– Rivelazione –

(Dettato ad Anita Wolf nel 1962)

 

Durante i circa quattrocento anni tra Giosuè e il re Davide operarono in Israele i giudici, i quali non ebbero la capacità di portare la quiete al popolo cananeo. Il tempo di allora del ‘patriarcato’ non consentiva che una donna guidasse o giudicasse. E tuttavia la Bibbia lo ha annunciato. È spiegabile che l’atteggiamento di allora della donna-giudice non lasciasse poco più che un capitolo. Debora – una donna dotata di grande talento – inviata da Dio – ebbe il difficile compito di liberare il popolo diventato povero dalla schiavitù di Jabin.

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La funzione del giudice

(Debora)

                                                                    

(1150-700 a.C.)

 

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Titolo originale: “Das Richteramt

Traduzione: Ingrid Wunderlich

 

Edito dal circolo degli amici di Anita Wolf - C/o Jurgen Herrmann

Hohenfriedberger Strasse, 52 - 70499 Stuttgart

Email:  bestellung@anita-wolf.de.

Sito:      http://www.anita-wolf.de

 

Questa edizione in lingua italiana è stata curata dal gruppo:

‘Amici della nuova Luce” – www.legamedelcielo.it

Contatti: info@anitawolf.it

 

 

INDICE

    

 

Prefazione

Cap. 1

Un Sinedrio al tempo dei Giudici

Cap. 2

Alla Palma, Debora e i suoi amici riflettono ciò che si stava tramando in Israele

Cap. 3

Spionaggio e controspionaggio - L’intolleranza del primo alto-sacerdote - Un anziano quale nuovo iniziato presso Debora

Cap. 4

Una spia presso Jabin e poi da Sisera, per tramare - Il piano di guerra - Tre uomini presso Kis-Abda per una palma – Sventato un attentato - Da Debora si stringe un’alleanza

Cap. 5

Una meravigliosa serata presso Debora con i molti amici - Arrivano due grandi Luci

Cap. 6

I due del Cielo guidano la partenza per Silo - Nel tempio, svelato un falso conto - Viene scacciato un diavolo

Cap. 7

Arthasus e Jedothun si danno a Dio, poi guidati dalla Palma - L’angelo insegna

Cap. 8

Un difficile interrogatorio, la spia è scoperta - Insegnamenti vari, anche dubbi - Le truppe si muovono

Cap. 9

La visita del SIGNORE dell’Altura - il magnifico Insegnamento dei sette gradini della vita

Cap. 10

Debora, con una parola angelica - Un documento falsificato - Buona preparazione prima che arrivi Dio, come una stella

Cap. 11

Insegnamenti di Dio: sull’eredità, sullo spirito, sull’essere nati da Dio. Debora-Helia, venuta da Dio o dal mondo? Nel co-aiuto, per tutti, buone scelte

Cap. 12

Sull’incarnazione dei grandi angeli, sul recupero di un terzo dei caduti, su occhio per occhio - Un accenno alla redenzione - Sul cuocere il cucciolo nel latte della madre, ovvero, come vincere i nemici, su come governare gli animali affidati.

Cap. 13

La situazione nell’alto-Consiglio, con Debora autoproclamatasi giudice autorizzata - Un piano preordinato per la vittoria

Cap. 14

Ritornano i due angeli - Molti buoni insegnamenti - Un vecchio episodio a Su-El-Kambynos - L’essenza della materia - Muriel: “Ero io Abramo”

Cap. 15

Una visita di Delajah finisce malamente - La donna, alla pari dell’uomo - Prepararsi ad accogliere i sopravvissuti alla guerra: amici e nemici - Su cherubino e serafino - Un dialogo nello spirito - Il Tibet, una forza di Luce

Cap. 16

Un aiuto nell’afflizione - La resa dei conti nell’alto-Consiglio - Kisjath diventa il primo - Anche gli amici insegnano

Cap. 17

Debora, duchessa degli eserciti riuniti - Molte buone opere - La grande vittoria di Barak - La fine di Jabin e di Sisera

Cap. 18

Elevati cenni su diversi insegnamenti di Dio e sulla redenzione - Il canto di giubilo di Debora e di Barak in onore a Dio

 

 

PERSONAGGI

Il Signore               Dio nella Sua rivelazione

Zuriel                    l’angelo di Luce della Sapienza (Isaia

Muriel                    l’angelo di Luce della Serietà  (Abramo)

Debora                  giudice superiore di Israele, dal Regno: Helia

Abinoam                padre di Barak

Agratano               comandante del re Jabin,  insieme a Sisera

Ammon                 re dell’omonima città, alleato di Jabin

Amolos                 comandante del re Jabin,  presso Sisera

Artham                  sacerdote nell’alto-Consiglio

Arthasus               scrivano amico di Artham

Asa                       aspirante sacerdote

Asbak                   aspirante sacerdote

Asrikam                l’oste in Gibea

Asmodi                 un diavolo dell’inferno rappresentante il male (anche Thofeth o Lo-Ruhama)

Azelo                    l’oste in Michmas

Barak                    figlio adottivo di Debora                (amico di Debora)

Basjuth                 consigliere anziano

Bezai                    sacerdote di servizio nel Tabernacolo, (un duro)

Bichras                 sacerdote levita, direttore             (amico di Debora)

Bilsuel                   l’oste in Silo

Charkros               servo madianita      (presso Debora)

Dalphon                cameriere/ciambellano di Su-el-Kambynos, madianita

Delajah                 sommo sacerdote presidente in Silo

due madianiti         servitori presso Kis-Abda

Elam                     sacerdote nell’alto-Consiglio, di Efraim      (amico di Debora)

Eldaa                    moglie di Kis-Abda

Gibbar                   consigliere anziano, di Dan           (amico di Debora)

Hamer                   principe di Beniamino

Hattus                   sacerdote della tribù di Simeone   (corrotto)

Heber                    un kenita, amico di Jabin

Helaph                  una spia di Delajah

Heman                  servitore presso Kis-Abda

Jabin                     re di Canaan che risiede in Hazor

Jael                      moglie di Heber, kenita

Jedothun               l’autorità della città di Sichem

Jephan                  l’autorità della città di Gibea

Jizri                      primo principe di Israele,              (amico di Debora)

Kis-Abda               consigliere anziano di Gerusalemme, poi iniziato alla fede pura

Kisjath                  sacerdote superiore

Lapidoth                promesso sposo anziano di Debora

Lapsas                  sacerdote del circondario di Silo

Lea                       figlia di Kis-Abda e di Eldaa

Matthanja              sacerdote e profeta da Gad          (amico di Debora)

Milkom                  un idolo degli ammoniti

Mikloth                  l’oste in Ai

Nisroch                 (forse un tribunale cananeo)

Nekkoda               consigliere anziano di Thirza

Nephath                un meticcio, trentenne, ammonita, quale spia

Paros                    sacerdote scrivano

Phillas                   sacerdote anziano

Sallumin                giudice del diritto, di Gerusalemme

Salthiel                  anziano primo capo superiore di Efraim     (amico di Debora)

Sathur                   consigliere anziano di Beth-Semes

scrivano capo        presso il re Jabin

Sesalab                 il comandante degli amorrei

Simeath                autorità della città di Ophra

Sisera                   comandante del re Jabin insieme ad Agratano

Sophereth              aspirante sacerdote

Sua                       figlia di Zophat e di Thimna

Su-el-Kambynos    principe di Madian

Thimna                  moglie di Zophat

Topheth                 un diavolo dell’inferno rappresentante il male (anche Asmodi o Lo-Ruhama)

un vegliardo           cananeo

Vesthi                   figlia di Kis-Abda e di Eldaa

Zalman                  una spia

Zophat                  muratore in Silo

Solo citati

Kusan-Risathaim / Ebidaer / Eleazar / Giosuè / Hariph / Ithamar / Kusan-Risathaim /Mosè / Nun / Othniel

 

Luoghi citati

Ai / Abdon / Abel-Mehola / Ammon / Ataroth / Azor / Baal-Hazor / Bethel / Beth-Harem / Beth-Horon / Beth-Lahem / Beth-Sean / Beth-Semes / Bozra / Canaan /Dibon / Ebal (un monte) / Edom / Elath / Endor (un’altura) / Garizim (un monte) / Gerusalemme / Gibea / Gilgal / Giordano (il fiume) / Hazor / Hebron / Hesbon / Horeb (un monte) / Jabes Gliead / Jabnes (in Filistria) / Jabbok / Jesreel / Kabul / Karmel (un monte) / Kauran (un monte) / Kedes / Kedumin / Kinnereth / Kison (un fiume) / Madian / Mahanaim / Meggito (un fiume) / Meron (un lago) / Michmas / Migdol / Ophra / Pharan (un deserto) / Phunin / Rabbath-Ammon / Ramathaim / Ramoth-Gilead (un’altura) / Samaria / Sebulon / Seir / Sichem / Silo / Sunem / Thirza / Zarthan / Zin (un deserto)

 

 

PREFAZIONE

 

Durante i circa quattrocento anni fra Giosuè e re Saul in Israele operarono i giudici, i quali – più o meno con talento – non furono in grado di calmare i popoli cananei. I periodi in cui ci si cullò nella pace, erano stati conquistati a prezzo abbastanza caro, attraverso una reciproca oppressione. In quel tempo non era certo il caso che una donna giungesse al timone. E nonostante ciò, la Bibbia lo ha annunciato. Il perché allora fu concesso che una donna venisse posta alla guida del popolo giudeo, nel tempo di una guerra annunciata, tramite questo testo rivelato, arriverà alla comprensione di comprendere come fu possibile solo perché stabilito dall’Alto, tramite uno spirito-donna di raro alto talento, con una straordinaria consapevolezza del dovere, che non le poteva essere stato dato da nessun potere del mondo. Allora si trattò di spegnere il focolaio d’inquietudine in Canaan e liberare Israele dalla schiavitù di Jabin.

Tra le notizie storiche rimane il fatto che a capo delle dodici tribù, come singole nazioni, pur senza confini, vi era a capo un principe, mentre il tempio sovrintendeva tutta Israele, così come un solo re aveva il governo dell’intero popolo. Non viene fatta nessuna ingiustizia ad Israele, se qui si annota che – soprattutto nel tempo dei giudici, con quel re – guerra ed omicidio devastavano il paese, come peraltro in tutti gli altri secoli non si ebbe mai pace. In quel tempo Dio mandò al povero popolo una tale donna, Debora. Chi era? Cosa avvenne sotto il suo governo? Chi le diede una tale elevata autorità? Come poté imporsi allo smisurato potere del Consiglio-Sinedrio? Anche in questa rivelazione la guida dall’Alto ci offre un ulteriore spunto, al fine di farci capire quanto la vita degli uomini di questa Terra, il pianeta dell’incarnazione dell’Amore del Padre, è interconnessa con il mondo spirituale, così da farci comprendere un altro tassello del grande piano spirituale preordinato dalla Divinità.

Ancora una volta si nota l’enorme potere della classe sacerdotale da porre esattamente sullo stesso piano di quello del potere regale. Qui, mille anni dopo Abramo e circa duecento dopo Giosuè, entrambi aventi un esercito affiliato agli ordini del re da una parte, e dell’alto-Consiglio, e quindi del capo-sacerdote, dall’altra parte. Il popolo è schiacciato dai due poteri, a cui fanno capo – oltre ad un esercito da mantenere – dei servitori efferati, vere e proprie spie assoldate dalle due fazioni per controllare ogni singolo; entrambi, avendo come obiettivo il dominio del popolo, al fine di sfruttarlo per ottenere ricchezza, oltre che il potere.

Tuttavia, così come ci viene rivelato in altre opere, l’alto-Governo del Padre opera in mezzo a pochi, sia per rinnovare la promessa del Salvatore che sarebbe giunto per la redenzione del popolo e di tutti (cap. 5,46 / 10,53), sia per rendere noto, con un tale rapporto diretto, la presenza di ‘figli di Dio’ operanti con il co-aiuto (Debora e i suoi amici più vicini) per il recupero dei caduti (cap. 11,56-75). In quest’opera non soltanto abbiamo due arcangeli che operano in simultanea (Zuriel-Isaia e Muriel-Abramo), ma Dio stesso si rende visibile, di certo non a tutti, ma a quei pochi fedeli incarnati dal Regno celeste, e che ora, illuminati nella loro missione terrena, accettano di perseverare nel compito di recuperare i malvagi. Gli insegnamenti sono tanti, donati non soltanto per il tempo di allora, ma, come viene indicato, per un tempo a venire, il nostro (cap. 7,78), e non soltanto per questo, poiché tutti questi dettati faranno parte di un progetto più ampio, quello che l’insieme delle rivelazioni serviranno quale base della nuova Dottrina sulla Terra dopo il grande Giudizio.

Tra i tanti insegnamenti dall’Alto che anche in questa rivelazione devono essere rimarcati, si nota come l’istruzione e la conoscenza delle Scritture fosse basilare, probabilmente quale base per l’esercizio scolastico, essendo proprio le Scritture gli unici testi sui quali i tempiari istruivano il popolo. Quindi un doppio guadagno: da una parte quella della necessità di moltiplicare i rotoli da utilizzare nelle sinagoghe-scuole cui erano addetti gli scribi; dall’altra, che tali insegnamenti dottrinali delle Scritture rappresentavano gli unici quali base per l’istruzione scolastica cui erano addetti i sacerdoti.

Anche quest’opera deve essere data con buoni pensieri ed auguri in mano a tutti i cari lettori. Per questo, i cordiali saluti nella Luce.

A. W.

 

 

 

Cap. 1

Un Sinedrio al tempo dei Giudici

«Voi giudicate secondo la carne,

Io non giudico nessuno!»

[Giov. 8,15]

(Morte di Giosuè e interpretazione teologica del periodo precedente)

[Gdc. 2,6-19]: «[6]Quando Giosuè ebbe congedato il popolo, gli israeliti se ne andarono, ciascuno nel suo territorio, a prendere in possesso il paese. [7]Il popolo servì il Signore durante tutta la vita degli anziani che sopravvissero a Giosuè e che avevano visto tutte le grandi opere che il Signore aveva fatto in favore d'Israele. [8]Poi Giosuè, figlio di Nun, servo del Signore, morì a centodieci anni [9]e fu sepolto nel territorio che gli era toccato a Timnat-Cheres sulle montagne di Efraim, a settentrione del monte Gaas. [10]Anche tutta quella generazione fu riunita ai suoi padri; dopo di essa ne sorse un'altra che non conosceva il Signore, né le opere che aveva compiuto in favore d'Israele. [11]Gli israeliti fecero ciò che è male agli occhi del Signore e servirono i Baal; [12]abbandonarono il Signore, Dio dei loro padri, che li aveva fatti uscire dal paese d'Egitto, e seguirono altri dei di quei popoli che avevano intorno: si prostrarono davanti a loro e provocarono il Signore, [13]abbandonarono il Signore e servirono Baal e Astarte. [14]Allora si accese l'ira del Signore contro Israele e li mise in mano a razziatori, che li depredarono; li vendette ai nemici che stavano loro intorno ed essi non poterono più tener testa ai nemici. [15]Dovunque uscivano in campo, la mano del Signore era contro di loro, come il Signore aveva detto, come il Signore aveva loro giurato: furono ridotti all'estremo. [16]Allora il Signore fece sorgere dei giudici, che li liberarono dalle mani di quelli che li spogliavano. [17]Ma neppure ai loro giudici davano ascolto, anzi si prostituirono ad altri dei e si prostrarono davanti a loro. Abbandonarono ben presto la via battuta dai loro padri, i quali avevano obbedito ai comandi del Signore: essi non fecero così. [18]Quando il Signore suscitava loro dei giudici, il Signore era con il giudice e li liberava dalla mano dei loro nemici durante tutta la vita del giudice; perché il Signore si lasciò commuovere dai loro gemiti sotto il giogo dei loro oppressori. [19]Ma quando il giudice moriva, tornavano a corrompersi più dei loro padri, seguendo altri dei per servirli e prostrarsi davanti a loro, non desistendo dalle loro pratiche e dalla loro condotta ostinata».

 

1. Dal nord spazza una fredda tempesta, su un largo fronte si spinge attraverso i monti Garizim ed Ebal, da giorni ha coperto le cime di nebbia, non risparmia nessuna altura, nessuna valle, e solo verso sud nel deserto Zin perde la sua veemenza e limita gli scrosci di pioggia. Qualcuno veglia per delle notti; e in questa notte solo coloro che sono troppo stanchi chiudono gli occhi. Si è mai vista una tal cosa? Ci sono state sovente delle tempeste, e ‘le popolari’ erano state molto più veementi nei confronti di quelle più naturali.

2. I credenti – quanti ce ne sono ancora? – le hanno chiamate ‘un segno di Dio’. Certi schernivano, altri hanno taciuto. Tuttavia: da quando Giosuè ha conquistato il Canaan e l’ha consegnato alle dodici tribù, da allora è cambiato molto.

3. Litigiosità e guerra si sono dati il cambio. Gli anziani, ancora fin da Mosè, Giosuè ed Eleazar, sono come estinti, quelli buoni, che hanno imposto un ‘alt’ quando qualcuno andava oltre la sua autorizzazione di potere. Lo si sa molto bene, non solo i superiori che conoscono la Scrittura, …la Legge del Sinai è passata in eredità di generazione in generazione, di quello che era da fare e da omettere.

4. Ma si è nel paese d’origine del patriarca. Contro ciò non vi è nulla da obiettare; ma Potere, e potere, sono due cose. Se è da DIO, allora è buono e si orienta secondo la Legge; se è dal mondo, allora odio ed oppressione respingono la giustizia e l’amore per il prossimo. Proprio così stanno le cose da lungo tempo.

*

5. Ieri si è radunato il Sinedrio[1] in Silo. Si è litigato, si è preteso questo e quello; soltanto, non si è raggiunto nessun accordo. Un sobillatore dalla tribù di Simeone, Hattus, ha detto: “Se non è un Mosè, allora un Othniel ([Gdc. 3,9]: «...l’Eterno suscitò loro un liberatore: Othniel, figlio di Kenaz, fratello minore di Caleb, ed egli li liberò») che batta Sisara ([Gdc. 4,2]: «...il capo del suo esercito era Sisara che abitava ad Harosceth-Goim»)”.

- Barak, il più giovane fra loro, che lo si lasciava parlare malvolentieri, mormorò fra sé e sé: ‘Muori, Israele, se continui a commettere abomini, se disprezzi il Signore, se offendi la Legge, se ami idoli e fai usura fra i tuoi fratelli’.

6. “Calma!”, impone il presidente. Si chiama Delajah, non molto amato, inoltre abbastanza vacillante. In genere aveva un aspetto molto cattivo. Non c’è quasi nessun principe, nessun anziano che sia idoneo per il governo oppure che operi nell’antico senso come Abramo, come Mosè o Giosuè, che stavano ‘davanti a Dio’.

7. Giosuè aveva ordinato di tollerare pacificamente fra di sé i cananei e commerciare bene con loro. Finché furono al governo i principi dalla scuola di Mosè, questo fu anche fatto (Giudici 1,21-36). Ci sono sempre state delle invasioni, ma vennero severamente punite. Ora non c’è fine alle faide.

 8. Barak, pensando a questo, guardò Delajah senza paura. Macché, …troppo verde il giovane. Che cosa ne sa lui della vita, oppure come condurre un popolo? Tutti i popoli nel circondario, persino le città, piccole macchie, hanno il loro re. Non sarebbe pure bene per Israele, …possedere un re?

9. Delajah, che da lungo tempo tende al potere – oh, non vuole essere un re, solo un uomo che, come Mosè, ci si decida a chi si debba obbedire, e in questo giorno in cui il vento tempestoso ha partorito una notte anticipata, orrendamente selvaggia, che fece battere anche i cuori forti – scoppia: “La nostra Israele ha bisogno di un nuovo giudice che ...”

- “...la giudichi?”, lo interrompe Artham con scherno, sostenuto da altri esclamatori.

10. “Non solo la giudichi”, Delajah non cede nella sua lotta, “ma la conduca in modo giusto, mantenga la Legge e i suoi diritti!!”

- “Pensi di essere quello?”, schernisce Arthasus, un amico di Artham.

- “Non ne abbiamo fra di noi uno migliore?”, chiede Hamer, principe di Beniamino. Ma che gli astiosi stessi stiano facendo l’agguato al bastone da giudice, quello bianco su cui l’anziano Nun (il padre di Giosuè – [Gs. 1,1]) non tollerava nessuna macchiolina, Delajah sa esattamente come: che la loro unione contro di lui si spezza non appena un altro vi tende apertamente la mano.

11. Perciò dice: “Il sorteggio indicherà se sono io il giusto. Se ce ne sono dei migliori, voglia indicarli Dio”.

- “Ipocrita!”, grida un vecchio superiore. “Eccetto pochi, siete tutti degli ipocriti! Quando si tratta di diritto e onore, spingete Dio sul vostro piano; allora EGLI dev’essere il vostro vessillo! Né tu, Delajah, né Artham, né Hamer, né Arthasus, neppure tu, tu, o tu”, il vecchio ne indica frettolosamente diversi, “nessuno di voi è in grado di assumere una tale funzione; e il sorteggio non cade su di voi!”

12. “Bene su di te?”. La domanda di Bezai è come un pugno in mezzo alla faccia. Bezai è duro, inesorabile verso chiunque.

- L’anziano di nome Salthiel dalla tribù di Efraim, alza la sua mano avvertendo:

13. “La pietra ricade su te stesso! Io sono troppo vecchio per condurre Israele, ma non abbastanza vecchio da confondere diritto ed ingiustizia. Voi…”, punta il dito su tutti quelli che intendeva, “…scegliete sempre solo il pugno. A questo è attaccata anche la vostra lingua. Guardatevi: il SIGNORE sarà il vostro Giudice”.

14. Delajah, dato che voleva vincere, dice calmo: “Salthiel, sei rispettato, sei ben intenzionato. Soltanto, la conservazione del nostro popolo richiede più che buona volontà. Non abbiamo bisogno di insegnamenti. Bene – Dio è il Giudice; ma solo per l’interiore, …per la fede”, continua leggermente indugiando. La fede non è importante per lui, non così come la posizione, il potere e la vita esteriore.

15. “Allora Dio non avrebbe dovuto salvare sempre Israele”, si infervorisce l’anziano. “Ma per voi, Dio e la Sua Legge sono solo cose secondarie, abbastanza degne per ottenere qualcosa per la veste. Che cosa avete fatto con le buone tribù di Canaan, voi tutti, da quando morì Eleazar? Le avete oppresse, uccise! E possibilmente avete strombazzato che lo avrebbe ordinato DIO, perché ...”

16. “Giusto!”, lo interrompe Delajah. Il suo volto è arrossato fin sotto i capelli. “Dio ha ordinato di annientare i pagani. Egli ha detto: «Perché io caccerò dinnanzi a te le nazioni ed allargherò i tuoi confini» [Es. 34,24]. Questo indica come abbiamo da trattare con loro”. Inizia un parlare compiacente.

17. Salthiel alza nuovamente la destra e chiede seriamente: “Ancora? Che cosa ha detto Dio, prima e dopo? Che cosa ha confessato Mosè dinanzi al Signore? Tu lo devi sapere, visto che sei scrivano!”

- Delajah si batte fortemente sul petto: “Egli ha indicato le tribù che fossero da estirpare (Es. 34,11): e i boschetti e gli altari di quelli (Es. 34,13), e inoltre ha ancora comandato di scriverlo (Es. 34,27). Controlla, se lo hai dimenticato”.

18. “Lo hai dimenticato tu”, s’arrabbia Salthiel, “perché non vuoi sapere del collegamento. Oppure pensi che quando DIO si è rivelato a Mosè, dicendo: «L’Eterno è misericordioso, lento all’ira, ricco in benignità e fedeltà..» [Es. 34,6], Egli ha collegato qualcosa ordinando l’omicidio? Spiegami la Sua Parola «…non cuocerai il capretto nel latte di sua madre»” [Es. 23,19].

19. “Sono soltanto paragoni”, Delajah raggira questa domanda. “Se le prendessimo letteralmente, allora ci confonderemmo”.

- “Molto vero!”, la voce di Salthiel suona quasi rauca. “Quello che non volete comprendere, lo gettate nella fossa dei paragoni; là riposa in pace! Ma quello che considerate con la testa, lo sapete interpretare. Credi tu, Delajah, e quelli che hanno perduto il Signore, che la Sua fedeltà e misericordia rimangono su di voi, quando disprezzate la Sua Legge?

20. “Noi giudichiamo, quando uccidiamo i pagani!”, grida Bezai,

- “E, ‘Non uccidere!’?”

- “Lo appluchi a noi?”, si oppone Artham. “L’Horeb è un simbolo per noi”.

- “Povero uomo”, Salthiel si asciuga una lacrima, “qualcuno ha abbattuto il fratello e l’amico; di conseguenza per voi non vale nemmeno il simbolo. L’Altissimo non vuole vedere distrutta nessuna vita in modo scellerato. Ricordatevelo e conservate la pace!

21. E’ comprensibile quando i pagani si ribellano; voi rubate il loro spazio vitale. Io so…”, Salthiel sprofonda in profondo cordoglio, “…che sulla nostra terra non si può più fermare lo spargimento di sangue, non da parte dell’uomo. Ma tu, Israele, lo potresti, se volessi! Davanti a te passa l’orrore; e l’orrore è la spada che trascini attraverso i paesi. Hai oppresso i buoni con sdegno; non arrivano a parlare, tanto meno a governare. C’è da meravigliarsi se qualche volta, …affilerete l’orrore?”

22. “Basta così!”, grida Delajah indomito. “Non siamo qui per ascoltare la tua predica; tienila nella sinagoga, per me anche il prossimo sabato. Ora c’è da discutere come dobbiamo scuotere il giogo di Jabin (Gdc. 4,2), perché gli siamo obbligati troppo e già abbastanza a lungo; inoltre il suo potere è grande. Che cosa propone ognuno di voi?”

23. Di nuovo ci si consulta. In un punto c’e accordo: ‘liberarsi!’. Salthiel tace, non perché si è lasciato chiudere la bocca, no, – non c’era scopo, non mondanamente, meno ancora secondo la fede. Gibbar della casa di Dan, anche già sulla sessantina ed amico di Salthiel, non si tiene indietro:

24. “Non è sbagliato spezzare il giogo di Jabin con la guerra, se non dovessimo riuscirci diversamente. Mosè ha battuto gli amorrei che negarono il passaggio del nostro popolo, nonostante Mosè desiderasse solo la via libera (Num. 21,21-28). Questo, è diverso. Lui aveva punito severamente ogni violazione, e alla minima cosa che avrebbe causato danno agli amorrei, aveva concesso il pieno pentimento.

25. Ma Oggi?”, Gibbar fa una lunga pausa. “Da noi le cose stanno diversamente; e se tornasse di nuovo Mosè si vergognerebbe amaramente di noi con disprezzo e pieno d’ira. I pagani, non sono anch’essi degli uomini? Quando fanno delle faide ci si deve evidentemente difendere. Tuttavia si può anche fare qualcos’altro: …quello che ha fatto Mosè! Questo ce lo impone la Legge del Signore.

26. Taci!”, grida lui, quando Hamer vorrebbe inalberarsi. “Pensi forse che non si otterrebbe nulla con la benignità? Ora non più; voi stessi siete caduti, e non perché DIO non vuole aiutare. Non voi, questo è giusto! Perché se fate ciò che fanno i pagani, loro che servono gli idoli, che hanno solo la loro propria legge; ma voi avete la Legge del SIGNORE! Questa è la differenza! Perciò dovreste anche agire diversamente dai pagani”.

27. “Basta!”, Delajah s’infuria formalmente. “Anche a te sia lasciata la sinagoga! Queste sono chiacchiere, ma non atti! Dobbiamo radunare i nostri uomini. Niente aiuta, solo una guerra può restituirci la libertà”. A causa della questione gli si attribuisce l’assenso da molte parti, e si crede di aver già vinto la corsa.

28. Allora si immischia un naftahlita, stando nel privilegio di principe. Ha quarant’anni. È sempre stato contrario alla confusione; è venuto solamente per mantenere la continuazione della guida. “Delajah”, dice, “tu non sei né giudice né reggente; non hai da togliere la parola a nessuno. Sono del tutto dalla parte di Gibbar, da quella di Salthiel e riconosco l’opinione di Barak”.

29. “Quel ...”

- “...ragazzo verde, vuoi dire? Quello della casa di Hur?”

- “dalla seconda linea”, sminuisce Delajah.

- “Che male fa? Comunque, non dipende dall’alta locale provenienza, se ci si rotola nel fosso. Ah, non togliete lo sguardo voi, Paros, Kisjath e compagni! Dunque, questa è la vostra faccenda; solo voi non siete nessun gioiello per una casa di principi. Magari anche il ‘verde’ ha ancora qualcosa da dire e, …ancora (pure) ‘qualcuno’ di cui non avete nessuna idea”.

30. “La terza predica”, brontola Bezai. “Ne ho abbastanza!”

- “Anch’io!”. Il principe con il nome Jizri ha fatto cenno ai suoi amici: “È inutile rimanere qui. Ognuno vuole uscire in guerra. Delajah, guarda come te la cavi. Non sei il primo del popolo, e non lo diventerai. Sei solo nel Consiglio eletto da noi; non lo dimenticare! Nel prossimo mese ci sarà una nuova votazione!”.

- Se ne va seguito da Barak, da Salthiel, da Gibbar e da altri tre uomini.

 

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Cap. 2

 

[Debora e Barak – Gdc. 4,1-5]: «[1]Eud era morto e gli israeliti tornarono a fare ciò che è male agli occhi del Signore. [2]Il Signore li mise nelle mani di Iabin re di Canaan, che regnava in Cazor. Il capo del suo esercito era Sisara che abitava ad Aroset-Goim. [3]Gli israeliti gridarono al Signore, perché Iabin aveva novecento carri di ferro e già da venti anni opprimeva duramente gli israeliti. [4]In quel tempo era giudice d'Israele una profetessa, Debora, moglie di Lappidot. [5]Essa sedeva sotto la sua palma, tra Rama e Betel, sulle montagne di Efraim, e gli israeliti venivano a lei per le vertenze giudiziarie.

Alla Palma, Debora e i suoi amici riflettono ciò che si stava tramando in Israele

1. Un giorno brutto e triste si trascina attraverso il paese. Gli animali e gli uccelli si rifugiano sotto gli alberi, i quali si piegano fino a terra. Qualche capanna è rotta, molte vie sono coperte. Lo sconforto della natura si posa in oppressione sugli uomini e negli ultimi giorni si aggiunge ancora il peso peggiore di quasi vent’anni che li schiaccia: re Jabin che risiede in Hazor ha preteso una nuova tassa non più sopportabile dai poveri, ma che è difficile anche per la gente ricca.

*

2. Dopo che il principe Jzri e gli amici lo hanno abbandonato, il Sinedrio ha pure litigato su cose secondarie. I punti principali: portare Israele sotto una mano; spezzare il giogo, strappare la maschera dalla faccia di tutti coloro che erano rimasto nel Consiglio. Ora dev’essere trattato un altro giorno, perché senza pieno numero di funzionari non si ottiene nessuna conclusione valida.

3. Jizri aveva stimolato: “Domani per la Palma!”. A loro, nel segreto, è nota la parola chiave: a cavallo si arriva a Silo dalla Palma in meno di tre ore. – Ma loro sono a piedi, la via è inzuppata, e una dura tempesta strappa i vestiti, gettandosi incontro ai viandanti e rovesciando nuovi scrosci di pioggia.

4. Incuranti di ciò, si continua. Barak davanti. Seguono Jizri, Salthiel, Matthanja, Gibbar, Bichras da Levi ed Elam da Efraim. Dopo ore faticose giungono alla meta. Una collina fra Gilgal e Bethel, circondata da monti da ovest, da nord e da est, perciò coperta formalmente da piante. Si chiama la collina delle palme, perché sul suo lato sud crescono quasi fino in cima molte palme snelle.

5. Sotto la cima della collina si trova una bella casa. E’ moderatamente grande, quindi spaziosa, protetta da tutte le parti dal tempo attraverso un fitto cerchio di alberi e cespugli. Gli uomini si stanno dirigendo là. La salita da sud, che blocca la tempesta, diventa più facile. Si tira un sospiro di sollievo.

6. Appena arrivati, viene aperta la grande porta. Un madianita dalla pelle scura li aiuta a togliersi i vestiti bagnati. Senza sottomissione dice: “La padrona aspetta e il pranzo è pronto”.

- “Come mai che sapete così precisamente che arrivavamo oggi?”. Elam pone la domanda.

- Barak sorride: “Non è un miracolo in questa casa”.

7. All’ingresso segue una nicchia, dove, come appunto ora, ci si pulisce con questo cattivo tempo. Attraverso una tenda finemente tessuta si giunge nella sala, nella quale si trovano diverse porte. Una scala conduce nel piano superiore. Già qui ad ognuno viene incontro un respiro. …da dove? …con quale Forza?

8. In mezzo alla sala sta una nobil donna. Dal suo essere irradia la sua bellezza. La cosa più bella in lei è la sua gentilezza. I sette uomini si inchinano come se stessero davanti alla loro regina. Lei fa cenno al madianita Charkros; lui porta un vassoio d’argento con del vino e pani bianchi. Lei porge agli arrivati un pezzo di pane, e lei stessa ne prende uno e beve dal boccale d’oro, che porge dal più anziano fino al più giovane.

9. Solo allora lei dice: “Benvenuti, amici! La mia casa è la vostra. Fortificatevi”.

- Salthiel dice commosso: “Ti ringraziamo, Debora. Ti chiamiamo con ragione ‘Palma’. Ti abbiamo trovato pura, tendendo al Cielo. Ringrazio il nostro Creatore che allora Egli ha guidato i nostri piedi a te, quando eravamo quasi spezzati dalla nostra cattiva litigiosità. Se non ci fosse questa, …nessuno potrebbe vincere Israele. Ma così…?”. Fa un gesto malinconico.

10. Si potrebbe pensare che anche Debora fosse seria; anche le condizioni darebbero ragione al cordoglio. Lei sorride solare, prende l’anziano capo per mano e mentre lo conduce alla tavola che aspetta nella sala a destra del padiglione, dice agli altri piegando leggermente indietro il suo capo:

11. “L’ALTO nella Sua magnificenza miracolosa ci ha fatto incontrare. Di questo è da gioire, non da piangere, perché il peso del quale si tratta, è quella parte della Luce di cui si ha poco presagio. E i nostri superiori? Sì…”, perla il suo sorriso, “non la comprendono. L’alta Luce però non è solo il Donatore, vuole anche avere qualcosa. Ogni uomo dovrebbe pensare nel modo puramente ragionevole, che non può solo prendere. Ma prima… fortificatevi”.

12. Durante il pasto non si parla molto, solo in generale, gentili domande rivolte ai servitori che aiutano la loro madre come buoni figli. Poi Debora ordina un’ora di riposo. Il giovane Barak contraddice; lui arde di presentare ciò che ha sperimentato e udito. Si è dato completamente alla loro ‘faccenda di Dio’.

13. Lei ammansisce il fervore giovanile: “All’onorevole”, intende Salthiel, “spetta il riposo”.

- “Vale la tua buona volontà di donna”, accetta Barak. “Ci sarebbe solo”, indugia brevemente”, “da inviare un breve messaggio”.

- Lo sguardo di Debora va fuori nel giorno triste. “Potrebbe mancare un’ora, certo; ma ci guida la mano dell’Alto”. –

14. Ci si raduna in una stanza che dona benessere. “Che cosa è successo ieri nel Sinedrio?”, chiede Debora dopo la solita preghiera pronunciata secondo il rito.

- Il principe Jizri dà uno sguardo a tutto. Gli uomini dell’alto-Consiglio sono ben noti a Debora, anche la loro mentalità e come si atteggiano.

- All’indicazione che nuovamente avrà luogo una riunione, lei dice: “Sarebbe bene che voi, Jizri, Bichras, Elam e Matthanja andaste lì, se lo volete. Inoltre, domani il tempo è migliore. Qualche ‘pentola’ arriverà a bollire, a traboccare. Trattenetevi; ma non state zitti”.

15. Strano, ci si lascia comandare dalla donna. Ma nell’ultimo anno sovente è stato provato, quanto sicuramente ha osservato il popolo e la sua guida. Il pensare ben istruito degli uomini è rimasto ben qualche passo indietro. Allora hanno riconosciuto: nel tempo della loro disgrazia, DIO ha mandato una donna. – Non è ancora noto pubblicamente; ma questa è Volontà di Dio.

16. “Il tuo ordine viene eseguito volentieri”, dice con fervore Elam.

- “Non è un ordine. Soltanto UNO, l’Alto, ci ordina! Ciò che qualcuno trasmette, dev’essere riconosciuto e fatto di conseguenza come se fosse un comandamento del Signore. Presto sperimenterete, cari amici, come si adempirà. “Tornate indietro”, ammonisce lei gentilmente, “dal terzo giorno succederanno certe cose. Dopodomani avrete tempo di organizzarvi per le vostre faccende per circa una settimana”.

17. “Pensi a tutti e a tutto”, la loda Salthiel. “Ah, in tutta la mia lunga vita non ho conosciuto nemmeno una persona che avrebbe agito come te”.

- Debora fa un cenno, arrossendo. “Siete proprio come me, e...”

- “...diventati tramite te, buona Palma”, la interrompe il principe Jizri.

- “Ah, è così?”, chiede lei stupita, “pensavo ci avesse allevato che l’ALTO”. A questo si acconsente.

18. “Per quanto riguarda Delajah” , continua lei, “gli avete fatto una buona opposizione. Lasciatelo ancora al timone, ma non da solo. Deve mostrare ciò che sa fare; più giusto: quel che non gli sarà più possibile! Poi tutto cambierà. Fra l’anno e il giorno, vedrete che le cose cambieranno nel popolo.”

19. Salthiel mormora: “Abbiamo sopportato Jabin vent’anni; l’ultimo sarà la maledizione del lievito”.

- “Non è nessuna maledizione”, lo addolcisce Debora. “Quello che il popolo causa a se stesso, dev’essere pagato. Un amaro parto, dove si tratta di morte e di vita! Ma lo hanno voluto così i presuntuosi, l’Israele caparbia. Non c’è da stupirsi se è la propria maledizione a confondere.

20. Non si conosce nessuno che l’ammette; la colpa viene caricata su altri. Se non si ha nessuno, allora sul Signore! Anche se non pienamente consapevoli, molti pensano: ‘Lui lo può portare! Egli è l’Onnipotente! A Lui non fa male!’. – Questi stolti, queste pellaccie! Interiormente cavi e vuoti; così chiacchierano. Dio lo mostrerà loro. Aspettate con pazienza. – Ma cos’altro c’era?”, dice cambiando discorso.

21. “Nulla di interessante”, riferisce Bichras. “Vogliono a tutti i costi la guerra”.

- “Questa arriva prima di quanto se l’aspettano, soltanto, non a favore di ognuno. L’Alto non aiuta per via di loro”.

- “Sono sempre contento quando vengo alla collina della Palma”, dice Bichras.

- “Ma la miseria del popolo, le invasioni del Sinedrio, o Debora,… quali pesi! Tu li chiami parti della Luce che in genere non lo sospettano, soprattutto i superiori, come hai detto. Ma devo confessare che nemmeno io ho compreso il simbolismo”.

22. “Non è difficile”, s’intromette Barak, che a causa della sua giovane età preferisce piuttosto farsi interrogare.

- “Che vuoi dire?”, lo provoca Salthiel. Si ascolta volentieri Barak. La sua voce suona maschile, quasi estremamente trattenuta, qualche volta persino infantile. Non parla da istruito, quando dice:

23. “La Bontà di Dio dà la parte della Luce che qui possiamo portare come pesi che provengono quasi sempre dalla disobbedienza di quelle creature che una volta si sono allontanate dal Creatore, ma anche dagli uomini. Per Lui sarebbe facile portare tutti i pesi. Sì, …Egli li raccoglierà in un Segno (la Croce) che – una volta eretta – saprà pareggiare ogni peso dei peccati

24. Per questo, il Creatore lascia, come peso, quella parte che attraverso il male continua a perpetrare se stessa – cosa che non discolpa i cattivi – portata dai fedeli che servono Dio e camminano attraverso il mondo, per raccogliere il più possibile da quel peso, su una via di tale sacrificio. Questa è la parte di Luce attraverso la quale il peso giunge al pareggio. Lo si porti in sé in silenzio; infatti, solo così diventerà una parte e un mezzo della Grazia per i caduti.

25. Solo se si è santificati dallo Spirito si può pregare: ‘Dio-Padre, Tu sai per chi può valere. Coprilo con la Tua mano e lascia che la parte sia un sacrificio per TE’. Così, dal proprio spirito, ogni carico diventa leggero ed ogni peso una benedizione”.

- “Bello!”, loda Debora. “Per ora è sufficiente la tua parola; da ciò può crescere in ogni cuore una spiga e un albero fruttifero.

26. Ora vogliamo portare i carichi, e l’ALTO ci farà entrare nel Suo Santuario, …dentro, amici miei, un giorno nella realtà del Regno che noi uomini chiamiamo Cielo. Racconta, Barak, ora che sentiamo dei pesi, qualche sospiro sarà evitato, che all’Alto non piace. EGLI aiuta a trasformare il peso in Benedizione nell’autentico servizio”.

27. Barak si alza subito. Ciò che per un paio di settimane erano state le sue accompagnatrici: responsabilità e temerarietà fino al coraggio mortale, in questo modo si fa strada. La Palma sorride, come un vento che gusta le cime della foresta.

- “Siediti”, dice lei così soave, cosicché il crampo dell’anima di Barak si scioglie, essendo è venuto all’improvviso su di lui. Lo fa, e dopo una profonda inspirazione comincia a riferire:

28. “Sono andato a Sichem, ed ecco ...”

- “Si possono fare domande, …se lo ritieni giusto?”, Gibbar si rivolge a Debora.

- “Qui non c’è un Sinedrio dove si tratta meno di chiarezza che di interruzioni. Ognuno chieda, quando sembra il momento”, dice lei con un volto sempre gentile.

29. “Perché lo hai mandato da solo in quel nido di serpenti? Oppure oltre a noi hai ancora altri fedeli?”

- “Li ho”, ammette Debora.

- “Non ne abbiamo trovati da te; siamo sempre stati in sette e di nascosto tra il popolo”.

- “Perfetto! Voi siete la radice. Gli ‘amici stranieri’ vengono quasi sempre di notte per la vostra e la loro protezione. Per quanto riguarda il nido di serpenti, sentirete appunto ciò che si è svolto lì”.

30. “In Sichem sono andato nella casa indicata”, racconta Barak. “Ho chiesto di Kison; il sorvegliante ha alzato la mano destra, come se scacciasse un animaletto. Il segno per gli amici stranieri. Dentro erano seduti i più anziani di Sichem e alcuni con i quali non si attraverserebbe nessun deserto, fra di loro Artham, Hattus e Delajah. Quando mi hanno visto, hanno nascosto il loro spavento. Era convenuto che fosse un’osteria per carovane, non solo per me”, suona come un leggero scherno, “perché Delajah ha chiesto subito:

31. ‘Da dove arrivi? Hai voluto fortificarti sulla via come abbiamo fatto anche noi?’. Frettolosamente ha vuotato il suo bicchiere. ‘Dobbiamo andare’, disse. ‘Se vuoi andare a Silo, allora vieni con noi; sei ancora troppo giovane per viaggiare da solo’. Io, ho detto tanto per dire: ‘Molte grazie! Faccio una commissione per mia zia; è solo per la famiglia quello che devo fare. E qui da noi, dove i superiori hanno agito con ordine, non c’è bisogno di aver paura sulla via’. Allora hanno abbassato le teste come animali, quando tuona.

32. Loro sono rimasti; il primo di Sichem li ha invitati (a rimanere). Io sono andato via per non dare nell’occhio. Il sorvegliante mi ha avvertito; e presto mi ha seguito uno. E’ rimasto indietro, solo, lontano dalla città. Poi è venuto uno di Midia che – come me – ha chiesto del fiume Kison. Perciò un’ombra fedele. Mi ha condotto nella locanda dell’uomo di Sichem, dove di notte ho sentito ciò che fu deciso. Ah, Debora, e voi amici, se non lo avessi sentito con le mie orecchie, non lo crederei se me lo avessero raccontato.

33. Hanno deciso di offrire a Jabin un’alleanza di guerra, di estirpare insieme a lui tutte le tribù. Di dividere gli averi, le donne e i figli: due terzi per il re, un terzo per Israele, naturalmente per i superiori. L’alleanza deve avere valenza per cinquant’anni. Avevano già anche una spia che il giorno dopo doveva andare a cavallo da Jabin.

34. Si chiama Nephath, un meticcio di trent’anni. Glielo avevano chiesto. E poi hanno fatto suonae le monete; uno le ha contate a lungo facendole cadere in un sacchetto. Il madianita, servitore presso il superiore di Sichem, è venuto poi a prendermi”.

35. “Hai Madian dalla tua parte?”, il principe Jizri lo chiede a Debora. “Sai…”

- “Israele ha maltrattato questo popolo; sarebbe comprensibile se essi usassero la parola sbagliata: ‘Occhio per occhio, dente per dente!’. Non lo fanno! Due anni fa sono stata dal loro principe presso le acque aelanitiche. Già ora lo avreste saputo, quando Barak ha finito di parlare”.

36. Costui dice: “Il servitore mi ha portato ad una capanna da dove ho proseguito senza essere visto. Questo è avvenuto prima del sorgere del Sole. Il giorno dopo sono arrivato a Endor. Là fermenta; non si può quasi distinguere l’amico dal nemico. E ci sono spie; soltanto non sono fisse, quando intravedono sacchetti più grandi. Così ho sentito che Nephath era già partito per Hazor.

37. Per seguirlo subito, il nostro Alto aveva sbarrato la via. Una settimana più tardi mi sono avvicinato a Kedes. Ovunque era necessario, comparivano i nostri amici stranieri. I viandanti proseguono solo in sciami, dato che dei singoli o gruppetti vengono assaliti. Sisera non ha il controllo sulla gente. Si sparpaglia anche molta gentaglia nella zona.

38. Prima di Kedes mi hanno circondato quattro cavalieri. ‘Consegnato’, ho pensato, e poi: ‘Se l’Alto non ha scelto, né la Palma ha mandato, chi è contro di me?’. Ho proseguito come se non li vedessi affatto. Finalmente uno ha detto: ‘Amo di più le palme’. Allora ho capito e gli ho annuito: ‘In particolare quella sulla collina’. Abbiamo cavalcato fino alla piazza rotonda in Kedes. Certi occhi acuti si erano posati si di noi, qualche ombra ci ha seguito. Dal cortile della locanda un accompagnatore ha portato via i nostri cavalli.

39. Abbiamo avuto una stanza riservata per noi. Il più anziano degli accompagnatori mi ha detto che sarebbe stato provveduto. Quando ho chiesto del mandante, mi ha deriso: ‘Vieni da lui; come puoi domandare?’. Che alcuni fossero in agguato intorno a noi, che ci sorvegliassero, ne ero certo, ma non sapevo come avremmo potuto scrollarci dei persecutori.

