chiamata dall’universo”
[18] Vedi PHALA-EL
PHALA, 4° parte
[19] Ved. ‘Sancto
Sanctorum’.