40. L’anziano è andato a prendere dei mantelli nuovi con i quali avremmo fatto l’effetto come gli ufficiali di Jabin. La via passava attraverso cantucci e cortili. Siamo arrivati in un’osteria aperta solo per gli alti servitori di Jabin e, …per le spie. La gente nella corte parlava liberamente. Allora ho sentito questo: ‘Nephath ha dovuto aspettare tre giorni prima che Jabin gli desse la risposta. C’era una gran confusione, con domande sulla richiesta’.

41. Uno ha ghignato: ‘Lo si è sentito fin quasi nel vicolo. Io ero lì quando il re fece scrivere quel rotolo; lui ha accettato il giuramento di Israele, comunque non subito per cinquant’anni. Non poteva mica sapere se poi il suo partner sarebbe vissuto ancora’. – ‘Chiaro’, ha esclamato il chiacchierone, ‘il caprone non avrebbe visto la prossima primavera’.

42. Si gridò che questo starebbe proprio bene per Israele. Costui continuò con scherno: ‘Jabin ha ordinato di ritrovarsi entro tre mesi lungo il Kison, il suo feldmaresciallo condurrebbe tutte le battaglie. La prevista divisione doveva valere a lui due parti, e ad Israele, se sopravvive all’incontro, la terza. Sisera doveva stare con la maggior parte della truppa al ginocchio del Kison, mentre Israele avrebbe marciato da sud di Sunem verso quel luogo.

43. La trappola funziona così: Jabin chiude a nord e ad est. Se si vuole scappare quando si sente l’odore dell’ariete bruciato, rimane solo il passaggio sul Kison. Ma in quel tempo il periodo di pioggia riempie il fiume; alla sinistra i baratri del Karmel al nord impediscono la fuga. Allora fuggiranno pochi’. E gli altri esclamarono pieni di scherno e odio: ‘Hah, aspettiamo con gioia quel giorno!’, e i bicchieri furono vuotati più spesso sulla vittoria.

44. Ora sapevamo abbastanza. Abbiamo bevuto con loro, anche a noi riempirono i bicchieri. Siamo rimasti tre giorni fuori Kedes. Uno ha portato dei cavalli freschi e anche altri abiti. Questo era molto necessario. Venivano continuamente altri, in parte dal campo di Delajah, in parte da quello di Jabin, per spiarci che cosa facessimo.

45. Finalmente ho potuto osare di partire verso il lago Meron. I miei guardiani cavalcarono con me fino davanti ad Hazor. Il vecchio è rimasto con me, gli altri hanno provveduto ovunque per la mia protezione. Nella tenuta di re Jabin c’erano molti stranieri: persiani, siriani e filistei e ancora altri. Alcuni somigliarono ai caldei, ma avevano una pronuncia forestiera quando parlavano tra di loro.

46. “Sono sumeri”, chiarìsce Debora. “Ho imparato a conoscerne alcuni presso il principe Su-el-Kambynos in Midia. Sono i suoi spioni. Esiste solo una rimanenza del popolo diligente di una volta. In parte era la radice dei caldei”.

- Barak continua a raccontare: “Jabin ha cercato con furbizia a confondermi. Quando ha sentito che il mio incarico sarebbe di riferire verbalmente, la sua ira sprizzò come una cavallaccia. Si è consigliato con gente di sua fiducia; poi mi ha invitato sotto la più grave punizione di morte a riferire il mio messaggio.

47. Quando l’ha sentito, ha esclamato perfido: ‘Ancora una mossa di Israele!’. Ho appunto percepito dove voleva parare, cioè se ne sapessi qualcosa. Gli dissi calmo: ‘Come mai ancora una mossa? Non ti comprendo, re Jabin’. Mi ha preso strettamente nella morsa, ma la Forza dell’Alto era con me.

48. Ha riso per via del messaggio, Debora. Lui credeva che, se io non conoscevo la prima offerta, allora nemmeno il mio mandante. Ha risposto: ‘Qui posso fare a meno del rotolo. Dì al tuo mandante che entro tre mesi eseguo il consiglio che hai riferito. Tuttavia sarà possibile, che poi darò io un consiglio che è davvero da eseguire. Perché dal tuo messaggio sento l’avvertimento, …e che è un gioco contrario. Capito?’

49. Mi sono fatto persino consegnare un dono. Dato che pensava che mi avesse inviato un uomo, era questo”. Barak prende dalla sua sacca da viaggio un bicchiere d’oro cesellato, finito con argento. “Ho ringraziato e mi sono allontanato. Dietro di me scoppiò una brutta risata.

50. Mentre passavo attraverso le stanze ho continuato a sentire ancora quella risata, che percepivo dietro a me. Dietro una tenda era appeso un rilievo con una stretta fessura e, …da lì ho visto il gabinetto del re. Un posto per ascoltare per testimoni invisibili. Soltanto, che qui io stavo con la morte a tu per tu. Allora pensai: ‘Ma se il Santo è con la nostra causa, …allora è Lui che mi ha guidato fin qui’. E rimasi. Jabin stava dicendo:

51. ‘Hihi, tutti insieme degli asini! Uno esclude l’altro, il Delajah dispotico e il misterioso. Ma noi li mettiamo tutti e due in un sacco! Ha, che vale? Il vento di Hazor li spazzerà via. Io, sono il vento!’, gridò lui furioso, ‘Voi mi dovete aiutare a togliere le briglie ai cavalli scomodi’. Quest’ultima cosa si riferisce a Sisera, perché lui continuò:

52. ‘Sisera deve batterli. Se la sua squadra è stanca dalla marcia e dal combattere, i miei squadroni’, così Jabin ha chiamato la sua elite, ‘da riposata, farà il resto. Gli uomini conoscono tutti quelli che giurano su Sisera. E questi cadono tutti! Chi nella confusione della battaglia potrà affermare se la morte è giunta da dietro? Sia vuotato un bicchiere alla mia vittoria!’

53. ‘Ora basta! Via!’, ho pensato. Un miracolo come sono venuto via senza essere trascinato di nuovo davanti a Jabin. Ho lasciato la città senza essere visto. Ho ritrovato i miei amici ed ho raccontato loro l’avvenimento. L’anziano ha alzato la sua mano, come in Sichem quel guardiano, come se scacciasse via un animaletto. Ma negli occhi di tutti ardeva un profondo incendio.

54. A sinistra del Giordano abbiamo cavalcato fino sull’altura di Ramoth-Gilead. Uno è rimasto con me, gli altri hanno girato verso Phunin al confine di Edom, dove il principe Su-el-Kambynos era accampato con la truppa principale dei suoi uomini. Il mio compagno di viaggio disse che il suo principe aspettava da tempo questa scintilla, dato che aveva da fare i conti con Jabin. Anche con Israele avrebbe da pareggiare dei cattivi mali; ma ‘per via di Palma’ – lo disse in ardente adorazione: ‘Madian avrebbe sepolto il rancore’. E loro non toccherebbero un morto”.

55. “L’accompagnatore aveva i capelli corti e una cicatrice sulla guancia destra?”, chiede Debora.

- “Sì, lo conosci?”

- “Abbastanza bene! Ha subìto la cicatrice per via di me. Su-el-Kambynos gli ha ordinato di accompagnarmi. Abbiamo cavalcato di notte; il deserto Pharan scintilla di giorno per il calore. Allora un animale rapace ha attaccato la mia cavalla. Il madianita l’ha ucciso con la sola mano. Siamo rimasti illesi il mio cavallo ed io; ma il salvatore sanguinava da molte ferite.

56. Per fortuna i cavalli hanno sentito l’acqua e l’ho trascinato fino al vicino pozzo. Siamo rimasti lì finché non si è ripreso e mi potuto portare fino a Silo. Lui è il mediatore fra me e il mio principe. Ogni madianita”, dice Debora agli amici, “che fa il segno con la mano e dice qualcosa di buono sulla Palma, è nostro amico”.

57. “Hai fatto più di quanto abbiamo presagito”, dice il principe Jizri. “Ora conosciamo gli amici stranieri. Solo, non mi aggrada che Delajah dovrebbe rimanere ancora al timone. Questo può costare il sangue di molti fratelli. Se fosse da evitare, questo cattivo macellare! Mi domando sovente il perché si fa la guerra, perché devastare popolo e paese. Dopo occorre costruisce di nuovo, …fino alla prossima volta”.

58. “Se lo chiede ognuno che sa accoppiare intelletto e cuore”, interviene il vecchio capo. “La ragione viene oppressa, il cuore sepolto, perché si vuole guadagnare i denari. Ma questi si sciolgono prima che diventino una benedizione!”, s’infervorisce. “E ciò che la guerra aiuta a conquistare, lo distrugge la prossima. Lo vediamo in Israele e anche negli altri popoli. Chi scongiura molta perdita di sangue, sprofonda nella fossa della dimenticanza, oppure al bordo della storia del tempo che partorisce il su e giù”.

59. Gibbar lo tranquillizza: “Vogliamo aiutare? Noi…”, indica una folla invisibile, “…vorremmo aprire la porta ad un tempo senza spargimento di sangue, attraverso la quale fluisca Luce e pace sulla povera Terra. Credo solo, che...”

- “...questo non è più possibile”, finisce Matthanja il profeta.

60. “Il sangue fraterno versato nel tempo a noi noto, si è instaurato nelle stirpi, nelle tribù e nei popoli. Il fiume diventa sempre più largo, selvaggio, come un’acqua che raccoglie i molti rigagnoli, rivoli e fiumi, ma come corrente, nel mare perde il suo proprio io.

61. Abele era un sangue di rigagnolo. Oggi le guerre sono già gonfie come fiumi. Ma guai a quel tempo in cui il fiume diventa mare coprendo il mondo, che ancora non conosciamo interamente”. Regna silenzio; un brivido sorvola sugli ascoltatori.

62. Debora aggiunge sommessa: “Sarà così. Un rigagnolo sarebbe facilmente da bloccare, anche un ruscello, necessariamente pure un fiume che porterebbe danni a molti. Si potrebbe aiutare, se si pensasse al pericolo che fluisce sui popoli. Ma dapprima si vuole attingere dalla stessa acqua che diventa una corda da trappola per amico e nemico.

63. Una guerra assume già quasi la forza di una corrente furiosa che trascina più potente dell’Eufrate. Guai al tempo, agli uomini quando un mare colmo di sangue sommerge i popoli!” Debora tende le spalle. “Noi cerchiamo di risparmiare, quando Jabin e Delajah cercano di distruggersi. Di più non possiamo fare. Voglia aiutarci il nostro alto-Signore a portare Luce e pace in tutta Canaan, …almeno per un tempo”. La risposta è un generale ‘Amen!’

 

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Cap. 3

Spionaggio e controspionaggio – L’intolleranza del primo alto-sacerdote

Un anziano quale nuovo iniziato presso Debora

1. Si mormora durante l’assemblea. Jizri, Bichras, Elam e Matthanja sono seduti nella comunità, visibilmente isolati. Non gradiscono il mormorio. Solo le facce sono traditrici di ciò che si cerca di nascondere. Oltre a loro e ai sacerdoti del Sinedrio sono presenti il sindaco Jedothun da Sichem e il consigliere anziano Kis-Abda di Gerusalemme, come due degli uomini sconosciuti ai più.

2. Quello che gli amici pensano degli stranieri e che cosa vogliono i cittadini qui nel Consiglio dei sacerdoti, ha la sua ragione. Matthanja dice: “Sono andati nella rete!”. Lo hanno potuto sentire tutti.

- Subito ci si rivolge a Matthanja. “Ah, chi è andato nella rete, a chi?”, abbaia mordente Hattus.

3. Bichras ghigna: “Finalmente si è svegliato!”

- “L’ho chiesto io”, Hattus minaccia arrogante”.

- “Sono il tuo servo che deve dare risposta?”, risponde Bichras.

- Hattus litiga, Kis-Abda vuole mediare, ma ecco che entra Delajah. Salutando superficialmente, dice senza preambolo: “Cominciamo”.

4. Questo è presto detto. Delajah crede che si verrebbe subito con domande; ma incontra silenzio. Allora presenta quelle cose che ultimamente sono rimaste irrisolte e solo più tardi passa al punto focale dell’assemblea. Lui aveva diffuso la parola d’ordine sulla rivolta contro Jabin. Dopo che per un’ora si è discusso di nullità, Delajah comincia con il punto più importante dell’odierno Consiglio.

5. “Abbiamo bisogno di un nuovo statuto”, è la parola d’ordine, e significa: una guida popolare. “Il vecchio, che ostacola il progresso, è da eliminare dal nostro libro”. Questo è rivolto a re Jabin. Alcuni sono d’accordo con Delajah. “Proponete ciò che considerate giusto. Di questo possiamo discutere del tutto apertamente”, indica i due sconosciuti, “perché questi messaggeri stanno fermamente e fedelmente con noi. Uno ci ha già prestato un grande servizio.

6. Lentamente si fa sentire una tensione, e ci si agita sul giogo di Jabin. “Se vengo eletto, allora è mio onore di condurci alla vittoria”, dice Delajah.

- “Sai come si devono condurre le guerre?”, schernisce Paros senza ritegno.

7. “Come sommo sacerdote sono unito allo Spirito di Dio che mi dice ciò che devo fare e non fare, ma anche, che posso condurre da vicino o da lontano”.

- “Vorremmo conoscere volentieri tale spirito”, sussurrano gli amici.

8. Ma Delajah continua già: “È stata l’ispirazione di Dio che Artham, io ed Hattus siamo andati a Sichem. Abbiamo offerto a Jabin la nostra alleanza; si doveva attirarlo fuori dalla sua tana da volpe. Nephath, il fedele”, indica lo straniero più giovane, “ha consegnato questa offerta. E guardate”, Delajah gioisce sventolando un rotolo, “ecco la risposta del nostro Signore! Non di Jabin, no! …di Dio che ha guidato Israele fuori dall’Egitto! EGLI allenterà il pugno dei nemici che deve lasciar andare ciò che ha rubato in vent’anni. Ascoltate ciò che è stato scritto per i nostri furbi piani”.

9. ‘Se non da nessuna parte nel mondo, qui Dio, e i furbi piani, stanno bene insieme. Se Nephath è una spia di Delajah, così l’altro lo è di Jabin. Ed ecco che si confabula dello Spirito di Dio! E’ solo bene che abbiamo la Palma. Si dovrebbe aiutare, …perché stanno andando ciechi nella propria fossa?’, pensa Jizri.

- Delajah legge già il rotolo. Ma appena ha finito, si crea un tumulto. Dopo un veemente pro e contro, mentre Jizri si accorge come il vecchio straniero gioisce da furfante, Arthasus dice:

10. “Senza dubbio, Delajah ha agito bene. Ma cosa vale tutto il rotolo? Stella, o sabbia? E’ proprio sicuro che il re non ci assale?”

- “Chiedete a Nephath”, dice Delajah, “lui sa ciò che cosa pensa Jabin”.

- La risposta giunge malvolentieri; Hazor era diventato per lui uno spavento da bambini. Ma le monete di Delajah hanno un suono così ricco, che si atteggia convincente:

11. “Il re Jabin vorrebbe pace e, con Israele, – come ha offerto – governare le tribù in unione”.

- “Battere insieme!”, grida duramente Bichras.

- Delajah s’infuria: “A tutto ciò che era stato discusso, avete ben taciuto, Jizri e compagni; quindi tacete anche ora, dove si tratta del nostro bene o del male!”

12. “Possiamo tacere”, risponde Jizri, “se per il vostro bene, sia lasciato lì. Solo stando presso il mondo pensi di essere già in alto. Inoltre nell’assemblea pubblica ognuno può manifestare la sua opinione. Oppure no?”

13. “Voi negate ciò che io considero giusto”, s’arrabbia Delajah. “Quindi: che cosa volete dire?”

- “Quello che noi consideriamo bene”, dice Matthanja con calma, “appunto per questo siamo qui”.

- “Pensavo, solo per fare cattivo tempo”, punzecchia Bezai.

- “Questo sia lasciato a te”, lo corregge Elam, “e l’ascoltare alla parete a coloro che non hanno nulla da fare presso di noi”.

- Sentendo questo, Nephath vorrebbe allontanarsi.

14. Delajah lo trattiene rapidamente. “Alla fine decido io! Hai la mia totale protezione”.

- ‘Chissà’, pensa la spia. Quanto era stato trattato malamente e il suo presentimento che il rotolo del re fosse falso, lo tiene per sé da intelligente. La lode che riceve, che gli si deve così tanto e sarebbe per gli israeliani come un fratello, è senza alcun valore.

15. Jedothun propone di unire con il ringraziamento a re Jabin, la richiesta che loro vorrebbero avere il proprio generale, cosa che sarebbe meglio in questa guerra. Inveiscono dure parole da lite, finché il principe Hamer dice che prima si dovrebbe avere il feldmaresciallo. Soltanto, lui non ne saprebbe ancora nessuno. Israele sarebbe adesso una ‘casa vuota’.

- Delajah sorride, ma i suoi occhi avvertono acutamente.

16. “Non dobbiamo darci una cattiva pagella. Tu avrai il potere principale”.

- Hamer fa come se gli si offrisse la bile. Eccetto Jizri e i suoi, sono tutti d’accordo. “Dunque…”, il generale si gira in modo circospetto sfidando: “…mandiamo tramite Nephath il nostro ringraziamento e...” la sua espressione fa riconoscere inconfutabilmente che si ribella con tutte le quattro ‘zampe’.:

17. Delajah salva nuovamente il suo gioco, e si dispiace: “Non oggi, caro Nephath; ma sarai ricompensato, come tu fossi già andato. Non è bene…”, dice saggiamente, “…inviarti un’altra volta. Abbiamo appunto l’altro da Helaph, che – sconosciuto a Jabin – in questo caso farà un effetto migliore. Possiamo contare su di te, Zalman?”. Solleva un grosso sacchetto.

18. Zalman è già vecchio, ma robusto ed agile. Subito si alza. “Mi sta bene questo incarico. Contro i vecchi, quelli di Jabin non sono così severi”. Guarda con arroganza Nephath. “Posso osare meglio. Parto domani”.

- Delajah annuisce rallegrato. “Avrai metà di questo sacchetto con il rotolo; l’altra, …non appena porti la risposta”. Lui pensa che ora si sarebbe d’accordo con lui in tutto. La gente di Jizri non conta. Evita fermante gli sguardi che lo vorrebbero avvertire.

19. Dopo che le due spie sono andate via, quasi tutti mostrano i loro pungiglioni. Kis-Abda dubita: “Ci possiamo coprire? Non ho fiducia! Sisera ha assoldato molto popolo da guerra. Dato che non può pagare bene, è da temere che prometta all’armata molto patrimonio rubato”.

20. “Promettere! Quando lo può mantenere?”, chiede Jedothun.

- “Pensi che lo possa mantenere”, corregge Hamer e fa uno schizzo del piano che lui si è già formato.

- “Non male!”, si deve riconoscere.

- Solo Kisjath gli dice: “Sei certamente l’uomo giusto; ma sarebbe meglio se ne avessimo due. Come sarebbe, se ora votassimo il principe Jizri?”

- Senza volere ed incoscientemente, Kisjath ha fatto gli interessi di Delajah a provocare il principe e… Sì, …quante cose possono succedere in una battaglia.

21. “Accettato”, dice ultrafervente Delajah. “Lui può prendere in carica i nostri fianchi o la nostra retroguardia”.

- Jizri tace. Non lo tocca di mettere poco onore con la retroguardia, come nemmeno, che i fianchi sono soltanto fermacarri.

- Elam schernisce in modo fine: “Ben studiato! Si deve già somigliare ad un vitello, per non sapere che cosa significa tutto questo”.

22. “Come mai?”, s’arrabbia Hamer. “Concedo a Jizri ogni onore nella lotta. Oppure, magari non vuole?”

- Gli occhi dell’attaccato guizzano. Ancora si controlla, ma si sente il rancore dell’offesa, quando risponde:

23. “Io taccio o parlo, quando per me è venuto il tempo. Restituisco la tua offerta, insolente e sporca, Delajah. Te ne puoi occupare tu stesso! Del perché prima ho taciuto, non lo avete riconosciuto, così ciechi siete stati. Tu puoi condurre meglio la tua retroguardia, da lontano; allora la tua pelle viene risparmiata, …almeno per ora.

24. Io parlo…”, fa cenno in modo veemente a Delajah, entrando al centro della sala, quando lo si vuole interrompere. “Nel Consiglio sei bensì il superiore dei sacerdoti, ma io in quello per il popolo. E questo vale di più! Ti ha condotto la tua cecità, e non lo Spirito di Dio. La tua ambizione, la tua assenza di scrupoli, sono l’impronta del tuo essere. L’ometto che hai chiamato Zalman, avrebbe riso volentieri, se con ciò non si fosse tradito chi è realmente, quando hai gettato il tuo ‘furbo piano e il tuo Dio’ – non il nostro della Luce – ma nella pentola della stupidità.

25. Tu non lo vedi. Io voglio perdere il mio diritto di principe, se Zalman non è uno di Jabin”.

- Ad Hamer dice duramente: “Tu lo devi sapere se due fianchi sono da condurre così, per offrire tutto il sostegno. E’ meglio che rimani il generale di coloro che ti seguiranno”.

- “Ah”, c’è confusione, “un principe vile!”

- “Lui si tira fuori dal laccio!”

- “Il ricco rimane a casa, il povero deve uscire!”.

- Jizri è in ebolizione. respira pesantemente, ma con forza reprime la bile.

26. “Dove rimango io, è cosa mia. Sono legato a ‘Qualcuno’, e colpisco quando il popolo ha bisogno di me. Non voi godete della protezione; solo Israele che voi precipitate nella grande disgrazia. Non mi credi, Delajah? Io so che Jabin si strofina le mani. Siete perduti tutti insieme!”

27. “Tu forse no, con il tuo qualcuno?”, esclama Arthasus astioso.

- “No! Noi stiamo al di fuori!”. Suona così serio, che qualcuno impallidisce. – Di nuovo calmo, Jizri continua a parlare: “Ma non stiamo al di fuori del popolo; ricordatelo! Denuncio al giudice Artham chi mi ha chiamato vile”.

28. “Non lo fare”, interviene l’anziano consigliere. “Ci dobbiamo mettere davanti ad un carro? La lite spezza le ruote prima ancora che queste si mettono a rullare”.

- “Molto vero; e sii assicurato”, Jizri dà la mano a Kis-Abda, “se l’offesa non fosse accaduta qui, …avrei presto fatto i conti con Artham. Inoltre, questo non vale più di un giorno per il giudice”. Ritorna al suo posto.

29. Artham ne è colpito. Il giudice di Gerusalemme è incorruttibile. Comincia a balbettare che questo gli sarebbe sfuggito, …nell’ira; anche altri avrebbero... Il principe fa un cenno fiacco. E’ di nuovo Delajah che cerca di salvare ciò che è possibile. Gettando uno sguardo ad Hamer, dice rapidamente:

30. “Seguo il consigliere anziano: il personale è da evitare. Propongo che il principe Jizri conduca l’intera truppa. Me lo dice lo Spirito di Dio, così sarebbe meglio”. Tende già la mano al puro, quando il principe lo ferma.

- “Risparmiati questa fatica! Non sono cieco, ed ho capito la tua mimica. Sei un sacerdote di questo mondo, non per la Luce del Cielo. Non è un’offesa; la verità vuole sempre aiutare. Ho anche detto che sarei già impegnato. Quello che volete cominciare – lo ripeto – è una via nella miseria e nella morte”.

31. “Tu mostri topi”, dice Jedothun, che in segreto non sta con nessun sacerdote. Per lui si tratta solo di Israele. “Aspettiamo quale messaggio ci porta Zalman. Se è a cavallo, può essere di ritorno entro tre giorni; e il nostro Nephath lo potremmo...”

- “...mandare dove?”, chiede duramente Bichras.

32. “Mandare a prendere un messaggio”, finisce Jedothun, “di quante truppe ha Sisera e chi combatte sotto la sua bandiera”.

- Matthanja ride, anche se preferirebbe piangere. “Non ci si deve servire delle spie; non sono uomini buoni. Ma mi fa pena il Nephath; non lo rivedrete quasi”.

- “Menzogna!”, grida infuriato Delajah, “mi si è stato dato come garanzia!

33. “Può essere. Zalham, lo scorpione nel vostro nido, lo accuserà presso il re. Non gli do una lunga vita”.

- “Quindi lo dobbiamo proteggere, perché serve noi...”, ben inteso da Hamer.

- “Ti fa onore, principe”, dice Elam, “soltanto, non potete proteggere nessuno che Jabin farà saltare sulla lama”.

- Delajah si morde le labbra. Ah, da ciò non dipende il destino di Israele. Astioso, continua ad attaccare Jizri:

34. “Vi opponete soltanto! Gibbar, Salthiel e Barak perdono l’assemblea. Due gravi cose. Mettiti d’accordo presso il giudice per via di Artham, poi…”, in atteggiamento minaccioso, “…vi giudicherà l’alto-Consiglio, perché in vista del pericolo e per via della nostra volontà per la liberazione, non muovete nessuna mano! Perché il vostro ‘qualcuno’ mi sembra essere una donna di nebbia”.

35. Gli amici avrebbero quasi riso. Donna di nebbia! La Palma, dietro alla quale sta ben ‘Qualcuno’, davanti al Quale si inchinano in riverenza. Jizri dice sommesso: “La nebbia scomparirà, la figura resterà! Se vuoi giudicare…”, i suoi occhi luccicano, “…allora ti giudicherà il SIGNORE!”. Questo è come se passasse una grande ombra attraverso la stanza, e non c’è da ignorare che c’era ‘qualcosa’.

- Solo Delajah respinge per primo da sé queste ombre. Ma in lui non muove soltanto il suo orgoglio e l’ostinazione, anche il suo cordoglio coperto.

36. “Dio mi giudica? Sì, sono un sacerdote di questo mondo, principe Jizri. E’ da adempiere il dovere di aiutare Israele”.

- “Hai intrapreso il buon sentiero?”, indaga seriamente Matthanja. “Perché si può adempiere il dovere del mondo anche dalla Luce. Ho sentito di rado da te di cominciare tutto con DIO, di condurre con LUI, di completare tutto con LUI”.

37. “Alzare le mani e pronunciare preghiere ha poco valore”, si difende Delajah. “Io ho lottato sovente, non muto, dove sarebbe rimasto il Dio dei padri. Perché Lui non giudica i pagani che schiavizzano la Sua Israele? Sotto Mosè i nostri avi sono passati attraverso il deserto e DIO li ha condotti. Ora stiamo seduti in Canaan, che Egli ci ha promesso; ma LUI è andato, Lui ci ha lasciato soli. Allora con il senso del mondo si deve da se stessi conquistare la via. Se fosse sbagliato, …perché Dio non mi ostacola?”

38. È la prima volta che quest’anima si apre. Anche Jizri ne è sorpreso e, … rallegrato. Un granellino di Luce! Più gentile del solito risponde: “La tua lotta dell’anima è difficile; ma sarebbe facile se riconoscessi Dio come fedele Giudice. Per ciò che riguarda il tuo argomento, devo comunque contraddire.

39. Oh, Israele sarebbe scomparsa, con e senza Dio, se lo vuoi avere così. Mosè ha chiuso l’anello di Luce intorno al popolo e, nell’anello, …ha sempre pregato il SIGNORE. Come poteva quindi Lui, da sempre suo Padre, rimanergli lontano? Non solo dalla Sua Presenza, no! – Egli si faceva chiamare volentieri e si rivelava persino a tutto il popolo.

40. Egli conduce il gregge con il Bastone dell’Amore. In questo modo le pecore si possono divertire. Egli non lega ogni singola. Sì, Egli ci ha dato una libera volontà, con la quale ci muoviamo all’interno del recinto, possiamo creare questo e quello, oppure omettere. Invece tu hai pensato: ‘Il Signore è ingiusto, perché ci lascia allo scherno dei pagani.

41. Israele ha agito male. Caparbiamente ha oppresso per lungo tempo i pagani e li ha derubati, battuti con la spada. Non mi dire che questa era la Volontà di Dio, che dovremmo uccidere tutti i pagani. Se fosse così, allora il Creatore non avrebbe avuto bisogno di metterli prima nel mondo. Avete ucciso tutti gli uomini, vi siete presi le donne, per aumentare con loro il vostro sangue attraverso i bambini. E’ giusto? Allora guardate come potrete affrontare il futuro con la libera volontà, per questa, senza Dio!

42. Rifletti, Delajah, non spingere nulla da parte. Siamo venuti per aiutare”.

- “Non ha l’aspetto di un aiuto”, continua Hattus, rallegrandosi diabolicamente quando c’è fracasso. Gli è come un cattivo fuoco. – L’unico che diventa riflessivo è Kis-Abda, il quale, dalla sua riflessione, dice:

43. “Delajah, chiudi l’assemblea; non ha senso contrastarsi. Il generale rimane il principe Hamer, in una settimana può aver completato i suoi piani. Chiamiamo i nostri uomini e poi ci consigliamo sul da farsi. Io mi occupo delle armi. Non possiamo combattere il potere di guerra di Jabin, ecco…”, si interrompe:

44. “Vado a Gerusalemme. Se qualcuno va per la stessa via, sarei contento”. Non si fa avanti nessuno. La maggior parte se ne va senza salutare.

- Davanti alla sinagoga Jizri va verso il consigliere anziano. “Puoi sacrificare un giorno? Domani qualcuno potrebbe andare con lui”.

- “Vuoi portare con fervore la tua faccenda davanti al giudice?”, rimprovera costui malignamente.

45. Jizri scuote la testa: “Artham meriterebbe che qualcun’altro vada con lui”.

- “Chi?”, chiede il consigliere anziano.

- “Barak”.

- “Quello?”, dice Kis-Abda mentre continua a camminare, e Jizri che rimane al suo fianco. “Hm, …è ancora giovane. Ma se vuole, …e non dipende sempre da un giorno”, brontola Kis-Abda. La gentilezza del principe diventa ancora più intensa, quando costui risponde:

46. “Affare fatto! Soltanto, …Barak non è più un ragazzo. Non ti pentirai se ti accompagna. Oltre a questo, dove pernotti?”

- “Non lo so ancora. Non mi va di restare vicino a Delajah stanotte, allora tutto verrebbe solo masticato di nuovo”.

- “Se vuoi, il giorno potrebbe darti ancora una gioia. Vieni con noi, siamo a cavallo. Prendi in affitto un cavallo al mercato; tanto ti conoscono. Anche me”, aggiunge scherzando.

47. “Lo voglio ben sperare”. Il consigliere anziano si sente interpellato. Se riflette che cosa ha portato l’assemblea… Il principe e i suoi amici gli sono diventati un enigma. Oggi ha fatto la differenza fra serietà e loquacità. Perché si è lasciato catturare dal sommo sacerdote? Certamente, …certamente. Aspettare… Prima vedere e sentire; dopo si può decidere.

*

48. Il principe non ha interrotto il corso dei pensieri dell’altro. Sulla piazza del mercato Kis-Abda sceglie un animale. A sud passano su colline ed attraverso delle valli dall’aspetto triste dopo un lungo temporale. Ma ora il Sole asciuga le vie, perciò la cavalcata procede bene. Parlano del più e del meno, soltanto, non del Consiglio. Il superiore a un certo punto, e deve suonare allegro perché vuole nascondere il sentimento d’oppressione, dice:

49. “Sono curioso, dove vengo deportato?”.

- “Paura?”, chiede Bichras con lo stesso tono.

- “Quattro contro uno? E poi…, forza, coraggio!”.

- Il consigliere anziano ghigna, ma diventa serio quando Matthanja risponde solennemente: “Noi sappiamo chi sei. Ma oggi la tua via va verso l’alto”.

- “Verso l’alto…?”. La domanda incerta di un uomo che credeva di sapere dove si trovava. Il veggente indica in alto:

50. “Per la verità di Dio! Con le bugie che hai servito, ti sei perso”.

- “Ti saranno offerte nuove e pure. Ma…”, gli occhi di Matthanja luccicano. “…dato che nel Regno della Luce si può fluttuare solo interiormente, Dio ha posto un segno esteriore attraverso il quale è possibile riconoscere la Sua via. Guarda…”, indica in alto, “…ecco, la collina, l’abbiamo aggirata e ci arriviamo da sud. Il nostro sentiero conduce là in alto”.

51. Kis-Abda conosce il paese in lungo e in largo e nota che hanno lasciato la strada per Gilgal-Bethel. Non conosce la valle stretta. Lassù, chiaramente illuminata dal Sole, si vede una casa tra il verde. “Chi abita lassù?”. Nella domanda echeggia il battito del suo cuore.

52. “La donna di nebbia di Delajah”, dice Jizri.

- “Mi vuoi prendere in giro?”, il consigliere anziano diventa rude.

- “Davvero! Una donna!”

- “Una donna?”

- “Donna!”, sottolinea Matthanja.

- “Aha, non importa!”, Kis-Adba si arrabbia. “Se solo l’avessi saputo”, continua a brontolare. “Mi stupisco di voi. Così piacevole ma, tanto lontano, …ovviamente, qui di rado arriva qualcuno, e nessuno vede che cosa viene fatto qui”.

53. Gli amici sono indignati per via del suo cattivo modo di pensare. Jizri dà già un cenno di lasciare il consigliere anziano semplicemente lì.

- Allora interviene Elam. Dice severamente a Kis-Abda: “Guardaci se siamo capaci di ciò di cui ci accusi senza esprimerlo! Un sospetto aperto può essere una domanda degna di una risposta? Quello che hai pensato, …è vile e non merita nessuna risposta! Se vuoi continuare, allora ti porto sulla via delle carovane, cosicché non ti capiti niente di male. Non ti diciamo ciò che perdi, ci hai sospettato troppo gravemente”.

54. La parola di Elam non perde il suo effetto. Kis-Abda scuote la testa da se stesso. Che cosa gli è scappato? Non era contento come se gli fosse stato tolto un peso che gravava su di lui da anni? Ora si vergogna profondamente, ma libero dallo stupido orgoglio di rompere il ponte da questa vergogna. Dà a tutti la sua mano e chiede:

55. “Perdonatemi il pensiero; chissà da dove veniva. Vi siete allontanati molto dal Consiglio, non avete quasi preso parte alle questioni del paese, e si dice che vi siete gettati ai pagani. A quali? Nessuno lo saprebbe. Questo e ora nell’incertezza. Comprendete, quando ho pensato male?”

56. “Va bene; ma non deve risultare l’offesa”. Bichras corroba il rimprovero di Elam. “Per me, sia dimenticato; qui la mano”.

- “Anche la mia”, Elam tende la sua destra. Matthanja lo fa senza una parola.

- Solo Jizri indugia un poco. Kis-Abda lo prega per la seconda volta di perdonargli. Allora costui gli mette le due mani sulle spalle:

57. “Non te ne voglio, ero più stupito che offeso, il fatto che giudichi ciò che non conosci. Hai notato quale odio opera in Silo. Vi può dimorare Luce e Verità? Mi era sembrato che ti rallegrassi di essere con noi. Ora mi è sembrato di sbagliarmi; di te, …Kis-Abda”.

58. Costui accenna: “Perché avete parlato di una femmina, …una donna, …è lo stesso. Ah, sono del tutto confuso”.

- “Si vede come sei fuori strada”, conferma Bichras. “La differenza è questa: una femmina, conosce solo la cerchia del suo io; una donna, sta al di fuori della stessa. Ma agisci liberamente, anche se ti dico: vieni e vedi!”

59. Kis-Abda chiede: “Voglio venire lassù. Dopo che il male si è allontanato da me, mi sento come lavato. Se è giusto? …non lo so; ma ora so che lo saprò”. Questa è un’ammissione!

- Matthanja guarda sulla salita.

- Per sciogliere l’uomo di Gerusalemme, Elam lo provoca: “La tua ammissione avrebbe offeso il Sinedrio”.

- “Ti prego, non ora; taci di ciò che sprofonda dietro di noi”. Più di quello che c’è stato finora, questa frase convince gli amici di non essersi sbagliati nella fiducia. Anche Debora guarderà più a fondo e lo guiderà alla loro faccenda.

60. Scendono per alleggerire i cavalli. L’ultima curva libera la vista per Kis-Abda sulla casa davanti alla quale sta uno sconosciuto. ‘Meno male che sono venuto con te’, pensa ‘finalmente si chiarirà ciò che si vocifera.

- È Charkros, che aspetta. I suoi occhi brillano quando saluta gli arrivati. Kis-Abda bada alla minima cosa, ma constata che il servitore non è meno gentile nei suoi confronti, che verso coloro che conosce.

61. Anche oggi Debora tiene pronto del pane e del vino. Offre loro entrambe le cose come ogni volta quando vengono degli ospiti. Kis-Abda la fissa a lungo, affascinato, incredulo, già in qualche modo entusiasta. Oh, che donna! Quando Debora lo saluta, lui si china profondamente come mai nella sua vita. Vanno nella sala da gioco. Vi stanno seduti oltre a Barak, a Salthiel e a Gibbar, pure due uomini. Kis-Abda si stupisce, viene taciuto il suo nome e la sua posizione. Lo si presenta solo come ‘un viandante che cerca asilo’. Che cosa c’è dietro a questo? Non deve scervellarsi a lungo.

*

62. Dopo la cena che si consuma presto, Salthiel racconta: “Gli stranieri provengono da Jabnes, in Filistria, e poco tempo fa hanno traslocato a Ramathaim. Sostengono che i loro padri erano israeliti. Davanti a Ramathaim si trova un grande giardino, terreno utile. Appartiene ad un uomo con la famiglia. Costui, che appartiene alla tribù di Efraim, era già stato qui.

63. Loro dicono”, Salthiel intende gli stranieri, “i loro avi una volta avrebbero posseduto il paese del giardino e sanno chi lo possedeva prima. Compra-vendita. In breve, sembra come se la faccenda fosse giusta. Ora desidererebbero il giardino, gratuitamente. Il proprietario non sa più dove si è trasferito il venditore, ma aveva pagato sessanta stateri e due monete d’oro per il terreno.

64. I due sostengono che il fondo valesse il doppio. Forse adesso, ma al suo tempo dell’acquisto?”

- “Questo è da constatare”, aggiunge il principe la sua parola. “Magari l’attuale proprietario ne ha fatto un buon terreno”.

- “Giusto, per cui gli uomini si vorrebbero accontentare con la metà del giardino”.

65. Lentamente la bilancia si piega verso gli stranieri. Debora tace. Gli occhi di Kis-Abda si rivolgono sovente a lei. Lei aspetta forse un segno, per poi… Ma che cosa sa una femmina… Ah così…, ‘donna’ si corregge, del diritto e del commercio? Acquisto, vendita oppure eredità? Debora sorride in modo delicato; gli sembra come se lo deridesse. Di nascosto si strofina la fronte.

66. Matthanja rappresenta il proprietario.

- “Non sono contrario”, dice Salthiel, “soltanto, appartenendo io stesso ad Efraim, rimango neutrale”. Gli stranieri credono già nella loro vittoria e chiedono notizia dove poter ottenere un rotolo da giudice.

- Ora interviene Debora. Lei parla con calma; ma chi la conosce, vede il lucido fuoco profondamente all’interno dei begli occhi.

67. “Potete avere un giudice”, dice con calma, “ma dovete portare i rotoli dei vostri avi che… – Come? – sono andati perduti nell’incendio? Possibile! Mi stupisce soltanto che non li avete più fatti riscrivere; perché non mi stupisce di più che averle protette. Potete dire come li conserva l’usanza?”. Ambedue gli uomini la guardano perplessi e balbettano che gli avi sarebbero espatriati già sotto Giosuè, lui li avrebbe retrocessi.

68. “Facciamola breve”, fa cenno Debora. “Il Dio dei nostri padri mi ha ordinato giudice di Israele, quindi siete nel posto giusto. Portate il rotolo, …ne esigo uno autentico!”, avverte severamente, “e certificateci adesso l’usanza di Israele e anche delle famiglie”.

69. Kis-Abda nasconde faticosamente il suo sentimento. Per dargli tempo di riprendersi, Matthanja si consulta con lui. Il più anziano degli uomini curva la schiena. Non è da ignorare che non lo fa quasi per rispetto. Il suo volto ha cambiato colore. “Andiamo a procurare tale rotolo com’è necessario”. Vogliono andare, ma la giudice li ferma.

70. “Ciò che volete sapere senza rotolo, sia detto subito. La nostra usanza è troppo facile da conoscere, che voi certamente non conoscete. Si è anche fatta notte e non è bene viaggiare”. Lei chiama il servitore sempre pronto. “Provvedi bene per un pernottamento e per tutto il necessario”. Se gli stranieri sapessero che cosa significa questo ‘necessario’, maledirebbero il proprietario, di cui si tratta del terreno e che li ha inviati lì.

*

71. Barak dà intenzionalmente un cenno; anche Debora pone la domanda in modo da poter trovare una giusta risposta. Gli uomini non ne sanno nulla. Che Debora sia designata come ‘giudice d’Israele’, disturba molto l’uomo di Gerusalemme. Tuttavia, …sì, confessa: la sua intelligenza e giustizia sono insuperabili. Sì, …se fosse un uomo! Il Sinedrio non la riconoscerà mai come giudice del popolo. E, …lui stesso?

72. Gli crollano mondi. Solo come da dietro le nuvole si spinge avanti timidamente un nuovo mondo. Se vedesse la fluorescenza (l’irradiazione di Luce) di questa donna, le cadrebbe ai piedi. E’ bene che non veda nulla, …non ancora. Come ha trattato gli uomini, aha, …che strano. Delajah glielo avrebbe vietato; e lui pensa quanto sia talentato da giudice.

73. “O Palma”, si entusiasma Barak, “magnifico come hai messo a questi la loro trappola! Scappano!”

- “Contro questo è provveduto”, risponde lei. “Ma non amo cattive parole. Mondanamente hai ragione; visto nella Luce sono povere anime, alle quali dev’essere dato aiuto, naturalmente soltanto fin dove viene impedito il loro crimine”.

- “Perdona”, chiede Barak, “mi sembra ora come se...”.

- “....è scivolato lontano”, ride divertito Elam.

74. “Può succedere”. Debora si rivolge a Kis-Abda. A lui sale il sangue fino nella fronte quando lei dice: “Volevi esaminare, anziano consigliere di Gerusalemme, soltanto molte cose ti vanno contro pelo. Comprensibile! Non sei per nulla l’unico che deve imbrigliare il suo ‘cavallo’, la buona volontà, davanti ad un carro nuovo. Se non sei troppo stanco e se lo vuoi, allora presenta il tuo dubbio; e sii rassicurato: qui hai uomini che si sono dedicati all’Opera del Santo-Alto”.

75. Kis-Abda inghiotte, prima di chiedere: “Hai solo madianiti come servitù? Madian tiene una cattiva amicizia con Jabin”.

- “Non ne so nulla!”, suona questo in modo molto deciso. “Sai, anziano consigliere, che cosa i nostri predecessori – non troppo tempo fa – hanno fatto ai pagani, ad una come all’altra tribù? No!”, respinge. “Non mi venire con discorsi sfruttati di Delajah, che avremmo agito su ordine del Signore!

76. Se avessimo estirpato tutti i pagani, indipendentemente dal fatto che per via della caduta dal Signore non stiamo più in alto dei pagani, allora ci si stupisce che appunto Dio ci dà proprio così spesso nelle loro mani e, …darà Israele, se non trova la vera via della Vita.

77. Ancora una volta no!”, ferma il gesto di una contraddizione. “Tu credi che nei due secoli passati da Giosuè ci saremmo dovuti prima affermare in Canaan. Bene! Ma non dimenticare che, appunto, in questo tempo venne solo qui e là un autentico giudice, perché Israele a causa delle sue cattive azioni – oh quanto spesso – aveva perduto la vera via (Giud. cap. 1 e 2).

78. Era stato indicato di assistere in modo giusto i popolo residenti, come lo aveva fatto Abramo. Ma potere e bottino attiravano. Perciò coloro che possedevano il paese prima di Abramo, divennero stranieri presso il loro proprio focolare. Anche Madian, che abitava di là presso il Giordano, è stato tormentato gravemente da noi”.

79. “Ammettiamolo; soltanto, è passato da tempo! Israele imparerà ad eseguire la Volontà di Dio”.

- “Ne sei così sicuro?”, chiede Salthiel.

- ‘Sì’, vorrebbe dire Kis-Abda. Allora gli viene in mente l’assemblea. ‘Non c’era nulla, nessuna buona volontà. Loro danno il loro orientamento e il popolo segue a tastoni’. Lo si lascia tessere il pensiero. E finalmente ammette: “Ah, la certezza mi è stata spezzata oggi. Ma il desiderio, …che Israele diventierà beato, …se osserva i Comandamenti del suo Signore?”

80. “Ce lo auguriamo”, dice Jizri.

- “Hm, …vedremo”

- “Mosè si è formalmente sacrificato per quarant’anni per fare del popolo il GERUSUN[2] . Che ciò non gli è riuscito, non è dipeso da lui né da Dio! Conosci la lotta di Giosuè (Gs. 24,14-16). Da Abramo sono passati quasi settecento anni nei quali l’alta Radice ha dato il nutrimento dalla Luce al nostro popolo.

81. Ma non ha sfruttato il nutrimento del Cielo. E’ cresciuto, una stirpe nella tempesta del mondo! Forse, questa, nell’ultima lontananza che oggi non si può calcolare, rimarrà un rametto dal tronco del popolo e, …forse, si imparerà dalla storia del suo tronco morto”.

82. “Se fosse così…”, un sospiro.

- “Pensi bene”, si cerca di consolare l’anziano consigliere, “per questo sei anche venuto da noi”.

- “Delajah non è cattivo”, vuole sminuire costui.

- “Non veramente? Solo per la sua ambizione sacrifica il popolo e, …uccide”.

- “Uccidere? No, vuole solo salvare Israele”, contraddice Kis-Abda.

83. “Così?”, chiede Debora. “Per questo ci vuole la ragione; ma rinunciare a questa per via del suo piano... Lui agisce come se avesse già vinto. Ma una simile persona, si gioca la vittoria già prima. Noi invece siamo con...”

- “...alleati con chi?”, Kis-Abda esprime questa domanda sporgendosi molto in avanti per conoscere il mistero.

84. Un respiro stracolmo di immensa pressione, che aggrava sull’interrogante.

- Debora dice solennemente: “Con il nostro ALTO!”

- Kis-Abda si accascia in sè. Soltanto, …non deve scervellarsi a lungo per sapere che non poteva venire nessun’altra risposta. Rimane solo aperto se anche il popolo – spremuto ed anche distratto – pensa proprio così oppure se cerca di rompere con violenza la catena di Jabin. Si vuole vedere la liberazione attraverso le armi, ma non – per quanto sia anche forte – attraverso la pura fede. Secondo la conoscenza di costoro, sulla collina della Palma questa idea è un’utopia.

85. “Lo credi?”, Debora sfoglia il pensiero.

- ‘Inoltre è ancora profetica’, pensa sconvolto il superiore. Gli sfugge il delicato bagliore che irradia il suo volto. Per dimostrarsi maschile, lui risponde: “Senza dubbio aiuta la fede; ma con le sole mani, qui non si può fare nulla. Con le armi e con la fede, …sì; ma, …senza armi?”

86. “La fede è la Legge superiore”, dice severamente Gibbar. “Quando c’è questa, allora Dio ci dà le armi, se è necessario”.

- “Vorrei averne una!”

- “Questo dipende da te. Chi vuole, trova. Dio la mette sovente davanti ai nostri piedi. Certi vi inciampano e dimenticano di chinarsene. Chinati, ed avrai ciò che noi possediamo”.

- Un leggero ansimare si sprigiona dal petto del superiore, preso dal crampo.

87. Non conosce le Forze che lo circumfluiscono. Desiderio e volontà non sono ancora del tutto pareggiati, quando chiede: “Inseriscimi tra i tuoi combattenti. Quello che è ancora oscuro in me, lo illuminerà il Santo. Se siete d’accordo, possiamo continuare. Domani voglio essere armato interiormente”. Si accetta con gioia. E lo sguardo con il quale lo ricompensa Debora, non lo dimenticherà mai. Lei tende alle sue mani:

88. “Le prossime settimane saranno difficili, Kis-Abda. Abbiamo bisogno di uomini saldi, non solo guerrieri; di costoro ne abbiamo abbastanza, sono...”

- “Abbastanza guerrieri?”, interrompe stupito il superiore.

- “Chi vuole far credere qualcosa al popolo, lo si insegue senza riflettere. Delajah lo sfrutta presso la gente e, per questo Israele gli correrà dietro in massa”.

89. “Visto dalla tuo vecchio punto di vista”, dice Gibbar.

- “Non scommetto un solo centesimo se avrà tanti uomini come crede di trovare, per non parlare delle armi. Lo si rincorrerà; ma non molto lontano. Non vedranno il campo di battaglia sotto Hamer!” “ E la liberazione? Ahaa…”

90. “Anziano consigliere, puoi credere che mi è stata assegnata questa causa?”. Debora sta alta, eretta, in mezzo alla schiera degli uomini. “Sì, …io, …cioè”, balbetta confuso, “nessuna donna ha la funzione di giudice. Mi sto interrogando su questo”.

- La mano destra di lei poggia leggermente sulla sua spalla. “Perciò ho chiesto. Per il tuo meglio verrai a sapere ora soltanto ciò che in breve dovrai sapere. Ma questo è già molto.

91. Ti seguono delle spie. I miei madianiti li hanno guidati via dalla tua via”.

- “Da dove…?”, gli si blocca la parola dallo stupore. ‘I cani di Delajah. Costui deve imparare a conoscermi!’ Ma l’arrabbiatura si calma di nuovo. “Spiegami”, chiede lui, “in quale modo il Signore ti ha chiamato a giudice”.

- Un delicato rossore copre le gote di Debora. Lei racconta ciò che sanno i suoi amici.

92. “Vent’anni fa il Signore mi ha mostrato un libro su cui sta scritto ‘La magistratura di Dio’ (Gs. 1,8). Ogni Parola fluiva in me come una goccia d’acqua. Il sogno avvenne tre volte, ognuno dopo sette settimane. Dopo lo stesso numero di settimane – fu un mattino che Dio (mi) aveva appena svegliato dalla notte – venne un uomo. Io intrecciai (pensai): ‘I miei genitori sono tornati a Casa (trapassati) e sono da sola nella casa di Beth-Semes. Non ho mai aperto ad un uomo. Allora…’

93. Permettimi di descriverLo. Soltanto questo: ‘Sono caduta dinanzi ai Suoi piedi, prima che Egli parlasse’. Mi ha sollevato e Si è seduto al mio banco da lavoro come se Egli fosse un uomo. Chi era Lui – altrimenti non mi avrebbe gettato così, l’ho notato sol dopo che mi ha lasciato. Egli disse:

94. ‘Sii benedetta, figlia dalla Luce! Hai portato giù una funzione dalla Magistratura di Dio. Lo hai visto tre volte in sogno’. Kis-Abda, non soltanto il Linguaggio che non ha nessun uomo, nessun angelo altissimo, …la descrizione del mio sogno che avevo racchiuso profondissimamente in me, mi ha dimostrato la verità. Egli disse: ‘Il Santo-Alto ti ha preparato, benedetto la tua via. Devi ancora aspettare ed imparare molto; allora è tempo ad assumere la funzione di giudice. E sii sempre consolata: Nessuno potrà colpirti; la Mano del Santo-Alto è con te’.

95. Io ho compreso le parole, ma non il profondo senso. Mi ha abbracciato al cuore prima di andarsene. Come mi sono sentito, resta eternamente non scritto. Ho riflettuto continuamente, mi sentivo strana e come un essere nuovo. Di rivederLo ancora una volta, …rimane un fuoco inestinguibile. Avrei voluto volentieri portarGli adorazione, per avere la Sua benedizione.

96. Dopo giorni venne un amico dei genitori e mi ha offerto uno scambio. Come guidata, l’ho assecondato. La collina che per via dei suoi gli era troppo lontana, l’ho ottenuta come mia eredità. Ne fui soddisfatta. Avevo ancora del danaro dai genitori e qualche buon valore. Con questo ho ricostruito la casa e il terreno.

97. Ho aspettato dieci anni la promessa. Invece di questa, è venuto un madianita che – perseguitato dai nostri – era arrivato fino a me con difficoltà. Era molto ferito, i suoi vestiti stracciati, esausto a morte. L’ho curato e gli ho comprato un vestito. Il suo ringraziamento fu questo, che vennero altri madianiti, ittiti, moabiti ed altri che, come perseguitati, cercavano da me la salvezza.

98. Nello stesso tempo mi ha fatto visita un giovane principe. Non ha nominato il suo paese ed io non l’ho chiesto. L’ho subito amato. Oh, non come una femmina, soltanto, non sapevo quale amore fosse. Oggi lo so. Questo è ‘l’amore dalla Luce’, che nel nostro mondo è quasi sconosciuto.

99. L’alto-ospite mi ha istruito nella storia israelita, poi ancora in quella degli antichi popoli che la Terra ha visto fino ad oggi. Infine mi ha svelato magnificamente il celestiale. Dopo mi ha posto di fronte alla storia del mondo quello celeste. In ciò ho imparato la funzione di giudice.

100. Il principe faceva lunghe pause, ma esaminava sempre che cosa ricordavo di ciò che avevo ricevuto. Alla fine ha ripetuto letteralmente ciò che una volta il Santo-Alto stesso mi aveva detto, confermando che era stato DIO. Ho singhiozzato forte che ero solo una femmina e non degna di assumere una tale alta funzione. Lui mi ha avvertito molto severamente:

101. ‘Chi Dio rende degno, deve accettare questa dignità con umiltà. E, di essere solo una femmina…’, lui ha asciugato le mie lacrime. ‘Il Creatore non riconosce la barriera che formano gli uomini! Nel Regno-Ur, regnando sull’intero Universo, non esiste nessun alto e basso, né nessun indietro né avanti. Là esiste LUI, il RE, e un solo unico popolo! Naturalmente c’è un servizio grande e anche uno piccolo, ma tutto fluisce insieme, perché là vale solo l’interezza, alla quale il singolo può servire e lo fa volontariamente.

102. Proprio così è tra Israele e tra coloro che voi chiamate pagani. Il pagano, se vuoi rimanere attaccata all’espressione, è ognuno che conosce i Comandamenti di Dio e non li esegue, proprio così i tiepidi. Per tutti gli uomini vale solo la Parola vera, l’azione fedele! Israele si chiama ‘popolo di Dio’, ma molti di questi sono più lontani da Dio, che il vostro mondo dal Cielo. Giudica secondo la verità e la misericordia, e giudichi bene!’

103. Egli ha menzionato tempi e anche azioni; da ciò ha accoppiato il ‘fatto bene’ dei sapienti e il ‘fatto male’ degli stolti. Tale distinzione mi ha indicato come deve agire una giudice. Verrai iniziata un po’ alla volta in tutto, se tu – insignita dal Santo-Alto – vuoi svolgere la tua funzione”.

104. “Ma io ho una funzione”, contraddice il consigliere anziano, quando Debora si ferma, riempiendo un bicchiere. “Intendo così”, si corregge, “Dio mi ha già assegnato una funzione”.

- “Probabilmente a te”, gli conferma lei gentilmente. “Ricorda solo quanti oggi hanno funzioni, aspirate solo per vanità e brama di guadagno.

105. Si urtano alla pietra angolare posta da se stessi senza saperlo. Invece è così che opera la Parola di Dio-Creatore: ‘I Doni della vita sono da Me! Chi ne abusa per puro uso personale, a costui Io pongo il tempo, quando deve perdere ciò che ha conquistato! Solo un crollo può salvare una tale anima dal fascino del mondo. Chi lo riconosce, ritrova la via per il ritorno a Casa; chi no, a lui il paese straniero lo lascerà languire, finché non giungerà all’amaro ritorno!’

106. Hai conquistato la tua funzione con diligenza, solo il legame con la Luce era molto staccato. Oppure no?”

- Kis-Abda lo ammette imbarazzato.

- “Per via della tua buona volontà”, viene sgravato, “Dio è entrato nel tuo cuore. Quindi la funzione ti viene data ora nuovamente come ‘Dono della Sua Luce’. Lo fa la Sua benedizione, che viene in particolare su coloro che Lo vogliono servire per riconoscenza”.

107. “Se soltanto potessi farlo”, dice piano. “Oggi mi è venuta una Luce, che… oh, …mi manca molto”.

- Salthiel lo tranquillizza: “Non ti manca molto, altrimenti non sarebbe ancora venuto il tuo tempo. Hai certamente ottenuto una straordinaria salvezza, come appunto tutti noi. – Ma ora si è fatto tardi e il riposo ci fa bene”.

108. “Chiedo ancora”, dice Kis-Abda, “ma, una benedizione particolare, la benedizione di Dio, è differente? Non lo capisco”.

- “Non come la pensi tu”, spiega Matthanja. “La Benedizione di Dio, in sé, rimane uguale. Ma quando hai sete e sei da qualcuno che non risparmia, che ti si riempie il bicchiere così sovente come lo chiedi al tuo oste per nuovo refrigerio, è logico che ricevi di più, di colui che si accontenta con una mezza bevuta. Di conseguenza, chi chiede molto al Santo-Alto, riceverà molto”.

109. “Meraviglioso!”, Kis-Abda va oltre la stanchezza. “In quale modo l’uomo è arrivato a fare questo ragionamento del quale si tratta qui? (nella causa) Potrebbero avere ragione entrambi”.

- Bichras nega. “Come israeliti, loro dovevano conoscere la risposta alla domanda. Non hai sentito il calpestare davanti alla casa?”

- “Non era il guardiano?”

- “Si sono visti scoperti e sono scappati. Con l’aiuto dei nostri servitori li ha fermati Charkros. Il vero proprietario è un nostro uomo di collegamento”.

- “Ah, è così”, dice il consigliere anziano per esteso.

110. Debora lo tocca: “Così, lo schierarsi, non sarebbe nessun miracolo?”

- “E’ ovvio”, ammette Kis-Abda. “Magari possono…”. ‘Ah, le cose starebbero del tutto diversamente’.

- “Ebbene sì!”, la giudice conferma il pensiero. “Fai visitare i due da un dottore e ti dirà cosa sono”.

- ‘Hm, hm, allora tuttavia…’

111. “Il tuo insegnante (l’angelo)è rimasto lontano”

- “Purtroppo”. Una tristezza senza fine colma Debora, ma dice: “Il Santo-Alto lo manderà quando avremo bisogno di lui. Allora . . “.

- “...lo impareremo a conoscere?”, esclama Barak svelto. “Se io…”

- “…potrai esserci?”, finisce Gibbar la mezza domanda dell’anziano consigliere.

- “Non ne dubito”.

- “Oh, nemmeno io”, ride Debora, e batte le mani:

112. “Definitivamente, al riposo! Barak, tu istruisci il nostro amico domani sulla via. Non dimenticare la parola d’ordine Palma”. Ci si lascia grati. La notte è diventata breve, ma la pace di questa casa dona le Forze come attraverso un lungo sonno.

 

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Cap. 4

Una spia presso Jabin e poi da Sisera, per tramare – Il piano di guerra

Tre uomini presso Kis-Abda per una palma

Sventato un attentato – Da Debora si stringe un’alleanza

1. “Quale notizia mi porti?”. Lo sguardo e la voce di re Jabin sono astiosi. Zalman fa la gobba, ma il suo volto rimane inespressivo, sopisce la rabbia regale: “Studiano un’acquetta molle. Non voglio chiamarmi Zalman, se non diventi vincitore.

2. Israele stesso vuole condurre le sue truppe; ti si vuole raggirare in modo ignobile. Naturalmente, non lo si dice. Sisera dev’essere respinto verso le pareti del Karmel dall’ovest salendo il fiume, dove cavallo e carro non hanno un buon impiego. Una fortuna, …non sospettano che tu stai nell’imboscata.

3. Il potere di lotta di Delajah, questo galletto, lo conduce il principe di nome Hamer. Il principe Jizri, che dovrebbe condurre le fiancate, ha rifiutato; sarebbe già legato”.

- “Con chi?”, vuole sapere Jabin.

- “Non lo ha rivelato”.

- “Stupidone! Per che cosa ti ho inviato?”

- “Sarà fatto dopo, quando ti porterò la risposta”.

- ‘Ci si domanda solo dove’, pensa il vecchio furfante.

- “Rallegrati; se il principe Jizri non è amico di Delajah, allora non è tuo nemico”.

4. “Che aspetto aveva?”. Alla descrizione, Jabin pensa: ‘Non è quello che era stato da me’. “C’è un giovane?” Chi sospettava che Debora non aveva lasciato andare Barak per questo motivo all’alto-Consiglio, affinché Zalman non lo conoscesse?

- Costui dice: “Nessun giovane; sono stato in tutti gli angoli dove c’era qualcosa da spiare”.

- “Non in quello più importante”, soffia rudemente Jabin. “Chi sta dalla parte di Jizri, è…”. Rapidamente inghiotte la segreta offerta da Israele. Ma Zalman è astuto; quello che non sa, se lo inventa. Nasconde nella mano un ghigno.

5. Jabin consegna a Zalman un rotolo attraverso il quale Sisera conoscerà il piano degli israeliti e che lui, Jabin, attaccherà loro alle spalle, e un secondo al sommo sacerdote in cui dà la parola che ognuno può condurre da se stesso le sue truppe. Sarebbe solo da mantenere la zona della lotta.

6. La spia vi inserisce qualche cenno, apparentemente buono; così viene riccamente ricompensato. Jabin non è pigro. Dispone già il suo esercito in tanti piccoli gruppi. La manovra sembra ben innocua. Nonostante ciò, in quasi meno di un giorno le elite (le migliori) vengono raccolte insieme.

7. Come si rallegra diabolicamente il re di aver presto raggiunto la sua meta, così anche Zalman. Vorrebbe fuggire fuori dal paese. Ma vuole ancora salassare Sisera. Peccato che per questo deve evitare Silo. Ma là – lo sente precisamente – è in agguato il pericolo. Lascerà prima leggere il rotolo a Sisera per riconoscere sul volto di colui che legge, come e dove ha da agganciarsi. –

*

8. Il generale alla presenza di Zalman si lascia sfuggire il suo malumore. “Questo ha un cattivo aspetto”, brontola. “Crede il re che Israele sarebbe solo un piccolo mucchio? …Si deve combattere insieme!”

- “Maresciallo, lasciati interrompere. I circoncisi”, dice cinicamente Zalman, “hanno grandi preoccupazioni. Attraverso l’editto del re sono rimasti molti indietro nel forgiare le armi”.

9. “Può essere! Per di più sono da risparmiare i nostri coraggiosi. Che cosa ne pensate voi?”, chiede Sisera ai suoi ufficiali. Eccetto un comandante, gli altri sono della sua opinione.

- Costui contraddice riflessivo: “Israele può solo fingere. Che non sono contro costoro, come schiavizzano loro stessi, è da ammettere. Li si vedono marciare ovunque formalmente: moabiti, amorriti e soprattutto madianiti. Questi possono aver concluso un patto con Delajah”.

10. “Tutti piccoli cani”, respinge Sisera, “e la Midia è il peggiore nemico di Israele”. – Chi sospetta che la Midia giocherà un grande ruolo?

- Zalman contraddice il comandante e fa l’occhio storto verso Sisera.

- Costui nota il cenno. “Va nella tenda per messaggeri”, gli comanda, “ci consigliamo”, chiama a sé gli ufficiali. “Tu stasera devi partire di nuovo; riceverai la tua ricompensa quando parti”.

- Zalman si deve adeguare; avrebbe volentieri già fra sé e Canaan, il deserto Zin.

*

11. Nella consulta si procede a lungo, muro contro muro. Finalmente il generale tira una riga. Un ordine iracondo: “Domani ognuno ha da presentare i suoi piani; ne esigo di validi! Poi è da stabilire ciò che abbiamo da eseguire insieme, necessariamente ogni singolo con la sua truppa”.

- “Il mio piano è”, dice Agratano che contraddice, “di appostare la mia cavalleria a nord della pianura di Jesreel nella valle laterale presso Beth-Lahem a Sebulon. Là è meno in vista e può aiutare più rapidamente le parti di truppe in difficoltà. Posso anche, se capitasse diversamente” dice seriamente, “salvare i cavalieri”.

- “E anche te”, schernisce uno con insolenza.

12. Agratano dice: “Lascio stare di misurarmi con te. Ma se rimani salvo nell’incontro, allora ti troverò, comandante Amolos!”, lo dice ed abbandona la tenda di Sisera.

- Costui litiga: “Mi manca ancora di picchiarvi! Di certo, …Agratano sta dando i numeri!”

- Un altro prende le parti: “Non ha scelto da vile quella valle; io al suo posto, generale, valuterei il piano di Agratano”.

- “Vedremo”.

*

13. Il giorno in cui è successo questo, Kis-Abda era impegnato in Gerusalemme. Barak aveva discusso con lui molte cose importanti durante la cavalcata. Si è trattato quasi sempre della giudice, della Luce di Dio. Il consigliere anziano si stupisce molto di tutto ciò che Barak sapeva, ciò che pensava sorprendentemente in modo logico.

- ‘Se non fosse troppo giovane’, riflette ora il superiore, ‘potrebbe essere uno dei nostri primi sacerdoti’.

14. Cominciava a volergli bene, soprattutto perché aveva solo due figlie. Ma prima, …la Palma! ‘Chi avrebbe mai pensato che io, l’anziano consigliere di questa città, sarei andato a servizio di una femmina?’. Durante i due giorni aveva molto bene riconosciuto la differenza: Sulla collina, uomini seri, schierati intorno a una donna, tutti fedeli fino alla morte, e per nulla solo per l’Israele del mondo. Questo stava nel retroscena, senza ignorarlo nel loro tempo di afflizione.

15. Per loro si tratta del ‘Regno-Ur’, come lo ha chiamato quell’insegnante del Cielo. Qui invece? Lo hanno interrogato solo su Silo. Tutto ruota intorno al mondano, come si potesse salvare l’ultimo bene da Jabin, tenere se stesso fuori dalla guerra, e molto ancora. Si sentiva già male.

16. Quale pace era nella casa sulla collina…, quale Forza... Due ore fa era quasi deciso di scappare lì così com’era. Ma no! Sua moglie e le sue giovani figlie… Non le deve abbandonare, ci si vendicherebbe su di lui. Quanto veri sono i pensieri, lo deve presto sperimentare.

17. La più giovane, Vesthi, gli annuncia che fuori starebbero tre uomini.

- “Ma chi sono?”

- “Non lo so”. Si appoggia al padre. “Portano berretti forestieri”.

- Allora lui stesso esce per vedere chi sono gli uomini. Quando si informa dei loro desideri, il più anziano dei tre dice: “Al tuo muro sventola una palma al vento. Stiamo cercando germogli di palme per la collina”. Vesthi, stando presso il padre, schernisce i tre stranieri con i suoi occhi neri come ciliege.

18. ‘La parola’. Eccetto Charkros, non conosce nessuno che faccia parte del patto. S’impone prudenza.

- Nell’ufficio si fanno riconoscere. “Ci manda la Palma. Tu dovresti rimanere finché lei non ti chiama. Chiama domani un paio di servitori, gente scelta da te. Noi compriamo un germoglio di palma. Lo comprendi?”.

- Molto rallegrato, Kis-Abda stringe le tre mani brune, salde.

19. “Vi invito a pranzo”.

- “No, questo dà nell’occhio. Sei spiato; il vostro primo pensa che ti lasceresti catturare da Jizri. In ciò lo devi ancora rafforzare, senza provocarlo”.

- “Vi ringrazio, voi fedeli. E quando arrivate dagli amici, portate anche a loro questo mio ringraziamento, soprattutto alla giudice”.

20. Vanno di nuovo nel giardino dove sono Eldaa e le sue figlie Lea e Vesthi. Le ragazze ridono sommessamente quando gli estranei comprano una talea. Per confortarli, Eldaa porta un vino. Dopo la loro partenza, Vesthi scoppia a squarciagola: “Questi accattoni! Possono avere ovunque gratuitamente quelle cose. Perché vengono da noi?”

- “Se lo sapessi!”, il padrone di casa ride intenzionalmente. “Ebbene, la nostra palma ha dei ventagli belli pieni; è possibile che l’hanno chiesta per questo da noi.

21. Ho una gioia”, distrae dal tema le sue ragazze, come sua moglie chiama le figlie. “Il vicino ha venduto la sua casa insieme al cortile. Ora viene recintato da noi; e lo avranno Lea, la mia intelligente, e Vethi, il mio calabrone selvaggio”. – Viene baciato tempestosamente.

22. Solo Eldaa mormora un poco: “Chi deve fare tutto questo lavoro?”

- “Difficile questo”, scherza Kis-Abda, mentre, preoccupandosi nel cuore, riflette: “Dobbiamo avere altri due servi”.

- La moglie conferma: “Sì, certamente”.

- Lui la tranquillizza velocemente. “Al mattino presto vado a cavallo a Gibea dai miei amici. L’oste della locanda, lui ne troverà certamente”. Di nuovo seduto nell’ufficio, vuole continuare a pensare. Ma lo si disturba un’altra volta.

23. Il servo dice: “Signore, c’è uno che non mi piace. Viene dal superiore dei sacerdoti. Aha, non ha proprio l’aspetto da sacerdote”.

- “Va bene”, viene calmato il servo, “perciò rimani nelle vicinanze. Inoltre, Heman: Noi crediamo appunto nel nostro Signore!”

- La fedele pelle sussurra: “A volte penso che Dio è molto lontano; allora ci si protegge meglio da se stessi”.

24. “No, dipende se noi Gli stiamo lontani”.

- Heman oscilla pensieroso la testa: “Deve entrare?”

- “Cordialmente”, ordina il consigliere, “altrimenti si dice subito che tratto male la gente”.

- Un uomo tarchiato si spinge dentro, forte nelle membra, di sguardo incerto e vestito miseramente.

25. “Che cosa mi porti?”, Kis-Abda tende la mano ad un rotolo.

- “Verbalmente”, dice insolente il messaggero. Il consigliere anziano ignora il modo e chiede il suo nome.

- “Non ho bisogno di dirlo”, è la risposta insolente.

- “Come vuoi. Quindi…?”. Il tentativo di stuzzicare il consigliere non riesce, a causa della sua calma che non dà nessun motivo come l’uomo lo vorrebbe avere per…

26. “L’alto-sacerdote è scontento. Domani devi venire a Silo su ordine; lui vuole… cioè…”, si frena da sé il messaggero, “…hai sobillato molti uomini e sei d’accordo con i moabiti di unirti con Jabin. In tal modo la tua stirpe deve rimanere fuori gioco quando Jabin non ci governerà più come provincia; bensì, ciò che rimane, lo lascerà affondare alla sua popolazione. Questo e ancora altri punti l’alto-Consiglio ha portato contro di te in accusa”.

27. “Ancora?”, Kis-Abda ascolta dentro di sé, se si annunciano paura e rabbia. Nulla! Si domina sempre bene; Ma se qualcuno era troppo avverso, allora anche parole dure non mancavano. ‘O buona Palma, questa è la Benedizione del nostro Dio, che da te è fluita a me’. Un muto ringraziamento vola su nel Cielo. In questo, il messaggero, diventando più insolente, dice:

28. “Non è abbastanza questo, per approfittare così nella miseria, per salvare la propria pancia? Sarebbe meglio che tu venga subito con me, perché...”

- “Ah, così! Non sei intelligente. Ti sei tradito gravemente in ciò che è stato tramato contro di me. Delajah avrebbe dovuto mandare uno migliore, allora sei venuto tu; ma non…”, la sua voce diventa dura, “…perché devo! Mi consiglio con il principe Jizri che cosa intraprenderemo noi, non solo io, …bada! Fino ad allora la faccenda può aspettare. Va, e riferisci questo”.

29. “Io aspetto”, ghigna il forestiero, “per di più, mi è stato ordinato così, di viaggiare solo con te”.

- “Ah!”, sorridendo, suona come meravigliato. “Solo con me? Peccato! Sai, non mi piaci. Inoltre scelgo da me stesso l’accompagnatore, quando ne ho bisogno di uno. Sei licenziato, …vai!”

30. Il messaggero salta su iracondo. Trenta monete d’argento, il valido salario da traditore, gli era stato assicurato, se portasse Kis-Abda vivo, …oppure morto a Silo. Delajah lo preferiva vivo. “Devi!”, sibila lui trattenendosi. “Ma se non vuoi…”. Fulmineamente trae uno stiletto. Ma proprio così velocemente, viene afferrato alle spalle, e ansimando precipita a terra.

31. “Cane d’inferno!”. I pugni di Heman lo strangolano quasi.

- Il consigliere anziano, prima intontito, si avvicina. “Fermo! Nel mio ufficio non si uccide! Va a prendere delle corde, acqua e vino per lui!”

- “Manca ancora questo”, rimprovera il servo, “aiutare ancora questo furfante, …e il nostro vino”

- “Fa ciò che ti ordino; tu non sai quanto ho bisogno di lui. Anche di te, se obbedisci”.

- “E come?”, la testa grigia guarda su. “Pensi forse che ti lascerò cadere in disgrazia?”

- “Hm, hm, sei il mio bravo servo. Ora la corda, prima che si possa riprendere”.

32. Sallumin, informato, metterà il delinquente in carcere. Solo ora il consigliere anziano si accorge come batte e tempesta in lui.

- “Vedi”, dice Heman orgoglioso, “se non avessi fatto attenzione!”

- Dopo un po’, Kis-Abda dice: “Heman, Dio un giorno mi ha fatto trovare te, lontano dal pozzo di Ebidaer, dove giacevi come languendo. Hai pagato la salvezza fedelmente fino al giorno d’oggi, e ora il Signore mi ha fatto salvare attraverso te. Ammetti la Sua meravigliosa Guida?”

33. “Hai sempre ragione, sei appunto anche un consigliere anziano”, balbetta Heman e si asciuga la fronte.

- “Ora siamo pari”, continua l’anziano. “Da oggi non sei più un servo, ma...”

- “Oh…”, interrompe lo stesso, “non fammi questo! Devo lasciare la casa dove ho servito onestamente per vent’anni?”, fissa il padrone di casa del tutto sconcertato.

34. “Ma no, Heman. Ora sei mio amico! Lo comprendi?”

- “No, Signore; sono abituato al servizio. Non sei mai andato oltre come padrone, e qualunque cosa hai ordinato, era giusto e buono. Perché non deve rimanere così?”

- “Allora dammi la mano!”. Kis-Abda gli dà la sua mano. “Veglia sui miei cari. Domani verranno ancora due fedeli. Tieni la pace con gli uomini, anche se hanno un sangue diverso. Ti spiegherò ancora ciò che abbiamo davanti a noi. Stasera vado dal giudice; ora va e riferiscigli ciò che è accaduto da me”.

*

35. Sallumin chiama la faccenda ‘una patata bollente’. Se si dimostra che lo ha provocato Delajah, non si può – come sono i tempi – quasi intraprendere nulla. Kis-Abda lo vorrebbe lasciare al principe Jizri, costui ce la farebbe con Delajah. – Soltanto, più tardi il sacerdote lo nega, e l’arrestato tace.

*

36. E’ passata una settimana. Il consigliere anziano ha due madianiti sotto il tetto. Dove va lui, tali hanno ‘anche la stessa via’. Jizri ha portato Artham davanti al giudice. Ora sembra come se tutto si svolga pacificamente, prima che si arrossino le spade. Ma fra il popolo fermenta. Una parte è per una guerra, l’altra contro. Per Delajah, …contro di lui.

37. Fino a metà cavalcata del giorno a nord della collina della Palma, come una striscia da est ad ovest, aumentano i viandanti dei quali non sanno né Jabin né Delajah a chi si devono avvicinare, nel caso osino entrare in questa confusione che è venuta su Canaan come il Leviatan. Nessuno ammette la propria colpa. ‘Ha cominciato l’altro!’. – ‘Se l’altro non viene incontro, allora…’. Chi contribuisce alla pace cercando gli errori in se stesso, oppure perdonando persino all’altro senza vendetta, senza rancore? Questa è la radice di quel tempo confuso.

*

38. Viene chiamato Kis-Abda. I madianiti gli preparano il viaggio e, …una parola sussurrata: “Noi rimaniamo qui; sulla via per Gibea trovi gli accompagnatori”. Gli sellano due cavalli veloci.

- “Due?”, chiede il padrone di casa.

- “Ne avrai bisogno”.

- Nel paese scende la sera quando il consigliere passa dal cancello. Non molto lontano sono accampati cinque cavalieri.

39. “Dove vai?” chiede uno.

- “A nord”, svia Kis-Abda.

- “A Kison?”, viene chiesto di rimando.

- “Ah, là esistono poche palme”, dice un secondo.

- Kis-Abda salta giù dal cavallo. Ancora una domanda: “Sapete dove abita la giudice del paese?”

- “Siamo sulla strada per andare da lei”.

- Sollevato, il consigliere anziano saluta i suoi guardiani. Presto cavalcano, a due a due, in silenzio nella notte, illuminata da una Luna ancora stretta.

*

40. Si avvicina il mattino quando arrivano sulla collina della Palma. Da un po’ di tempo Kis-Abda constata che da lungo tempo nessun piede, nessuno zoccolo ha contrassegnato il sentiero. Per di più è stupito, quando trova Debora presso una moltitudine di persone, israeliti, e una molteplice mescolanza di molti stranieri.

41. “Quando sono arrivati tutti questi ospiti?”, chiede lui cordialmente al giudice dopo averla salutata.

- “Questa notte”.

- “Ah sì? Per quale via sono venuti?”

- “Non hai trovato nessuna traccia, vero? Devo provvedere affinché Delajah non venga sapere troppo presto che cosa viene preparato qui. Le tracce si cancellano con poca fatica, sopratutto perché è asciutto. Anche la tua traccia è già cancellata”.

42. Kis-Abda si liscia pensieroso la barba. “E’ necessario, dato che ora si tratta del tutto?”

- “Le cose non vanno così veloci come lo vuole re Jabin, come se lo sogna Delajah”, dice Debora gravemente sottolineato. “Viene impiegato tutto per proteggere Israele”.

- “Perché in particolar modo noi?”, chiede dalla cerchia degli uomini una voce che fa drizzare le orecchie a Kis-Abda: ‘il giudice di Gerusalemme!’. – Ma guarda un po’, chi lo avrebbe immaginato? Si siede accanto a lui.

43. Salthiel nel frattempo dà la risposta: “Gli avversari non sanno da quale parte stanno gli aiutanti, e se, in genere, per chi. E noi abbiamo fallito con Delajah”. Da tutte le parti un’allegra risata. “È necessaria la prudenza. Ma presto, ah…”, si interrompe, “…lo potrà annunciare la giudice. Oggi sentiremo molto”.

- A ciò, Matthanja annuisce in particolare.

44. In tre sale sono scoperte delle lavagne. Fra una cosa e l’altra il principe racconta la faccenda presso Kis-Abda. Qualcuno chiede che cosa aspetta il prigioniero.

- “Non lo so”, indugia Sallumin. “Per via del nostro sacerdote superiore – lo è ancora per ora – purtroppo non c’è molto da fare.

45. E poi”, il suo sguardo passa pensieroso su Debora, “non ti conosco nemmeno da un giorno intero; solo il principe mi ha raccontato: ‘DIO ha mandato questa donna!’. Io ho cercato appunto di servire il la lrgge, ma riesce difficile a coloro che non stanno sotto nessuna Guida del Cielo. Ti riconosco come giudice del popolo, e non voglio più chiamarmi giudice, perché...”

46. Il profeta alza una mano: “Lasciati interrompere. Per primo: – Che tu riconosci Debora come mandata da DIO, è il tuo privilegio dell’onestà, fedeltà e della buona volontà nell’ora del destino di tutto questo paese – non solo del nostro popolo – di mettersi dalla parte giusta del Santo-Alto. Non combattiamo solo per togliere le catene di Jabin; vogliamo portare una nuova risalita a tutti gli uomini poveri: il mattino della conoscenza, della fede, dell’amore per Dio e per gli uomini.

47. Per secondo: – Hai cercato, e ti è anche riuscito, di ‘trattare’ i corruttori della legge. Non hai fallito, anche se qualche volta le corde si sono strappate. Per terzo e per quarto: – Sia lasciato a Debora”.

- Tutti gli occhi si rivolgono a lei. Sono radunati nella grande sala. Debora quasi sempre rimane seduta quando parla; oggi va accanto a Sallumin e dice:

48. “E’ meglio se non si senta la Guida dal Cielo[3]. – Ti meravigli, amico? L’uomo si rovina sovente la Luce attraverso la sua mondanità; gli piace elevarsi per essere adorato e ammirato. Non così ciò che vale per il nostro Alto, ma diventa un culto idolatro. Tali pericoli minacciano l’uomo che vuole sentire sempre la Guida della Luce, e crede di sentirla. Ma non solo questo.

49. Ascoltate tutti: – Esiste un costante collegamento tra la Luce e l’uomo, che si mostra ancora più evidente più l’uomo lo lascia agire, indipendentemente dal costante pensare. Noi non siamo venuti nel mondo inutilmente, dove – successivamente – si ha da adempiere un lavoro che ha commissionato la Luce. Ma accanto a questo corre la nostra propria vita, che dobbiamo compiere così precisamente, come il servizio dalla mano di Dio.

50. Il servizio che si svolge su e (qui) per il mondo, per ogni sorta di cose, ciò che è da portare dal mondano allo spirituale, è da separare severamente da ciò che svolgiamo per noi. Non al punto che solo uno dei due sarebbe valido. Infatti, non si può affrontare il servizio della Luce se si ignora il lavoro su se stessi. Chi riconosce questo, non si perderà mai nel proprio cespuglio dell’arroganza, non appena si renderà conto che ha una Guida del Cielo a causa di un servizio.

51. Serve un esempio: – Il patriarca! Lui, fin dal giorno della nascita fino all’ora in cui ha chiuso i suoi occhi, era ‘un guidato dalla Luce’ di primo rango. Ma ne ha parlato solo con DIO. La sua vita era un servire per i suoi, per i popoli. Un buon servizio! Allora si è trattato sovente dell’esistenza di questo mondo, ma per lui, dell’autentica fede nel Creatore, suo Dio.

52. Con entrambe le mani, principalmente intese le spirituali, si occupò del perfezionamento interiore ed esteriore di coloro che Dio gli aveva raccomandato. Ci fu raccomandato di trattare proprio così, benché nella misura piccola nei confronti di un grande Abramo”.

53. Un madianita, il camerlengo del suo principe di cui si stupivano della sua venuta, le dice: “Alto-giudice, naturalmente ti è nota la vita del vostro patriarca, ma una certa cerchia di noi sa molto di lui. Perciò ti ho compreso bene. Chi agisce così, si preserva dall’arroganza e dalla caduta. Io, personalmente ti ringrazio”.

54. Debora gli dà la mano e risponde nella nota gentilezza: “Ti prego, evita ‘l’alto’, questo vale unicamente per il nostro Dio. Sulla Terra abbiamo bisogno di titoli, non io per conto mio, soltanto, che si riveli la magnificenza di Dio”. Traccia in un cerchio gli israeliti e i pagani. “Come il camerlengo, Dalphon ora riconosce l’insegnamento della Luce, così ha accettato anche la Guida del Cielo, senza che lui stesso lo sappia. Qui non vale il sapere; vale la Sapienza di Dio, l’unica che serve a tutti noi”.

55. Inosservata, chiede il perché è venuto. Un battito di ciglia. Un chiaro rossore passa sulle gote di Debora. Se venisse, …sarebbe un sostegno per i suoi che, nonostante il coraggio e la fedeltà, sospirano continuamente: loro, …così come disarmati; Jabin invece, …è colmo di uomini e armi. Si rivolge di nuovo al giudice di Gerusalemme e dice:

56. “Non è vero, Sallumin, ora sai che hai una Guida del Cielo? Quale?”

- “Quella di DIO!”. L’uomo china in autentica umiltà il suo capo.

- “Di conseguenza non devi rinunciare al tuo lavoro di diritto”, continua Debora il discorso. “Ti è dato da Dio ed Egli un giorno ti chiederà se hai svolto questo lavoro fino all’ultimo giorno delle tue forze.

57. Non in ogni caso i giudici sono anche i superiori del popolo, come lo ha comandato Giosuè. Tu sei il giudice del diritto, tutto intorno il migliore. La magistratura è qualcos’altro, e questa la lascio all’alto-Signore! Se Egli lo fa attraverso il mio spirito, che Lui mi ha dato, allora è la Sua faccenda, come si rivela la mia Guida. Rimani dunque ciò che sei stato finora”.

58. Sallumin fa un sospiro di sollievo. Gli pungeva rinunciare a ciò che gli è caro. Lei sorride e vuol dire proprio ora qualcosa; allora Charkros annuncia nuovi ospiti e, …un morto.

- “Un morto?”

- “Chi arriva ancora oggi?”, si confondono le voci.

- “Un alto-ospite”, si dice.

- La tensione aumenta, eccetto che in Debora, i sette amici che sono stati la sua tribù. Già troppo ben istruiti, aspettano calmi come si sviluppa il resto.

59. Entra un uomo distinto con due accompagnatori. Con occhi raggianti i madianiti si inchinano. Debora gli va incontro e Charkros porta pane e vino, quel pasto di benvenuto usuale: il simbolo santificato, nessun rituale del mondo. L’ospite lo accetta in silenzio e con solennità. Dopo, mentre tutt’intorno viene sussurrato un dolce “ah” e “oh”, la giudice dice:

60. “Sia il benvenuto, principe Su-el-Kambynos. Hai fatto molto per Israele che era diventato riprovevole per tuo padre. Non hai esercitato nessuna vendetta; hai messo dei carboni ardenti sul nostro capo. (Prov. 25,21-22). La benedizione di Dio è con te e con il tuo popolo”. Ognuno saluta gioioso il principe; perché amorriti, moabiti, come tutti gli alleati, si aspettano la salvezza da Su-el-Kambynos. Dopo il primo inebriamento di saluto, il principe dice:

61. “Pensiamo ancora al morto. Non ho idea chi sia. Forse lo conosce qualcuno?”. Si esce. Il principe Jizri e Matthanja riconoscono in lui Nephath, anche se è terribilmente sfigurato.

- “Dov’è stato trovato?”

- “A nord di Hesbon”, informa Su-El-Kambynios. “In Elath mi si è aggiunta una nuova truppa, alla quale sono andato incontro da Dibon fino a Bozra per insediarla subito ed esaminare se portasse le armi che mi erano assicurate dall’Egitto”.

62. “Che cosa? Come? Armi? Egitto?”. Non c’è da stupirsi che a qualche uomo vengono le lacrime. Non si può appunto fare a meno delle armi. Solo qui gli israeliti radunati vorrebbero al loro posto prendere nelle loro mani ‘la Luce di Dio’.

- Su-el-Kambynos, con dignità, fa un cenno. “Ditemi chi è”, indica il morto.

- “Una spia fra Jabin e il nostro sacerdote superiore, …purtroppo,” chiarisce Jizri.

- “Ho immaginato che sarebbe andata in altro modo; ora ha colpito il destino. Oltre Hesbon, voleva certamente solo cancellare le sue orme”.

- “Per dove?”, chiede il madianita.

63. Jizri alza le spalle. “Difficile da dire. A nord ovest di Jabbok sono accampati alcuni ammoniti. Forse voleva andare da loro”.

- “Seppellitelo lontano dalla collina”, ordina Debora. “Speriamo che non ne siamo incolpati noi”.

- “Io non lo avrei portato qui”, dice il principe madianita, “ed avrei volentieri risparmiato le care erbe da morto; ma ho sospettato che ci fosse un indicatore. Hai ragione, principe Jizri. Mi è stato riferito che l’ammonita scodinzolava presso il re. Ammon crede che gli eserciti di Jabin non si possono battere”.

64. Si rientra in casa. Jizri ringrazia a nome di tutti per la fedeltà con la quale il madianita si sarebbe preso a cuore la giusta faccenda, e chiede come si sarebbe compiuta la consegna delle armi. Debora va dapprima a prendere uno spuntino per i nuovi ospiti e un vino leggero per gli altri. Dopo il pasto, Su-el-Kambynos si raddrizza, visibilmente trionfante; e questo glielo si concede.

65. “Alta giudice”, comincia. Ma viene interrotto, che lei non amasse questo ‘alta’.

- Lui ventola con il braccio. “Rimane: alta giudice! Ti ho esaminato presso di me; hai risposto giustamente a tutte le domande. Questo ha dimostrato che tu sei ‘qualcun’altro’, di quanto si pensa in genere di uomini significativi.

66. Inoltre, riguardo a ciò cui hai accennato, dico: Il vostro popolo poteva venire in possesso di ciò che gli apparteneva e c’era abbastanza spazio affinché tutti insieme potessero vivere pacificamente sotto un tetto, quello del Cielo. Naturalmente la mescolanza delle tribù dà sempre facili motivi da indurre a lite e guerra. Ma Israele ha agito in modo diverso che il suo patriarca. Se avesse fatto come lui, ogni piccola tribù avrebbe obbedito come era stato con il patriarca.

67. Oggi è cambiato ciò che era stato dato. Persino dovendo sopportare il giogo, si è notato quello che si è causato all’altro. Solamente in Israele ci sono molte guide che vogliono per sé la libertà, per gli altri l’oppressione. Ogni madianita avrebbe offerto con gioia la mano al detestabile Jabin, per disciplinare Israele, cosicché in futuro non si ribelli più.

68. Contemporaneamente, fra di voi è scoppiata un’altra cosa”. Su-el-Kambynos guarda grato Debora. “Una volontà sincera ed ardente di Luce è cresciuta secondo il modo del patriarca. Amici comprensivi stendono il ventaglio all’alta Palma d’Israele, per raccogliere e custodire sotto la sua ombra ciò che giace distrutto a terra, ciò che il canaanita vuole spezzare del tutto. Perciò mi sono dato a questa nobile causa.

69. L’odio stimolato con sangue e morte in tutte le tribù, non può essere sradicato con la nostra causa. Se un giorno voi doveste fare di nuovo i tiranni – lo dico tristemente, perché in tal mdo l’opera della giudice cadrebbe nella dimenticanza – Madian sarà il primo che vince Israele (Giud. 6,1). Ora basta! Voi presenti non ne potete nulla, come io non potrei impedire, se la fedele amicizia si spezzasse fra di noi”.

70. Un sorriso scaccia l’amarezza. “Ora ascoltate come ho avuto le armi. In un incontro mi sono trovato con il faraone. Mi ha offerto il suo aiuto in qualunque momento ne avessi avuto bisogno. L’anno scorso gli ho ricordato la sua offerta, e dieci carovane hanno portato ciò che avevo richiesto. I cammelli, naturalmente, non sono ritornati vuoti. Anche in questo il mio cuore non nasconde nulla. Se non fosse venuta la nobile giudice, sarebbero state per Israele, con o senza Jabin. Ma ora…

71. Midiani, israeliti, moabiti, amorriti, ittiti, e chi fa parte del patto, in un’ora staremmo come un muro di corpi e spade contro Jabin, che è contro il diritto, la verità, la libertà e la pace!”

72. Una gioia vaneggiante. Debora trascina un calice d’argento con vino scuro, fa bere il madianita, prende un sorso e lo porge poi di mano in mano, sempre riempito di nuovo da Charkros. Alla fine beve la servitù. Solo un po’ alla volta gocciolano domande e discorsi attraverso il silenzio che si era formato.

 

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Cap. 5

Magnifica serata da Debora con i molti amici – Arrivano due grandi Luci

1. Il Sole della sera lava il paese con oro e porpora:

2. Sulla collina regna una pace che non permette nulla di mondano. Si è animati dal santo-Alto, come Debora ha dato il nome a Dio. Oppure l’ha esternato il suo spirito, nel quale una volta nello splendore di giubilo era fluita la sfera dell’infinito? Questo lo rivela Matthanja alle domande. La si guarda, la cui beata femminilità rallegra continuamente, e cattura di nuovo.

2. Lei risponde: “La tua opinione potrà essere giusta così. Quello che l’uomo solleva dalla profondità del suo cuore, è proprietà dello spirito che Dio ha dato alle creature come pura scintilla. Dato che la vita, le creature-figli, possiedono l’esistenza temporale-eterna, la radice dello spirito può succhiare dalla pura Fonte dalla quale è proceduta, perciò da questa porta qualche verità, nonostante la materia, avvolgendolo come corpo, spingendolo alla superficie della consapevolezza.

3. Si aggiunge il collegamento interiore, progettato solo da DIO, la cui parte principale rimane nel Cuore dell’ALTO. Ah”, spalanca le sue mani, “la Creazione di cui non conosciamo l’estensione, ha facilmente spazio in Lui. In noi, amici, vive il riflesso del volto di Dio, la Personalità, fin dove Egli si dà all’Opera in piena visione misericordiosa.

4. Oh, il Magnifico nella Sua magnificenza! Si presagisce quando e come Egli arriva? Se Egli ci manda un Raggio, non è la pienezza che fa di noi gocce del Suo Mare? Allora, non siamo in LUI? In ciò, non Lo abbiamo visto? Dalla Sua fonte sorgeva una goccia dopo l’altra; ed Egli le ha formate tutte nella Sua Opera.

5. Se Egli fa di queste dei soli, dei figli, degli animali o delle piante, uno …è meglio dell’altro? L’Eterno non può fare poco; Egli crea sempre un molto! Quello che Egli fa, è grande anche quando non lo vediamo; ed è piccolo, quando – come avviene sovente – qualcuno si perde nel mondo, quando si crede grande e magnifico come un’unica vera opera del Maestro creatore!

6. Chi ci dice che una delicata piccola rosa non sia una creazione magistrale? Così tutto ciò che possiamo sollevare da noi è un’Opera dalla mano di Dio. Lo spirito nell’uomo si riflette come una goccia nella Fonte. Riflettete, amici miei! Solo questa è già una magnificenza che un uomo non può quasi afferrare.

7. Questa Sapienza riconduce alla prima posizione del Cielo. Il servire ci rende più maturi; oppure questo: Il riflesso della Luce dalla Fonte della Potenza-Ur di Dio diventa un’esistenza personale dell’anima, che solo nella Luce si congiunge del tutto con lo spirito. Forse un giorno – non lo è precisamente – esisteranno solo figli della Luce, loro stessi, spirito nello SPIRITO di DIO!”      

8. “Quando lo si sperimenterà?”, chiede Bichras.

- Salthiel risponde: “Questo non si riferisce a questo mondo. Oppure sì?”, il suo sguardo va tutto intorno.

- Debora gli fa un cenno: “Continua!”, lei ama l’uomo anziano come un padre.

- Un indugio: “Intendevo, quando si guarda una volta indietro dove c’erano già molti tempi cattivi, …uomini cattivi, si può presumere che la legge, non importa di quale genere, diventa per l’uomo quasi un laccio.

9. Egli ama la libertà della quale sogna diversamente di quanto sia la vera libertà. Vuole agire a suo vantaggio. Predisposto in questo modo, non riflette quasi se in tal modo ad un altro capita il contrario. Là comincia l’errore, comincia il peccato. Lo sottolineo con un caso.

10. D’estate, Debora ed io siamo andati ad un mercato a Sichem. Nessun commerciante ha osato danneggiarci. Non me ne sono stupito, perché Debora doveva solo dire una parola, dare un cenno con gli occhi, ed ognun del popolo tra i commercianti si vedeva scoperto. D’altra parte, fra di loro c’è qualche onesto. Dunque, c’erano lì un uomo e una donna, poveri e di natura timorosa. Volevano comprare dei smi e noi li abbiamo seguiti di nascosto. Ovunque si pretendeva troppo..Presso l’ultimo commerciante, Debora è intervenuta. I poveri avrebbero voluto scomparire velocemente, ma io li ho fermati interrogandoli.

11. Nel frattempo Debora ha trattato la stessa semenza a metà prezzo. Quando ha pagato, il commerciante fu colpito dal suo temporale, e quale! In breve, i poveri hanno comprato sotto la nostra protezione. Più tardi avranno trovato ancora qualcosa nella loro sacca; perché la Palma è grande nel dare in segreto”.

- Salthiel ride malizioso. Prima che Debora possa minacciarlo, lui dice già di nuovo, serio:

12. “Il precetto vuole il servire i poveri a buon mercato, ma non è un ordine obbligatorio. La Legge del SIGNORE prescrive: ‘Ama il tuo prossimo; non fare del male!’ Se questo viene eseguito, allora è per la benedizione; se no, allora porta maledizione. A ciò segue questa domanda:

13. L’Alto dà agli uomini oppressi dalla materia, forse una Legge che accanto alla Benedizione generi una maledizione? Non è la materia che fa della Legge, comunque, una maledizione (Gal. 3,13), la tentazione per una libertà troppo spesso abusata? Questo vale per il loro mondo, ma riguarda la Luce di Dio, …chi lo può risolvere: Debora e Matthanja, i veggenti di Dio”.

14. Allora arriva Charkros, visibilmente molto commosso. “Padrona”, sussurra, “fuori ci sono due uomini che mi sono del tutto sconosciuti. No, …non sono riuscito a respingerli, sono… Ti prego, vieni a vedere tu stessa”. Debora corre fuori. Nella sala rimane un mormorio.

15. Là stanno due giovani nobili, i volti nell’oscurità sono come irradiati magicamente. A Debora le si ferma il cuore. Preme le due mani sul petto; e il grido che le vuole sfuggire rimane bloccato nella gola. Si getta giù, lei ‘lo’ ha riconosciuto. Le è solo estraneo il suo accompagnatore. Vuole pulire i piedi ad entrambi con l’orlo del suo ampio abito, mentre le perlano velocemente delle lacrime chiare dagli occhi.

16. La sollevano quattro braccia, come se fosse una piuma. Lei sente la strana leggerezza, come, …non valesse nulla, saettare attraverso di lei. Che cosa è lei contro di lui, il ‘principe della sua anima’? I giovani ridono, e ciò suona come un leggero vento che bacia la natura. Il suo insegnante dall’Alto dice:

17. “Vuoi aprire? Noi, messaggeri liberi, vogliamo aiutare quelli che, come te, combattono per il diritto e l’amore degli uomini”. Lei balbetta ed afferra rapidamente la maniglia che nella sua agitazione aveva chiuso. “Non so i vostri nomi. Come vi devo chiamare davanti agli amici?”

18. “Presentami come tuo insegnante. E mio fratello, …anche lui è un insegnante, soltanto, …in un’altra materia; è venuto volentieri con me, per servire a modo suo, perché è appunto necessario. Parla così: ‘Due insegnanti sono accorsi da un paese lontano per aiutare in cose che non siamo in grado di risolvere da noi’. Tutto il resto risulta poi da sé”.

19. “Oh”, singhiozza lei. “Santo-Alto, accetta il mio cuore come sacrificio, la mia anima come tributo, il mio spirito come adorazione, fa che la mia casa interiore ed esteriore sia il Tuo tempio!”. Quasi strappando, apre la porta pesante. Ha sempre avuto bisogno di due mani; oggi la sua destra ce la fa da sola.

20. Charkros dispone il personale della casa nella sala. Agli ospiti soffia: “Arrivano due figli di re”. Ma si pensa: ‘Charkros corre per la sua padrona attraverso il fuoco…; dipinge sempre magnificamente ciò che è collegato con lei’. Soltanto che, …quando le due figure, giovani e belli e impregnati di luce dalla testa fino ai piedi, sono entrati, tutti si alzano, uno dopo l’altro, e si inchinano come si usa davanti a dei re.

21. Chi si sussurra qualcosa, dove stare attenti? Non si apre nessuna bocca; ognuno aspetta, dimorando interiormente in maestosa elevatezza. E quando i figli di re parlano, divampa sempre più in alto. Le loro voci penetrano fin nel cuore e preparano un nuovo dono: il guidare dentro in un modo strano, lontano.

22. Questi, sono insegnanti! Solo, …così giovani, così... Loro salutano ciascuno, e si sente il ‘colpo’, che in tal modo scorre dall’alto in basso, oppure viceversa. Gli insegnanti hanno volti lieti. Ai sette amici più stretti sembra all’improvviso come se Debora somigliasse loro, come se lei fosse una loro sorella. Nessuno sospetta, quanto sono vicini alla verità.

23. L’insegnante di Debora indica le sedie; il suo atteggiamento naturale porta per così dire tutti di nuovo nel mondo. Lo si ammette più tardi. Perché solo allora si arriva nuovamente e meglio ‘lassù’, come lo hanno sentito nel saluto dei chiari. Ma loro stessi ne devono trarre la verità.

24. Il primo dice: “Qui ci sono abbastanza posti, sediamoci”. Qualcuno, per via di questa cosa secondaria, tira su le sopraciglia. Ma il collegamento fra la Luce e il mondo genera comunque qualcosa di intimo. Ah, non ci si doveva solo stupire, non sentirsi così in basso! L’alto-spirito si adegua agli uomini. Viceversa sarebbe molto più difficile. Presto risplende ogni paio d’occhi.

25. “Cari uomini, lasciate ora riposare la vostra indagine su chi siamo. I ‘figli di re’, chiamati così dal fedele Charkros, possono valere. In voi si accavalla tutto, fatto uno schizzo ombroso, ma con ardente desiderio di sentire altro che la materia sa offrire. Questo è un buon terreno, sul quale si lascia spargere la nostra semenza. Il Fuoco dell’Alto-Santo può diffondersi più rapidamente che una tempesta, più velocemente che un raggio di Sole che cade sulla Terra. Oh, sì, un giorno giungerà il tempo in cui – naturalmente non su questo mondo – lo vedrete dove brucerà come chiare fiaccole ai quattro angoli di questa Terra. Ma ora, non ancora nulla su questo.

26. Voi avete posto il mondo dietro di voi, e DIO davanti a voi; avete legato il vostro essere al collegamento del Suo regno. Dio ha santificato questo. Noi lo consolideremo ancora di più, affinché non si strappi più per nessuno”.

- Ognuno si sente interiormente interpellato; qualcuno inghiotte la commozione, un altro si passa la mano fra i capelli, il terzo si asciuga velocemente i suoi occhi. Su-el-Kambynos non osa quasi respirare.

27. “Dapprima ci occuperemo della cosa difficile”, dice allegro l’insegnante. “Barak ha pensato: ‘Prima la cosa facile, altrimenti gli allievi non riescono a seguire’.

- Barak diventa rosso come un tacchino. E così, …vedono anche i pensieri. Lui si scusa, ma lo spirito dalla Luce dice: “Siediti accanto a me, magari ti è più facile mangiare dapprima il cibo pesante”.

28. - Gibbar osa dire una parola: “A questo riguardo, anch’io sono così giovane e vorrei pure stare seduto al fianco di un Cielo”. La timidezza riceve un buco, nonostante la buona riverenza davanti alla Luce, mandata dal santo.

- Gli insegnanti diventano amici, fratelli, camerati. Perciò il secondo va a prendere con sé Gibbar, e scherza:

29. “Se in tale modo impari meglio, allora è bene così. Ti sei fatto chiamare dalla luce. Soltanto, nessuno perde qualcosa se non è seduto così vicino. Il simbolo: Uno spazio nel quale ci troviamo insieme, figli dal Cielo, figli dal mondo. – Una stanza corrisponde al Santo secondo il Suo Comandamento di base: ‘Io sono il Signore, tuo Dio!’. Non esiste nessun’altra manifestazione che possa distruggere questo titolo dell’Onni-Eterno, l’Unico! Voi in questa stanza indicate che avete trovato il DIO-Uno, siete diventati uno con il Creatore di tutte le cose”.

30. Kis-Abda esclama: “Per chi può valere? Io non ci sono ancora arrivato”.

- “Non lo desideri?”

- “Desiderare…?”, un ardente desiderio. “E… Tu hai sfogliato i sensi di Barak come un libro; ti prego, sfoglia anche il mio, soprattutto, dato che tu vi puoi leggere meglio che io stesso”.

31. “Ha aperto la pagina migliore del suo libro”, dice Debora, “quella con la scritta d’oro. Non è così?”, chiede lei al suo insegnante.

- “Precisamente! Aggiungo volentieri una parola. Ascoltate: L’essere-uno con il Creatore, per coloro che passano attraverso la materia, che non deve significare essere legato materialmente; è il desiderio, come lo rivela la scritta d’oro di Kis-Abda.

32. La buona volontà, impiegata nonostante lo sbagliare, è la Gioia dell’Onnipotente. Da Lui sorge la Forza, benedetta ed aumentata. Quello che voi presagite dall’essere-uno, riguarda di rado il Cosmo, nel quale la Luce non è un proprio campo; viene solo portata dentro. Il desiderio eseguito con la migliore conoscenza, per la materia è in genere la posizione più alta con il Signore. Ciò che va oltre è riservato ai figli che sono già a Casa, oppure che tendono verso Casa.

33. Dunque: – La Legge impone: ‘Tu devi amare il tuo prossimo!’, non devi fare del male! Salthiel lo ha formulato con buona precisione. Indica precisamente il giusto e il falso. Chi poi domanda ancora: ‘Come devo amare il mo prossimo? Che cosa è male che ho da evitare?’, è un manigoldo, un ladro che si deruba da sé della Luce di Dio.

34. Se qualcuno distingue il bene e il male, allora sa come deve agire. Molti non lo vogliono sapere. Se dei figli sentono questo, nessun adulto può affermare di non averlo saputo. DIO apre tutti i libri. Soltanto, non vi è nessuna scritta d’oro. Anche questo è giusto: che l’osservazione della Legge diventa Benedizione; il contrario, maledizione”.

35. Kis-Abda interviene: “Qualche manigoldo vive bene. Non lo colpisce nessuna maledizione e sovente non lo si può accusare. Mentre invece altri che osservano le Leggi del Signore, vivono quasi sempre in grande miseria. A volte arriva persino una punizione giudiziale, quando dei cattivi mettono loro delle trappole. Dov’è qui la benedizione? Dove la maledizione?”

36. “Ben pensato”, loda la Luce. “Soltanto, non lo si può riconoscere quando si guardano le cose con l’occhio di questo mondo. Considerare l’eco della vita secondo ‘benedizione-maledizione’ non versa nessun vino chiaro. L’uomo stesso testimonia di sé anche quando si strofina le sue mani, quando ha un ruolo nella funzione e nella dignità; come al contrario, uno che si strugge ed abbassa i suoi occhi. In ciò, come si atteggia l’ uomo, si riconosce i benedetti come pure i segnati.

37. Il benedetto non si vanta della benedizione; e in colui nel quale non la si vede, lui porta la sua sorte come un ‘destino’. Io vi dico solo, che l’Altissimo non manda mai miseria né afflizione a un uomo buono, non glielo invia. Questo è più profondo, ed è parte della via che un figlio della Luce prende su di sé.

38. Proprio così: non esiste nessuna maledizione della Luce! Come sta scritto, che Dio maledice l’uomo cattivo, non dev’essere confuso con la vostra mondanità (Giosuè 8,34). Maledire è un agire cattivo. DIO dovrebbe servirSi dello stesso modo, per punire? Oh, la Sua punizione è tutt’altra cosa.

40. Diversamente la seconda parte della domanda: – ‘Può l’Alto dare Leggi agli uomini oppressi dalla materia, che accanto alla benedizione, generano maledizione?’. La materia, comunque, non fa della Legge una maledizione, la seduzione per una libertà, quasi sempre abusata? Salthiel vi ha guardato bene dentro, benché il sapere zoppichi un poco”.

- “Sì”, aggiunge costui, “se il nostro sapere di fede non zoppicasse così, …l’umanità potrebbe essere libera nella Luce”.

41. “Tu dimostri che in buona parte sei libero nella Luce”, loda l’insegnante, “dimostri che stai nella Luce, nella Legge del Signore. – Ora questo: ‘Può Dio dare Leggi?’. Naturalmente! Amici. C’è solo da considerare quali Leggi Egli dà. Che cosa pensi, Su-el-Kambynos?”

- Costui salta su entusiasta: “Lo chiedi a me che sono un pagano? So certamente qualcosa del vostro insegnamento; ma che cosa è una goccia, contro una pietra ardente?”

42. “Tuttavia una goccia. Guarda: prima di tutto, sai certe cose”, la Luce toglie la paura. “Secondo: lo possono sapere tutti. Terzo: è per la tua benedizione. E quarto: chiedo intenzionalmente a te, a un pagano che per via di qualche buona azione non è registrato male presso Dio”, il principe si imbarazza, “il perché degli israeliti devono imparare questo, cioé:

43. Dio considera tutti gli uomini come figli Suoi, anche coloro che non vogliono riconoscerLo, perché – nell’aldiquà o nell’aldilà – combatteranno comunque inutilmente contro questo ‘essere tutti figli’. Perché Lui, il loro Creatore, li ha fatti tutti insieme. Dunque, come non dovrebbero essere (tutti) figli Suoi? Ugualmente anche tu, Su-el-Kambynos. E Israele deve imparare che i pagani sono ‘uomini’, creature del loro Creatore, nel principio del collegamento con la Luce pienissimamente simili a loro. Quindi – il Signore dà quali Leggi?”

44. “Alto-insegnante”, dice il principe, “il Creatore, che solo adesso mi è veramente vicino, dà solo buone Leggi di base!”.

- Ah, quanto ci si rallegra: “Questo è vero!”

- “Così parla un pagano!”

- “La migliore risposta!”. E molto ancora. Così viene lodato.

45. L’insegnante lo riconduce al suo posto e dice: “Questo è compiaciuto a Dio; il tuo libro della vita ha ottenuto una parola d’oro. Sì, chi riconosce questo, perché Dio è la Bontà, non mette la Sua benedizione accanto a nessuna maledizione. Giusta è però il dubbio, se è oppure no che la materia rende la Legge una maledizione. Ascoltate ancora:

46. Dipende dall’uomo come impiega una Legge. La materia e le forze di colui che si chiama Satana, avranno un’essenziale influenza che agirà in particolare fino alla svolta (Dio-Gesù). Nonostante ciò, non ci si può scusare se si è condannati alla maledizione. I cattivi sarebbero perciò senza colpa, perché le forze (negative-maligne) sarebbero più forti che l’uomo.

47. Se questo accade, Dio però vede se un’anima, precipitata con la caduta di Satana, vive qui nel suo proprio ambiente, oppure se – avendo già gustato la manna del Cielo – preferisce tendere di nuovo alle vinacce della materia, anziché al sensuale gustato molto più dolce che l’apparente aspro Cibo di Dio, del Padrone di Casa.

48. Allora si opera con l’assurdità di fare una maledizione delle Leggi divine. La materia non può agire al contrario, perché dalla maledizione scelta da Satana stesso, come dai suoi luoghi, non è un puro terreno coltivabile”. Indicando intorno, aggiunge: “Chi ha ancora una domanda su questo, la faccia”.

49. Un paio di pagani pensano: ‘Quel che ci manca, si troverà’. Ma Jizri chiede di spiegare loro, che cosa intendeva Debora che una volta esisterebbero solo ancora figli, per così dire loro stessi, spirito nello Spirito di Dio. Un delicato sorriso sfugge sul volto celeste. A metà rivolto a Barak, l’insegnante dice:

50. “Ancora una volta, niente per scolari principianti!”.

- Costui afferra deciso la mano chiara. “Che io lo sono, l’ho riconosciuto chiaramente, tanto più lasci splendere la tua sapienza. Ora…”, ride imbarazzato, “…mi tengo stretto, soprattutto nell’interiore. Quindi continuerò”. Il più giovane ha scelto la parte migliore.

- Ognuno vorrebbe volentieri prendere la mano di Luce nella sua. Desiderio questo, che sarà esaudito più tardi.

51. “Scolari principianti non sopporterebbero la nostra irradiazione”. Respinge ciò che dicono altri che ne sapevano molto meno di Barak. “Nessuno di voi è all’inizio. Certamente è importante l’imparare questo insegnamento, ma è più importante il pensare bene, come avere una buona parola e una buona azione. Chi si esercita in questo, ha superato l’inizio; e la conseguenza è che gli si rivelerà la Luce. Soddisfatto?”. Ah, come sono tutti lietamente commossi.

52. “Ora la richiesta di Jizri che dobbiamo accontentare, come Debora, sche ta in cima secondo la Volontà di Dio. L’insegnamento giunge su in alto, dove dopo la morte la vita continua luminosa. La migliore era la parola di Debora: ‘Il riflesso della Luce dalla Fonte della Potenza-Ur di Dio, diventa la personale esistenza dell’anima, che solo nella Luce si unisce completamente con lo spirito’.

53. Il riflesso della Luce non è il negativo di un effetto sostanziale, come lo mostra la materia caduca. La Luce ha sussistenza eterna; ogni riflesso rimane nell’ETERNO. Quanto meno la creatura diventa un Creatore, ma che attraverso il Dono può cooperare nell’Opera del Creatore, tanto meno essa stessa è Luce.

Luce è solo la Divinità stessa!

54. Invece il riflesso dei figli, significando la parte della Luce, è propria sostanza, più giusto, dire ‘essenza’. Chi sta al di fuori di questa, non ne ha nemmeno nessuna parte. Il riflesso nella Luce è per una creatura-figlio la realtà, la consistenza del Regno, che porta in sé e su di sé.

55. DIO è SPIRITO! Spirito, per quanto è afferrabile per la creatura, è l’Essenza dell’eterna Luce. Da questa, dalla Fonte della Potenza-Ur, il Creatore ha sollevato il Suo popolo-figli. Di conseguenza dev’essere nato dallo Spirito del Creatore, indipendentemente dal fatto che anche qui agisce lo specchio, oppure, detto nel simbolo: EGLI è il Fuoco, noi le scintille; EGLI il Sole, noi un raggio.

56. Scintilla oppure raggio, si giunge alla conoscenza nel primo impulso dello sviluppo della creatura. Questo è il piccolo spirito filiale. Dio è lo Spirito grande! Con la caduta si è staccato un terzo del numero dei figli, al quale mancò poi il collegamento con la Luce. La sua parte di spirito fu coperta, non tolta, mentre con ciò la sua anima, l’essere esteriore, non può svilupparsi indietro senza Luce. Qui ci vuole l’intervento di Dio. In questo è contenuto la Cosa più alta, anche per Dio una via di vita in questo mondo.

57. Ciò che si stacca, porta ferite che l’Altissimo guarisce. Non solo da ora, no, …già fin dalla caduta il SIGNORE è l’Aiutante, il Guaritore e Salvatore (Isaia 43,3 e 43,11). Quando la guarigione sarà conclusa, non esisteranno più ferite! In quel tempo le ultime povere anime si uniranno di nuovo con lo spirito. Allora regnerà solo Luce nella Luce, che significa: i figli di Dio, loro stessi, spirito nello SPIRITO di DIO! Come vi piace questo punto? Lo avete compreso?”, suona gentilmente interrogando.

58. Jizri va dall’insegnante e dice pregando: “Lasciami afferrare la tua mano che ci porta la benedizione di Dio. Non ti può bastare una parola di ringraziamento...”

- “Quando proviene dal cuore, allora sì”, viene interrotto Jizri.

- “Allora mi sentio libero! Poiché tu vedi il mio ringraziamento da portare al Santo-Alto, te ne prego”.

- “Un tale incarico lo accetto volentieri”.

59. Matthanja dice: “Questo Santo-Alto, Debora lo ha attinto dalla Fonte segreta. Ah, …non ci è del tutto segreta, dato che si riferisce a Dio. Lei ha insegnato che la vita non comincia solo in questo mondo; avrebbe sussistenza ‘temporale-eterna’. Mi è importante quest’espressione. Che cosa significa?”

60. “Lo vede il tuo spirito; manca solo la formazione del pensiero, perché tu metti una trave tra tempo e l’eterno. Con tempo intendi la materia, con eterno il Regno di Dio. In ciò è buona persino la tua trave. Dato che siete cresciuti fuori dal tempo del mondo – Elam, non aggrottare la fronte, che ora sarebbe un tempo cattivo – così dovete sapere: ‘Anche l’eternità ha il suo tempo’. Nel Regno si vive pure fino in fondo la propria esistenza.

61. Ogni vivere, se nella Luce o se altrove, ha bisogno un tempo e uno spazio per questo. Naturalmente il tempo della Luce ha la sua propria struttura; in nessuna fase scorre via inespressiva. Nel vostro mondo il corso del tempo è da misurare sempre soltanto negli avvenimenti; invece nella Luce è percettibile da poter toccare. Comprendere questo è possibile solo nell’aldilà.

62. Debora ha parlato dello spirito, della scintilla dalla Luce, insufflato ad ogni figlio dal Creatore. Nel creare il Suo popolo non esisteva nessuna materia. Quando dopo la caduta, i fedeli e i caduti hanno sperimentato la loro immissione nella materia, allora è chiaro che entrambi hanno dovuto avere anche prima una vita, eccetto, …che fossero prima fatti dalla e nella materia.

63. Ma allora nessuno durante una via nel mondo potrebbe imparare a conoscere Dio; inoltre mancherebbe il contatto con la Luce. Un tale ‘uomo-prodotto’ non potrebbe mai formarsi eticamente. Il sentimento fondamentale primario di Luce – sovente inspiegabile – aspira al contatto con Dio, al Creatore. Debora ha spiegato la vita consapevole senza dissoluzione. Esistono gradini e tappe. Queste ultime sono corpi nel Cosmo; Soli di luce e mondi, stelle oppure anche pianeti, a seconda; mentre nei tempi di vita circoscritti dalle tappe, un gradino è lo stadio di sviluppo.

64. Se qualcuno abbandona il suo mondo, allora porta dietro di sè la tappa, dalla via di sviluppo per lui possibile giunge su un corpo celeste superiore. Le tappe, allineate, danno l’esistenza temporale-eterna dei figli di Dio compenetrati di spirito ardente. Prendete la vostra vita dalla mano del Creatore, paragonabile all’esistenza prima della Terra, e riponetela di nuovo nella Mano del Creatore, cosa che significa la vita dopo la morte terrena: il vostro proprio tempo-eternità.

65. La fronte aggrottata di Elam”, – ovunque una lieta risata – “dalla posizione del vostro tempo molto agitato è al suo posto; nonostante ciò siete cresciuti al di sopra del mondo. Elam sa che cosa significa”.

- Costui prende, come Barak, un difficile ostacolo, la riverenza per la Luce, e risponde, anche se intimidito:

66. “Alto insegnante, scegli uno più intelligente; sono troppo misero”. Con questa decisione, Elam va’, che tutti ridono di nuovo. Lui rimane serio. “Ti ringrazio che mi aiuti; perché, se sto al tuo fianco, la tua sapienza può passare su di me e...”

67. “Ah, è così? Il mio raggio non va oltre di quanto possono stendere le mie braccia da me?”.

- Il volto di Elam diventa lungo e pallido. Ha offeso il celeste? “Perdona”, chiede contrito. “Perdonalo ad un povero uomo che voleva arrivare troppo presto alla Sapienza di Dio. Ah, ora ho già terminato miseramente…”, e orrebbe tornare al suo posto.

68. “Rimani qui! Ti tolgo il peso, caricato su di te per paura, amico Elam, se da voi vengono messaggeri della Luce oppure persino il Santo-Alto, non vi dovete vergognare perché non sapete ancora tutto. Non dovete temere che potreste offenderci con qualcosa.

69. Chi procede con la migliore volontà non fa niente di male, anche se qualche volta possa sembrare. Trovare la giusta risposta accanto a me, era un riflesso dell’interiore, era un andare alla Fonte. E che anche tu ricevi la parola d’oro, non ti ombreggerò, altrimenti non la meriteresti”.

- “Certo”, ammette Elam. E, sollevato d’animo, comincia:

70. “Considero possibile un crescere fuori dal tempo del mondo solo interiormente, che è il miglioramento del carattere. Questo è da ottenere con la fede. Senza un legame di fede è difficile liberare la propria anima dalle cose del mondo, perché si è giornalmente incatenati all’esistenza della materia.

71. Se ci sleghiamo interiormente, allora cresciamo anche e…”, lui scruta nel volto del celeste, se pensa in modo giusto, ma non trova nessun segno. Allora continua coraggioso: “…e troviamo Dio! Solo in questo modo arriviamo nell’eterno della Sua Luce. Questo non lo raggiungiamo mai del tutto nel nostro mondo. Ma penso che questo non sia generalmente necessario.

72. Molti insegnanti, pochi allievi, non avrebbero nessuno scopo. Dio manda solo di tanto in tanto degli insegnanti. Ed a noi, amici, il Santo ce ne ha mandati alcuni. Due! Perché, chissà quanto possiamo apprendere dal secondo”. Elam esprime riverenza insieme all’amore. “Oggi siamo stati guidati da loro fuori dal tempo del mondo. Chi si è accorto come abbiamo potuto salire questo gradino? Tutti scuotete la testa; io la mia anche su quell’opera su di noi, eseguita magnificamente su Ordine di Dio.

73. E ancora questo: – Nessuno ha chiesto se passa la notte. Noi siamo – intendo…”, Elam tossicchia, “…adagiati nello Spirito della luce, dove il mondo ci è estraneo. Naturalmente, con la fronte aggrottata ho pensato: ‘Siamo saldamente fusi con questo mondo’. Ora ho sperimentato come sono facilmente da togliere le catene; non le si sentono quando si sta liberi nel proprio spirito, ombreggiato dallo Spirito di Dio”. Elam fa un sospiro di sollievo. Se è …sufficiente?

74. “Ben cresciuto”, l’insegnante gli dà la mano. “Hai strapazzato molto i tuoi fratelli. Quello che continuiamo ad insegnare, vi illuminerà il tutto un poco alla volta”. Più si fa tardi, più sono ferventi.

- Bichras si chiede ancora il perché gli insegnanti sono venuti solo tardi alla sera; di giorno si avrebbe avuto più tempo.

75. Lo spirito di Luce sorride e risponde: “Il giorno ha certamente più ore, ma la notte rende più ricettivi. Voi pensate che di notte l’uomo dorme. Naturalmente, quando riposate – nel doppio senso – solo il corpo assume forze legate alla natura, dalle quali, per quanto urgentemente necessario, attinge anche l’anima che di giorno ha da prestare il lavoro del pensare. Con ciò rimangono vuoti la mente e il cuore vitale.

76. In genere non è bene operare di notte. Anche nel Regno della luce esistono tempi di riposo. L’Alto, del Quale sapete voi israeliti che Egli non dorme né riposa, forma nelle Sue maestose Notti ciò che ha da portare nel successivo Giorno di Creazione. Nel piccolo riflesso il Signore dona ai mondi della materia, qui e là, anche una ‘Notte di Grazia’, dove tutti coloro che si fanno chiamare, sono da rendersi maturi per la conoscenza. Infatti, nelle notti le anime si sciolgono meglio, e in ciò possono compiere il loro lavoro legato alla Luce.

77. Chi inoltre, nella sera, si raccomanda al Signore, stabilisce il contatto con lo sviluppo notturno. Il suo spirito, che come lo Spirito di Dio non conosce nessun riposo esteriore, opera poi nella casa della sua anima; e questa serve lo spirito. Questa è la vera Forza che dovreste raccogliere di notte, nonostante il fatto che non conoscete questo consapevolmente nel giorno.

78. Cito il vostro vecchio tempo: Dio precedette Israele, di notte, in una colonna di fuoco, di giorno in una nuvola (Es. 13,21). Serve un altro esempio: delle nuvole possono rendere quasi buio un giorno. Sallumin, umanamente, pensa giusto, che allora la nuvola di Dio non sarebbe nemmeno stata bene nel deserto.

79. A parte il simbolo, che aiutava la carovana, e affatto se la nuvola avesse continuato a volteggiare continuamente accanto a Mosè, così essa era come un simbolo, quando comparve, come segno dell’Avvolgimento di Dio, perché il popolo in generale non avrebbe sopportato la Visibilità dell’Alto, e d’altra parte perché l’uomo di giorno pensa quasi solo al corporeo. Chiedetevi solamente, se questo non è giusto”.

- Si annuisce tristemente, si dice afflitti: “Sì”.

80. “Dunque, non è sbagliato se si rimane nei limiti quando provvedete ai vostri cari o ai poveri. La Nuvola, nel simbolo del cammino, vale come propria copertura, come retrocessione del lavoro di fede e dello spirito. Perciò durante certi giorni era presso il popolo. Lo ha compreso solo Mosè e alcuni che, come lui, stavano nello strettissimo patto con Dio.

81. Di notte compariva, persino ai più miscredenti, molto spesso il Fuoco di Dio. Questo, in prima linea quella Potenza dalla quale Dio coglie ogni Opera, è la Sua Visibilità, persino quando non risulta in ogni tempo la forma esteriore. Anche l’uomo dormiente avvolto dalla materia può essere aperto allo Spirito.

82. Su di lui fluisce la forza del fuoco nella sua anima, allora il suo animo si bagna nella luce. Ben inconsapevolmente, ma comunque può vedere la Colonna di fuoco. A questo riguardo il fuoco è una nuova forza, la Colonna la Sua Fermezza. In ciò ciascuno può confidare per tutta la vita, che una luce dal fuoco di Dio può essere sulla Terra.

83. Dio regala ai poveri mondi delle Notti miracolose; e a voi ne è stata donata una. Non gli occhi hanno visto; ma il vostro cuore di luce dice con pieno diritto: – Oggi abbiamo sperimentato DIO!”.

- Salgono dei sospiri, ma tali da rendere solo lieti.

84. Findalmente Debora, che era lontana dalla Terra, chiede: “Dobbiamo rimanere uniti? Quello che voi dite, ci è un santo ordine”. Anche se qualcuno non lo sente così profondamente, ne sono tutti convinti.

85. Il secondo insegnante dice: “Riposatevi, finché il Sole disegna le sue rose rosse. Noi rimaniamo quattro notti e tre giorni”.

- “Tre giorni? Quattro notti? Magnifico!”. I celesti vengono circondati.

- Il secondo sorride: ”La vostra gioia compiace a Dio; Egli, come ‘Alto-Signore’ è anche il vostro Padre. Il tempo vi passerà troppo veloce, e guardando indietro riconoscerete comunque: Qualr lungo tempo di Grazia!”

 

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Cap. 6

I due del Cielo guidano la partenza per Silo

Nel tempio, svelato un falso conto – Viene scacciato un diavolo

1. Alla sera di questo tempo benedetto i celesti si svelano. Zuriel, l’insegnante di Debora, e Muriel. Tutto viene determinato del tutto accuratamente. Quello che Muriel rivela del Regno di Luce, Zuriel lo trasporta per gli uomini nella loro vita con cui hanno ora da combattere. Preparano un disegno. Si assiste stupiti. Come dalla prospettiva di un uccello, fanno uno schizzo della pianura di Jesreel e pure il terreno che viene dato allo spazio dello spettacolo di guerra. Segnano anche gli eserciti del re e di Sisera, in più, il piccolo gruppo che prima rimarrà con Hamer; oltre a questo, ‘l’esercito della Luce’, così chiamano la vittoria di Debora.

2. Quando cade quest’espressione, lei fa cenno: “Sarà la vittoria dell’Alto e, …la vostra”. Intende Zuriel e Muriel. “Io, …io rimango sulla collina”. Eccetto Barak, anche gli uomini la pensano così. Lui presagisce il collegamento, senza conoscerlo.

- Muriel sorride delicatamente: “Lo vedrai”. Ma non ne viene detta altra parola. Rimangono di nuovo poche ore quando, sconvolti, ma profondamente felici, si va a riposare.

*

3. E’ ancora presto quando la casa si risveglia, ma è già pronta una buona colazione.

- Jizri dice mangiando: “Penso all’addio con il cuoreche mi pesa”.

- “Anche io; anche io!”, Zuriel li tranquillizza: “Non vi liberete di noi all’improvviso. Oggi si riunisce il Consiglio dei vostri sacerdoti e noi li incontriamo”.

- “Ma non noi”, si difendono gli amici stranieri.

4. “Non deve nemmeno avvenire”, dice Muriel. “Non sarà annunciato anzitempo chi sta con chi. Non a causa vostra, voi avete abbastanza protezione; solo Jabin sarebbe lieto di liberarsi di voi. Non si fida del tutto della vostra pace”.

- “Me lo posso immaginare”, interviene il ciambellano (cameriere) Dalphon al posto del suo principe. “Si stupirà!”

- “Anche questo; ma continuate ad ascoltare.

5. Sei rimarranno qui se lo permette Su-el-Kambynos”.

- Costui agita di nuovo le braccia; non avrebbe nulla da ordinare.

- “Gli altri si accamperanno lungo la via, la cui protezione vale per gli amici. Di certo non sarebbe utile oggi; ma alla fine, alcuni sono troppo all’oscuro di che si tratti. Loro hanno bisogno di questo aiuto, perché più tardi arriveranno da voi. Servono ancora Delajah e il credere che costui li condurrà alla vittoria. Ascoltate, voi madianiti, e tacete su ciò che vi si mostrerà.

6. Su coloro che cambieranno ancora – attualmente regna in loro una grande mancanza di fede – vedreste una piccola fiamma. Loro stessi non la vedono, ed è bene che non ne sentano nulla. Ricordate gli uomini, dimenticate la fiammella-Od! Lo potete?”

7. Su-el-Kambynos dice spontaneamente: “Non abbiamo bisogno di giurare; voi, alti messaggeri, vedete, se la manterremo. La tua domanda è giustificata, perciò dico per me e per i miei uomini: – Il DIO di noi tutti deve sapere che noi osserviamo il Suo Comandamento; ed ognuno che dimentica il Comandamento di Dio, deve morire!”

8. Zuriel lo ferma: Non devi uccidere! Dio è Vita; Egli aiuta di vincere la morte del mondo. Pesate meglio le vostre parole sulla bilancia. Già quando dite ‘vita’, operano buone Forze positive, che aiutano molto di più che una promessa, soprattutto, se la volete sigillare con una morte”.

9. “Ah”, dice Dalphon, “di nuovo una vera parola! Abbiamo vissuto giorni regali”.

- Su-elKambynos lo conferma volentieri.

- “Su!”, ammonisce Muriel. “Disponi i tuoi uomini, principe di Madian, siete a cavallo. Pure una parte degli israeliti e gli altri vedranno anche loro il loro piccolo miracolo”.

- “Io ho cinque cavalli”, dice Debora, “saranno subito sellati”.

10. “Tu vieni con noi”, stabilisce il suo insegnante.

- “Verrò con te”, dice lei, “anche se il superiore si rifiuta. Altrimenti…”.

- Strofinandosi le mani, Matthanja ride.: “Delajah e la donna della nebbia!”

- Su-el-Kambynos e Dalphon sorvegliano la loro gente. Sono orgogliosi della funzione ricevuta dalla Luce. Due e tre ciascuno, così si disperdono al di sotto della collina. Il principe e il suo ciambellano rientrano di nuovo la sera da Debora.

11. Gli israeliti aspettano un momento prima di prendere la loro via verso Silo dopo i madianiti. Allora avviene quanto segue: davanti alla casa stanno dei cavalli, due bianchi per gli insegnanti e un paio di animali marrone chiaro. Vi si sale titubanti. Da dove vengono le creature? Nessuno domanda, nemmeno sul fatto che dapprima gli insegnanti erano usciti e sono ritornati, vestiti con scintillanti armature pesanti. Avvolgono con una tale, anche Debora. Allora lei ha un altro aspetto; il suo volto normalmente così femminile, ora è trasformato in una austera bellezza, sembra quasi maschile. Chi non la conosce, può facilmente considerarla un giovincello.

12. Lei sente ‘l’altra cosa’ solo interiormente, vissuta come un sogno durante il giorno, unita con i celesti, pure solo presagito: ‘Non sono di questo mondo’. Charkros la solleva meravigliato sulla sella. Quanto è leggera nonostante la sua armatura. Lei cavalca avanti fra Zuriel e Muriel.

13. Seguono gli israeliti, alcuni con la testa china, con lo stesso giuramento del silenzio. Perfino il Cielo ha la regia. Gli altri guardano in avanti. Cavalcano come in un mare di luce e calore. Incontrano gruppi di guardiani che sono senza parole per lo stupore. I principi, …non di questo mondo; la loro Palma, anch’essa, …da un paese sconosciuto. Oh, che cosa è successo a loro? Con cuore ardente si danno al loro incarico.

14. Ancor più si stupisce il consigliere sacerdote quando i traditori, come è indicato Jizri e i suoi, entrano nella sala delle riunioni, in più, i tre corazzati che raccolgono più terrore che fiducia. Non c’è da stupirsi! Sarebbero stupidi se volessero negare le indiscutibili facoltà degli armati.

15. Allora saetta qualcosa attraverso Delajah: ‘essere gentile’. Osserva lo spadone a lui ignoto che Muriel porta alla destra (Giosuè. 5,13-15). Non lo vorrebbe incontrare per tutta la vita. Il principe Jizri è lo stesso un amico? Se solo avesse cento di tali cavalieri, allora--- Ma va, Jabin, all’inferno! Ma da dove vengono? Molto gli passa fulmineamente attraverso la mente. Si squadra di nascosto il cavaliere più piccolo che è entrato dopo i due grandi. Un giovincello debole…? Chissà…

16. Delajah va loro incontro con una mimica aguzza. E come se fossero gli amici più stretti, dice dolciastro, indicando una fila di sedie vuote: “Vi prego, sedetevi. I nostri uomini, che fanno parte di noi”, indica il gruppo di Jizri, “mi valgono molto. Loro sanno a quali difficili combattimenti andiamo incontro. Voi tre, alti stranieri, vi dò il benvenuto secondo il dovere.

17. Che noi sacerdoti, soprattutto io, il loro superiore, vorremmo conoscervi, lo comprenderete. Penso con gioia che volete portare il vostro aiuto. Sì, sì, ne abbiamo ben bisogno”. Ognuno si accorge che la paura di Delajah supera il desiderio di aiuto. “Vi prego, annunciate ciò che portate o che volete, e quali condizioni ponete. Siate certi, farò tutto ciò che desiderate, fin dove mi è dato e ...”

18. Muriel solleva lo spadone. Delajah e il bisbiglio ammutolisce subito. “Accettiamo il saluto di benvenuto”, dice, “anche se è venuto da un cuore falso”.

- Solo la paura soffoca la risata che altrimenti sarebbe scoppiata. Delajah ha un aspetto troppo acido. Si è finto così malamente? Impossibile! Ah, questi sono maghi. Da dove, per tutto l’oro del mondo, Jizri ha trovato questa gente?

19. “Non affaticarti”, dice Muriel, “non siamo nulla di ciò che immagini. Possa rimanere per te e per coloro i cui cuori sono impuri come quello tuo, un mistero il nostro essere”.

- Allora Delajah salta su, per pronunciare una grossolanità. ‘Ohlalà! Ma alt!’. – Ora, ancora con maggior ragione li vuole imbrigliare davanti al suo carro.

20. “Alto amico”, riesce a dire con lingua liscia, “sei figlio di un re da un paese ancora straniero. A certa gente, l’ho sentito, è possibile per educazione e per doni – che da noi non sono usuali – guardare gli uomini in trasparenza. Ma voi osservate altri solo secondo il vostro genere. Non voglio chiamarmi Delajah, se il mio saluto è venuto da cuore falso”.

- ‘Oh, guai’, pensa Debora. ‘Ora ha scavato da se stesso la sua fossa’.

21. “Disprezzerei una creatura, se la confrontassi con te!”. Questo suona come se lo spadone tintinnasse. Delajah non nasconde quasi la sua paura. “Ti sia attaccato un nome: ‘Furfante’! Tu pensi che non si dovrebbe rimproverare i sacerdoti? In più, ancora nella comunità? Per tua debole consolazione ti sia detto, che da voi sono ancora adeguati una serie di simili nomi.

22. Non dovremmo esserti estranei se il seggio della tua funzione fosse la Legge del SIGNORE. Che cosa sai tu del Creatore, che è Dio e Padre di tutti gli uomini? Non andare a prendere nessun rotolo; non osare che potresti recitare a memoria e senza balbettare i Comandamenti e precetti di Mosè. Lo puoi certamente, …con la bocca; ma il tuo cuore è lontano dalla verità e dall’insegnamento di Dio!

23. Non chiederti come lo so. Il mio spadone ha due tagli, dov’è necessario, allora ci si stupisce, …malvolentieri, siine certo! Preferisce guarire chi si dà a Dio. Tu sei malato e senti che cosa intendo. Ma ostinato, non lo ammetti. Lo vorresti persino nascondere davanti a DIO. Qualche volta Gli parli e Gli racconti le presunte buone azioni. Oh, chi loda se stesso, in più pure davanti a Dio, vuole apparire solo pulito. Credi forse, che Dio si lasci ingannare da te?”

24. Le parole diventano acute per coloro che non hanno nessun orecchio per questa verità. Per gli amici sono balsamo, che il Cielo spalma sulle anime malate. Queste non lo accettano. Lo dimostra la risposta di Delajah, il quale – guardandosi intorno, se qualcuno lo voglia aiutare – si accorge che ognuno si nasconde nella propria pelle.

25. E’ solo, …davanti al SIGNORE? Davanti a uno, …che sta alla Destra di Dio? Viene scosso e, …– se lo scuote di dosso: prende in aiuto l’intelletto. Questo deve incrociarsi con lo spadone. Che soccombe perché ha sepolto il raziocinio, se ne accorge troppo tardi. Non pensando al vantaggio che voleva racimolare dai tre corazzati, dice mordente:

26. “Sii chi vuoi! Ma un Israelita, in più il sommo sacerdote, non si lascia catturare da voi, venuti da un angolo! Sì, l’ho visto subito dove volevate parare. Avrei avuto volentieri che il principe Jizri si fosse messo dalla mia parte. Poco tempo fa ha detto che avrebbe fatto alleanza con qualcun altro. Ecco, guarda, ora lo so! Siete voi gli alleati. E per conto mio, chiamami furfante, se non state dalla parte di Jabin.

27. A lui ho offerto solo per finta un’alleanza, per sfilare le catene, oppure – cosa che ho sperato in segreto – affinché Jabin cedesse, cosicché non scorressero né sangue né lacrime, ed io avrei liberato Israele! Tuttavia – se state dalla parte dei pagani, dato che voi stessi lo siete, per noi diventerà più difficile, a meno che siate solo in tre”.

28. “Ti sbagli in tutto!”, Zuriel si siede presso Delajah. accanto al quale stanno due sedie vuote, per sottolineare così la sua funzione. “Tu vorresti sapere chi siamo; hai giocato male la tua indifferenza. Il secondo punto: se tu sei un sacerdote, ciò non significa il sedersi nel fasto su una sedia. Nessuno lo può su tre, eccetto, se ti coricassi, ma sarebbe indegno per la tua dignità”.

29. Costa un po’ di fatica trattenere le risate. Il Cielo può essere ben drastico. Zuriel annuisce: “Qui è necessario. Ma andiamo avanti al punto due, Delajah. Se tu fossi un sacerdote, come l’alto-Signore li vuole avere, allora ci avresti riconosciuti subito; inoltre, l’aiuto che è da portare meno per te, ma più per Israele. E tu vuoi questo, vero?”. Senza aspettare una risposta, l’insegnante del Cielo continua:

30. “Noi conosciamo il vostro genere”, sono intesi molti, “tu parli rarissimamente di Dio. Fai leggere i rotoli della predica secondo te, perché tu come superiore avresti molto lavoro. Oh, hai perduto il collegamento con il Signore! Il filino delicato che esiste ancora, procede unicamente dal Creatore, con cui Egli tiene legato a Sé, te come creatura, nonostante il tuo allontanamento.

31. Non ci hai ricevuto nel Nome di Dio, il tuo Signore; non hai detto che e come pianifichi con LUI la salvezza del vostro popolo e – se è giusta la tua opinione – non hai insegnato a noi, tre ‘pagani’, la tua Divinità. Ah, …nulla ti stava più lontano; non hai pensato affatto al Signore!

32. Il tuo terzo punto: – Noi non potremmo catturarti? Oh, con te non ci si guadagna nessun onore. E’ possibile che il Re, domandi: ‘Che cosa devo fare Io con lui? Non può rimanere nel Mio Regno!’.”

- Allora Delajah perde ogni colore, anche qualcun altro. Non sono così del tutto senza fede per non presagire che il Re…, che i messaggeri…, che…

33. Zuriel continua già: “Il punto quattro cade comunque nell’acqua. Naturalmente vorresti attaccare il re Jizri al tuo carro, perché intorno a sè ha la maggioranza del vostro popolo. Aspetta soltanto…”, Zuriel respinge una risposta di Delajah, “…che Hamer raccolga i suoi uomini… Ecco perché siamo venuti, per condurti sul giusto sentiero. Perché poi, Delajah, molti che ora ti danno la mano, dietro le spalle tramano un filo cattivo”. Zuriel fissa quei sacerdoti ai quali la fede è anche una cosa secondaria.

34. “Ora l’ultimo punto al quale sono appesi ancora altri puntini. Hai ragione: noi siamo alleati con quell’Israele del quale fa parte il principe del popolo e, …questo cavaliere!”. Zuriel conduce Debora, nella quale non si riconosce nessuna donna, alla seconda sedia per sacerdoti che è libera. “Più tardi verrete a sapere chi è ‘lui’. Grazie all’incarico del nostro Re sia annunciato: Lui è il vostro giudice! Giorni fa ne avete desiderato uno, qui in questa sala: ‘Se non un Mosè, ma almeno un Othniel’, avete detto.

35. Dio ha sentito questo, e comunque non solo da ieri. Egli è un Dio dei ‘tempi senza tempo’! Non lo comprendete bene, ma non fa niente. Non voi, chiamandovi guide del popolo, …oh, no, Israele si sceglierà questo giudice. Perché la guerra, istigata da voi, deciderà.

36. Ed aver solo sedotto Jabin…? Oh, che cosa t’importano le lacrime e il sangue, se con ciò rafforzi la tua sedia? Bene! Libera Israele, …se puoi! Credi forse, …che Dio benedice la tua guerra? Egli non ne benedice nessuna, ricordalo! Quando nella grande Grazia aiuta un popolo, che si difende solo non togliendo nulla al nemico, allora è unicamente la Sua Faccenda.

37. Non stiamo dalla parte di Jabin, né dalla tua. Per noi vale solo la Parte del nostro Re-Padre, di Dio, e di coloro che non hanno perduto la fede, che non vogliono questa guerra per conquistare, o ancora per strozzare inutilmente degli uomini. Il tuo conto non è giusto in nulla, povero uomo!

38. Soprattutto ti bagli, se noi siamo solo tre, o cento, non indico nessun numero, perché non ci puoi contare (Dan. 7,10). Ho mostrato i tuoi errori. Vuoi forse dire qualcosa, oppure altri, allora rimaniamo ancora un po’. Forse qualcuno ne vuole raccogliere una benedizione”.

39. Per alcuni minuti c’è silenzio; nemmeno gli abiti frusciano, cosa che i millantatori fanno volentieri. Delajah aspetta, nel caso l’oratore – e il giudice – si allontanino da lui. ‘Quale stoltezza dello straniero volerci indurre ad accettare uno di loro come israelita’. Senza ammetterlo, l’opprime saperlo accanto alla sua sedia. Si vede ingannato nella sua speranza.

40. Con labbra dure, sbotta: “Non aggiungo nulla. Voi non mi insegnate, perché avete mentito! Volevo sinceramente che non venisse versato nessun sangue”.

- La fronte rossa, Kis-Abda parte: “Non (ti) lascio insultare questi cavalieri! Qui, davanti a tutti, avrei taciuto, superiore della sinagoga. Ma tu osi presentarli come bugiardi, vili, mentre tu, un… Mentre sei tu l’omicida? Il giudice Sallumin ha in custodia quel giovane che, su incarico tuo, mi voleva uccidere e...”

41. “Menzogna!”, grida Delajah, bianco nel volto. “Ti doveva solo andare a prendere...”

- “Per trenta monete d’argento”, interviene il consigliere anziano.

- “E chi?”, si divincola falsamente Delajah. “Che cosa vale uno, se al suo posto è da salvare Israele?

- Sallumin è indignato: “A te, come sacerdote, non importa se fai uccidere? E la moglie e i figli? Le loro lacrime? Così lui…”, avrebbe quasi detto ‘angelo di Dio’, “…il cavaliere giusto! Nulla ti è sacro? E chissà, che cosa intendevi ancora fare”.

42. “Volevi uccidere il consigliere anziano; e questa notte, fa attenzione a non cadere…”, Muriel viene vicino davanti a Delajah, che si pressa allo schienale della sua sedia, “…dovevano morire anche la donna e le figlie e…”, frenando il tumulto che già è scoppiato, “…hai ancora scritto altri sulla tua lista di morte! Che non ti riuscirà niente, a questo vi provvede il Cielo!

43. Calmatevi”, tranquillizza gli amici, “i vostri aiutanti sono ovunque, convocati da Dio attraverso il vostro giudice”, indica Debora.

- “Basta con lui!”, Jizri si domina a fatica. Lui, il buon uomo e principe, odia ogni mascalzonata, soprattutto fatta a coloro che devono offrire un esempio al popolo. “Non deve più essere capo sacerdote!”

44. Zuriel, seduto ancora presso Delajah, ferma il discorso del principe, che ha avuto l’approvazione degli amici. “Alla prossima elezione non sciogliete il vostro Consiglio”, dice. “Avverrà anche ciò che vorrà il vostro giudice. In certo qual modo prendo persino partito per questo povero uomo”. Intende Delajah.

45. “Può essere che desideri scuotersi di dosso la verga di Jabin. Ma nemmeno una spanna del piede della sua via è giusta. Perciò viene rigettato chiunque si è scelto una via cattiva. La meta riposa invece già da tempo in una mano pura; e sarà raggiunta come il Santo nella Sua Bontà l’ha consegnata ai fedeli. Quindi, chi vi potrà danneggiare?”. O santa Misericordia! Così la Luce di Dio viene nel mondo, …per salvare anche i più caduti?

46. Jizri sopprime – sconvolto – quasi un singhiozzo. ‘Non ne sono degno; una tale santa Compassione! Ah, quanto velocemente l’uomo rigetta, quando crede di avere ragione. Voi cavalieri, che portate giù in questo povero mondo il maestoso Diritto di Dio e appartenete al Giudice, avete pietà, dove secondo il parere umano non deve valere nessun riguardo’.

47. Alzandosi, si rivolge a tutti: “Ho pensato: ‘Come può Israele sussistere dinanzi a Dio, quando abbiamo tali sacerdoti? E’ giusto se vogliamo seguire il consiglio della Luce; ma i sacerdoti devono essere puliti’. Infatti: leggono soltanto il Sabato i bei rotoli? A loro viene affidata la gioventù che dovrebbero imparare ciò che l’uomo ha bisogno per la vita: pane e la casa attraverso il lavoro; ma dapprima, è da istruire l’anima! Può avvenire questo, …se abbiamo tali?”

48. Viene nuovamente tranquillizzato da Zuriel: “Hai ragione. Non si possono affidare dei figli a gente che porta solo abiti da sacerdote. E la tua sofferenza che Israele abbia degli insegnanti così cattivi, pesa gravemente dinanzi a Dio. Ciò con cui oggi si faranno i conti, non vale per nulla soltanto per Delajah, ma anche per coloro che sentono l’incendio.

- Qualcuno vorrebbe scappare, ma Muriel sta alla porta e tiene lo spadone orizzontalmente nelle due mani. Nel frattempo Zuriel continua a parlare:

49. “Lui voleva vendicarsi su coloro che vedeva come suoi nemici. Sarebbe comprensibile se alla base ci fosse una legge. Ma questa non esiste. Contate i monti che sporgono sempre oltre le nuvole (quelle conosciute da loro a quel tempo) cioè pochissime leggi offrono un fondamento di vendetta. Inoltre ci si domanda: ‘Come le valuta. l’ALTO?’

50. Inoltre, Israele è un popolo del Signore, come tutti i popoli. Quindi non è il ‘tuo’ popolo”, viene indicato Delajah. “Non lo hai partorito tu; tu sei solo stato posto in esso. Quando muori, esci dal popolo. Esso però rimane, sia se è legato oppure libero, se un mucchietto oppure una moltitudine.

51. Lascio valere un lato buono: tu pensi al popolo, ma, …prima a te. Perciò ti viene tolto il poco di buono. Sarebbe …ingiusto? Se lasci soverchiare l’erbaccia la tua spiga, come deve crescere o portare semenza? La perdita viene solo attraverso la conseguenza, che è stata provocata da se stesso. Guarda quanto benigno si mostra il Signore: Egli ha mandato noi, per togliere i tuoi cardi, affinché la tua spiga possa vedere il Suo Sole, bere la Sua Pioggia. Ma che cosa fai tu? Getti via l’unica spiga e ti adorni con la moltitudine dei tuoi cardi!”

52. “Io ho sacrificato molto”, mormora Delajah. “Una fortuna, …anche il sacerdozio. Non può più valere nulla per me, se Israele deve servire i pagani. Dov’è l’aiuto di Dio che Egli ha promesso?”

- “Ti sbagli”, respinge Zuriel. “Certamente hai sacrificato, ma non solo dal tuo sacco”.

53. Delajah diventa di nuovo bianco come il muro. Ognuno si mette facilmente insieme quale sacchetto ha portato questi sacrifici. “Hai gettato nell’abisso le spie, per imporre la tua volontà. Non è giusta! Zalman, questo manigoldo, si è fatto pagare bene da Jabin e da Sisera per ciò che ha tradito di voi. Si è dileguato in Egitto. E Nephath non ti può più aiutare; è morto.

54. Nulla viene raggiunto senza sacrificio, né per il mondo né per lo spirito. Quello che uno dà dalla ricchezza, non sono sacrifici. Se ti voltassi e ti pentissi, allora Dio lo considererebbe volentieri come sacrificio, e ti rimetterebbe la colpa, in rapporto a quanto tu unissi l’atto di sacrificio con la riparazione. Da questa sei purtroppo molto lontano”.

55. Allora Hattus esclama velenoso: “A cosa gli serve? A cosa mi servirebbe se io facessi così? Il tempo mi ha insegnato che non esiste nessun Dio! Io Lo combatto, tutto è inganno!”

- Non si è mai sentito un tale oltraggio da un sacerdote. Lo ha gettato fuori, …che combatte contro Dio? Persino Delajah è sconvolto; perché certamente, pur lottando amaramente, non ha mai osato dire: ‘Non esiste nessun Dio!’

56. Questa bestemmia somiglia a un temporale. Ognuno aspetta formalmente il fulmine che la punisca. Si ignora che alla porta stanno degli uomini armati, anche Heman, il servo del consigliere anziano. Ma questo passa fulmineamente attraverso di loro come peso: Muriel va verso l’oltraggiatore, lo spadone diretto con la punta verso di lui:

57. “Tu sei caduto! Non solo attraverso la conseguenza del tuo scherno dalla punizione generata da te stesso, …no, ora stai nel Giudizio del Signore! Trema, essere cattivo che sei venuto per istigare confusione! Abbiamo difeso uno sul quale hai abbastanza spesso gocciolato il tuo veleno nella sua anima. Questo, naturalmente non lo scusa. Lui, come ognuno, dovrà comunque sostenere la sua causa davanti a Dio.

58. Tu non lo puoi! Qual grande pena! Se una volta qualcuno ti ha rappresentato, allora non pensare che fosse buono. Perché, solo un figlio della Luce può aiutare a portare la tua cattiveria attraverso la difficile via del mondo. Questo giogo, caricato su un’anima matura, è il tuo secondo grave peso.

59. Noi non abbiamo mandato via nessuno, anche se molti non sono degni della funzione di sacerdote. Te, diavolo inviato, ti cacciamo via! Va!”. La punta della spada indica la porta. Nessuna immaginazione – da ambedue i tagli saettano fiamme.

- C’è un silenzio mortale. Delajah trema come una foglia. Se questo fosse capitato a lui…? Ma già troppo confuso, non trova nemmeno ora il ritorno. Scava solo il pensiero, se i cavalieri fossero gli angeli di Dio. Ah, …no, oggi Dio non manda più angeli; non avvengono nemmeno miracoli. Il mondo percorre la sua propria via.

60. Hattus vacilla via piegato. La punta della spada …non si spinge profondamente nella sua schiena? Non capace di nessuna riflessione su cosa fare, su cosa omettere, vacilla lungo il vicolo. Ora è povero; aveva solo vissuto della funzione di sacerdote. –

61. La maestosa serietà del cavaliere riposa come riflesso sulla fronte di Debora. Nonostante che Hattus sia un pericolo per l’onore del popolo, lo vorrebbe aiutare, e non sa come. Perché non è ancora ora, per Hattus giammai nel mondo. – Il Cielo tace ancora.

- Salthiel si alza, le mani congiunte nella preghiera, lacrime rompono la sua voce:

62. “Calma la tua spada”, dice a Muriel, “perché non la potrebbe sopportare nessuno. Aiutaci!”, intende tutti, anche i guardiani alla porta che vedono irrigiditi il segno, ma come pensano i buoni amici: i cavalieri sono appunto i nostri salvatori.

63. “Siate consolati”, dice Muriel. La sua voce non somiglia più in nulla a ciò che valeva per Hattus. Mette lo spadone al fianco; immediatamente diventa solo la struttura d’argento, quello che era quando erano partiti presto. La maggior parte fa un sospiro di sollievo.

64. “Qui la nostra opera è fatta!”, Osserva il gruppo di Debora: “Venite, ci attendono cose importanti. Voi altri riflettete se da ciò volete imparare. Se sì, sarete guidati; altrimenti vacillate, finché una dura pietra non vi costringerà al ritorno. Conservate fra di voi il Nome di Dio nella pura Verità e nella Luce”.

*

65. Gli amici salutano ogni sacerdote, mentre i cavalieri aspettano alla porta. Si uniscono strettamente i guardiani e i servitori. Si ritorna nella casa sulla collina. Kis-Abda manda a casa Heman, non senza ringraziarlo per la sua fedeltà.

 

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Cap. 7

Arthasus e Jedothun si danno a Dio, poi guidati dalla Palma – L’angelo insegna

1. A Silo si guarda diritti davanti a sé. La vicissitudine era stata troppo forte; non la si può scuotere via come se nulla fosse stato. Solo il superiore cammina più volte avanti e indietro, prima di sedersi di nuovo e, sforzandosi, cerca di spingere il tutto su un binario secondario. Comincia così:

2. “Cari fratelli!”, non ha mai parlato così. Qualcuno tira su le sopracciglia, un altro storce la bocca. “Quello che è successo da noi è stata, …un’apparizione. Non credete che i corazzati fossero degli uomini”. Nasconde la propria sensazione che fossero angeli. “Hah, ci hanno fatto una magia!

3. Hattus…”. Un’alzata di spalle e null’altro. “Dato che sono venuti da un angolo di popoli, non conoscono veramente il nostro genere di fede, perciò se ne sono andati velocemente. E’ rimasta aperta la domanda, che Dio ci ha promesso l’Aiuto, ma non ha mantenuto la Promessa. Anche di questo non se n’è parlato, quando uno combatte Dio, per il quale non ne esiste nessuno per convinzione”.

4. Jedothun avanza un poco in avanti. “Non ci credi più?”. L’uomo di Sichem teneva per Delejah a causa del popolo.

- Costui si finge stupito: “Come mai? Ho detto forse che...”

- “Ti sei tradito! Quello che abbiamo vissuto lo considero una realtà, ben una che non comprendiamo. Il gruppo di Jizri lo poteva, da una fede che qui nell’alto-Consiglio si è spezzata. Io non dubito che i grandi cavalieri fossero degli angeli di Dio!

5. Oh, …nonostante le ferite, sto anche troppo saldo sulle due gambe per Terra, per dire subito sì a tutto. Tuttavia è possibile che Dio mandi i Suoi angeli”.

- Artham esclama che gli angeli non sarebbero cavalieri.

- “C o s ì …”, Jedothun lo dice allungando. “Ebbene, tu come sacerdote hai ben studiato i nostri rotoli. Non è vero? Vai a vedere chi ha incontrato Giosuè davanti a Gerico. Magari è colui che oggi è comparso con la spada” (Giosuè 5, 13-15).

6. “Allora la ragione è dalla nostra parte”, ride Artham meschino. “Giosuè ha devastato Gerico con l’angelo”.

- “Forse!”, Arthasus si alza all’improvviso. “Non voglio parlare di allora, solo di questo: ci urtiamo contro quella pietra dura, come parlava il cavaliere-angelo, se non torniamo indietro. Ora vedo una Luce, e distinguo anche ciò che è vero e ciò che non lo è!”

7. Delajah è rosso d’ira: “Intendi che non ci fiorisce nessun grano e che sarebbe meglio rinunciare? – Vai da Jizri e compagni! Abbandona Israele nella sua miseria!”

- “Parli a vanvera”, risponde Arthasus,. “Io mantengo la fedeltà al nostro popolo che …è dalla parte di Jizri; e combatto per questa.

8. Non ho dato nessun peso alla tua mancanza di fede; ora vedo che non hai più fede già da molto tempo, sei contro Dio. Che domani vuoi far uccidere i nostri fratelli, le loro mogli e figli, mi ha aperto un abisso, nel quale sei già caduto. Oggi mi stacco da te.

9. Non indicare la porta; me ne vado quando voglio! C’è ancora qualcos’altro da presentare. Poco fa mi hai detto, che non esisterebbe nessun Dio. Come Lo combatti, se non esiste? Non riconoscere il Signore e non seguirLo, è una faccenda tua. Contro questa non c’è nulla da dire, eccetto…”, anche Arthasus va frettolosamente su e giù, “…che sarebbe assurdo.

10. Combatti contro la tua coscienza, che è il rapporto fra te e il tuo Creatore. Chi cerca di cancellare l’Esistenza di Dio, è in contrasto all’avvertimento che fa battere la coscienza; se piano o forte, sentita oppure ignorata, è lo stesso. Perché la coscienza è la voce dall’aldilà, anche se parla nel nostro cuore.

11. Ancora qualcosa: Dio non avrebbe mantenuto la Sua promessa di inviarci il Suo aiuto? Finché sono nel Consiglio dei sacerdoti, sono quasi vent’anni, non è venuta nessuna Rivelazione di questo genere. Come quindi avrebbe mancato la Parola? L’ha promesso a Mosè, a Giosuè e a coloro che stavano nel Patto con Lui. capisco che il nostro tempo è molto difficile. Questo può uccidere la fede. Ma spezzarla del tutto…? Dio aiuta ognuno che Gli fa conoscere nella fede il suo bisogno. Magnificamente, nonostante l’afflizione, Egli ha condotto Israele. Proprio così conduce ogni uomo, anche se non conosce ancora il Suo Nome, ma è di animo buono”.

12. “Hai finito finalmente?”, schernisce malignamente Delajah.

- “Dipende ciò che hai da dire alla mia indicazione”, risponde misurato Arthasus al superiore.

- Come per caso, non intenzionalmente, stanno insieme lui e Jedothun. “Una bella coppia!”

- Bezai spinge avanti un dito e ghigna in modo odioso. I due lo ignorano.

- La voce di Delajah colpisce come una lancia, quando dice:

13. “Il mio pugno contro Jabin, contro di voi e, …contro Dio, se mi dovesse resistere!”. Si fa un crudele silenzio. Arthasus tende verso l’uscita e dice: “Hai rubato la Luce ad Israele; lo Spirito di Dio se n’è andato, rimane indietro solo la tua coppa vuota. In verità, la tua spiga è inaridita!”

- “Fuori!!”, urla Delajah, non più padrone di sé. Non ammette che sarebbe stato come la parola dell’angelo, mentre Arthasus dice qualcosa di non terreno.

*

14. Costui e Jedothun sellano i loro animali senza dire parola, così se ne vanno, per due ore. Si ritrovano presso un incrocio che non porta a Sichem, non a Ophra, dove Arthasus è di casa.

15. Vi stanno seduti tre compagni. I loro cavalli brucano pacificamente l’erba forestiera. Arthasus si risveglia dall’oscuro covare. “Vieni, ci dirigiamo ad Ophra; pernotti da me, perché è lontano fino a Sichem”. A loro quei compagni non sembrano degni di fiducia. Invece già uno va verso loro, dicendo:

16. “Vi siete smarriti? Vi mostriamo la giusta via”.

- Per non provocarli, Arthasus rifiuta gentilmente; hanno l’aspetto troppo da ladruncoli. “Ce la facciamo”.

- “Certamente fino ad Ophra, ed anche domani mattina verso Sichem. Ma siete capitati su un sentiero che vi conduce là, dove dovete veramente essere”.

17. ‘Chiaro!’. Anche se i due cuori non battono proprio coraggiosi, Jedothun chiede: “Dove andrebbe?”

- “Su un monte”, dice il secondo che si è avvicinato.

- E il terzo, mentre raduna i cavalli: “Sarebbe bene che veniste con noi liberamente”.

- Si devono arrendere; loro sono disarmati, mentre i tre ne hanno di più, ed anche, sembrano corridori dalle gambe lunghe. E’ esclusa la fuga. Senza saperlo dall’altro, Jedothun ed Arthasus pensano: ‘Oh, voglia accompagnarci il Signore, che oggi abbiamo difeso’.

18. Arrivano sul terreno, il sentiero diventa stretto e non offre quasi spazio per due cavalli. Prima circondati dai ladruncoli, questi ora formano la fine. Il tintinnio di zoccoli e pietre inghiotte sovente un rumore, ma sentono dire: “La Palma sarà contenta!”

- Il cavallo di Arthasus sarebbe quasi caduto, che per lo spavento su ciò che ha udito ha sbagliato a prendere la briglia. Fulmineamente è giunto un guardiano, e salva cavallo e cavaliere. Arthasus lo deve anche pure ringraziare? No! Il guardiano dice calmo:

19. “Devi fare meglio attenzione”. Suona gentile, non come…

- “Hai sentito?”, sussurra Arthasus. “Ci scelgono una palma”.

- Jedothun annuisce brevemente, le sue mani tremano. Ah, controllarsi, non farsi accorgere di nulla dagli uomini. L’uomo di Sichem alza all’improvviso il suo capo. Arthasus lo imita. Così arrivano anche alla collina a loro sconosciuta.

20. Non si vede nessuna via d’uscita, anche gli animali sono stanchi. Qui ci sono palme, giusto a scelta. Voltandosi, Arthasus vede come gli uomini parlano con il volto lieto. Si strozza quasi. ‘Ci vogliono appendere a una palma, …che non è proprio usanza. Si onorano appunto le palme, perché nel deserto sono sovente l’ultima salvezza dalla morte. Nessun uomo saprà mai dove siamo rimasti; moglie e figli piangeranno, nessuno si occuperà degli abbandonati’.

21. Allora salendo, vedono – come ora conducono i cavalli – sulla cima della colina una casa chiara. Se ci fosse una salvezza? No, non li avrebbero catturati, per portarli prima qui. Oppure dovrebbe, …DIO, …il Salvatore? Arrivano confusi alla casa. Davanti alla porta sta un compagno dei loro cacciatori. Ah, che bella casa, tu, …nido di ladruncoli.

22. Se entrambi non erano più in grado di pensare chiaramente oppure di fare un discorso con i guardiani, allora sono del tutto confusi, quando, alla porta che viene aperta, appare il cavaliere della spada. Anche se non porta nessuna armatura e nemmeno la spada, lo riconoscono subito.

23. “Benvenuti! Avete scoperto presto la giusta via. Entrate!”.

- Dentro vi è Debora, al suo fianco Zuriel. Lei tiene pronto pane e vino, anche per i guardiani che sono venuti con loro. “Avete fatto bene”, vengono lodati, “vi ringrazio”.

- “Noi ringraziamo te, Palma, che ti possiamo servire”. Non viene riconosciuta da Arthasus e Jedothun.

24. La loro la storia sembra sempre più confusa. La donna viene chiamata ‘Palma’? Aha, ecco perché: ‘La Palma sarà contenta’. E il gruppo di Jizri è anche da lei? Evidentemente così, come se lei comandasse. Il lungo consigliarsi viene abbreviato. Presto stanno seduti a una tavola in mezzo ad israeliti e ad un popolo straniero che ha i suoi luoghi nella grande Canaan e a sinistra del Giordano. Sono presenti anche altri che abitano altrove.

25. La si assale con domande. Dopo il pasto, Jizri e Matthanja riferiscono delle cose che si svolgono già da tempo sulla collina. E Zuriel aveva annunciato parola per parola che cosa era successo al Consiglio dei sacerdoti, e riferisce che Arthasus e Jedothun non sarebbero più caduti. Per questo c’è grande gioia.

26. “Perché siamo stati portati qui prigionieri?” ,chiede Arthasus.

- “Non prigionieri”, respinge Salthiel, “protetti”.

- “Sembrava diverso. Dalla Palma, che, sarebbe contenta, abbiamo pensato...”

- “...che vi avrebbero appesi?”, ride allegro Elam.

- Matthanja dice: “I cavalieri hanno rivelato la vostra improvvisa conoscenza. È stato grande e magnifico. Con voi c’era lo Spirito di Dio”.

27. “È stato amaro”, contraddice Jedothun. “Resta da verificare se avevamo ragione”.

- “Questa volta non era necessario”. Zuriel si siede presso i due. Vengono inondati da una strana onda. Ci si è uniti strettamente. ‘Come durante la cavalcata’, passa fulmineamente attraverso la mente di Arthasus. ‘Ma com’è giunto al bene, certamente così, qui’. Gli occhi di Debora risplendono. Se solo si sapesse che cosa voglia ‘lei’ qui. Non lo trovano un disturbo, eccetto, che come unica donna dimora fra una moltitudine di uomini.

28. “Dov’è il terzo cavaliere?”, indaga Arthasus.

- Lo vedrete pure”, risponde Muriel. “Dovete prima sapere quello che succede da anno e giorno. Poi decidete da quale parte vi volete mettere”.

- “Lo abbiamo già fatto”, esclama Jedothun un po’ riscaldato. “Non più dalla parte di Delajah! Altrimenti, forse da ognuna dove, …dove c’è Luce e amore”, scoppia.

29. “Si può avere in questa casa”, sorride Zuriel. “Qui esiste una parte straordinaria nella quale stanno tutti qui, schierati, …intorno a questa donna”. Indica seriamente Debora. “Destinata da DIO a giudice del popolo, istruita ed iniziata dalla Luce. Nessuno le resisterà!”

30. Quando i due sentono quanto i conducenti sanno di Debora, ancora taciuto per via della giusta causa, che con grande potenza starebbero pronti contro Jabin, sostenuti da Madian con molte armi, allora cadono loro quasi gli occhi dalle orbite. I loro sguardi tastano, finché rimangono attaccati a Debora. Nel Consiglio dei sacerdoti era Jedothun che seguiva Arthasus come un’ombra; qui è al contrario. L’uomo di Sichem va con passo sicuro verso la Palma, e dice grave, come in un giuramento:

31. “Sono l’uomo del tuo seguito. Non è tanto il disgusto di Delajah che mi spinge a questa decisione, quanto più la via miracolosa che i tuoi guardiani, no, …che DIO ci ha portato. Lui si è solo servito di loro, perché tu Lo servi come pochi uomini. Prendi la mia mano, che sa anche volteggiare bene le armi”.

32. “Io lo sconsiglio”.

- Arthasus tende entrambe due mani. “Se mi puoi impiegare per altro e non è minuscolo nella Bilancia di Dio, allora ...”

- “Abbiamo bisogno di molti cuori buoni, molte teste chiare, molti pugni fermi. Certo, la guerra la decidono le armi; ma per le povere donne che devono aspettare indifese con i loro figli, oppressi, affamati e scoraggiati, ecco, per questo lavoro l’alto-Signore ti vuole scegliere.

33. Non credere che sia poco. Ti meraviglierai, quanto peso puoi portare. Avrai bisogno di aiutanti, la cattiva guerra non finirà presto. Dopo questa ‘il dovere per Dio’ non finirà. Alcuni non ritorneranno più a casa; e tutti questi poveri, senza protezione, hanno bisogno più di un aiuto al giorno. Troverai il tuo posto in Sichem; e non a caso è che Jedothun di Sichem ha pure trovato la retta via. Lui ti aiuterà sempre”.

34. Sul volto del sacerdote sfugge un lieto rossore. “Quanto mi rende felice che anch’io ti possa aiutare. Giudice, ti ringrazio!”. Agli angeli dice: “Vi prego, lasciate che vi ringrazio intimamente. Siete venuti nel nido di vespe; e in ciò ho riconosciuto che nell’alto-Consiglio non regna nessuna benedizione”.

35. “Accettiamo il tuo ringraziamento”, dice Zuriel, “ci si domanda solo, che cosa farne. Perché noi, gli angeli dell’Altissimo, non rivendichiamo nessun diritto al ringraziamento. Non che non lo possiamo; al contrario, l’autentico ringraziamento è una benedizione che riceviamo dal Santo. Con un ringraziamento rivolto a noi, viene fatto da noi qualcosa di particolare. Pensa una volta diligentemente, amico Arthasus”.

36. “Amico? Io, …vostro amico?”. Si sente troppo minimo.

- “Non lo vuoi essere?”. La voce di Muriel ammonisce.

- “Lo voglio, sì!”, confessa il sacerdote, “ma voi siete celesti, inviati del Creatore. Io sono solo...”

- “...figlio del Creatore che serviamo!”, suona serio e, nonostante ciò, confidenzialmente amabile. Allora scorre qualche lacrima nascosta nella barba. Anche Arthasus si asciuga gli occhi, ma non prima di essersi voltato.

37. “Non lo voglio solo essere”, confessa piano, “lo voglio meritare con la Forza di Dio”.

- “Anche noi!”, un’esclamazione all’unisono.

- Zuriel dice: “Siamo fratelli, ognuno un figlio di Dio. Non esiste creatura, nemmeno i caduti, che sono stati al di fuori dalla Creazione. E voi, credenti e pronti al servizio, come creatura siete diventati ‘figli’.

38. Voi avete riconosciuto il legame con il Creatore, avete afferrato il nastro – espresso nella vostra lingua – e vi attirate di nuovo nella Luce con la Forza di Benedizione del Padre. Lo comprendi? Si?”.

- Matthanja dice: “Secondo il suono, certamente; solo che il senso è un cibo un po’ pesante”.

39. A questo, Arthasus annuisce. Ma con lieto fervore aggiunge: “Voi, i figli di Dio più maturi, ci aiutate volentieri. Accettate il nostro ringraziamento per la vostra gioia, voi lo offrite al nostro Creatore-Padre. E se lo posso dire così: vorrei attirarmi sempre più in alto con il Suo aiuto al filo, tessuto da LUI, finché una volta…”. Gli cede la voce, allora esce.

40. Anche Jedothun, scosso, va con lui, Barak li va a riportare nella sala.

- Nel frattempo Kis-Abda chiede il perché solo Muriel aveva portato lo spadone, e come questo si è in genere creato. Nella Luce certamente non avrebbero bisogno di nessuna spada. Là non resisterebbe nessuna sofferenza, nessuna guerra, né una misera morte.

41. “Ben pensato”, dà Zuriel la risposta. “Per adesso ci siamo divisi il lavoro. A Silo c’erano da discutere Parola e azione. La Sapienza ha preso la parola, la Serietà l’azione. Nella Luce non esistono armi, solo segni, di cui fa parte la spada. Il vostro consiglio non era assolutamente maturo per accogliere la parola e l’azione del Cielo; perciò abbiamo portato le corazze. Attraverso il nostro raggio non fermato sarebbe caduto qualche ‘frutto verde’ dall’albero. La morte, così, significa, che si poteva colpire qualcuno”.

42. “Calcolo ogni indicazione come Grazia che mi è giunta. Ora so che la giudice possiede il più sicuro collegamento di noi, e voi con lo Spirito di Dio; e così verrò a lei quando ci saranno casi dubbi”.

- “Fa così, Kis-Abda. Debora ha fra voi il collegamento più sicuro attraverso la maestosità del suo spirito. Perciò è stata eletta, perciò è venuta da voi dalla Luce!”. Zuriel sottolinea in modo particolarmente forte l’ultima frase. Debora si siede silenziosa sulla sua sedia.

43. Arthasus sfiora la mano dell’angelo. “Debora ha detto che Jedothun ed io, riguardo alla giusta via, entrambi non l‘avremmo riconosciuta per caso. Sono contento, se ci ha condotto così l’Alto; e Gli sia ringraziato. Ma ci manca il merito. Sarebbe meglio se tutti noi…”, indica intorno

- “...foste giunti da voi stessi alla conoscenza”, conclude Zuriel la parola. “Vi togliamo il peso.

44. Nessuno si volta per pura propria spinta. Persino là dove fin dalla gioventù c’era la via della fede, opera Dio. Ogni vita non comincia, come certi credono, solo su questo mondo; è una continuazione, generata in un nuovo tratto. Di conseguenza la Guida non parte appunto solo dalla conoscenza, accettata oppure anche conquistata nella vita terrena.

45. La tua domanda, Sallumin, che hai sulla lingua è adeguata”, Zuriel si volta al nominato, “il perché molti non avrebbero una buona guida, perché invece di vivere nel paese di fede devono vivere nella oscura materia, senza Dio e senza Luce; e non ne potrebbero nulla. Vedremo.

46. Com’è detto, la vita non comincia nella materia. Perciò già prima del tempo della vita terrena dev’essere esistita la possibilità di rivolgersi alla Luce oppure di distogliersene. L’esistenza va molto lontano, indietro. Basta sapere che la prima decisione arriva nella caduta della prima creatura, nota agli israeliti. Da allora è cominciata la radice, all’acqua della vita o della morte.

47. Ognuno poteva scegliersi la Luce oppure un rifiuto. Questo fu il passo per agire liberamente. Voi siete giunti liberamente alla fede da questa perspettiva. Ma prima della prima decisione c’è stato il tempo dell’Insegnamento, eseguito da Dio, l’Altissimo. Nel tempo dell’Insegnamento Egli ha posto i figli sulla buona via.

48. Senza questo tempo d’Insegnamento non sarebbe stato possibile per nessun figlio di scegliere da sè la Luce, nemmeno giungere ad un qualsiasi pensare, sapere e conoscere. Perciò valse la santa-vera Parola:

‘A ME nessuno ha mai portato qualcosa

che non abbia ricevuto dapprima da ME!’

Rallegratevi che ogni buon Dono proviene dall’Altissimo, che appunto, da questo Dono potete dare il vostro amore, riverenza, servizio e adorazione a Dio”.

49. Un sospiro: ‘Se soltanto lo si potesse fare!’- Nessuno chiede l’ora, per nessuno esiste la notte. Sveglissimi, sono aperti alla Luce. Charkros dà un giro allo strumento di sabbia caldeo. A lui non importa che secondo la posizione delle stelle è già passata di molto la mezzanotte.

50. Jedothun chiede il perché Debora non fosse stata nel Consiglio, magari sarebbero...

- “Il tuo desiderio è meglio che la riflessione”, dice lei. “Gli insegnanti del Cielo hanno reso possibile un ritorno. Due uomini fedeli operano più di venti che sono solo attaccati alla corda da traino. Non manca nemmeno molto che Delajah perda il suo terzo uomo. E, …un altra cosa”. Debora lascia a Zuriel di continuare il pensiero. Lui annuisce.

51. “Arthasus ha chiesto chi era il terzo cavaliere. Ecco, è seduto qui”, indica lei. Zuriel si lascia gentilmente interrompere da domande.

- Arthasus ride: “Ho pensato: ‘Che cosa può fare un ragazzo così debole?’. Ma quando si sono mostrati la potenza della parola e della spada, avrei persino evitato il giovane. Perciò mi è venuta subito la conoscenza che Delajah parlando avrebbe perso la sua barba. – Ma perché non hai parlato?”, indaga lui.

52. “La mia voce poteva tradire, Arthasus. Naturalmente l’alto-Consiglio si sarebbe voltato inutilmente contro di me; attraverso la spada, che si chiama ‘spadone’ (Flemberg), uno come l’altro sarebbe caduto con un colpo, così o così, come sarebbe stato provocato. Ma questo non era lo scopo per il quale siamo andati a Silo. Lo comprendi, vero?”

53. Arthasus si batte sulla fronte: “Qualche volta là dentro è come inchiodato!”

- Dice Mjuriel: “La tua fronte è in ordine. Non fa nulla se qualche volta i pensieri vanno storti. Da ciò che l’uomo pensa, parla o agisce in modo sbagliato, lui matura se dopo l’ammissione lascia operare la conoscenza”.

54. “O uomo da miracolo!”, Arthasus si getta al collo di Muriel. “Hai aiutato bene, che non ho da vergognarmi per via della mia stupidità. Solo questo mi preme ancora: non sono più un sacerdote; Delajah mi ha buttato fuori”.

- “Ne sei triste?”

- “Veramente no”, risponde alla domanda di Debora. “Ma se per due decenni si è svolto un servizio, allora duole già quando viene strappato il nastro. Ho sbagliato molto; nonostante ciò mi era santa la funzione di sacerdote, e perciò…”, si ferma.

55. “Rimani un sacerdote”, dice lei fermamente. “Il dovere per Dio è quella funzione di sacerdote, che l’ALTO riconosce. Arthasus, ognuno può parlare; ma pochi agiscono secondo il comandamento di Dio, come sta scritto: Amare Dio attraverso il servizio al prossimo! (Lev.19,18) Se il servizio dev’essere santificato, ognuno deve vincere se stesso, non pensare a sé, al proprio vantaggio, non appena cerca un dovere per Dio e per il prossimo.

56. Delajah pensa, quando va presto all’altare, di aver sacrificato sonno e la bevanda mattutina. Nel servizio mattutino deve essere sobrio. Quanto viene raggirato gravemente! Sobrio, …è inteso lo stomaco? No! Ma andare all’altare con il cuore puro; perdonare volentieri; supplicare anche il perdono per sé. Questo significa essere sobri. Tutto il resto è mondano, ed è sbagliato.

57. Dove viene osservato solo l’esteriore, di rado è accoppiato con l’interiore. Dove manca questo, costui erra. Se l’interiore, dallo spirito, ha il predominio, allora l’esteriore può fornire grande Benedizione. L’interiore-spirituale si lascia formare anche nell’esteriore, che è valido per tutte le cose”.

58. Kis-Abda si schiarisce la voce. “Posso dire qualcosa? E’ di nuovo tardi come alla prima sera, quando la notte è passata troppo velocemente”.

- “Per noi, volentieri”, risponde Muriel. “Ma dovete avere un po’ di riposo, e domani ci siamo ancora. Allora...”

- “Ancora solo domani?”, esclama Debora come con scherzo. “Ah!”. Questo risuona come un eco. Non sarebbero da immaginare benedizione e gioia, se gli insegnanti potessero rimanere sempre con loro. A loro non importa se il mondo dovesse rimanere o spezzarsi.

59. Zuriel l’abbraccia forte. Lei sente la delizia fino al nervo più fine. E’ cancellato persino il suo ‘Ah’.

- Muriel incoraggia: “Un giorno è lungo se viene colmato in modo giusto. E una notte dà benedizione senza fine, se in questa ci si sa uniti con il suo Creatore. Ritorneremo non appena Israele viene unita alla collina della Palma.

- Le gote di Debora si arrossano.

60. “O tu, pura anima”, Muriel le stringe delicatamente la sua mano. “Così pensi? Non arrossire! Perché il tuo pensiero risplende davanti a Dio, dove per te diventa il segno, quando starai di nuovo al Focolare della Luce”.

- Non si riconosce il senso delle parole, ma nessuno lo chiede. Lo sapranno nell’ora giusta. Il pensiero di questi uomini fedeli è maturo per il Cielo.

61. “Ci insegnate bene”, comincia Kis-Abda. “Alla prima serata quando siete arrivati, Debora ha parlato della scritta d’oro. Non mi riguarda ancora per lungo tempo, ma Dio incoraggia volentieri noi figli d’uomini nella Sua Gentilezza; Egli chiede appunto, meno del merito. Allora regnano magnificamente la Sapienza e la Serietà; voi due insegnanti, avete portato queste due.

62. Zuriel dice che la Luce nel Cosmo non avrebbe un proprio campo, in questo irradierebbe solamente. Mi manca ogni misura del Cosmo-Luce. Magari il cosmo-mondo in confronto al Cosmo-Luce è solo un chicco di grano dell’intero Sinai. Vi prego, se ne potessimo sapere qualcosa, allora potrebbe essere anche un passo all’ulteriore conoscenza”.

63. “Ma guarda”, loda Zuriel, “il nostro amico fa i salti. Sì, sì, la luce opera ovunque, perché senza la luce non si potrebbe conservare la vita in nessun luogo. La fluorescenza, la radiazione oppure irradiazione, risulta anche nel terreno. La sostanza di base è però puro spirito. Il naturale, ciò che dona il Sole, riceve anche prima, ovvero, la sua Forza è inviata dal Cosmo-Luce.

64. Nell’elaborazione attraverso i Soli, l’etere di Luce della fluorescenza di cui ha bisogno una regione planetaria, diventa visibile ed efficace in una massa di sostanza sottile. In questo modo nel cosmo-mondo, nelle cellule spaziali con i loro soli e pianeti ordinati dopo, è a casa anche la luce e quindi questa ha un campo d’azione. Sì, l’influenza della Luce è sempre più grande di quanto non lo siano le cellule spaziali.

65. Soltanto, …manca il proprio campo. Per voi è difficile da comprendere. Voi pensate: se l’influenza della luce è per una particella spaziale, per voi senz’altro un concetto oscuro, molto maggiore, allora essa stessa dev’essere efficace. Fin qui tutto bene. Kis-Abda ha ragione, il cosmo-mondo in confronto al Cosmo-Luce sarebbe solo una polvere. Con ciò è stabilita la preponderanza della Luce.

66. Voi sapete poco del cosmo-mondo, della materia, quanto vi è da comprendere. Voi credete che il Creature l’abbia creato, e quindi proveniva di conseguenza anche dalla luce. Ma è solo stato formato per catturare la caduta della figlia della Creazione. Questa caduta era l’allontanamento dalla luce ed ha generato un’oscurità che è stata solo concessa dal Creatore. Ma quante parti di Benedizione ne ha fatto! Vi indico alcune cose.

67. Dall’allontanamento risultò l’oscurità. Senza questa, tuttavia. i caduti sarebbero scomparsi. A loro vantaggio si poterono coprire con l’oscurità, perché appunto attraverso la caduta avevano raddensato il loro essere. Dallo spazio di luce divenne la materia di sostanza grossolana. Di questa ne hanno bisogno tutti i materiali, come si chiamano i precipitati; corrispondente alla nuova forma d’essere. Questo è l’intero cosmo-mondo nel suo insieme, nel singolo, secondo la specie dei gruppi dei mondi materiali, come lo è uno la vostra Terra.

68. In tali mondi legati allo scopo, la luce non vi è a casa primordialmente. La caduta degli esseri è avvenuta senza la luce. Voi pensate che allora qui la luce non dovrebbe operare, perché ho detto che – esposti alla Luce – dovrebbero scomparire. Tuttavia, al non ostacolato, valga l’esempio:

69. Muriel, io e Debora, che ha il nostro grado di luce, ci siamo vestiti con delle corazze per il vostro ‘Consiglio mondano’. Così lo potevano sopportare persino i peggiori senza cadere. Le nostre corazze hanno ‘colato’ – nel simbolo – dalla luce le Essenze-Ur. Passava soltanto ‘l’acquoso’ dell’Essenza-Ur’, che era ancora così forte, che il peggiore ha dovuto andarsene.

70. Perciò il Creatore lascia correre questa Essenza-luce come sostanza attraverso i Soli per voi incalcolabili, senza la quale il cosmo-mondo non potrebbe sussistere. Ogni Sole è rispettivamente un filtro, attraverso il quale gocciola quel tanto quanto una particella spaziale può afferrare. Questa è la luce come tale in generale.

71. Secondo, segue la Benedizione della Luce, di cui – come ogni particella spaziale – ha bisogno ogni materiale, se questo essenzialmente, quindi non incarnato oppure sostanzialmente nel corpo, aiuta a popolare un mondo. Tutti i fedeli di Dio portano giù alla materia questa Benedizione di Luce attraverso la libera strada del sacrificio. Questo è l’uomo, – rimaniamo fermi all’esempio – il telo da filtro, attraverso il quale scorre anche solo, tanto quanto necessita e può sopportare il suo ambiente.

72. Naturalmente compaiono in ciò dei raggi colmi di Grazia, perché la venuta di tale Luce nel cosmo-mondo significherà sacrificio. Con il sacrificare viene arato il campo d’azione della Luce, per i materiali e per il loro spazio. Così verrà portata giù la Luce, così dimorerà nell’oscurità per la sua benedizione, per la salvezza, persino quando non lo comprenderà ancora (Giov. 1,5). Su questo per la vostra contemplazione, un’immagine dal vostro tempo:

73. Con Debora è venuta da voi una grande Luce. Qualcuno ne aveva la sua, in altri era addormentata, alcuni non ne avevano. Ma poi riconoscendo che DIO aveva scelto la sua collina come centrale, sono affluiti coloro che appartengono alla Luce, che ne avevano nostalgia e secondo il tempo hanno teso al punto di raccolta, per guidare l’ingiustizia dei mondani.

74. La tua parola, Kis-Abda, del Sinai e del chicco di sabbia, proviene dalla Luce; ma l’hai prodotta tu”, sorride Zuriel.

- Costui respinge: “Tutto proviene dalla Luce, lo hai detto. Se abbiamo o siamo anche una piccola Luce, lo ha donato LUI dal Dono del Suo Amore. Lo ha prodotto il SIGNORE”.

758. “Kis-Abda!”, esclama principe Jizri, “ci sopravanzi!”

- “Per nulla! Ci sono molti che sono già più lontani di me, soprattutto la Giudice. Ambedue gli insegnanti stanno più di alte torri sopra di me, per nulla da raggiungere. E ancora molto più avanti la maestosa Altura del nostro Santo-Alto. Questa rimane eternamente incommensurabile”.

76. “Giusto! Solo dal rapporto che vuoi volentieri sapere”, continua Zuriel gentile il discorso. “A te mancano le cifre per comprendere il Cosmo, in particolare l’Altura di Dio. L’uomo, finché vive sulla Terra, non potrà mai afferrare il tempo-spazio, anche se talvolta si forma cifre che voi oggigiorno non comprendete, ma che saranno naturali in quel tempo lontano.

77. Chi si spiritualizza, cioè lascia governare in sé un poco alla volta lo spirito di Luce attraverso il quale DIO, oppure una guida celeste ottiene l’idea di cosa è il cosmo-mondo e quale estensione abbia: cioè mondanamente incommensurabile, questo che viene predicato vale molto di più per il Cosmo-Luce. Proprio per questo in una tale conoscenza si riflette un’idea. Ognuno, unito con il Signore e con la Sua Luce, vi si sente a Casa.

78. Nessuno chieda cifre di spazio e tempo della Luce! Quello che si rivelerà più tardi, passerà attraverso il telo filtrato menzionato prima. Naturalmente diventerà più sottile, affinché ogni materialista giunga alla conoscenza che esiste un Dio, la Sua Luce, la Sua Verità, il Suo Amore! Nell’insieme: la fede! Al mattino e alla sera il Cielo senza nuvole diventa trasparente. E’ chiaro, lo indicate voi. Così il Signore estenderà il Cielo, il Suo Firmamento, fino al telo sottile, attraverso il quale la Sua Luce cadrà a fiumi. La Luce della conoscenza superiore (Isaia 40,22). Questo si chiama: ‘l’ultimo tempo’[4].

79. Ognuno può avere questa alta Grazia. Per il credente è il culto religioso; è l’aiutare il prossimo; è il perdonare colui che gli ha fatto un’ingiustizia. Per il tiepido è il dubbio di cosa deve recuperare. Al senza-Dio il SIGNORE dà l’ultima occasione. Il Suo Sacrificio li salverà, quelli di oggi, e quelli di prima fino al tempo, quando inizierà ‘l’ultimo tempo’[5] del cosmo-mondo.

80. Ci aspettano quattro domande. Da Gibbar, del perché Debora ha dovuto aspettare il maestro dieci anni dopo il sogno; Elam pensa alla fiaccola che arde ai quattro angoli della Terra; Salthiel ha soppesato la vendetta di Lamec (Genesi 4,23); ed Arthasus si scervella per via dell’angelo-cavaliere, che Giosuè ha incontrato prima di Gerico (Giosuè 5,13)

81. Questo sarà intrapreso domani, ed ancora dell’altro. La pace del Santo-Alto sia la forza che vi fortifichi anche nel breve sonno. Buona notte, amici della Terra”.

- “Buona notte”. Un bel saluto, mai sentito. Questo è infine il Dono di Grazia della Luce.

 

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Cap. 8

Un difficile interrogatorio, la spia è scoperta

Insegnamenti vari, anche dubbi – Le truppe si muovono

1. Inizia un giorno fresco; il periodo delle piogge è iniziato prima. Il Sole prova prima i suoi veli di nuvole, finché nella mattinata vi sprofonda. Questo non fa nulla agli amici della collina, hanno un Sole più magnifico tra loro: la Rivelazione di Dio attraverso gli insegnanti.

2. Il principe Su-el-Kambynos viene richiamato presto al mattino. Malvolentieri se ne va con il suo stretto seguito. Muriel dice cordialmente: “Sii solo consolato e va in pace per la tua strada. Gli ammutinatori che si sono insinuati nella tua truppa accampata presso Bezer, per cui vieni chiamato, non vengono da lontano. Li caccerai senza spargimento di sangue”.

3. “Senza…?”, costantemente lottando contro la natura che a loro nega certe cose, rende i figli del deserto più duri che la gente che abita in un giardino, come lo è in parte Canaan. Si china congedandosi e…: “Seguo l’Indicazione di Dio”. Il ringraziamento è portato da alcune parole profondissimamente sentite, in contrasto al suo genere vivace.

4. Muriel ed alcuni altri cavalcano con lui fino alla strada del commercio. Di tutto il meraviglioso, questa è la cosa più bella che i madianiti conservano in sé come un santuario. – Al ritorno incontrano una strana truppa. Un uomo maledice ad alta voce la scorta che lo conduce. Sono amorriti. Proprio ora sente come uno di loro dice: “La Palma si rallegrerà!”

5. Jedothun ride istintivamente. “Andiamo! Aiutiamo! Ho anche pensato...”

- “Tienilo per te adesso”, lo avverte Muriel, “qui è un caso diverso”.

- “Aha, ecco perché sei venuto con me”, dice il principe Jizri. “Perciò, per questo era prioritario l’accompagnamento degli amici come un caro obbligo”.

6. Elam scuote la sua testa. “Come mai obbligo? Quand’anche, un caro? Voi, …davanti al Trono di Dio…”, sussurra, “…dovete appunto dire solamente ciò che deve succedere. Non avete obblighi verso di noi. All’opposto, è il caso”. – Gli si dà ragione.

- L’angelo sorride soavemente. “Elam, conservati fino a sera; ora agiamo noi”.

- L’incatenato, vedendoli, grida: “Aiuto!”.

- Gli amorriti, appartenendo al Patto, danno subito spazio. Il comandante ha riconosciuto all’istante gli israeliti.

7. “Signore”, si rivolge questi al principe Jizri, “costui portava con sé un rotolo di Jabin, rivolto al vostro Consiglio. Lui mente di averlo trovato. Inesperto nel leggere, voleva portarlo a un superiore per farlo esaminare. Questo mi sembra marcio”.

- “Vedremo; portalo qui da noi”, dice Jizri.

8. Si sceglie uno spazio circondato da pini. All’uomo, spinto qua in modo rude, Muriel, che conduce la trattativa, dice: “Siediti in mezzo al nostro cerchio, di fronte ai miei occhi”.

- Il prigioniero obbedisce malvolentieri. ‘Chissà se il comandante è un giudice. Da dove viene? Non gli rimane tempo per inventarsi una salvezza’.

9. Muriel chiede già: “Su incarico di chi, sei un corriere?”. I corrieri erano messaggeri e spie comprate.

- “Per nessuno”, mente l’uomo.

- Muriel diventa più aspro: “Non ingannarmi!”

- “Non appartengo davvero a nessuno, io…”

- “Sei presso Jabin, non è vero?”

- Allora scintilla negli occhi del corriere: “Se hai bisogno di un messaggio…”, mentre scivola verso Muriel.

10. “Resta là! Non ti compri la libertà. Meno di un anno fa hai usato Israele contro Jabin, per cui al paese fu caricata l’inaudita durezza”.

- “E’ lui?”, il comandante salta avanti come una pantera. “A morte!”. Si può comprendere la sua ira; anche gli amorriti erano stati molto oppressi.

11. “Trattieniti”, avverte Jizri, “il nostro giudice deciderà la faccenda con giustizia”.

- “Glielo si vede in faccia”. Il comandante incrocia le braccia in segno della sua sottomissione.

- Muriel gli fa cenno di avvicinarsi. Viene malvolentieri; pensa quasi come il corriere: ‘Si può solo obbedire’.

12. Muriel, senza distogliere i suoi occhi dal prigioniero, dice: “Sesalab, come comandante vali molto, ma ti mancano ancora altre cose”.

- “Signore!”, Sesalab sopprime il tremore della sua voce, “come mai mi conosci? Non ti ho mai visto”.

- “Sì, sai, viaggio molto nel paese; a seconda di chi viene ad avere a che fare con me, mi posso mutare. Non mi hai ancora visto, ma io ho visto te; già spesse volte”.

- All’amorrita scende la mandibola dallo stupore. “Lo comprenda chi vuole”, mormora.

- “Più tardi, caro amico”, lo calma Muriel. “Non ti devi preoccupare di questo qui”, indica colui che è accovacciato nel cerchio.

13. Muriel si rivolge di nuovo al corriere: “Confessa!”

- La risposta è un balbettio, la faccia è pallida.

- Muriel esige il rotolo.

- Uno, gettandosi dinanzi a lui, glielo dà.

- “I tuoi piedi servono per stare diritto”, dice Muriel. “Non amo la sottomissione; è un’erba cattiva. Fedeltà, amore, dove serve, anche obbedienza, sono i segni di un autentico uomo, il suo migliore adornamento”.

14. “Ti piaccia parlare!”, dice Sesalab con crescente stupore. “Questo è un insegnamento”.

- “Quindi siamo amici”, risponde Muriel, “lo stesso i tuoi uomini”.

- Ogni amorrita desidera ora di stare al posto del comandante. Lieti ascoltano l’udienza del tribunale, a loro qualcosa del tutto estranea.

15. “Un certo Zalman aveva questo rotolo”. Gi israeliti si stupiscono come lo stesso Zalman, che lo doveva portare al loro alto-Consiglio, è venuto in altre mani. “Il corriere ha concluso un patto con Zalman”, chiarisce Muriel, “soltanto, che Zalman è più astuto, e lo ha lasciato andare là dove per lui era troppo pericoloso. Se n’è già andato oltre tutti i monti, con un grosso sacchetto, ottenuto da Delajah, da Jabin e da Sisera. Ma anche lui sarà colpito da una spessa sorte”.

16. “Aha, solo un piccolo cane”, pensa Sesalab, “lo si può lasciare andare”.

- “No”, risponde Muriel, “solo di fronte a Zalman è un nano. Non è bene di confrontare un uomo, anche un malfattore, con un animale”. insegna benevolmente. “Chi lo fa, poi alla sua anima resta attaccato qualcosa dell’animale nominato, …perché ha abusato come un’insulto.

17. Facciamola breve. Da te non si riesce ottenere nulla, sei bloccato dalla paura. Per contare le tue cattive azioni, non è inclusa la resa dei conti. La Luna dovrebbe fare due volte il giro nel Cielo. Vai come bracciante, ma sei… Ah, svieni? Comandante Sesalab, sostienilo, deve tenere aperti gli occhi, perché non li ha mai chiusi quando commetteva un crimine”.

- Sesalab stesso accorre con un amorrita, e malgrado il divieto, di tanto in tanto cade un aspro colpo.

18. “Hai sperato che non ti scoprissi perché nei confronti di Zalman ti ho chiamato nanerottolo; sì, …lui ha messo te e Jabin nella tasca. Anche altri”. Muriel allude a Delajah. “Tu sai anche leggere perché sei lo scrivano di Jabin, inoltre, quello segreto”.

- Tutti si spaventano. E’ questa la possibilità…?

19. Muriel lo conferma: “Lui porta il triangolo irregolare dell’idolo Milkom di Ammon, mangiatore di bambini. Perciò gli ammoniti stanno dalla parte di Jabin, l’unica tribù del paese lungo il Giordano. Solo i siriani e i filistei stanno dalla sua parte. Se gli si tolgono i suoi vestiti, senza colpetti”, ammonisce Muriel, “trovate questo segno inciso sul suo petto”.

20. Una fascia di afflizione giace nella grigia polvere. Il segno! Che c’è da fare ora? Non è bene uccidere semplicemente lo scrivano di Jabin, ancor peggio lasciarlo andare. Jizri si riprende per primo. Quale guida, …che con noi c’è un insegnante del Cielo! Chiedendo grato com’è da procedere, guarda Muriel.

- Costui ordina: “Lasciate che si vesta”.

21. Dopo che lo scrivano, tremando e bagnato di sudore, nonostante la frescura, si è buttato addosso i suoi vestiti, Muriel fa i conti. “Oltre ai peggiori malfatti, tu stesso hai ucciso venti innocenti, di cui tre donne, e tutto intorno hai reso povera molta gente. Infatti, quello che il tuo cattivo Jabin non poteva inventare di cattiveria, glielo hai insufflato tu.

22. Tu volevi portare questo rotolo a Delajah, quello falsificato. E’ imperdonabile, perché hai colmato quella lacuna che il tuo Jabin ha lasciato aperta. Sisera giace nella tua bilancia. … Lui non è certo uno buono, ma più sopportabile che uno della tua specie. Perché solo tu hai istigato il tuo Jabin a distruggere il suo generale. Vedremo chi sarà distrutto per primo!

23. A sud di Elath abita una tribù. Costoro non uccidono, ma nessun prigioniero ne esce mai. Devo farti portare da Jabin, oppure da loro?”

- Un grido agghiacciante, uno che l’uomo aveva sentito sovente e senza alcuna emozione dalle vittime che lui aveva consegnato a Milkom. Lì dove uno muore per giorni nelle fauci dell’idolo, …senza pietà.

24. Una compassione ignota muta il volto di Muriel. L’uomo si trova tra questa compassione del Cielo e la magra giustizia del mondo. La Luce irradia rafforzando la sua benedizione. Uno dopo l’altro, vi si rifugia dentro, supplicando di cuore che l’orrore voglia rimanergli risparmiato, anche se la iena umana non merita compassione.

- “Scegli! Il nostro tempo è scaduto, …e pure il tuo”. L’uomo non riesce proferire suono.

25. Allora Jizri si alza e, del tutto dato alla guida dell’angelo, dice: “Principe giudice, ti prego, lascia decidere me per lui. Tu intendi la stirpe degli aelaniti presso l’acqua dallo stesso nome, dove ha le sue tende. Dev’essere una rimanenza della catastrofe di Noé e si sarebbe separata da coloro che non ne volevano imparare nulla. Mandalo lì; perché dato che sapevi di questa tribù, allora certamente sai del perché sarebbe meglio mandarlo lì”.

26. “La Luce ti ringrazia”.

- Jizri si sente strano. “Ah, tu, guardiano del Cielo”, sussurra, “che cosa fai con me? Tu ringrazi, mentre…”.

- “Sii soddisfatto”, suona al suo orecchio. “Stanotte con Debora e con la vecchia tribù avremo delle buone sante ore”. Poi continua ad alta voce:

27. “Il principe Jizri ha deciso! Io confermo il verdetto, grazie alla funzione come incaricato del mio Re. Sesalab…”, il comandante piega il suo ginocchio, “…tu lo porti senza maltrattamento fino a Beth-Harem dove è accampata una parte dei tuoi. Là incontrerai due giovani cavalieri stranieri che ti chiederanno dell’uomo dal segno. Lo consegnerai a loro ed avrai fatto il tuo dovere. Dopo ritorni alla Palma sulla collina; là, tu e i tuoi uomini verrete inseriti alla truppa principale”.

28. Anche se per buoni motivi, Sesalab è ora muto come la spia. Molte cose si trascinano nella sua mente, ma nessuna parolina dalla sua bocca.

- “Non fa niente”, Muriel gli batte sulla spalla. Lui saluta gli amorriti con buoni auspici e benedice senza una parola il prigioniero. La gente parte.

*

29. Sulla via del ritorno si tace. La vicenda ha sconvolto gli israeliti; meno per la cattiveria di uno, molto di più per via del trattamento del Cielo. Solo salendo la collina, Bichras mormora: “E’ incomprensibile, che sia stato aiutato. Ora, …che ne sappiamo noi? Quando si tratta di un’anima, l’alto-Signore guida sovente su sentieri che a noi vermicelli saranno riconoscibili solo nella Luce”.

30. Sorridendo su com’è il modo dei figli del Cielo, Muriel dice: “Quei vermicelli che, senza dubbio, riconoscono il Dominio di Dio, e da ciò – non facilmente – lasciano operare il riflesso della Misericordia divina, l’Alto li ama e Gli sono cari. La via di riscatto dei cattivi sarà amara; e Jabin (così) è privo del suo ‘secondo cervello’, come considerava il suo scrivano. Questo lo ha sostenuto diabolicamente nell’essere dell’inferno. Si è trattato di togliere un Asmodi al Topheth. – Ora comprendete che cosa si è svolto.

31. Ve lo avrei potuto dire; ma a Dio è più compiaciuto che Bichras sia giunto all’esclamazione del cuore. Su di voi cade perciò la ‘Benedizione particolare’, di cui si è già parlato”.

- Nel frattempo sono arrivati in alto. Gioiosamente salutati, coloro che sono rimasti a casa raccontano che quei ladri che volevano rubare il giardino dell’amico (cap. 3,62-70) ed avevano cercato di spargere qui, nel luogo, odio e menzogna, sono stati catturati e “messi in marcia verso la Filistria”. Non si faranno rivedere mai più.

32. C’è ancora molto da mettere in ordine. Presto Debora potrà comparire davanti a tutto il popolo come giudice. Da quando operano gli insegnanti, sono corsi dei raggi attraverso tutto il paese. Ci si risveglia, non soltanto perché Jabin si trova sulla lama del rasoio; in genere aumentano i desideri per una giusta guida. La fatica di Jizri, per anni, è stata veementemente sabotata da Delajah.

33. Dopo un buon pasto, Bichras riferisce dello scrivano.

- Debora dice: “Ho visto stare seduto il serpente, ma prenderlo alla coda, era pericoloso, perciò ho aspettato quando lo scorpione era da uccidere con l’aiuto di Dio. Non l’uomo”, aggiunge lei rapidamente quando alcuni mostrano il loro stupore, “intendo solo il pungiglione”.

34. Lei alza pregando le mani: “Onnipotente, Santo-Alto, che ci hai adagiato nel puro Amore, Ti ringraziamo! Come PADRE operi su di noi, magnificamente hai guidato nel difficile tempo coloro che volevano incontrarsi, ci hai preso alla cara Mano, hai superato l’abisso che si spalancava fra noi e gli altri popoli, attraverso la Tua Grazia. Ci hai posto qui, uno nel pensare, uno nell’agire; prima, amico e nemico; …adesso, figli Tuoi!

35. Le Tue Grazie elargite non si possono contare sempre; ma ci basta che TU conosca i numeri. Tieni nella Tua mano onnipotente l’inizio e la meta della nostra vita; e nuovamente basta, quando passo dopo passo sappiamo la direzione e il corso, ma TU abbracci tutto con il Tuo sguardo. A Te, Signore, Santo-Alto, sia ringraziato, sia la l ode, gloria e onore”.

36. Nella preghiera Debora ha dimenticato l’ambiente. Ognuno se n’è lasciato trasportare. Dopo si stupiscono che gli angeli stanno aspettando alla porta, le mani incrociate sul petto, i volti irradiati. La loro solennità è così lontana dalla Terra, che nessuno parla, finché non arrivano di nuovo alla tavola.

37. Gli sguardi di Debora li interrogano: ‘È verità come ho creduto di percepire?’.

- I due insegnanti annuiscono, in più, una parola riconosciuta da pochi: “EGLI era qui!”

- Allora lei si copre il viso con il suo delicato scialle. Rimangono ancora due ore fino alla cena, e Zuriel comincia di nuovo:

38. “Gibbar ha ricordato i dieci anni prima che Debora venisse nella scuola del Cielo. Lei era giovane; nessuno l’avrebbe neppure ascoltata, figuriamoci se avesse pesato la sua parola. Inoltre, il tempo non era maturo. L’Alto aspetta volentieri. Qualche volta Egli ritira la Sua mano dalla maniglia, se qualcuno si volta comunque, prima che Egli lasci agire un destino meritato da sé.

39. Matthanja pensa che Dio sapesse appunto, quando sarebbe da svelare un destino. Su questo regno, così tanti insegnamenti, quanto l’umanità fa dei passi. La Terra è una vite nella Vigna di Dio. A volte un uomo fa già spuntare un acino. Un grappolo somiglia alle stirpi oppure ai popoli. Dio manda i Suoi angeli che vanno a prendere i grappoli, persino ogni acino, tutto ciò che si è lasciato maturare nella Luce della verità di Dio.

40. A volte gli acini maturati diventano pure cattivi, e se ne trovano molti agresti nel raccolto. Appunto per questo il Signore del Raccolto non abbassa subito la maniglia; Egli fa risplendere ancora una volta la Sua Grazia, immeritata, come si chiama ed è anche così. Solo il Creatore mette nell’immeritato una meta, la cui Magnificenza nessun uomo sopporta, né la Sua Grazia né l’Indugio della Sua resa dei conti. Intanto, vi basti sapere questo. Anche Gibbar si è inventato qualcosa di buono”.

41. Costui come Elam, è di umore allegro. Con ciò smussa qualche cattiva punta. Anche adesso (Gibbar) dice divertito: “Per me le cose vanno meglio che ad Elam; lui stesso ha dovuto riflettere, quando stava accanto ad un insegnante. Se ciò che io ho pensato, viene descritto già prima come buono, allora non finisco certamente male”.

- Elam minaccia, …gli altri ridono.

42. Zuriel dice: “Il buon umore è un dono con cui ognuno che non lo sacrifica a nessun innebriamento dei sensi e vaneggiamento, può fare molte cose buone. Prima, Elam ha usato erroneamente questo dono, come avviene in genere nel mondo. Per questo la giovane anima non viene punita, se, come Gibbar, Elam ed anche altri si lasciano maturare più tardi nella Vite di Dio”.

43. “Cari amici”, dice Gibbar, “è proprio perfetto con la giovane ragazza. Quale vecchio si sarebbe lasciato dire qualcosa da lei? Il Signore prevede il tempo migliore. Tuttavia, dieci anni mi avrebbero oppresso. La nostra Palma non si sarebbe potuta rovinare nella gioventù? Lo avete appunto sentito da me, che insieme all’umore sono stato un agreste e un maturo solo ora; inoltre, soltanto dall’incalcolabile Grazia dopo la magnifica preghiera di Debora.

44. Ho pensato, quando Mosè salì sul Sinai per ricevere da Dio i dieci Comandamenti: magari, che Debora ha vissuto una Legge, anno dopo anno, guidata dalla Mano paterna dell’Alto, ed attraverso la propria nobilitazione della sua anima. Io urto sovente contro cose che incorporano una cifra di Dio, ma esamino seriamente se è giusto. Finora non mi è rimasto aperto nessun esempio. In sè nessuna faccenda secondaria; solo ciò che è da portare nel santo collegamento ciò che il Creatore ci rivela attraverso la Sua Opera attraverso la natura.

45. “Me lo lascio volentieri confermare”, Gibbar guarda grato gli angeli, “che i Dieci Comandamenti ricadono sul tempo d’attesa. Con ciò avremmo la conferma che nel nostro povero, amarissimo tempo, come finora del tutto ignoto, viene al timone una donna, per questo scelta altamente da DIO stesso.

46. Ci sia ancora aggiunto: – Un giovane, che altrimenti varrebbe poco per un uomo nella carica e nella dignità, Barak, è stato il primo che ha potuto trovare la strada per Debora; lui ha riconosciuto il suo spirito e si è precipitato di colpo nel ‘flutto di Luce’. Lui ha dimostrato che vi si poteva nuotare ed ha portato i più anziani alla giusta riva. Anche per questo sia il nostro ringraziamento al Santo-Alto”.

47. Ci si scambia su ciò che hanno sentito. Confrontano i tempi d’attesa con i Dieci Comandamenti, ma parecchi lo considerano audace.

- “Non sarebbe bene”, come l’intende il principe Jzri, “di inserire lo spirituale troppo nell’immagine del mondo”.

- Infine ciascuno spera che gli insegnanti del Cielo diano la spiegazione.

48. Muriel illustra: “In genere le cose terrene non sono da adeguare a nessuna rivelazione. Purtroppo gli uomini osservano troppo poco i punti di contatto che dalla Luce penetrano nelle più piccole faccende secondarie. Ma che cosa è per il Creatore una faccenda secondaria? Certamente ciò che riguarda questo mondo, che sprofonda con la morte terrena e non lascia ad un’anima nemmeno un’unica briciola di pane. Essa arriva affamata nell’aldilà perché ha visto ogni essere e ogni vita solo in modo naturale.

49. Nel Cielo non vi è nessuna cosa per cui almeno un raggio venga mandato nella materia. Se i raggi si disperdono anche – adeguati alle onde – come fili sottili, la cui magnificenza e Forza la percepiscono solo degli uomini risvegliati alla Luce, sono comunque da comparare con il vostro Sole, la cui luce e calore fluiscono senza interruzione, sia che ve ne accorgete oppure no.

50. Il simbolo dei dieci anni descritti finemente da Gibbar riguarda i Dieci Comandamenti, cosa che Debora ha riconosciuto più tardi. Se qualcuno, ovunque sia, sta nell’alta funzione, allora l’esegue per la Benedizione solo quando come base per il fare ed omettere, vale per la Legge di Musa (Musa = il nome di Mosè a volte pronunciato).

51. Non domandate prima, se i Dieci Comandamenti siano applicati ovunque. Io vi dico che essi sono considerati nella Luce! Là non si ha appunto bisogno di ‘Non uccidere’. Là è detto: ‘Non devi separarti dal tuo Padre-Creatore’. Perché senza il Suo Spirito, senza Luce, un essere vivente è senza quella Vita che solo da Dio garantisce l’eternità.

52. Dunque, può splendere la fiaccola di Elam che ‘arde ai quattro angoli della Terra del Creatore’. Nessuna scrittura dà finora un’istruzione da cui si possa cogliere qualcosa. Per tale mancanza sia menzionata un’indicazione; infatti l’amico Elam non deve certamente fallire”.

- Un madianita interviene allegro: “O buoni insegnanti, sui quali devo riflettere fino alla mia morte, vi spingete così vicini, persino con la vostra natura. Naufragio! Ah, questo suona – hm – anche di buon umore”.

53. Muriel ha una reazione a questo: “La vostra epoca vi induce a malinconia ed oppressione. Sarebbe meglio irradiare, invece della malinconia, l’autentica serietà in tutto lo sconforto, per la confidente calma. In tal modo i vostri pesi diventano più leggeri e non premono più troppo. Sì, con la serietà, la pacatezza e la fiducia in Dio, si trova un quarto: vincere il peso.

54. La malinconia offusca la visione; la fiducia in Dio rende gli occhi chiari, quella ragione con la quale si deve trattare. Ma ora vieni, Elam, stai volentieri accanto a me”.

- “Ebbene sì”, veleggia lui con tre lunghi passi attraverso la sala, “in questa conoscenza che anche là mi raggiunge la tua Luce, se stessi ad uno dei quattro sconosciuti angoli dove deve ardere la fiaccola”.

- Per questa conoscenza, Muriel gli stringe la mano, ed Elam dice:

55. Di ciò di cui è fatto il mondo non sappiamo molto; ancora molto meno del Cosmo-Luce. Comunque sia: regni la serietà e la fiducia in Dio! Nella pacatezza, da ascoltare al momento giusto ciò che è necessario sapere, affinché impariamo ad affrontare ciò che manca. E’ giusto così, amico Muriel?”

- “Precisamente!”

56. “Alla mano di Muriel trovo appunto i quattro angoli e la fiaccola. La fiaccola più meravigliosa è il mio Dio, il mio Signore, Santo e Redentore. Così lo chiamava Mosè. La redenzione – ognuno voglia credere ciò che vuole – interessa unicamente l’anima, che una volta si è allontanata dal Padre Creatore e poi è precipitata nel suo povero abisso”. La fiamma di Elam arde altissima, e nessuno che non si lasci illuminare da essa.

57. “Si dice”, continua senza fiato, “che la nostra Terra finirebbe oltre il mare. Non m’importa se ha certamente un bordo, nel tempo e nell’essere, come l’uomo che sta al bordo della sua vita quando gli fa cenno l’angelo della morte. Il mondo – fin dove è esplorato – non ha però mostrato da nessuna parte un angolo del quale si possa dire: ‘Qui finisce! Là comincia!’

58. Abbiamo sentito: Inizio e fine nella Mano di DIO; direzione e corso come nostra via. Questi sono quattro angoli della nostra vita. Però ci sono altri quattro pilastri, sui quali – se lo riconosco bene – arde la Fiaccola di Dio. Si chiamano Pensieri di Potenza, Parola, Azione e Conseguenza. Questi stanno così distanti l’uno dall’altro, fin dove giunge una Creazione. Su queste arde una Fiaccola[6], che è LUI stesso, il maestoso incendio che arde attraverso la Sua Opera, l’illumina e la vivifica e, con ciò, la tiene nella Propria mano.

59. Anche noi irradia la Fiaccola, ci racchiude nei quattro Pilastri di Dio. Debora dice: ‘incalcolabile Grazia’ ed io aggiungo: ‘incalcolabili Opere che stanno fra i quattro angoli’. Dipende dal fatto che edifichiamo nel cuore una capanna (Esodo cap. 26) in cui il pensiero, parola, azione e seguito diventano una vera Arca dell’alleanza con i quattro angoli e su ciò l’Ariel di Fuoco.

60. Allora siamo collegati con il Santo-Alto-Dio e non vi è nessuno che ci strappa dal Recinto. Racchiusi così nelle Opere del Creatore, racchiudiamo in questo modo il nostro Creatore nella capanna del cuore, prodotta da fiducia, amore, riverenza e dalla fede. Voglia il nostro Padre della Misericordia darci la Sua benedizione”.

61. Da dove ha avuto Elam questa profonda visione? Gli occhi degli angeli scintillano chiari di gioia, perché un uomo si avvicina al mistero di Dio.

- Per Debora non è comunque nulla di nuovo ma, felice, prende la mano di Elam e dice: “La Fiaccola di Dio ti ha irradiato. Hai spiegato tutto magnificamente”.

- Muriel lo conferma. Anche su questo tema si discute per un po’.

62. “Ora tocca a me”, Salthiel si alza dignitosamente.

- “Rimani pure seduto”, Jizri sposta bene la sedia all’anziano, “sono già curioso cosa porterà la vendetta. A me non va’, anche se Dio ha detto: «La vendetta è Mia, Io voglio contraccambiare»” [Deut. 32,35].

“Questa è un’altra faccenda”, risponde Salthiel, “voglio solo parlare di quella dell’uomo Lamec”.

63. Annuisce tra sé e sé. “Il mio vecchio cuore ha avuto la sua gioia nei discorsi di Gibbar e di Elam. Per il mio, ho bisogno dell’aiuto del Cielo, perché si cerca quasi sempre di pareggiare l’essere umano mondanamente. Questo è un abisso nel quale possono cadere comprensione, amore e perdono. – Si cominci con la Forza dell’Alto.

64. Vorrei solo menzionare brevemente l’antica storia. Caino, fin dove si sa, fu il primo omicida. Ha certamente ammesso il suo peccato e se ne è pentito; soltanto, la sua cattiva azione non fu eliminata con il pentimento. Da questo, dalla linea carica di colpa di Caino, viene Lamec, il quinto membro, che per via della sua brama di vendetta ha fatto parlare molto di sé di quanto era scritto a margine.

65. In vista all’antenato omicida la sua vendetta è sbagliata, in più, che non retribuisce nello stesso modo una ingiustizia fattagli. Lui cade nella colpa di Caino. Lamec era famoso mondanamente, un padrone di molti uomini, terreni e animali, cosa che lo ha reso arrogante. Voleva essere intoccabile; ognuno lo doveva riconoscere, ognuno piegarsi impaurito davanti a lui. Si arrabbiava di più, quando veniva riferito qualcosa alle sue donne.

66. Uno lo aveva colpito; se giustamente, sia lasciato lì. Il figlio ha aiutato ed ha causato a Lamec un bernoccolo. Per questa cosa insignificante, Lamec ha picchiato a morte il figlio e il padre. Per vanità offesa! Ma non basta. Lui usa la parola del Signore dopo l’atto di pentimento di Caino (Gen. 4,13) e moltiplica la sua vendetta secondo il numero, che vale per il santo Perdono. Qui si conferma l’opinione di Gibbar del simbolo delle cifre, che il Cielo conia anche per la materia.

67. Può essere che Lamec possedesse un forte tratto caratteristico come avo. Ma se ci spostiamo nella fase introduttiva, allora ogni furfante, ogni ladro e ogni assassino potrebbe dire: ‘Non ne posso niente, i miei avi hanno fatto così’. Lo si dovrebbe considerare, in particolare per uomini giovani, non maturati, che si possono ancora educare e piegare, naturalmente più con amore e pazienza che con durezza, che rende timidi i giovani smarriti.

68. Ma Lamec era un uomo maturo, abbastanza vecchio per essere responsabile per tutto ciò che ha fatto. Ma a lui non interessava l’alto insegnamento di Dio, quel diritto con il quale il Signore ha perdonato al fratricida la sua colpa, mentre questo Lamec per via di un paio di bernoccoli ha subito abbattuto due uomini.

69. La cosa vecchia dev’essere sepolta, ma non ciò che ne è stato. Che cosa? Di fare lo stesso al prossimo? Oppure persino ancora sette volte secondo il numero di Dio? No, oggi una vendetta viene esercitata innumerevoli volte. Non escludo Israele, che per un uomo ha rovinato sovente tutto un popolo, anche se qui si dice che lo avrebbe ordinato DIO (es: Numeri cap. 31).

70. Solo un uomo attaccato al mondo potrà aver detto questa cattiva, ingiusta contraddizione. Ma se poi sia giusto, che per una cattiva parola i madianiti hanno ricevuto un colpo mortale, lo potrà spiegare meglio Dio, anche i Suoi angeli. L’uomo anziano indica questi, inviati da Lui per la nostra salvezza.

71. Ora viene di nuovo un grave punto di svolta. Jabin ci ha schiavizzato per vent’anni. Molto sangue è corso nella sabbia. Israele vuole esercitare vendetta, e noi ci schieriamo. Nel tempo di Jabon sono morti migliaia di uomini, la nostra gente ed anche altri. Quale vendetta sarebbe quindi da esercitare? Quella di Lamec? L’indomata brama di vendetta nel sentimento umano?

72. Io l’ho soppesato di notte: ‘C’è da evitare il versamento di sangue?’. Quasi per niente; a meno che…”, come chiedendo, Salthiel supplica: “…DIO ci preceda! E se vogliamo il bene, …le orde di Jabin non risparmiano nessuno. Ma come travolti da un’acqua selvaggia che diventa ancora più potente più precipita nell’abisso, la vendetta del popolo per il popolo, se questi crescono come fin dall’Egitto siamo cresciuti in numero, o…: quando sarebbe da fermare una vendetta? Quando mai si potrebbe esercitare il perdono al posto della vendetta, la gentilezza al posto dell’odio, al posto della brama di retribuzione l’amore per il Cielo? Quando? …lo chiedo.

73. O angeli di Dio”, esclama tremante ed agitato l’anziano, “dite, se e come si cerca, malgrado le spade, il pareggio senza vendetta, senza odio! Si può amare Jabin, che non conosce né vuole l’amore? Voglia preservarci il SIGNORE, che dall’omicidio di Caino non diventiamo omicidi di battaglia, né spargere oppressione e retribuzione dall’ingiusta vendetta di Lamec, la cui acqua selvaggia un giorno inonderà tutta la terra”.

74. Non ne può più. Da lui irrompe paura e afflizione da nuova colpa, nella quale cadranno i popoli, dopo notti di lotta. Ora la sua forza è esaurita. – Zuriel adagia già l’anziano al suo cuore.

- Salthiel si rialza di nuovo lentamente. “Chiedo perdono”, sussurra, “vi ho spaventato”.

- “Ma no”, respinge Gibbar cordialmente, “ci hai risvegliato; e questo era necessario. Era buono”.

75. Sì, …a tutto si è pensato nel senso migliore; ma nessuno, eccetto Debora, ha pensato ai pericoli di genere animico e fisico che porterebbe nuovamente con sé una guerra. Forse per questo lei voleva rimanere sulla collina.

- Lei si precipita sconvolta dal suo paterno amico, nasconde il suo volto nelle sue mani, singhiozzando senza parlare. Allora Muriel si reca in mezzo a tutti, e lo si guarda grato come coloro che sprofondano, ai quali fa cenno un’immancabile salvezza. Lui dice da giudice, annunciando un libero verdetto:

76. “Amici, la tristezza è nobile, cioè la volontà di colui cui il mondo cattivo è un obbrobrio. Se avete pensato alla guerra, alle catene che cercate giustamente di sfilare, allora qualche sospiro si è sprigionato dal petto. Ma se a voi è venuto l’aiuto di DIO, non credete che nonostante il tributo del mondo non sarebbe da evitare la spada? Nel Consiglio dei sacerdoti avete visto che cosa può fare uno di noi per dare la vittoria alla giustizia. Senza ingiustizia il peggiore è stato allontanato e per lui sono stati toccati due buoni uomini”. Muriel intende Arthasus e Jedothun.

77. “Ma tu, sorella mia”, lui alza Debora che, inginocchiata a metà, ha ascoltato, “devi preoccuparti di meno. Qui nel vostro mondo l’animo di donne nobili è più sensibile di quello dell’uomo, che è anche collegato con un santo simbolo. Il fratello Salthiel ha lottato per un intero mondo per paura; perciò la sua parola è stata benedetta dalla Luce, e si vedrà che cosa porterà con sé la benedizione”.

78. Ci si spinge intorno agli insegnanti come agnelli intorno ai pastori. Zuriel dice: “Ora Arthasus con la sua domanda porterà anche contemporaneamente la risposta”.

- Salthiel chiede ancora: “Muriel mi chiama fratello; ho pensato che già come amico saremmo progrediti bene attraverso il vostro aiuto, come è stato possibile in questi giorni. Il dire ‘fratello’ non si applica per questo mondo. Noi… io…”.

79. Zuriel risponde: “Muriel chiama ‘sorella’ la Debora, allora voi uomini potete essere nostri fratelli. Oppure no?”

- “Debora, sì, lei è matura; noi, oppure io, invece, abbiano ancora da imparare”.

- “Finché impari, Salthiel, fino ad allora l’anima cresce, e su di lei domina lo spirito. L’uomo – se vuole – impara il molto in gioventù, il meglio nell’età. Quest’ultimo comincia nel modo giusto solo dopo la morte terrena”.

- ‘Di questa si rallegra l’anima mia’, pensa Salthiel.

80. Arthasus, portando semplici abiti dopo l’uscita dall’alto-Consiglio, voleva lasciarsi istruire. Invece… Non gli rimane più tempo per esaminare, viene già richiamato. Lui cammina veloce come Elam, al fianco dell’angelo. Là percepisce un calore che lo circumfluisce soavemente. Su di lui viene sicurezza; per questo, un ringraziamento nel cuore, e comincia:

81. “L’indicazione di avere fra di noi degli angeli di Dio, è venuta al momento giusto per lo sgravio di ciò che ci preme. Per me è un lume appena acceso. Ho avuto ribrezzo quando Artham ha parlato colmo d’odio del cavaliere-angelo, con il cui aiuto Gerico sarebbe stato devastato.

82. La storia lo indica; se il vero motivo e il perché venne inviato un angelo, mi era da tempo un sasso sulla via. Non si deve amare il prossimo come se stessi? Quando si uccide un prossimo, allora allo stesso modo il Comandamento, più giusto la Benedizione del Comandamento, è per se stessi? Se DIO ha ordinato di giudicare Gerico con l’aiuto dell’angelo, allora il luogo dev’essere stato maturo per avere il giudizio a causa della sua cattiveria com’era statu con Sodoma e Gomorra.

83. Non vorrei essere stato al posto di Giosuè che ha riportato la spada del patriarca, forse, una come la possiede Muriel”. In lui si nota uno strano movimento. Più spaventati che sorpresi lo si nota in lui. Ma si mostra solo la fine benignità che si ama in ambedue gli angeli. Arthasus continua dopo un breve arresto:

84. “Ora la penso così: – Se, come con Giosuè, nel riflesso anche da noi, …vengono gli angeli di Dio per portare un Giudizio, allora gli uomini sono liberi da responsabilità, che altrimenti avrebbero da portare come fautori. Ma il pensiero ha un grande buco. Dipende in effetti dal fatto se gli uomini rimangono solo gli esecutori del Verdetto di Dio, oppure se nella loro libertà fanno vanto della loro azione e superano la misura di diritto di Dio.

85. Ma se DIO è il Conduttore del Giudizio, e inoltre un angelo co-opera visibilmente per gli uomini, come potrebbe avvenire un’aggressione? Ecco che manca la ferma opinione, perché riguarda il cattivo operare umano. Quelli che infrangono il Giudicare di Dio, agendo contro il Comandamento dell’amore per il prossimo, sperimenteranno su se stessi il Giudizio del Signore.

86. Su Giosuè si legge: «Io, il Signore, ho dato Gerico nella tua mano». Di conseguenza, Dio stesso non voleva punire come una volta Sodoma e Gomorra, che giaceranno per ogni tempo del mondo sotto l’acqua. Ma Gerico è stato riedificato e furono salvati coloro – come poi Lot e le sue figlie – che dal patriarca erano ancora pii e credenti, non avendo sacrificato a nessun Milkom, a nessun Kamos (Kamos, idolo principale dei moabiti).

87. Se Dio avesse punito con la propria Mano, Gerico non si sarebbe più rialzata, mai avrebbe più proceduto da essa un popolo, non ne sarebbe uscito mai nessuno, nemmeno noi israeliti! Perciò Dio, secondo la Bontà del Suo genere, ha lasciato operare solo quel Giudizio, quanto era da mettere nella mano di un uomo.

88. Quale Grazia che è venuto l’angelo di Dio! Non per l’estirpazione della città gravemente rovinata, …solo affinché Giosuè sapesse impiegare la misura del diritto datogli. Non di più, ma forse nemmeno di meno. Su ciò non posso decidere e non so se le cattive azioni non avrebbero permesso di meno. Ma il principe del Cielo conserva la Giustizia.

89. Nessuno può affermare che un uomo può giudicare e rovinare l’altro su ‘incarico di Dio’ solo per rovinarlo, che volesse uccidere, …per Artham, persino con e senza angeli. Per lui è lo stesso, lo conosco. Mi stupisce che Artham non sia dovuto andare con Hattus; lui è ugualmente cattivo. Naturalmente”, Arthasus si schiarisce la voce, “nemmeno io sono stato buono, anche se qualche operare nel Consiglio dei sacerdoti mi era riprovevole.

90. Sono così contento, che Dio mi abbia condotto su questa collina; anche su un Sinai sul quale Egli si è rivelato nella Bontà paterna. I Suoi angeli ci hanno portato la Sua Parola. – Di quel che sarebbe da dire ancora di più profondo, se ne incarichino i due insegnanti. Aggiungo ancora la richiesta: ‘Voglia Dio donarci la Sua Grazia di comprendere il Suo Governo, anche se su certe cose la nostra benda non vuole sparire subito. Riverenza, amore, fede e fiducia siano sempre i quattro pilastri sull’Arca dell’alleanza dei nostri cuori; allora l’Alto entra volentieri da noi e noi siamo presso di Lui nel Suo Santuario di Luce”.

91. Questo è stato esposto bene. “Non manca davvero nulla”, dice Zuriel con pura gioia del Cielo. “Esiste di certo un santo motivo che chiarisce la domanda, del perché il ‘buon Dio’ punisce qualche volta fino alla fine, come con il diluvio di Noè, oppure come eseguito con Sodoma e Gomorra.

92. In questo mondo succedono molte cose, che agli uomini non sono mai pienamente da rivelare. Incarnati nella materia, manca un senso con cui il più terreno è anche da considerare spiritualmente. Ma ognuno si può conquistare una ‘sensazione’, che per il tempo della vita terrena è sufficiente per riconoscere nel modo migliore tali cose, appunto, fin dove è possibile.

93. Voi lo avete raggiunto e in questo siete saliti quasi fino all’ultimo gradino nella conoscenza possibile sulla Terra. In questi giorni avete conquistato molto di più di quanto potete sospettare. – Ma ora, Debora, prepariamo una tavola, i tuoi ospiti e anche la tua servitù sono affamati”.

94. Dice un superiore moabita: “Ci sorprendete continuamente con la vostra stupenda naturalezza. Mi vergogno dopo questo alto pasto del cuore di pensare al corpo, ma ammetto...”

- “...affamato?”, ride Barak. “Se lo dicono gli insegnanti, non dobbiamo vergognarci”.

- Il principe Jizri loda: “Così va bene, ragazzo mio; perciò, su, e utilizzate il tempo”.

*

95. Appena hanno mangiato arriva un corriere. Su-el-Kambynos chiede gli uomini disponibili di radunarsi a sud del Jabbok dietro le sue colline. Non israeliti, manda a dire. Ammon si era staccato da Jarmuk e avanzava lungo la cresta della collina. Inoltre chiederebbe l’indicazione, nel caso gli alti insegnanti e la Palma avessero altre idee. Ci sono più di trenta uomini dalle tribù.

96. Muriel risponde alla domanda: Partite subito. Ma portate con voi solo la metà delle guardie di strada. Jabin osa un attacco attraverso Ammon, per togliere dall’est i ‘fannulloni’, come lui li chiama, per poi colpire l’Israele scoperta. E’ incerto, se i fannulloni non si schierino comunque con Israele. Non ha importanza la scaramuccia, ma Su-el-Kambynos ha bisogno di rinforzi, perché la sua truppa principale è accampata a sud nel deserto e non è abbastanza veloce di accorrere sul posto”.

97. “Magnifico, avere tali aiutanti!”. Bichras sospira a cuore lieto. Con una parola di benedizione degli angeli e con i saluti agli amici sul Giordano, quivi armati, la schiera se ne va galoppando. Si sente ancora a lungo lo scalpettio dei zoccoli.

 

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Cap. 9

La visita del SIGNORE dell’Altura

Il magnifico Insegnamento dei sette gradini della vita

1. I sette amici, in più Kis-Abda, Sallumin, Arthasus e Jedothun sono radunati, insieme agli angeli. Inconsciamente, si conversa involontariamente con un tono sussurrato. Si è esteso qualcosa di solenne. Proviene dagli angeli, …oppure perché non c’è nessun pagano tra loro? Si rigetta quest’ultima cosa. Ma con ciò non è ancora chiarito del perché sono come trasognati.

2. Per questo Debora percepisce una vibrazione che la rende sì beata, ma anche timorosa. Vede il cambiamento degli angeli. Erano così vicini agli uomini. Ora c’è un muro, qualcosa di inavvicinabile che si è spinto fra loro. Lei esamina: ‘Dipende da noi perché noi, da israele, non abbiamo fatto abbastanza per i nostri fratelli pagani? Oppure è insufficiente il collegamento con il Santo-Alto?’.

- Ma Zuriel interrompe la sua muta indagine: “Arriva un ospite”.

3. Il cuore di Debora batte forte. E gli uomini? Oh, …su di loro cade il peso del silenzio, il peso dell’annuncio dell’ospite, del quale vorrebbero presagire: UNO, sta al di sopra di tutti gli uomini! Ma chi…? Non stanno anche gli angeli al di sopra di loro, nella loro gentilezza, nel loro aiuto, …purezza e maturità del loro spirito?

4. Questi lisciano i loro abiti, anche se non vi è nulla da lisciare. “Che cosa ci comandate?”, chiede piano Debora.

- “Niente da comandare”, si gira Muriel. Ma ad un tratto si accorgono tutti quanto è diverso il suo volto. Nella maestosa bellezza, una severità, che calma da lontano dalla terra e, non angosciato, il volto del principe del Cielo risplende.

5. E lui dice nuovamente: “Niente da comandare! Noi andiamo incontro al nostro ospite. ‘Nostro ospite’ è inconfondibilmente sottolineato così: “Siamo noi i Suoi ospiti, di Colui che arriva!”.

. “O fratelli”, esclama Debora, “portateci con voi se, …è possibile! Resteremo dietro di voi, solo per poter andare incontro all’Ospite che visita la mia casa. La mia casa…? Ah, no, è la casa dell’alto-Signore”.

6. Zuriel la conduce fuori; fa cenno agli undici uomini. Charkros aspetta nella sala, sempre pronto. Muriel gli ordina: “Tenete indietro la vostra servitù, solo in modo tale che possa essere chiamata. Tu stesso tienici aperte le porte”. Charkros preme alla bocca l’orlo dell’abito dell’angelo.

7. Su casa e collina si inarca in alto l’incalcolabile esercito di stelle. Tutto intorno è un profondo silenzio di una notte. Lontano, nell’est, arde una meteora verso la Terra. Oppure, …era qualcosa d’altro? Una luce, che nessun sole, per quanto grande, …sa dare.

8. Poi sta salendo un uomo. Il suo mantello scintilla. Nessuno in questo tempo porta di notte un mantello bianco. Avvicinandosi, si mostra la sua magnifica alta statura, la cui dignità può benedire, anche aggravare. E il volto? Somiglia a quello degli angeli. Che sia un’altro? No, perché Zuriel e Muriel non aspetterebbero così solennemente l’ospite, come se…, come se… Ma il volto non si può ancora vedere. Una buona mano impercettibile copre i loro occhi per la loro salvezza.

9. Charkros ha acceso delle fiaccole presso la casa, ha riempito anche nella sala le lampade con del petrolio, ed aspetta, non aggravato come gli altri. Lui è felicissimo, che dalla ‘cara Palma’ arriva ancora un alto aiutante. Come si va incontro a questo ospite, dev’essere qualcuno contro il quale persino il suo amatissimo Su-el-Kambynos dev’essere un ragazzo. Questo, il fedele servitore se lo dipinge così. E sente la bassa voce dire: Figli, sono venuto per entrare dove cuore e casa servono la buona causa. La migliore causa è la fede e il servizio per Dio! Questo si dovrebbe trovare qui!”

10. Zuriel e Muriel si inchinano ‘…come steli maturi quando li piega il vento del raccolto’, pensa il profeta (Matthanja).

- Gli angeli danno la risposta: “Signore dell’Altura, Ti salutiamo. Tu vieni per concedere la Potenza della Tua protezione a coloro che servono il Creatore nella libertà del loro spirito. Qui c’è la casa che Tu hai eletto; quivi dimorano servizio e fede, che ora vuoi contemplare. Ma noi testimoniano: ‘Il Signore dell’Altura non viene qui solo per vedere ciò che Egli sa dall’Eternità, Egli viene per indicare a coloro che sono proceduti da Lui, che Egli sta loro vicino, come un uomo non può quasi percepire’.

11. Inoltre, qui non c’è nessuno che si crede abbandonato, anche se, dal pericolo, saranno inondati dalle afflizioni. Ti prego: entra! Tutti sono venuti davanti alla porta; nessuno ha aspettato che Tu entrassi. Tutti lo sanno: Dio li sta comunque anticipando. Egli è il PRIMO sul piano. Allora volevano venirTi incontro, come un Dono per il Creatore, per condurTi in casa come il migliore Ospite”.

12. “Questo Mi piace molto”, risponde la Figura davanti alla quale Debora vorrebbe volentieri accasciarsi a terra. Ma la voce la lega.

- Debora e gli uomini attendono, in ascolto.

- L’Ospite ancora sconosciuto, nel frattempo, dice ancora: “Sì, questa è una buona casa, lo vedo; ci abitano persone buone”.

- La donna sente questo e si precipita in avanti, s’inginocchia, supplicando, tremando:

13. “La casa è indegna, indegno anche il mio cuore di ricevere il Signore dell’Altura! E …noi”, indica gli amici, “…siamo figli del Creatore. Perciò vieni, o alto-Ospite; e con il Tuo ingresso, purificaci tutti”.

- Gli uomini s’inginocchiano dietro di lei, quasi non più capaci di pensare. Solo l’anziano Satheil, sostenuto da Bichras, ha piegato profondamente la schiena. Non lo sorreggono più le ginocchia.

14. Ma l’Ospite dice già: “GuidateMi in casa”. Porge la Sua mano a Debora, che la rende sommamente beata.

- L’altra prende Salthiel al braccio, i cui occhi traboccano. “Ci guidi dentro Tu”, mormora sconvolto.

- Davanti gli angeli, così il Signore dell’Altura cammina nella casa sulla terra della Terra. Presso il servitore Si ferma:

15. “Bene per te, fedele. Hai conservato la Luce; e il servizio in questo luogo è una ricompensa, pagata in anticipo. La tua padrona te lo spiegherà”. Che anche lui riceva una Parola, strappa Charkros quasi in due. Muto, con passione innata, afferra l’orlo del mantello, l’ultimo lembo; toccare di più gli sembra oltraggioso.

16. Una grande sedia mai usata – una volta vi era seduto il più alto-Ospite di Debora – oggi Charkros lo ha spinto in avanti, come se qualcuno avesse detto: ‘Questo è il posto d’onore’.

- Zuriel e Muriel stanno presso la porta come due guardiani. Si avvicinano cautamente le sedie in uno stretto cerchio. Già suona la profonda, calda Voce attraverso la sala, la Parola della Luce agli uomini nel mondo:

17. “Siete turbati; non sapete cosa significa la Mia venuta, neppure, Chi sono? Aspettate ciò che vi dona la sera. Vi sentite arretrati come quando il Signore ha parlato con Abramo e Sara o come Melchisedec presso la grotta con gli uomini[7]. Sì, …sono venuti degli angeli, pensate voi; ma, …il SIGNORE? Il vecchio alto tempo di Grazia è già svanito da molto? …Lo vedremo…”, suona caro, “…se prima deve venire il Signore, oppure se Egli non dimora già con voi, non riconosciuto e perciò non visto.

18. I figli di Dio nei loro tempi di lavoro e di prova non sono lontani da Lui. Meglio: EGLI è con loro. Egli può appunto essere vicino. Che cosa ne pensi tu, figlia?”. L’Ospite si rivolge a Debora.

- Diventata rosso ardente, vorrebbe di nuovo gettarsi giù, ma un cenno della Mano la tiene diritta.

19. “Quando sono seduto, lo può fare ognuno. Anche gli angeli. Oppure, …come? Nel Santuario dovreste stare sempre in piedi davanti al Creatore?”

- “No”, Muriel dà la risposta con riverenza. “Quando Egli ci parla, allora siamo seduti dinanzi al Suo volto sulle nostre sedie (Dan. 7,9). Solo i comandi vengono accolti in piedi. E se sono da eseguire, allora voliamo più veloci di quando sono fulmini di pensieri”.

20. “Questo Mi è lodevole”, dice l’alto-Ospite. Appoggiato alla porta sta il servitore. “Va a chiamarlo di venire qui”, viene indicato a Zuriel. “La sua fedeltà lo rende maturo; e questa è meglio che la conoscenza, che nasce solo dall’intelletto”.

- Charkros, si gira chi sarebbe da andare a prendere. Quando Zuriel gli fa cenno, scuote la testa: “Dentro risiede un alto Regnante”.

- Zuriel risponde: “Quando il Re ha bisogno di te, un fedele servitore deve subito seguire”.

- Incerto, se ha inteso, Charkros si gratta dietro la testa. “Fino alla porta”, ammette. “Io sento come un falco, e odo il comando non appena il Regnante mi ordina”.

21. L’Alto indica uno sgabello. “Siediti, Charkros, altrimenti sei più alto che tutti noi”.

- Allora lui aveva ragione, quindi…

- L’Ospite fa un cenno cosicché Debora dia una risposta. La donna, altrimenti così risoluta, comincia prima timorosa. Solo lentamente la sua voce si consolida durante il discorso:

22. “Già da piccola i genitori mi hanno insegnato quella fede che il Creatore si trova ovunque, che Lo si può incontrare in tutte le cose miracolose, che appunto attraverso se stessi, lodano il Maestro come Opera del loro Maestro. Tuttavia, …è diverso poter vedere LUI, che i soli seguono come cagnolini, poter vedere Te, Signore dell’Altura. Così Ti hanno chiamato gli angeli.

23. Forse, …l’alto-Signore voleva incontrarci in TE? Comunque sia: io credo che il Signore è ora con noi, come Te, nostro meraviglioso Ospite. Se da ciò sorge un ‘più’, perché hai parlato benignamente del ‘Dono della sera’, sia lasciato all’Alto, al Quale metto tutto nelle Sue mani: gli amici, la nostra causa, me insieme a tutta la mia casa”.

24. “Questo si lascia ascoltare! Zuriel, il Portatore della Fiaccola della Sapienza, può appunto dare ancora una parolina su ciò che serve ai figli di Dio sulla Terra”.

- ‘Ho temuto, che il mio pensiero fallisse’, riflette molto vergognata Debora.

- Zuriel spazza via i suoi dubbi con la sua buona indicazione.

25. “Sorella mia, hai pensato bene per questa Terra. Visto dalla Luce può certamente significare: ‘Lascio tutto nella mano del Creatore’. Non esiste nulla che non venga dalle Sue mani; e ancora nulla che non rimanga in esse! Chi vuole mettervi qualcosa, lo dovrebbe creare lui stesso oppure averlo arbitrariamente tolto prima.

26. Indipendentemente da questo, che nessuna delle due cose è possibile, dei senza fede possono rubare qualcosa dalle mani del Creatore, tuttavia solo ciò che viene concesso nella libertà limitata. Ma un giorno questi giungeranno alla conoscenza che, comunque, ciò giaceva nella mano del Creatore, altrimenti ci avrebbe schiacciato insieme al peso.

27. Dio non si lascia strappare nulla! Quello che uno cerca di prendersi con violenza, viene consegnato. Questo – ricade nel settimo Comandamento – lo deve riportare un ladro di Luce. Ah, quanto sarà amaro! Dovrà cercare Dio, la Cui via ha abbandonato con orgoglio. Dovrà chiedere di aprire le Sue mani per accettare senza timore ciò che Gli ha voluto strappare. E’ dubbioso se l’Alto lo farà subito. Altrimenti, allora il ritorno sarà insufficiente, e non dipenderà da Dio se il richiedente lo chiederà inutilmente.

28. Da questo l’insegnamento: ‘noi diamo tutto nelle Mani del nostro Creatore’! Voi non pregate mai, per quanto possa suonare onesto, ‘sia rimesso nelle TUE mani’. Voi pensate, parlate ed agite così: ‘Padre della Misericordia, la nostra vita giace nelle Tue fedeli mani; qualunque cosa succeda, noi lasciano tutto in esse, che ci guidino sempre provvidenzialmente, che benedicano sempre la nostra esistenza’.”

29. Oh, il buon insegnamento. Così famigliare e, …nuovo.

- Matthanja, seduto accanto a Zuriel, gli stringe muto la mano. Lui, il veggente, vede la maestosa Luce. Soltanto la pia anima trema: ‘Questo sarebbe troppa Grazia’.

- Debora pensa umile: ‘Il mio insegnante che Dio mi ha mandato una volta, mi ha indirizzato su un nuovo gradino. Avrei comunque dovuto trovarlo da me stessa, ma sono ultrafelice che dalla Luce è venuto il nuovo gradino’.

30. “La figlia Mi dà gioia! … Tutti insieme!”, sottolinea l’Ospite quando gli sguardi timidi degli uomini chiedono: ‘E noi?’

- “Matthanja pensa alla troppa Grazia, se Dio fosse davvero fra di loro.

- “Spiega che cosa è da intendere sotto troppa Grazia. Voglio aiutarti un poco in questo, se oltre ogni misura, non importa di qual genere, sarebbe un bene, venendo dalla Bontà di Dio”.

31. Matthanja guarda il Signore dell’Altura, come se avesse bisogno di Aiuto. Fervido fruscia il ringraziamento dall’anima pura: “Signore, Tu sei venuto come una volta Dio da Abramo. Qui la differenza: che presso di noi non c’è nessuno che sia degno come lo era Abramo, a parte Debora. Ma DIO l’ha piantata per noi nel giardino selvaggio di questo tempo.

32. Non spetta a me di spiegare a TE, al Signore dell’Altura, se da troppa Grazia risulta una qualche ultramisura. L’Altissimo non la conosce; non della Benedizione, nemmeno …della punizione, che da Lui opera sempre in modo salvifico. Dio dà anche sempre ciò di cui ognuno ha bisogno: Nella luce, agli angeli; nella materia agli uomini. In più, i poveri esseri che dapprima hanno da imparare di darsi al Padre-Creatore, il Cui nome è ‘Santa Misericordia’.

33. Posso parlare solo dal nostro punto di vista; perché Tu sei venuto da noi, Figura di Luce dalla maestosa Luce di Dio!”. Matthanja dice questo appena da sé. Lui stesso non sa precisamente che cosa può annunciare il suo spirito. Nel Potere della Rivelazione ognuno cresce nella vicinanza di Dio.

34. “Nei nostri confronti la misura della Bontà e della Giustizia è una ultramisura immeritata, perché il peccatore ha dapprima da supplicare il perdono, prima che da aspettarsi un Dono. La differenza sta in questo: ‘Dio, è il Donatore dei Suoi Doni, e l’uomo è il ricevente’. Ti prego, dimmi se ho percepito bene”. Matthanja stende pregando le due mani.

35. “Certamente dal tuo punto di vista. Rimane solo da esaminare se il Signore dona la Grazia, se risulta una ultramisura fra Lui e voi. Con ciò sareste sopraffatti. Oppure no?”

- “Allora il mio pensiero sarebbe sbagliato”.

- “Non fa nulla! Sono venuto per istruirvi, cosa che non sarebbe quasi necessario se sapeste tutto. Nemmeno gli angeli più alti sanno tutto…”, entrambi vengono colpiti da uno Sguardo santo-caldo, che non sfugge agli uomini, “…e perché?”

- “Perché altrimenti non avrebbero un gioioso vivere”, risponde Muriel.

36. “Sì! La gioia che il Creatore dona, culmina nella parola che opera fra di loro. Facilmente è da ammettere che è Dio il Donatore, ma voi i riceventi. E l’insegnamento, cari figli degli uomini, è la Parola più bella, che Dio sa dare sempre. Ma ancora qualcos’altro sulla buona visione di Matthanja.

37. Tuttavia ora il Padre non parla a tutti gli uomini, ma soltanto a voi. Ci sarebbe inoltre da esplorare, se anche in questo caso agisca anche una ‘ultramisura di Grazia immeritata’. Che ne pensi, Mio Matthanja?” Il ‘Mio’ preme beato sul cuore.

- Soltanto, la porta non è ancora del tutto aperta, nessuno vede ancora del tutto la Luce.

38. Matthanja china il suo capo: “Se il Signore dell’Altura domanda, allora confesso: ‘Vi è una ultramisura, cioè non quella che io intendevo prima’. Ebbene, noi tutti serviamo…”, ‘Te’, gli è sulla lingua, “…Dio, per quanto riesca bene al nostro genere umano. Voglia Egli essere soddisfatto di noi nella Sua gentilezza. Nondimeno, nella Sua Gentilezza, non è contenuta contemporaneamente l’ultramisura?”

39. “Così sì, come lo dici tu, persino dalla Luce. Si tratta solo di conoscenza superiore. Un immeritato è sempre quel grado, secondo il quale il Signore misura il Dono. Egli dà prima la Forza della Vita per lo sviluppo e la conoscenza. Questo non lo può da sè nessuna creatura, perché – almeno nell’inizio della vita – è ‘temporale’, ma il Creatore ‘senza tempo’, eternamente nella Potenza, quale il VIVENTE!

40. Tuttavia, Egli, dalla posizione della Sua Creazione, direbbe sempre: ‘È la Mia Grazia, la Mia Forza, che vi dà tutto! Dov’è un merito che voi MI potete indicare?’, che cosa ne avrebbe Lui? Nulla, oppure almeno non molto. Il poco sarebbe una propria Gioia di guardare le Sue Opere. Ma nemmeno da queste Gli verrebbe l’eco della gioia, senza la quale può scomparire anche la cosa più bella, generata nelle creature-figli.

41. No? Voi, Miei cari: Dal solo-rapporto fra Creatore e creatura, viene ogni ultramisura, radicata nella gioia sulle Opere! Da ciò – ricordatevelo – il Creatore ha adeguato e pareggiato Sé e la Sua Creazione. Egli è disceso tre gradini verso l’Opera ed ha elevato l’Opera di tre gradini. Tra Lui e il Suo popolo-figli, che Egli si è creato per la somma Gioia, si trova un solo gradino. Questo unico gradino rimane per conservare la Sua Gioia, dalla quale proviene la Beatitudine dei figli.

42. La Mia Gioia crea la beatitudine come eco dall’Opera, che in ogni tempo dà la risposta al Creatore. Su questa base, superati i sei gradini[8], non regna nessuna ‘ultramisura’ e nemmeno nessun ‘immeritato’. Il Creatore ha generato nelle creature, oltre ad un indispensabile divenire, anche il divenire in modo libero. E da quest’ultimo è da aspettarsi che le creature meritino anche da sé il Dono o la Grazia senza ultramisura.

43. Su questo regna il ‘libero Dono di Dio’, che dona sempre nuova Forza per nuovo creare. Appunto da questo risulta il gradino intermedio, quello che ‘Dio sta più in alto! Questa Grazia non si può riconoscere terrenamente, la impara a riconoscere solo lo spirito. E non ha nulla ha che fare né l’ultramisura né l’immeritato. Perché:

come il PADRE dalla Libertà del creare serve le creature,

così il figlio deve servire dalla sua libertà il suo CREATORE!

44. Voi chiedete del significato dei sette gradini e del perché sei sarebbero stati eliminati. Il Creatore avrebbe potuto mettere le Sue Opere magari subito sul menzionato gradino intermedio. Ebbene, ci occupiamo dapprima con la seconda parte della domanda, perché allora la risposta alla prima parte sarà più facile da riconoscere.

45. Dopo l’Insegnamento si riconoscerà quanto buono sia il primo gradino, appunto, quello dello sviluppo. E ancora: ‘Esclusivamente nella Volontà del Creatore stanno tutte le Opere, irremovibilmente sul gradino del loro divenire!’, e in ciò non ci vuole nessun cambiamento, nessun elevare e nessun giungere in basso, perchè le Opere dalla Santità del Padre-Creatore sono ‘santificate’, cioè complete (Gen. 2,1).

46. Diversamente è lo scopo delle Opere. Qui, pure la domanda: ‘Che cosa ne avrebbe ben il Creatore, se le Opere nella data completezza fossero già fin dal principio perfette come lo è LUI stesso? Nulla, che vedere Sé stesso in loro! Ma Egli non ha bisogno dello specchio per sapere chi o che cosa Egli è! Dello scopo, sia detto quanto segue:

47. Il principio dello scopo è lo sviluppo, il divenire condizionato nella struttura creativa. Io ho indicato quel primo gradino, sul quale si trova fondamentalmente ogni Creazione, poiché senza di questo si perderebbe persino la vita nella creatura alla sua Fonte da dove è proceduta. Solo l’Eterno non è sottoposto a nessuno sviluppo. Egli non può sottometterSi a Sé stesso, né ad un principio fondamentale che opera in Lui.

48. Se un’Opera deve diventare vivente, allora è da mettere sulla via dello sviluppo mobile, che si chiama anche quella ‘libera’. In ciò la vita si rinnova quasi da se stessa, soprattutto perché rimane nella mano del Creatore. Nulla è più beato che la sensazione della vita, però nella condizione dello spirito. Tuttavia l’uomo può anche godere la beatitudine della vita nella parte essenziale.

49. Visto da questo punto di vista, osserviamo quanto segue. Le creature sono state elevate per tre gradini. Il ‘rendere accessibile’ di questi gradini procede dal Creatore, la ‘conquista’ dalla creatura. Il Creatore guida lo SVILUPPO, per un terzo come gradino primario per la creatura-figlio.

50. Non arbitrariamente, come pensa Bichras. Questo avviene dalla Volontà di Dio, abituata alla Salvezza. Un terzo di tutto il fare e il non fare, dal condizionato e dalla libertà, rimane riservato alle creature, nel quale si sviluppano verso il punto centrale della vita oppure possono vegetare lontano dal Creatore. Quello che quest’ultima cosa porta con sè, non deve essere spiegato.

51. Il terzo gradino, anticipato, ha un senso più profondo. Questo e il primo somigliano pure ad un terzo, assunto dal Creatore. Nel terzo, che si chiama COLLEGAMENTO CON LA LUCE, deve operare il predominio della Guida, ma dal merito che può portare con sé il secondo gradino. Là si stanno di fronte due Forze: la libera volontà e il libero subordinamento. Da quest’ultimo risulta la spinta verso il centro. Con questo è da raggiungere il terzo gradino dallo sviluppo delle Opere, del tutto particolarmente dalla spinta personale.

52. Chi sceglie la lontananza da Dio – se liberamente oppure no – viene portato con sé attraverso l’intero sviluppo, anche se nella sua piccola cellula vitale ostacola il suo stesso perfezionamento. Infatti, il Creatore non aspetta finché tali siano giunti alla ragione, se nel frattempo tutte le Opere, magnifiche e santificate, possono assumere la ‘Perfezione completata’ dei Giorni della Creazione.

53. Anche queste hanno bisogno di tempo, come l’amico Elam presagisce giustamente. Solo, voi tutti sapete che il piccolo tempo di una creatura – nello spazio in un Giorno di Creazione – è ancora molto meno del minimissimo chicco di sabbia di questo mondo terreno nei confronti di un Sole della grandezza del primo grado[9]. Perciò non dovete essere per nulla preoccupati di come il Creatore manovra tali cose attraverso il Suo Ordine.

54. Sul secondo gradino predomina ‘LA LIBERTA’. Se una creatura si affida all’Altissimo sul gradino dello sviluppo, allora le diventa facile impiegare ordinatamente la libertà; diversamente ne abusa. Ciò che è la libertà di tutte le creature-figli nel Principio del collegamento delle Opere del Creatore, per questo vi manca ancora una Parola da rivelarsi per l’esistenza terrena.

55. Ingarbugliato materialmente, l’uomo crede che sarebbe il privilegio di ogni fare o non fare e non ci sarebbe da presentare nessun conto. Perché – dice – se un Creatore ha iniziato la creatura alla libertà, allora, per male che vada, Egli non la può limitare e non pretendere nessuna resa dei conti per la libertà d’agire.

56. Ma essa sa ciò che è bene e ciò che è male, che seguirà una resa dei conti. Perciò è meglio, proprio dalla libertà, che crei dapprima la conoscenza, tendere al bene per via del bene ed infine solo dalla preoccupazione per la resa dei conti, da cui è anche da evitare il male nello stesso modo da quella etica, che era stata data alla creatura come ricca parte del Creatore.

57. Se da ciò si sviluppa il terzo dovuto all’Opera e, dal proprio, come una farfalla dalla sua larva, allora – come l’animaletto – volerà verso il puro nettare. Le farfalle volano liberamente, ma secondo la spinta della loro piccola entità. Quindi un figlio che si è lasciato sviluppare attraverso lo sviluppo dell’Opera, può cercare in tutta libertà nobili cose vitali come lo sono l’amore e il servire, come ancora dell’altro che va d’accordo con la Luce della Divinità.

58. Il terzo gradino perfeziona la creatura in un ‘figlio del Padre’. Con ciò comincia il proprio sviluppo. Questo non è da raggiungere nella materia, ma certamente su quel gradino della ‘scala di Giacobbe’, che si trova fra la materia e il Regno della luce. Il sostare sul gradino dipende a seconda del tempo della vita materiale, a seconda se un uomo, sul vostro mondo o su altri, si rivolge alla Luce oppure vi si distoglie.

59. In ciò non esiste nessun vero limite secondo Spazio e Tempo. Questo abbraccia la vita nell’insieme, trasferita su ogni Creazione, che è nuovamente portatrice di creature. Questo lo dà il Principio d’Infinità del Creatore. Quanto poco sono da esaurire i Suoi Giorni, tanto meno ogni Vita delle Sue creature, tanto meno lo sviluppo, che è il ‘latte materno’ della Vita!

60. Lo sviluppo secondo Spazio e Tempo del gradino primario non si riferisce ad un ciclo, che conosce unicamente il Creatore. Perché in un tale Egli suddivide i Suoi Giorni di Creazione, con ciò, contemporaneamente, anche la cosa singola di uno sviluppo creativo filiale. E questo è dovuto attraverso la stessa altolocata Perfezione completata in ogni Giorno della Creazione. …”. Ora l’Ospite sorride. “Introduciamo un piccolo intervallo; allora potremo lasciare libero spazio a tutte le vostre domande”.

61. L’Insegnamento fa certamente presagire: ‘Così può parlare solo il Creatore! Gli angeli hanno di certo portato qualcosa di Alto; ma, …ora? Nondimeno, non è arrogante presumere che DIO starebbe seduto fra di noi? Allora la Luce abbia pietà di noi!’. Solo questo brucia. Brucia così forte che non aiuta più niente altro che spezzare l’incantesimo.

62. Sarebbe solo meglio che procedesse anche dal Creatore. L’uomo sa forse, se e quando può saltare la barriera? Gli sguardi di Barak e di Debora s’incrociano e, …un fuoco li spinge avanti. Senza sapere, si prendono per mano, giungono quasi d’un balzo presso il Signore dell’Altura. Dalla fiamma stanno inginocchiati e mettono la loro fronte sui Suoi piedi, che il loro spirito ha riconosciuto, e solo la loro umanità non vuole nominare. Essi, come una persona guardano in alto, come una persona parlano:

63. “Signore, perdona se sbagliamo. Tu stesso sei l’Alto! La Tua Bontà è venuta nella Tua Magnificenza! Ora comprendiamo che i tuoi angeli Ti chiamavano ‘il Signore dell’Altura’. Oh, noi stolti! Non ci doveva ardere il cuore, quando abbiamo sentito questo Nome? (Luca 24,32). Chi può, altrimenti, essere il Portatore del Nome? Il Tuo libero Dono divino ci ha donato questa notte.

64. Signore, Ti possiamo vedere dall’eternità del Tuo Respiro, come un uomo vicino e magnifico. Padre, scompariamo, se non ci aiuti a sopportare questo maestoso Peso di Luce!”. Ammutoliscono. Ma anche muti, negli occhi brillano chiare fiaccole luminose, tutti gli altri guardano il Signore.

65. Ed Egli parla: “Figli Miei!”. Le Sue mani riposano benedicendo sul capo di Barak e di Debora, benedicono ognuno che è attaccato alle Sue Labbra e, …al Suo Cuore. “Non saprei, che cosa vi devo perdonare. Perché Mi avete riconosciuto? Oppure, non subito per giusta riverenza? Avrei potuto dirvi Chi sono, e sarebbe mancato il timore per la Verità.

66. Ma poi”, Egli sorride soavemente, “né voi né Io avremmo sperimentato come il Padre aspetta i figli che dallo sviluppo, dalla libertà e dal collegamento con la Luce, percorrono beati la loro via verso il PADRE. Non credete che a ciò era da sacrificare un tempo? Un piccolo tempo, che però porta grande Benedizione?”

67. “Sì!”, giubila Matthanja, e si precipita in avanti, abbattendo così l’ultima barriera. Il Santo-Alto viene circondato. Tutti s’inginocchiano, presso gli angeli anche il servitore Charkros. Debora gli ha insegnato a riconoscere un Dio. Viene chiamato. Non meno come su ognuno, su di lui riposa lo Sguardo soave; per lui vale la Mano stesa che benedice. Nel frattempo il veggente dice:

68. “Amore compassionevole! Il piccolo tempo ci ha reso capaci di ricevere la Tua grande benedizione. Giubilate! Giubilate, voi angeli tutti, che siete entrati! Noi non ancora sviluppati per la somma Salvezza, siamo circondati dallo splendore dell’Eterno. Come Tu, o Padre, hai preparato tutto così perfettamente. E ora il mondo è sprofondato; ci sei solo Tu, la Tua Luce e la Tua Grazia!

69. Signore, ci manca ancora il perfezionamento nella perfezione di un Giorno della Creazione. Ti prego, insegnaci la seconda parte dei sette gradini; e permettimi di chiedere: ‘Nella dimora del Cielo, potrò amarTI come non mi riesce sulla Terra? La mia più alta Beatitudine sarebbe amare Te per la Tua Gioia”.

- In ognuno arde lo stesso desiderio. Salthiel non riesce quasi a vedere più niente per via delle molte lacrime; e solo Arthasus riflette a non esporsi molto. Se pensa al suo tempo di sacerdote, e il Signore gli volesse chiedere di questo…

70. “Allora va bene; trattiamo la seconda parte, se Arthasus elimina il suo ostacolo, se Sallumin non brucia i rotoli del giudice, e se Jedothun non pensa adesso a Sichem, perché là era stato infedele con gli infedeli. Charkros non deve scuotere la testa di lana; anche lui appartiene a Me come gli altri. E qui pongo la domanda: ‘Esistono altre creature eccetto quelle che il Creatore Si è creato’?”

71. In parte contrito perché sono stati scoperti i pensieri; in parte beato perché la Bontà ricollega i loro fossati, tutti guardano in su e negli occhi al loro buon alto- Signore. Nell’essere imbrigliati in una difficile domanda, gli uomini non si accorgono che con la stessa, Dio nella Sua saggia Bontà ha tolto ogni dubbio. Ma chi darà la risposta?

72. Allora Charkros dice all’improvviso: “Non comprendo che DIO, che viene chiamato Santo-Alto, viene da noi come, …ebbene, come da ognuno. Ho pensato subito che sei un grande Re. Purtroppo non sono istruito, e quello che so, lo devo alla padrona. Ma la mia risposta è questa: ‘Esistono solo creature che il Creatore ha fatto!’ E di questo sono molto contento che anch’io ne posso far parte. Si asciuga di nascosto il sudore dalla fronte.

73. “Ma guardate un po’”, dice il Signore ai Suoi angeli, “quanto grande pensa il piccolo fratello”.

- “Lui non è più un piccolo fratello”, s’infervorisce Debora, “lui è il nostro fedele compagno di casa. Sai, Padre mio, che io non reputo meno, nessuno che sta nel servizio, di quanto stimo gli amici, né me stessa”.

74. “Calma, cara figlia! Vedo quanto divampa in te la fiamma della Luce del Cielo. Doveva essere solo un’indicazione che dinanzi a Me non esistono né piccoli né grandi. Da ciò cerchiamo la via per un ulteriore riconoscere. Charkros ha detto il vero nel senso di una Creazione, senza vedere la loro piena verità, e qualcuno di voi non è tempestivo”.

75. “Posso dire qualcosa?”, chiede Kis-Abda.

- “Certo, figlio Mio. Il tuo discorso può essere quel laccio dov’è da inserire il gancio”.

 - “Lo sai meglio Tu, alto-Signore; e, …per ‘il figlio’, sii eternamente ringraziato”.

- Il consigliere anziano si schiarisce intanto la voce. “Anch’io ringrazio: Considerato dall’insieme, che tutto è venuto dal Creatore, e così sarà eternamente.

76. Ma esistono buoni e cattivi; non penso che sono da sopportare in caso di bisogno, come Tu mi hai a lungo sopportato. Dal Creatore viene solo il Bene! Da dove viene il male? Non riferisco questo, solo agli uomini. Esistono esseri cattivi e mostri, come pensieri o altro in una qualche forma. Poi i temporali che consumano, e tali che purificano l’aria; la pioggia che fertilizza il prato, e nubifragi che annegano il mondo.

77. Ora basta con gli esempi. Tutto il Bene viene da Dio, Ma poi, chi genera il male è l’altra parte della mia domanda. Colui che chiamiamo Asmodi oppure Thofeth è comunque il simbolo del male. Ma se una volta era puro, …perché anche lui deve avere la sua origine dal Creatore, allora è forse solo la Forza che può valere come Thofeth. Tuttavia mi rimane ancora inspiegabile da dove vengono gli uomini e da dove gli esseri cattivi”.

78. “Ben studiato! Ora forgiamo il gancetto che si inserisca nel tuo laccio”.

- Jizri chiede: “Posso dare un po’ di piombo per questo gancio?” Il Sorriso di Dio si riflette in una sommessa risata degli uomini.

- “PortaMi il tuo piombo, figlio Mio; magari diventa pure oro”.

- “Sììì!”. Un suono di giubilo, “Se TU, o buon Signore, prendi il piombo nelle Tue mani!

79. Pensavo sovente a coloro che Ti hanno lasciato. Non abbiamo bisogno di sapere com’è avvenuta la caduta. Ci basta la visione che Satana durante la sua caduta – che deve aver inghiottito molto tempo – si è creata degli esseri sottomessi a lei. Le prime buone Forze vennero tutte insieme da Te; e in questo senso è da dire che per tutte le creature-figli regnavano le Tue Forze di Creatore.

80. Dall’Asmodi venne personalmente il male. Ma le forze della natura – nella Legge dell’Ordine – sono sottomesse al decorso, indipendentemente dal fatto, che il santo-alto-Signore ha impiegato saggiamente il bene e il male. Perciò nessuna pioggia, nessun temporale e simili sono da chiamare cattivi. Cattivo è solo ciò che viene detto, fatto oppure omesso coscientemente. Ma questo ricade sulle creature provviste della forza dell’intelletto e del raziocinio.

81. Una volta mi sono immaginato le Tue Opere, ma non ho trovato né un inizio né una fine. Mi sono chiesto: ‘Come mai che vivo, senza volerlo veramente?’. Infatti, la volontà che tende alla vita, vale in generale come sperimentare; non la VITA stessa, soprattutto nessun uomo si può strappare alla morte. Di notte guardavo al Firmamento delle incalcolabili stelle.

82. Ed ecco, in vista di questa lontana Magnificenza, allora ho capito cos’era la Creazione di Dio: L’INFINITO, una grandezza senza misura! E in esso siamo stati messi noi, piccole cosette, per le quali Dio si dà molta fatica. Mi sopraffa la Grazia di sapere che il Creatore è fra noi”.

- Se si poteva aumentare la commozione, allora, attraverso l’ultima frase di Jizri, a ciascuno batte il cuore nella più gioiosa emozione, il cui motivo è la riverenza.

83. “Hai forgiato bene il gancetto, e inoltre, per questo, hai fornito l’oro. Tuttavia…”, tutti vengono colpiti da uno Sguardo benedicente, “…ognuno ha contribuito, perché dallo sviluppo, ognuno si è dato nella bella libertà alle buone Opere, e di conseguenza ha intrapreso il collegamento con la Luce, secondo la misura di Jizri, che l’ha preso dalla Mia misura di Creatore insieme al:

Io sono con voi!

84. Ora osserviamo i gradini che Io discendo dal Mio Essere-UR, dai figli. Osservate questo: Il Mio discendere non è così come, quando un ricco si china su un povero che giace nella polvere del vicolo. La Grazia, Jedothun, non è clemenza. Lo affermo, perché tu hai pensato che non avrebbe importanza.

85. Sul vostro terzo gradino domina il desiderio di ‘DIVENTARE UNO’ con il Padre. Sul primo gradino Io spargo la semenza su ogni terreno che apre le sue zolle alla Mia Luce e ALLA Mia Benedizione. Se poi ha accolto la semenza, allora sperimenta attraverso la pioggia, come Grazia, lo sviluppo, e tende alla luce, alla Mia Bontà. Allora è compito del figlio sollevare i suoi steli e rendere pesanti le spighe di chicchi.

86. Questo corrisponde al gradino della libertà, da cui è possibile il collegamento con la Luce. In questa successione Io opero dall’Alto, in un maestoso scambio che ora non comprendete ancora. Dapprima esiste la Mia LEGGE! Nella Luce, l’ultimo gradino è la Misericordia. Ma chiedete se nella Mia Legge, che serve per lo sviluppo delle creature, manca la Misericordia.

87. Cercate ed esaminate come volete: ‘In ognuna delle Mie cose, operano tutte le Mie Cose. In ogni Caratteristica, l’altra. La Mia Legge ha per fondamento la Misericordia. Sallumin ha avuto sovente pietà dei piccoli ladri, e li ha lasciati correre. Una buona azione che fa parte della regione della gentilezza. Solo la Misericordia è il Raggio di base del Mio essere Padre, la Compassione solo il deflusso del Perdono! Questo per la correzione. Ma andiamo avanti:

88. Le Leggi stanno sul fondamento dell’Ordine che ha preso la sua Origine dall’Onnipotenza di Dio. Sul primo gradino la Volontà stimola allo sviluppo; perché l’impulso della Volontà è lo stimolatore-UR di ogni divenire. L’Ordine mantiene nuovamente la sua misura e le vie; questo è l’indicatore della direzione, secondo un’immagine, il letto del fiume attraverso il quale può scorrere l’acqua.

89. Questa è la più grande distanza fra Creatore e creatura, contemporaneamente è l’Arco teso, i cui terminali vengono tenuti dalle Mie mani di Creatore. Sotto questo, creato dopo il diluvio di Noé nel segno della Compassione, diventa facile stabilire il successivo collegamento, diciamo: ‘l’avvicinamento’. Ciò avviene dal Creatore sul Suo secondo Gradino verso il basso, e, per la creatura, verso l’alto sul suo secondo gradino.

90. Secondo la Luce ciò significa Amore e Pazienza, perché la Spinta dall’Alto del Creatore come Padre avvia il sentiero verso i Suoi figli. Ma per tutti loro, di fronte alla libertà, sta il Mio alto-Insegnamento sacerdotale, i cui princìpi di base sono la Serietà e la Sapienza. Sì, cara figlia, dimMi pure ciò che pensi gentilmente”.

- Gli occhi di Debora risplendono sempre più chiari e lei dice:

91. “O Tu, nostro caro-alto-Signore! Il Tuo insegnamento è così magnifico! E noi l’abbiamo potuto riconoscere perché per questo ci hai dapprima inviato due insegnanti, i portatori della Tua Sapienza e della Serietà. Del tutto meraviglioso è questo: La Pazienza e l’Amore mettono le briglie alla nostra libera volontà, tuttavia, imparare a non abusare mai della libertà. Perciò presso di Te, dalla Sapienza e dalla Serietà, predomina l’insegnamento come secondo. – Ho riconosciuto bene, o Dio-Padre?”

92. “Molto ordinato!”, Dio lascia giacere per un momento le Sue mani sulle spalle di Debora. “Quindi, …è dato il collegamento fra i Miei insegnamenti e quello degli insegnanti, ognuno ne può ancora dedurre ad un lavoro particolare. In genere lo riconoscete. Il lavoro singolo è lasciato a voi; il Tutto rimane nella Mia Guida per la vostra salvezza, solidamente ancorato a vantaggio delle Mie Opere.

93. Perciò salite alacremente sul vostro terzo gradino; perché Io sono già pronto da tempo sul Mio terzo. Su questo, dove opera il collegamento, ci sono Serietà e Sapienza, quel Riflesso (Reflexivum) che nello scambio e nel principio come Pazienza e Amore, generano la REDENZIONE. Così si chiama il Mio terzo Gradino.

94. Vedete la ‘lontana Magnificenza’, come ha detto Jizri, avvicinarsi sempre di più come una luce che riempie i vostri cuori e lo spazio. La Legge, l’Insegnamento e la Redenzione, stando di fronte a sviluppo, libertà e collegamento, sono le Coppe nella Bilancia. Se sono da pareggiare, risulta dal gradino medio, che secondo la Mia immagine istruttiva è il Mio ed anche il vostro quarto.

95. Osserviamo più da vicino la redenzione. Gibbar è dell’opinione che sarebbe più facile da comprendere che la Legge e l’Insegnamento, dato che l’uomo ne ha urgentemente bisogno. In ciò hai ragione, figlio Mio. Per via della caduta, di cui abbiamo appunto parlato, la redenzione si riferisce in primo rango alla liberazione dall’oscurità, dal peccato, dalla morte dell’anima e dalla lontananza da Dio; tutto quello che è incluso nella caduta della figlia (Sadhana), e insieme a ciò, oltre alle forme d’apparizione naturali, per voi è fondamentalmente la materia. Perché materia significa irrigidimento.

96. Serve un esempio: – Di notte tutti gli animali cercano il loro rifugio, a parte la iena notturna, che è un simbolo della rovina. E di notte si chiudono anche i fiori, si ferma la crescita, in breve: la natura cade nella rigidità. Questo si lascia riferire così al peccato, alla morte dell’anima e alla lontananza da Dio, e lo comprendete senza ulteriori spiegazioni.

97. La redenzione, perché la Mia Parola vale per voi uomini, è persino da considerare dalla base della materia e si estende al vostro terzo gradino, mentre il Mio ne opera ancora un altro. Naturalmente da Parte Mia la liberazione redentrice sta del tutto in primo piano per condurre anche tutti gli smarriti alla Mia Luce. Ma il ‘Principio redentore’ nelle Mie Opere, per questo del tutto indipendente dalla caduta della figlia, significa quanto segue:

98. Il Mio operare creativo e il Pensare paterno vale per la Beatitudine, che non è solo da vivere fino in fondo dopo la liberazione, altrimenti avrei dovuto creare prima la caduta. Questo sarebbe insensato! La Beatitudine dipende dallo sviluppo della Luce. Sì, anche un figlio della Luce si deve formare nella perfezione del proprio io attraverso il compiuto innato in lui, che è coordinato nel Mio Infinito con il progresso della Mia Creazione.

99. La Mia Volontà di governo fa i Miei figli a Mia immagine; secondo il loro genere la Volontà ha generato rispettivamente una parte della libera volontà. Lo sviluppo guidato dal Creatore, dopo la conoscenza conquistata su scopo e meta di ogni Opera di Creazione, viene dato affinché i figli possano continuare a svilupparsi. Ma qui inizia un incrocio di libertà: …per dove?

100. La stessa figlia caduta ha preso in mano il suo ulteriore sviluppo, dopo che la Guida creativa l’ha condotta fino all’incrocio della libertà. Questo indica la via alla redenzione di base, valevole solo nel Regno della Luce, con ciò anche il primo passo verso la Beatitudine. Ma in confronto a quell’uno, tutti i nati nella Luce hanno la loro libertà nell’incrocio di libertà; in più, la loro propria volontà, rimessa nella Volontà sovrana della Mia Entità-Creatore.

101. Non esiste nessuno sviluppo superiore! I fedeli nella Luce si sono lasciati ‘staccare’ dalla loro libera volontà per giungere alle Beatitudini della loro vita nella ‘santa unione con il loro Creatore’, sotto la Sua Volontà. ‘Vita’ e ‘sperimentare’, ‘staccare’ e ‘redimere’, sono i contrasti tra l’Empireo e la materia.

102. Dunque, ancora altro sul Mio terzo Gradino. Giustamente si chiama ‘distacco’, ma per la materia, ‘redenzione’, perché nel distaccarsi dal Cielo avviene quella dall’oscurità. Nell’aspirato collegamento con la Luce, nel quale a vostro vantaggio non ho creato nessun gradino intermedio, si trova il lasciarsi staccare per libera volontà, da cui ne consegue la predetta ‘santa unione’. Quel che porta questa con sé, lo rivela il quarto gradino.

103. Vale per Me e per voi. Salthiel pensa che l’avrei dichiarata come barriera tra di noi. La relazione Creatore-creatura rimane così perché attraverso di essa rimangono tutte le Opere; diversamente si dissolverebbe l’Universo. Ma esistono altri punti di relazione che, nonostante la barriera, possiedono la loro interiorità, di cui fa appunto parte la santa unione.

104. Secondo il tempo di sviluppo non sono da indicare vari punti di rapporto; ma uno sì: ‘Padre-figlio’! Da questo è da comprendere quel difficile esempio: barriere permanenti, nonostante la santa unione. Il figlio Elam pensa così: ‘Qui mi attengo solo all’ultima’. Tuttavia, Mio Elam, dovrai rivedere un poco questa opinione. E qui sia predetto ancora ciò che segue:

105. Il rapporto Creatore-creatura, sulla base della barriera, è la struttura più solida sulla quale sta la Vita! Ascoltate tutti: – Da questo è dato davvero ogni altro punto di rapporto, in particolare quello del Padre-figlio! E ora osserviamo lo stesso sul quarto gradino. Questo significa

EREDITA’!

106. Siate del tutto certi che Io la posso dare su quel gradino medio su cui non osate salirvi nemmeno nel cuore. Tuttavia, …non potete nemmeno salirvi; ma lo potete vedere, potete riconoscere il suo maestoso scopo e prendere i suoi ricchi Doni. La Mia Eredità vale nel confronto dei figli, come qui un uomo può lasciare un’eredità ai parenti.

107. La Mia Eredità per il popolo-figlio non è però sorta solo dalla caduta della figlia; ma Io ho incluso quest’ultima, come la redenzione della materia nel Mio maestoso distaccamento dal Cielo. E qual’è l’Eredità? Oltre al valore interiore, ne ha uno anche esteriore? Che questa non si riferisce al mondano, è da intendere senza indicazione.

108. E’ comunque da annunciare semplicemente: ‘Ho lasciato il Mio AMORE come Testamento’, una volta e per ogni tempo. La Mia eredità ha preso da tutte le Caratteristiche una tipicità; perché nella Luce – a parte l’unica caduta – i fedeli avevano raggiunto quel grado di maturità che li ha fatti unire a Me, anche più tardi da sé, non solo attraverso il Mio Atto di Padre-Creatore.

109. In tal modo fu attuata la santa unione, ma Io non avevo solo concesso loro il Mio Amore, essi avevano visto e aspirato alla Mia natura, non solo al proprio collegamento, …oh no, Io avevo lasciato in eredità al popolo-figlio il solenne Giorno di Sabato. Adesso non ha bisogno di essere spiegato, per questo manca il tempo della maturità. Ma persino in questo mondo ci saranno un giorno dei figli ai quali potrà essere acceso un grande lume[10].

110. La Mia eredità era valida prima che un figlio sia venuto alla Vita! Questa era una Faccenda della Divinità, indipendentemente dal fatto se fosse avvenuto solo un ‘su’ oppure una volta anche un ‘giù’. Infatti, se Io avessi stabilito l’eredità subordinata, avrebbe potuto forse suonare così: ‘I ribelli sarebbero rimasti non considerati, oppure essa sarebbe stata valida solo per la parte germogliante primordiale perché come tali questi provenivano alla pari della Luce-UR’.

111. Certo, Mio Barak, Io vedo come si formerà ogni giorno, ma, …non determino nulla in anticipo! Nonostante la Volontà sovrana, caro Bichras. Bada: la Mia Volontà non voleva predeterminare nulla! In ciò si trovava per voi, naturalmente in eterno, l’incomprensibile Principio del Creatore: dare a tutte le Opere, edificazione, direzione, corso e meta. E tutto nella Libertà della Mia Volontà, il cui piccolo riflesso spetta al popolo-figlio.

112. Qui aiuta la Sapienza a subordinare a Me la Volontà di considerare la barriera (i caduti) come sostegno[11], che unisce la creatura al Creatore. EGLI saprà come i Suoi figli sono da governare in modo beato, e in ciò facendoli camminare e operare nello spazio limite della loro libertà, come ognuno lo vuole.

113. Questo è un punto dell’eredità di cui conservo Io la Magnificenza, altrimenti sarebbe tolta la Beatitudine che è riservata al Giorno di Sabato. Ancora una cosa, …ma non fraintendetela: – Anche i figli hanno prodotto un’eredità, a ME! Non lo credereste quasi; persino Debora che lo dovrebbe sapere. Il mondo toglie molto dalla Luce; e questo è un bene per coloro che s’incontrano con voi, senza possedere la vostra maturità.

114. Può qualcuno lasciare qualcosa a ME, che prima non l’abbia ricevuto da Me? (Rom. 11,35) Dunque, …ciò lo permette il rapporto Padre-figlio. Un’immagine: – Uno ha aiutato un amico nella sua afflizione, nella costruzione della casa, sul campo oppure solo per cercare un animale che era andato perduto. Queste sono buone azioni che fanno parte della regione della gentilezza.

115. Qualcuno ha offerto all’altro un aiuto, glielo ha donato, e l’onesto ricevente è disposto, almeno in parte per quanto gli è possibile, di riprestare, di fare una volta un servizio di aiuto di rimando, oppure ugualmente, a regalarlo.

116. Amore, fede, servizio ed autentica volontà, offerti a Me come al prossimo, questa è l’eredità che si trova sul gradino intermedio. Là s’incontrano, attraverso la Mia Eredità ed la vostra eredità restituita, il Creatore e la creatura nella celeste santa unione, …nel rapporto Padre-figlio.

117. Su questo gradino domina il Mio Rapporto-Ur, per Me e per i Miei figli! La restituzione della libera volontà è la parte più alta dell’eredità-figlio, e non fa di lui nessuna illusione. No! Il gradino dell’Eredità è un eterno Garante:

per Me, in vista delle Mie Opere,

per il Mio popolo, in vista di Me stesso!

118. Ora, figli Miei, vi consiglio che dapprima riflettiate su tutto, e la seconda sera voglio ritornare, cosi che voi potete affidare qualcosa a Me di ciò che preparerà il vostro cuore, qualcosa anche dalla buona fiamma. Su di voi quando sono entrato è venuta la Mia benedizione; e la Mia pace vi rimane, come Io – anche non visto – resto con voi”.

119. Allora si alzano, il Signore viene circondato; si vuole afferrare la Sua veste, le Sue mani, accarezzare i Suoi piedi, e l’alto-Ospite lo permette sorridendo. Il ringraziamento dei cuori segue Dio come un meraviglioso bagliore, visto solo da LUI e dai Suoi angeli.

 

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Cap. 10

Debora, con una parola angelica – Un documento falsificato

buona preparazione prima che arrivi Dio

1. Contrariamente ai giorni di cattivo tempo nella prima stagione delle piogge, oggi il Cielo è limpido. Il calore del Sole viene sovente schermato da bianchi cirri di nuvole. Un giorno per il viaggio come fosse ordinato. Gli uomini di Gerusalemme vogliono tornare una volta a casa. Partendo presto al mattino, pensano di essere di nuovo di ritorno alla sera.

2. “Non sarà troppo per te?”, chiede Salthiel il consigliere anziano.

- “Hm, tremeranno le cosce”.

- “Anche i cavalli”, ride Sallumin.

- “Prendete i miei migliori”, dice Debora. “Li lasciate in Ai presso l’oste Mikloth, lui ve ne darà degli altri; anche Azelo in Michmas ed Asrikam in Gibea. Al ritorno prenderete gli animali riposati, in modo che ognuno riprenda i propri. Non dovete affaticarvi troppo. Vi accompagna Charkros”.

3. Sallumin risponde: “Tu hai più bisogno di lui, è la tua mano destra”.

- “La mano giusta è DIO”, dice lei, “che ieri ci ha resi beati”.

- “Hai sempre una buona parola”, la loda Kis-Abda, “inoltre, del tutto giusta. Ma gli osti, daranno così senz’altro i cavalli delle loro locande?”

4. “Indaga pure”, si infervorisce Barak. “Eccetto pochi, tutte le locande sono le nostre case migliori per gli scambi, per i messaggeri e per la clientela. Dovete solo parlare della ‘Palma’; inoltre conoscono bene anche Charkros”.

- “Allora andiamo, con la mano destra di Dio!” risponde gioioso Sallumin. “Solo, Charkros dovrebbe rimanere; strada facendo troveremo certamente altri accompagnatori”.

5. “Lui andrà a prendere un messaggio da Michmas e mi manderà qui abbastanza gente. Credo anche, che...”

- Matthanja annuisce a Debora, interrompendola, “...domani succederà molto. La cosa più bella, tuttavia, alla sera, di cui il mio cuore ha una forte nostalgia”.

- “I nostri non di meno”, dice Arthasus per tutti e chiede se oggi dovrebbe andare a Silo.

6. La giudice nega. “Rimani qui; anche Jedothun”.

- “Io lo avrei osato. Anche se per andare a Silo è più lontano che a Gerusalemme. Ma io sono un cavaliere forte. Chissà che cosa faranno gli anziani senza la mia sorveglianza. Ma, …se lo vuole Dio?”

- “Certamente”, gli conferma Debora. “E puoi essere tranquillo. Perché senza sorveglianza non fanno nulla, naturalmente, per comodità. Sono contenti di non vederti.

7. Non si battono per un lavoro, per loro un fannullone va anche bene. Solo nella vicina svolta si può ancora staccare il resto dell’intonaco della ‘casa d’Israele’, finché non viene coperto di nuovo. Secondo la Volontà del nostro Santo-Alto le sue pareti interne ed esterne hanno bisogno di un nuovo intonaco”.

*

8. Gli uomini di Gerusalemme partono, mentre gli altri si rendono utili nella casa. Salthiel e Gibbar sono seduti sulla panca di casa sotto il parasole e discutono di ciò che era avvenuto la sera prima. Di tanto in tanto arriva uno degli aiutanti a prenderne parte per un po’. Credono profondamente felici; ognuno dice: ‘La grande Luce, venuta da noi nella santa Notte. Ah, …non lo si può quasi afferrare!’

9. Al pomeriggio arriva un grande squadrone a cavallo. Charkros li ha formalmente spinti a venire: gente della sua stirpe: amorriti e soprattutto buoni ittiti, quelli che sanno ancora dai loro avi del ‘re di tutti i paesi’. Così li chiamava Abramo. Molti hanno servito Mosè, Hur e Giosuè. Gli ittiti stanno quasi uniti dietro la ‘loro Palma’.

10. Il mattino successivo, loro e quelli che incontrano sulla via di marcia, devono formare tre raggi; uno su Zarthan e Mahanaim fino a Jabes Gliead; il secondo su Silo fino ad Abel-Mehola; il terzo su Ramathaim, Samaria fino ad Ataroth. Le regioni a sud sono in mano salda. Il mondano è ordinato bene, per quanto possibile. Ora ‘il Cielo può di nuovo ritornare”, dice Elam interiorizzato, quando sono seduti a tavola per cena. “Domani!”, Debora lo giubila.

*

11. La mezzanotte è vicina quando arrivano gli uomini di Gerusalemme. Erano attesi, ed è pronto uno spuntino. Nonostante la stanchezza a causa della lunga cavalcata e del lavoro, ora raccontano senza sosta. Gli osti salutano con rispetto; le loro case sono colme, non solo di uomini, ma anche di materiale. In Gerusalemme sono stati fermati da molti cittadini; si voleva sapere che cosa era provisto per Silo.

12. “Un grosso pancione”, dice Sallumin, “era irritato perché venivamo da Silo, dove avremmo dovuto aggirarci. ‘Sotto le Palme’, ho detto. In certi occhi si è visto scintillare, quando si è sentita la parola d’ordine. Questi sono poi venuti da me uno dopo l’altro. Per quanto necessario, li ho informati. Gli ‘uomini della Palma’ ringraziano”.

- Kis-Abda aveva vissuto una cosa simile.

13 Sallumin, dopo, chiede a Debora:. “Giudice d’Israele, nel mettere in ordine certi rotoli me ne è venuto in mano uno che mi ha molto meravigliato. Perché…”, indugia, “…ci stava su il tuo nome. E’ impensabile che esistano due Debora. Come ci hai raccontato, sei libera. Per me è uguale se tu fossi sposata; questo non sospenderebbe la tua funzione e non diminuirebbe la tua sapienza. Vorrei tanto sapere, per chiudere necessariamente la bocca ad insolenti indagatori”.

14. Senza indugio Debora dice: “Mio padre era già malato e mia madre bisognosa d’aiuto. Per non lasciarmi sola, entrambi avevano scelto un uomo di nome Lapidoth. Era già anziano; ma mio padre pensava che mi avrebbe offerto una buona vita. Questo era certo. Solo, non potevo amare l’uomo come una donna usa amare l’uomo.

15. Per via della mia giovane età mio padre ha chiesto a Lapidoth di aspettare ancora un poco. A lui stava bene, era commerciante e doveva viaggiare fino a Tiro. Il suo impegno fu un costoso gioiello che non ho mai portato. I miei genitori morirono, come sapete; perciò il rotolo legava ancora di più. Soltanto, …fino al giorno d’oggi, Lapidoth non è ritornato dal suo viaggio.

16. Questo è successo ventidue anni fa. Se vivesse, sarebbe venuto; lui mi amava. Oggi avrebbe quasi settant’anni, allora il nostro matrimonio sarebbe anche solo quello di un rotolo. Lo comprendi, non è vero?”.

- Sallumin annuisce. Per gli amici è nuova la faccenda. Debora l’aveva taciuta.

17. “Ti ringrazio per la tua fiducia. Credo sia meglio che lo sappiano i tuoi amici più stretti. Sì, cara giudice, sono solo lieto che il destino abbia guidato così. Naturalmente mi dispiace che quel Lapidoth se è disperso, …per lui. Ma in questo modo sei una donna pura, un’anima solo sposata con la Luce. Queste è bene per tutti noi. Lo pensate anche voi?”, chiede l’uomo di Gerusalemme a tutti.

18. Questo viene confermato volentieri. Il principe Jizri chiede il perché Debora abbia loro taciuto questo destino. “Non è un rimprovero”, tranquillizza lui quando lei si spaventa.

- “Io lo sapevo”, risponde Salthiel per lei, “ed avevo consigliato il silenzio, …perché un po’”, ride l’anziano. “Mi sento come suo padre, dato che è la giudice di Israele. Meno male che hai trovato il rotolo e lo hai certamente conservato bene”, dice a Sallumin.

19. Costui trae dal suo sacchetto un rotolo. “L’ho portato con me. Pensavo che Debora potesse chiarire la faccenda. A te, il superiore del popolo, lo consegno sotto gli occhi di testimoni. Non deve interessare nessuno. Lo puoi conservare oppure anche distruggere, dato che il matrimonio non esiste”.

20. “Hai pensato al meglio”, lo loda Matthanja. “Perché, se uno trova solo un pelino, l’altro ne fa una pelliccia”.

- “Lo conservo”. Debora ringrazia Sallumin. “Il rotolo mi deve ricordare il brav’uomo. – Ma ora ci saluta la stella mattutina, quindi prendiamoci ancora un po’ di riposo”. Con sentimento le stringono la mano, l’anziano Salthiel, alla ‘figlia’ al cuore.

21. I ‘raggi’ sono partiti prestissimo al mattino. Debora ha dato loro degli ordini che sono da annunciare all’ultimo uomo. Poco dopo arriva coperto di sudore il camerlengo da Madian. Si radunano subito. Prima precipitoso, poi più calmo, riferisce che Jabin ha fatto accampare molte truppe fra Endor e Beth-Sean e che Sisera sarebbe penetrato fino a Sunem, occupando così tutta la striscia.

22. “Mio principe”, continua, “informati se sono da piazzare presto due truppe, ognuna di diecimila”. Dalphon regala a Debora un anello in segno delle forze unite. “Il principe Su-el-Kambynos ha suddiviso il suo potere principale nella pianura del Giordano da Beth-Horon fino a Gerico e da lì fino al Jabbok. Gli si sono sottomessi amorriti, moabiti e tutti gli ittiti. Ci sono anche i gebusiti come israeliti.

23. La nostra intenzione di procedere ora non è sbagliata. Si dovrebbero sorprendere Jabin e Sisera. Speriamo che il vostro capo sacerdote non faccia le bizze e faccia suonare le trombe di guerra. Inoltre, ancora una cosa importante: – L’ho consigliato al mio principe e lui vi chiede di impiegare delle truppe d’avanguardia. Si chiamano ‘fiancheggiatori’. Avete stabilito i vostri piani?”

24. “Sì”, risponde Jizri. “Ieri sono arrivati grandi squadroni. Questi sono stati suddivisi in tre gruppi”. Mostra al ciambellano (Dalphon) un paio di schizzi preparati da Barak.

- “Ah, magnifico! Il mio principe lo ha voluto quasi così. Su!” ordina ad uno dell’accompagnamento, “svelto, ritorniamo al campo! Strada facendo cambio i cavalli, ma mai il tuo mantello, finché questo scritto non è nelle mani del nostro principe”. Il corriere se ne va correndo.

25. Di nuovo indisturbata, Debora dice: “Delajah rulla i tamburi troppo presto; ma da ciò, Sisera viene distratto. Ci rimangono circa quindici giorni. Jabin aspetterà finché vedrà cadere la pioggia. Quest’anno è arrivato tropo presto e una buona parte è già passata. Sarà abbastanza asciutto. Nemmeno il re può aspettare troppo a lungo, questo stanca le sue truppe. Vuoi ritornare ancora oggi?”. Debora pensa alla sua ‘santa sera’, quando vorrà venire di nuovo l’alto-Signore. Ma se c’è Dalphon…

26. “Fra un’ora”, senza sapere le toglie la sua preoccupazione. “Dì ancora se dobbiamo spingerci ancora più a nord”.

- “Fatelo! Formate una mezza luna, da Ramathaim oltre Ai, fino a Bethel, dove vi accamperete lì presso Jabbok, a destra e a sinistra del Giordano. I centinaia di allentati sono impiegati nel senso nostro. Il resto, amico Dalphon, lo vogliamo raccomandare al Santo-Alto. Egli ci dà in mano il diritto”.

27. Dalphon ride imbarazzato. “Sai, giudice, l’essere umano, soprattutto l’uomo, edifica più sull’intelletto. Vale quello che possono afferrare le mani, vedere con gli occhi e… e udire con le orecchie. Una fede come ce l’hai tu e l’insegni, è come una nuvola: visibile, ma, …non afferrabile. Perciò è difficile conservare la tua fede, oppure insegnarla ad altri.

28. Io confido in Dio e metto volentieri le mie piccolezze nella Sua grande mano di Creatore”. Il ciambellano si volta all’improvviso. “Dove sono gli insegnanti del Cielo? Ecco, guardate, venendo qui ho pensato a loro nonostante la preoccupazione, e sono contento del loro insegnamento, pure per Su-el-Kambynos. Non sono più qui?”

29. Matthanja dice di no. Certo, sarebbe stato bene se avessero potuto rimanere. “Sono partiti due giorni fa, ma ritornano, certamente quando ci siete tu e il tuo principe. Muriel lo ha promesso”.

- “E’ vero, ora me lo ricordo. E’ solo peccato, avrei portato volentieri al mio principe una loro parola”.

30. Debora si siede accanto a lui e dice: “Caro amico, hai parlato bene. L’uomo si tiene troppo al solo-dato, a ciò che può afferrare il senso. Pochi sono capaci, non vogliono… notare il senso della vita nelle cose ‘oltre questo mondo’, la realtà che il nostro mondo non conosce. Si tende la mano a cose futili, che esteriormente scompaiono ed interiormente è cavo ed ammuffito.

31. Il Creatore dà molta luce al Mondo della Grazia, che come Dono possiede sussistenza eterna. Con ciò si potrebbero fare molte cose buone. Inoltre, aiuta l’alto-Signore, le Cui cose sono inesauribili, in particolare la Sua divina Pazienza. Persino quando Egli traccia dei confini che una creatura può notare se può continuare a resisterGli, dietro a tali confini di Grazia si trova ancora la Sua incommensurabile Pienezza di Creatore, aperta per noi figli.

32. Conserva questo insegnamento e portalo al tuo principe come saluto dalla, …bocca di un angelo”. Nell’ultima parola c’era un leggero indugio. “Anche come nostro saluto”, aggiunge lei, “perché in questo senso siamo uniti: figli di Dio che Egli si è creato dal Suo Amore”.

- Dalphon prende forte le sue mani. Nella sua barba scintilla una chiara lacrima. Questo è un ringraziamento.

33. Barak ha scritto le parole per il madianita. Costui, abile nello scrivere, si stupisce: “Così svelto riesci a farlo? Quanto sarà contento il principe!”. Ora ringraziando abbondantemente, lascia commosso la casa della collina. Dall’altura lo salutano gli israeliti finché lo vedono.

*

34. Si ritorna in casa. “Strano”, dice Gibbar, “sento il nostro peso che è da portare come responsabilità; ma non ha un vero peso, perché davanti a lei cammina la Grazia. L’Altissimo dovrebbe metterci alla prova, farci sentire il peso, altrimenti non ci affermiamo. Infatti, fino adesso...”

- “...splendeva solo il Sole, pensi tu”, lo prende in giro Elam.

35. Gibbar risponde: “Mostra un giogo che non riusciamo ad affrontare”.

- “Ricordi quando Barak parlava del nuovo giudice, della nuova fede, di Israele inaridita? A noi si sono drizzati i capelli”.

- “Ma non è stato un peso”.

- “Abbiamo litigato per tutto un mese. La sofferenza del popolo diventò il nostro peso. Solo quando restammo davanti al ‘giudice’ come quaglie spennate, davanti alla donna nella quale vedemmo una nobile sacerdotessa, un vero essere umano, caro Gibbar, allora il peso è caduto da noi, …attraverso la Bontà di Dio!”, aggiunge lui solennemente.

36. “In questo senso hai ragione”, conferma costui. “Intendevo solo il tempo nel quale viviamo sotto la grazia del nostro Santo-Alto. Come poco fa: – Solo gli insegnamenti degli angeli, poi con ogni cattiva notizia, subito l’aiuto. Oppure: ieri è venuta la truppa che ci serve oggi assolutamente per indebolire in anticipo la notizia di Dalphons, alleggerendo lui e noi.

37. Ma prima la Grazia: DIO in mezzo a noi come un Uomo, comunque inafferrabile, come se avesse parlato dal Suo Infinitum. E nessun peso. Tutto era avvolto nella Sua Grazia, come la madre che avvolge un neonato in morbide fasce. E …oggi?”. A Gibbar rimane la frase nella gola. Ci si porge la mano in silenzioso accordo.

*

38. Il pomeriggio arriva un peso. – “Una prova”, dice Arthasus.

- Delajah ha dei dubbi sul fatto che il principe Hamer riesca a conquistare del tutto da solo la vittoria, ed ha mandato il messaggio al principe Jizri, che lui, e tutti quelli che erano dalla sua parte, si sottomettessero al principe Hamer, altrimenti sarebbero stati condannati a morte dall’alto-Consiglio. Uno scritto d’oltraggio. Questo era firmato da una serie di uomini, capi del Paese e delle città, e pure una quantità di sacerdoti.

39. Portato in casa del principe Jizri, è stato deviato poi tramite dei fedeli sulla collina della Palma. Lo si potrebbe mettere da parte, se non avessero firmato degli uomini che certamente non sanno ancora nulla della Palma, ma altrimenti starebbero dalla parte di Jizri come attivi avversari di Delajah.

40. C’era il tradimento. Dove? Da chi? La minaccia non spaventa la gente della collina; questo è uno scherzo, come Delajah cerca di spaventare gli indolenti con l’ira di Dio; affinché fluissero ricche offerte nella cassetta del tabernacolo (Marco 12,41). Solo quelli che da poco sono suoi avversari difficili, …come li ha sopraffatti? Non con monete, di questo si è certi. Se ne potrebbe parlare continuamente per un paio d’ore. La loro buona causa è in pericolo; e anche i fedeli.

41. Allora Debora tende di nuovo la mano al rotolo. L’ha soppesato sovente nella mano, indecisa, quale peso avrà. Meno si trovava un punto d’appoggop, più era aumentata la pressione. Ora, leggendo si raddrizza, rosso nel volto. Si vuole già domandare, ma Matthanja avverte di nascosto. Si osserva la giudice pieni d’aspettativa. Il suo piccolo pugno duro cade sullo scritto.

42. “Inganno! Ecco, guardate”, indica più nomi, “questi sono scritti da una sola mano, sono falsi! Me lo immaginavo!”. Non si è mai vista la Palma così agitata. Quello che però qui ha combinato il primo sacerdote, deve far arrabbiare l’animo più calmo.

44. “Dove? Dove?”, si chiede confusi. A Jizri perla il sudore dalla fronte. Quando si confrontano i nomi uno per uno, che Delajah ha convinto: i sacerdoti e di altri, di più di due dozzine solo tre che avevano firmato loro stessi, si distingue chiaramente la falsificazione dei nomi. Perché non lo si è scoperto subito? È solo bene che abbiamo Debora; il suo spirito viene immancabilmente guidato dallo Spirito di Dio”.

44. “Questa era una prova!”, sospira Gibbar.

- “Desiderato? Ma l’Alto ha aiutato”.

- “Dovevamo dubitare della lealtà di molti”, risponde Bichras.

- Quale misfatto si è osato. Si tolgono i nomi falsificati e si riprende di nuovo – diventati più calmi – lo scambio su peso e Grazia. Solo Debora tace.

45. Più presto del solito viene servita la cena. Finalmente ci si accorge del silenzio di Debora. Kis-Abda è il primo che annota: “Aspettiamo l’alto-Signore; ci siamo invece riscaldati con chiacchiericcio”.

- “No”, contraddice il principe Jizri. “Il dialogo è pure un buon inizio per la sera”.

- “Certo”, conferma volentieri Barak. “Ma ora ci vogliamo preparare, è il momento più alto”.

46. “Il momento più alto!”, ripete Debora. “E’ sempre ‘il momento più alto’ di riconoscere il bene, vincersi, in quale modo il nostro alto-Signore, il buon Padre, prevede per noi il Suo Tempo. Uno può essere richiamato all’istante, può essere una disgrazia, ma anche, …l’apparire all’istante del Signore”.

47. Appena esprime questo, Charchros con in mano i sandali, dice: “Nell’est è discesa una Stella!”. Stava già da tempo al bordo della collina, cercando di avvistare il RE di Debora.

- Ci si alza veloci nascondendo la fretta; ci si spinge fuori, ma la titubanza rende piccoli i passi. Due giorni fa era diverso, allora non si sapeva precisamente chi sarebbe venuto. Ma oggi...

48. Charkros indica in lontananza. Ecco una chiara Luce. Si potrebbe pensare che la Luna discendesse, invece di salire; ma il suo ultimo quarto è impallidito. Alcuni secondi più tardi arriva salendo come due giorni fa, un Uomo, dietro a Lui due altri. Portano mantelli bianchi che splendono come Stelle. Gli uomini s’inginocchiano, beati ed oppressi. Arriva DIO! Colmo di fede, trema ogni cuore. Ora vi sta LUI, alzando gentile le Sue mani, accanto a Lui gli angeli. Ed Egli dice:

49. “Figli Miei! Mi avete aperto cuore e casa; entro da voi, e santificata è la sera per via del vostro amore”.

- Si alzano come se venissero alzati. Charkros ha spalancato la porta ad ante e Debora fa passare davanti a sé l’alto-Signore …nella Sua casa, come lei la chiama.

50. Tutto è pronto: il seggio di Dio e due per gli angeli. Piegato il ginocchio, Debora mette le sue mani nel Grembo del Padre. Allora divampa una luce fra Dio e la figlia, uno spirito simile agli angeli. Lo ha notato ognuno. Debora sente solo una cosa: ringraziare il Padre e poterLo pregare: e quello che muove il suo cuore, lasciarlo fiduciosa a Lui.

51. Lei dice: “Eterno buon Padre! Hai donato magnificamente il Tuo aiuto, sono delle Preziosità prese dal Tuo Regno per il povero mondo di peccatori. Perdonaci ciò che non si riesce bene; perdona dove manchiamo; anche Delajah che per il cattivo gioco si è defraudato dei buoni nomi. Era la sua paura che comunque avrebbe perduto”.

52. “Fermati, Mia buona figlia!”, dice il Signore. “Mi compiace certamente che preghi per il peccatore, cosa a cui certi altri non hanno onestamente partecipato del tutto”. Sorridendo indica gli uomini dei quali alcuni impallidiscono. “Per via della preghiera non voglio lasciar cadere Delajah nel suo oscuro fossato che lui stesso si scava con i suoi grossolani peccati.

53. Ma se non ritorna presto, allora il suo fossato rimane aperto. La sua paura è la sua riverenza. Lui vorrebbe salvare Israele; si è visto già acclamato, si è visto come il secondo Mosè, che per Me è esistito una sola volta! Non esiste una paura più grossolana, e non sarà mai perdonata. Qui significa eternamente: ‘Paga la tua colpa!’. Che una tale può un giorno anche essere pareggiata, ben solo dopo un lungo tempo d’espiazione, giace nel Sacrificio che il RICONCILIATORE (Gesù) poserà sull’Altare di Sacrificio (croce) della materia. Ma finisci la tua preghiera, mia cara figlia Helia”.

54. Gli uomini drizzano le orecchie. Il Volto di Dio, ah, così magnificamente vicino, e lo splendore negli occhi degli angeli, questo significa un mistero. Perché viene chiamata ‘Helia’? Matthanja lo vede e Sallumin consce il senso del suono estraneo dell’antico caldeo: ‘Fluat, Od, oppure Sapienza’.

- Gli amici riflettono, non Debora. Il nome riecheggia bensì nell’anima nata nella Luce, ma la sua bella umiltà copre il nome del Cielo.

55. “Santo, buon Dio-Padre, poter adorare Te per tutto ciò che Tu dai, ringraziarTi per ciò che togli, …sono beatitudini che fluiscono giù a noi dalla Tua Luce. Se il mio ringraziamento somiglia ad un piccolo filo d’erba, con ciò Ti porto comunque un pezzo della Tua Creazione. Poter ringraziare è appunto una Grazia! Ora parla Tu e fammi tacere; facci ascoltare ciò che Tu vuoi rivelare”.

56. Incantati da questa dedizione, gli occhi di tutti scintillano, tutti i cuori ardono, magnificamente uniti con Dio, …nel rapporto Padre-figlio! Il Signore dell’Altura, come Gli rimane il Nome presso gli uomini, li benedice, e parla:

57. “Sedetevi, figli Miei. Accogliete le Mie parole; sono Cibo e Bevanda su tutte le vostre vie fino alla fine della vostra esistenza nel mondo”. Allora si avvicinano e Dio comincia:

 

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Cap. 11

Insegnamenti di Dio: sull’eredità, sullo spirito, sull’essere nati da Dio

Debora-Helia, venuta da Dio o dal mondo? Nel co-aiuto, per tutti, buone scelte

1. Nel tempo di Grazia che vi è stato lasciato per riflettere sul Mio insegnamento, ognuno si è fedelmente affermato. Anche nonostante il peso del vostro mondo nessuno ha vacillato un momento. Non ho dovuto esaminare; non perché Io lo so come Creatore, ma piuttosto, perché vi siete affidati pienamente alla Mia Guida. Chi lo fà una volta così in questo modo, nessuno si separerà mai più da Me.

2. Questo ‘una volta’ è nel simbolo ‘l’unica cosa’ che spinge verso il Padre, ‘l’unica’ Fonte di benedizione. Questo è quel bene d’eredità che un figlio della Luce porta con sé sulle sue vie da viandante. Certamente vi sta la materia con le sue fauci aperte per inghiottire ciò che i figli della Luce possono operare per amore.

3. Proprio per questo – difficilmente comprensibile – viene coperto molto. Non tolto, cari figli. Nella conservazione, una parte di eredità del gradino intermedio, rimane mantenuta. La bestia spalanca inutilmente le fauci. Certo, non può agire sempre il bene d’eredità; ma quello che crea, è buono e porta il frutto per una nascita di Luce. Tali operano sempre in vista della fine.

4. Ora ho messo in evidenza il grandino intermedio, ed ho insegnato, come anche i Miei angeli”, gentilmente il Signore indica Zuriel e Muriel, “che Io abbraccio sempre ogni figlio dalla Mia essenza di Creatore, Sacerdote, Dio e Padre. Qui inoltre è da notare l’eredità sul gradino intermedio. Ma in quanto si ripete la variazione su ogni vita di figlio, su ciò esiste una sola cifra. Questa giace in Me e si chiama ‘infinito’.

5. Io metto in evidenza un genere molto particolare dell’eredità. Ma non confondetevi subito quando si rivela un’altra conseguenza. Nei sette gradini dell’Empireo che si riflettono pure in quelli a voi insegnati, potete salire e scendere, e sarà sempre nell’Ordine del Creatore.

6. La prima conseguenza è formata da Ordine, Volontà, Sapienza e Serietà come Caratteristiche determinanti. Esse valgono come la Mia Potenza e la Mia Forza, come polarità fisse e costanti. Questo significa nessuna misurazione di due cose, perché una tale misurare non esiste per Me. E’ la struttura di base, risultante dal fine del Creatore. Su ciò ho basato e formato le Opere visibili ed invisibili, dando loro così il proprio perfezionarsi.

7. Tutte le cose in vista della stabilità nel ‘mediare’ tra Volontà e Sapienza, sono come racchiuse tra le mura di una casa[12]. L’Ordine è il suolo, la Serietà il tetto. Di questa casa nessuno dei figli ha un merito, perché non vi è niente che non abbia già ricevuto prima come sostanza-Ur; coscientemente o incoscientemente, questo rimane uguale.

8. Diversamente è con le Caratteristiche portanti: la Pazienza, l’Amore e la Misericordia. Ovviamente i Miei Doni precedono, ma dopo che un figlio nacque, fu custodito e nutrito nella Casa dell’Ordine, il quadro cambiò. La seconda parte del piano rimase; senza di questo non si produce la vita. Significa la Pazienza. E in verità: non potevo preparare nulla di meglio della Pazienza come terreno di gioco dell’esistenza.

9. Proprio così qui c’è un tetto: la Misericordia, paragonabile alla cupola celeste che si inarca sulla vostra Terra. Ma se nella prima parte non ci fosse la casa, la capanna, la custodia, – nella seconda, nella parte del libero recinto, non potrebbe regnare la benedizione dello sviluppo. Come un figlio nella culla deve lasciarsi fasciare per il suo meglio, così il figlio, nello stadio di base, nel confronto è il recinto della casa.

10. Dopo, cresciuto diritto e sano, esso stesso può muoversi, ma comunque, custodito e circondato. Il recinto libero è l’Amore! Questo non ha mura, ma è un recinto solido. Sì, nel recinto del Mio Amore il figlio può camminare nella libera volontà, tuttavia è meglio se riconosce ‘l’Amore del Mio Dominio’ e si sottomette allo stesso.

11. Nel sesto Giorno nel quale Io – secondo Mosè – ho creato gli uomini, ha predominato l’Amore, perché come sesta Caratteristica è la dominante del Giorno. Essa è la mediatrice, in particolare per la caduta. Fra accusatori ed accusati, fra credenti e colpevoli, l’Amore cerca di pareggiare, di mediare.

12. Con sacrifici generali ci si può riconciliare con Me; ma nel LUSTRUM[13] si sacrifica UNO, …per tutti, per dedizione e fedeltà sacrificata! Il Lustrum più alto, l’Espiazione della Creazione, dalla Pazienza genera l’Espiante: il FIGLIO! Egli operava già prima che avvenisse la povera caduta nel Giorno dell’Amore, e continuerà a sacrificarsi finché il Fuoco del fumo del Lustrum della Divinità non avrà fumigato anche l’ultimo, finché non potrà più svilupparsi né sussistere nessun cattivo germe.

13. Questo non lo può fare l’Amore da solo. Senza le Caratteristiche determinanti, senza la Pazienza e la Misericordia, non si adempirebbe il ‘Lustrum’ di Dio per i caduti. Solo per coloro che sono senza colpa. Ma che cosa Mi porterebbe qualcuno, se non ci fosse da riportare la povertà nella Casa del Padre? Se le colpe possono essere pareggiate attraverso un Lustrum, allora questo deve avvenire del tutto solo e un’unica volta, come Io sono il Dio unico, in tutte le Caratteristiche, in tutte le Entità unitariamente, una sola Personalità! (Zacc. 14,9).

14. Arthasus chiede nel cuore come sarebbe da aiutare il peggiore spirito, quel Thofeth, (1° Sam. 16,23), che infuria nell’abisso della materia. Secondo il tempo, nel quale non si vede un ritorno di questo Thofeth oppure Asmodi come essere, si lascia rivelare poco. Ma ascoltate:

15. Colui che voi descrivete come lo spirito peggiore, una volta aveva il più bel nome. Questo è coperto. Il Mio Mistero è di conservarlo fino al ritorno. Non per via del Mio privilegio; vale per la salvezza della figlia caduta. Ora questa figlia si chiama ‘Lo-Ruhama’ = povera figlia senza Grazia. Non è da Me senza Grazia, lei stessa ha rifiutato ogni Grazia. Questa differenza è da considerare il più forte possibile.

16. Ma non ce n’è nessuna per lo spirito, poiché ‘SPIRITO’ proviene dal Nome coperto della Divinità. Se il cambiamento è da produrre dal ritorno di quella povera figlia, allora si renderà di nuovo evidente ciò che Io ho deciso nella Mia Santità. Se il Mio principio di base è lo SPIRITO, allora non possono esistere spiriti cattivi.

17. Spirito, significa Dio, e Dio è buono; ed Io dò il Bene ai figli. Quelli che voi chiamate spiriti maligni, sono solo quegli esseri caduti un giorno con Satana e in parte non incarnati su nessun pianeta mondiale. Se la rendono difficile perché così perdono il legame con ‘il fondo’ dell’inferno.

18. L’infernale rimane a lungo attaccato a loro. Molti non giungono quasi alla fede quando percorrono la via della carne attraverso questo oppure su un altro mondo. Perciò dopo la morte sono un secondo genere di esseri cattivi, che sovente rimangono attaccati al loro luogo nel mondo e cercano di sedurre gli uomini, oppure di fare loro del male, per cui il fondo dell’inferno, dal quale sono saliti, presta loro ancora le sue cattive forze.

19. Non siatene affranti, benché con questa conoscenza la cattiveria di Delajah è difficile da pareggiare. Per la benedizione dei figli buoni tali Insegnamenti vengono di rado rivelati. Per voi è necessario; vi trovate davanti ad una guerra, davanti alla cattiva volontà degli uomini. Ma ora che sapete come IO curo ed assisto i caduti – se sanno questo, sia che lo presumino oppure no, non causa nessun danno – allora anche voi potete agire nei confronti dei nemici.

20. Solo la riconciliazione e il perdono non sta nel chiudere gli occhi davanti alla viltà. Chiudete l’anima affinché non rimanga gravata; aprite il vostro cuore, per sacrificare a ME il flusso dell’amore. Se lo spirito sta al primo posto, allora tutto è da purificare davanti al Forum della Giustizia e della Verità, pagato da voi, tuttavia da estinguere senza dubbio dai debitori.

21. Vorreste sapere come si svolge il pagamento, e se – come dimostrato – esistono delle colpe nella Creazione, in qual modo esse sono tali da coprire, nonostante il Lustrum della Divinità. Per la rivelazione di questo, il tempo non è del tutto maturo. Barak chiede se anche voi siete stati legati a questo tempo che però sarebbe da impiegare solo ai miscredenti e ai falsi credenti, mentre voi, come Io stesso ho comunicato, avreste camminato bene nella Luce.

22. Non si tratta se voi non lo sopportate, se al tempo manca la maturità. Certe cose in vista dell’intero sviluppo sono da spiegare solo in parte. Dato che la povera figlia non pensa per nulla ad ammettere le sue colpe, per non parlare di pagarle, perciò al Lustrum rimane coperto ancora la cosa più difficile. Ma ascoltate questo, Miei cari figli:

23. Se dove e come, e soprattutto che cosa Io dico, è sempre un’eterna Eredità, il cui raggio non riguarda solo lo spazio del Cielo. Se l’inferno vuole – quando si sbarra – le Mie parole trovano anche in questo il sentiero, non ostacolate da nulla! Davanti alle Mie parole l’inferno si ottura del tutto inutilmente le sue orecchie, e se chiude i suoi occhi davanti alla Luce dei figli – la cui via è un ammonimento della materia – davanti alla Mia Luce si copre inutilmente!

24. Allora, sarebbe ben facile capovolgere l’inferno, sgomberare i suoi canaloni, spazzare via la sua sporcizia, se avessi da parlare e da illuminare solo IO? Certo, …attraverso la costrizione! Tutti i poveri dovrebbero essere costretti alla conoscenza, voltarsi per costrizione, lasciarsi guidare, …in catene, Miei cari figli.

25. Voi dite: Questo non sarebbe degno’. Certamente non di Me. Qui avete ragione, perché finché esistono catene, fino ad allora esiste una spinta a sfilarle, …con e senza diritto. Ma si tratta di amarMi con gioia e libertà, come Io amo tutti i figli dalla Mia Volontà di Dominio. Solo questa libera reciprocità conserva la vita del figlio per tutta la Creazione.

25. Questa è concessa alla povera lontananza (i caduti). A questi è con maggior ragione è da conservare la vita; infatti, il libero ritorno è la vittoria più bella. Delajah vuole costringere gli uomini ad andare in guerra. Se riuscisse, allora avrebbe in tasca in anticipo il fallimento. Voi non avete inviato nessuno, ma i vostri aumentano. Con ciò è già stabilita la vittoria, …sotto la Mia Guida”, sorride Dio, “senza la quale non volete combattere.

27. Se ora Io annunciassi questa Rivelazione fino in fondo, allora la dovrebbe sentire l’inferno, il che significa ‘incatenamento’. Invece la Pazienza e l’Amore hanno intessuto una coperta che si chiama ‘Longanimità’. Quello che i credenti possono udire rispetto al loro tempo, questo viene anche detto. Alcuni non nascono dalla stirpe né dalla volontà di una carne, bensì del tutto unicamente da Dio. E chi ha accolto Me, ottiene il potere di diventare figlio Mio (Giov. 1,12-13).

28. Kis-Abda riflette come mai dovreste diventare figli Miei, dato che siete appunto nati da Me; e quel che significa: non nati da sangue né da carne. Dapprima vogliamo sentire qualcosa sulla domanda di Barak e il resto si aggiungerà da sé all’altra. Non siete legati al tempo, poiché lo spirito è libero e può ricevere tanto quanto il suo cuore, afferra il vaso di Luce.

29. Sovente c’è uno straripamento, perché la Mia Bontà fluisce abbondantemente. Soltanto, nulla va perduto; il Regno-Terra, lo Spazio della Mia Luce, accoglie tutto. Per i non credenti e per i falsi credenti i tempi sono catene. Ma non questo: – l’uomo si torce la corda. Esso può appunto sprecare o violare il suo tempo, entrambi sono corda e ferro che gli legano mani e piedi. Raramente un uomo legato al mondo riesce a liberare se stesso.

30. Questo riguarda anche il pagamento. Un prigioniero lavora per se stesso, non per la sua anima. Quando viene rilasciato dal carcere, così come un povero omino che rosicchia il fondo del barile, la fame quale simbolo mondano, realmente secondo l’anima. Con che cosa deve pagare, se non è riuscito a raccogliere?

31. Come si può pagare la colpa estranea davanti al Forum della giustizia e della verità,? I colpevoli, dovrebbero estinguere le loro colpe? Non sarebbe insensato? Come diventare simili a un figlio di Dio, …ma essere nato da DIO? Oh, qui è d’obbligo di indagare per riconoscere la verità. Un debito di base e i debiti che si riferiscono a questo, sono due cose diverse. Chiamiamo interessi le colpe successive, come li chiama il mondo. Sovente superano la colpa di base. Il cattivo credente lascia volentieri lasciare questa stessa, per raccogliere senza fatica molti interessi. Questi, è ovvio, da Me non esistono.

32. Unicamente Io utilizzo quel libero aiuto che i figli della Luce offrono ai caduti. Questi ‘interessi’, che si accumulano per l’inferno, li pagano tutti i rimasti fedeli attraverso i loro piccoli lustri, il cui numero l’inferno non conoscerà mai. Questi sono miriadi di scintille di Sole, che farebbero una palla di Sole; detto così come simbolo, come viene pareggiata una colpa di interessi.

33. Ma come è da rimettere la colpa di base, rimane ora celato nel Lustrum del Mio ‘Reservatio mentalis’. Quando per la materia giungerà il tempo, allora si aprirà il Cielo e la Rivelazione verrà nel mondo come Parola e Azione (GESU’). – Fin qui lo avete compreso, e ora ci rivolgeremo alla domanda di Kis-Abda.

34. Se – come ho detto – alcuni non sarebbero nati da sangue, dalla carne, nemmeno secondo il piacere mondano di un matrimonio, ma solo da Me, ora si tratta di penetrare in una profondità, su ciò che un mondano non ha nessuna maturità. Tuttavia, …comprendetelo con il Mio aiuto secondo il senso, oltre il tempo di sviluppo: ‘Non dal sangue!’

35. Il vostro sentimento nazionalistico vi ostacola di adeguarvi a ciò che è straniero. Da ciò il vostro continuo odio verso coloro che chiamate pagani. Da questo non deve risultare nessun peso massimo; soltanto, rimane aperto qualche conto. Infatti il ‘sentimento di sangue’ spinge principalmente coloro che guidano a rendere grande la Giudea esteriore. Per questo si prende il Mio nome, la Mia rivelazione e vi si appende la mantellina, come ad uno o all’altro aggrada al momento.

36. Ma la coscienza non si arrende. Per calpestarla a morte, viene trasferito il Mio Giudizio su tutto. Il diluvio di Noé è stato mandato per via di Israele? Voi lo negate; perché allora non esisteva ancora nessun Israele. Per non parlare di epoche molto più remote sulle quale non vi serve nessuna ulteriore conoscenza.

37. Sodoma e Gomorra sono naufragati per via di voi? No! Ogni peso era per coloro che l’avevano causato. Fuoco, acqua, terremoto ed uragani erano forse una giustizia punitiva, oppure sono stati utilizzati da ME nella rivelazione della Mia Maestà, per salvare i poveri dalla morte dell’anima? Voi lo affermate.

38. L’Egitto ha trovato la sua punizione per via dell’oltraggio, come qualche tribù attraverso la ‘Mia mano tramite Mosè’ Nell’ultimo tempo, poiché qualche giudice non ha compreso il senso della giustizia, soprattutto per consolidare la sua mania di grandezza, si diceva: ‘Dio vuole che noi puniamo i pagani!’. Vi domandao: ‘Israele è rimasto così puro e fedele, immutabile nella legge dinanzi al Mio volto, che Io lo possa usare come la Mia mano, come il Mio Mosè oppure i Miei elementi?’

39. Voi vedete, tristemente negandolo, come il sangue può aggravare. Indico la Promessa della Luce, che Abraham ha avuto”. Dio guarda Muriel (Abramo), e lui ringrazia con un chiaro sguardo.

- Debora e Matthanja presagiscono prima chi era l’angelo. Ma il Signore continua a parlare:

40. “E’ sbagliato dedurre la moltitudine solo dalle stelle e dalla sabbia. Sarete contati fino alla fine di questo mondo! Allora, come potrebbero le ‘Stelle’, essere procedute dal sangue? La sabbia è esclusivamente il sangue. Ma le Stelle abitano lassù nel Cielo, che significa, che le Luci per via del loro percorso di sacrificio e solo durante questo tempo, sono legate alla sabbia, al sangue del popolo. Questo non vale unicamente per Israele; vale per tutti i tempi, finché il mondo terreno porterà popoli di uomini.

41. In parte non è nemmeno il sangue dal popolo, nel quale le Stelle percorrono il loro vicolo. Rimangono indipendenti da tempo e popolo, perché vengono unicamente per il motivo o prendono su di sè una missione per adempiere per la lontananza i servizi d’amore nel percorso del co-sacrificio. Oh, sì, il solo-umano rimane attaccato all’ambiente, al suo tempo, altrimenti non sarebbe un percorso di sacrificio. Proprio per questo la provenienza dalla Luce rimane il principio conducente.

42. Esistono ancora dei passaggi sacrificali principali, quando nell’oscurità viene introdotta una svolta. Di questi se ne occupano solo i primi grandi spiriti. Questo procedimento culmina comunque nella loro fedeltà che non viene mai trascurata. Per via dell’Opera il procedimento è dedicato alla ‘redenzione’. Per questo non ci vuole nessuna nascita dalla carne, né sulla Terra né in un altro mondo di co-redenzione[14].

43. Non crediate che senza la nascita nel mondo la strada è più facile, poiché, per possedere le forze e contenerle, dove il cuore di Luce piange su tutti gli oltraggi, mentre vorrebbe salvare tutti i poveri, richiede immensamente di più che una nascita nel mondo. Qui qualcuno rarissimamente sa chi è. Ognuno cammina coperto per la sua via, ma per questo è ancora più protetto.

44. Ma sopportare l’ambiente nella piena conoscenza della propria provenienza, del sangue del Cielo, lo può prendere su di sé solo un grande spirito di Luce. Non pensate subito: ‘Oh, fosse tra di noi un tale spirito, ci potrebbe magnificamente guidare!’. Voi ne avete appunto uno, appartenente al popolo, che ha preso liberamente su di sé la carne nel percorso di sacrificio”.

- “Debora”, sussurra Barak nell’ardente adorazione, non alla donna come donna, ma alla LUCE cui appartiene, in lei.

45. Il Signore annuisce impercettibile. “Non lo riconoscereste da sangue e carne. Di rado una nascita di Luce procede da un atto di piacere; solo quando Io permetto che un ‘celeste’ prenda su di sé dei pesi. Lui sopporta il giogo dall’atto di piacere, per cui entrambe le anime dei genitori si possono salvare.

46. Molti uomini dicono ciecamente che questo sarebbe ingiusto. Ma in primo luogo, nessun figlio viene costretto ad un tale peso di procreazione; in secondo luogo, da ciò non ne proviene una Benedizione che vada molto oltre l’ambiente di un figlio, da lui non notato, posto solo per lui il chicco di semenza. Io stesso traccio questo cerchio di benedizione, e faccio della semenza una vite oppure tutto un covone.

47. Ora arriviamo all’ultima parte della domanda. Visto nella Luce, per colui che è ‘nato da Dio’ – detto così per voi – non vale il senso della parola, perché altresì, nell’Empireo, dai sette angeli-principi e dalla prima Figlia sono procedute tutte le popolazioni della Luce. Invece ogni Forza vitale dalla procreazione fino alla nascita di Luce, proviene unicamente da ME! Ne hanno avuto parte solo i creativi. – ‘E il nostro mondo?’, chiedete voi. ‘Che vale essere nati da Dio?’

48. L’insegnamento del sangue insieme alla carne e al piacere, significa che non riguarda nessun involucro (nuovo), solo il nato-prima. Un tale pre-nato giungerà sempre alla conoscenza di Dio. Prima o poi, molto profondamente oppure solo, per cosi dire, secondo la fede, Io non lo misuro troppo. Per Me vale un dono di sacrificio; e questo lo ha portato bene e liberamente ogni figlio della Luce. Inoltre il ‘nato-prima’ significa anche essere ‘nato-dentro’ in un mondo.

49. Ulteriormente: come se qualcuno, venuto dalla Mia Forza vitale e rimanendo nella fede, deve dapprima divenire un Mio figlio, oppure dal fatto che accogliendo Me, ciò farebbe apparire dubbiosa la fede, altrimenti non significherebbe ‘chi’.

50. Vi sentite come figli Miei?”.

– Dai cuori ardenti sale un lieto “Sì!”.

- “Voi non dovete dapprima divenire. – Ora la seconda domanda: – Da quando vi sentite come figli Miei?”

- Sì? …da quando? Arthasus dice: “Da quando ho potuto posare il mio piede su questa collina”.

- Gli angeli ridono; lo si sente tintinnare in modo argenteo.

51. Dio dice a Zuriel: “Togli la benda! Anche se l’ha intessuta l’umiltà; ma non è abbastanza buona per il nostro Regno”.

- ‘Il nostro Regno’, – come se avessero avuto parte nel suo sorgere.

- Zuriel insegna: “Fratelli miei, se il nostro Dio-Padre dicesse da quella Forza vitale, provenendo da LUI, allora sarebbe facile vedere che, nel divenire, anche l’esistenza diventa figliolanza. E se il Cielo è la vostra Patria dalla quale siete usciti, nella quale vi conduce di nuovo la vostra strada, così è stato dimostrato nuovamente, da quando siete figli di Dio. – Oppure no?”

52. Jedothun usa un intervallo e confessa: “Da LUI siamo eternamente figli Suoi! Ma se penso al passato in cui Dio mi era lontano come delle nuvole da una profonda valle…”, deglutisce, “…sono stato un peccatore senza fede e sapevo comunque: esiste un Dio! Perciò la figliolanza, inoltre donata per Grazia, vale per me dal momento in cui sono entrato in questa casa”.

53. “Che cosa pensi tu, Zuriel?”, chiede Dio, “Si può accettare questa risposta?”

- Nessuno che non lo percepisca: – ‘Ora Dio parla con i Suoi primi servitori. Si tratta di un mistero che il Cielo conserva magnificamente’.

- Zuriel risponde: “Vale! Essa sorge dal puro pentimento e dal buon servizio, come da Arthasus. La riconquista della figliolanza, perduta nel mondo, si è svolta per quasi tutti, qui nella casa della collina”.

54. “Bene, la deve riavere ognuno che l’ha perduta temporaneamente nel mondo. Ma affinché sia compresa bene, Io aggiungo: – Chi scende nel povero abisso, l’Arca dell’alleanza conserva la sua figliolanza. Non quelli in Silo”, fa cenno l’Alto quando alcuni scuotono stupiti la testa. Nessun luogo è divinamente povero adesso, di dove l’Arca dell’alleanza di Dio stava dal deserto.

55. “Nel Santuario del Regno il ‘santo Focolare’ sta come eterna Arca dell’alleanza, dove viene conservato ogni Bene della Luce. Ognuno porta con sé solo quanto la materia può sopportare. Tutti hanno anche affidato a ME la figliolanza, per conquistarla di nuovo per un caduto. Ma questo un giorno sarà rivelato. Ora basta sapere che avete salvato la vostra figliolanza dal mondo; e ognuno può scegliersi un povero di fede, per il quale vuole agire dallo spirito”.

56. Debora esclama veloce: “Voglio servire Delajah!”

- “Ti sei presa una roccia dura, cara figlia”, dice Dio seriamente. “Lo potrai vincere?”

- Lei risponde nello stesso tono: “Qui non del tutto, o caro Padre; costruisco il ponte solo con il Tuo aiuto, per rendergli facile il suo filino da serpente, finché non risulterà la diritta via verso di Dio”.

- “Questo deve avvenire!”

57. All’istante Jizri s’inginocchia dinanzi al Signore. “O Padre, vorresti, Ti prego, aiutarmi a causa di Artham?”

- “Ti ha amaramente offeso, il che IO l’ho scritto”.

- “Ti prego, cancellalo di nuovo”, supplica Jizri. “Ho lasciato andare le briglie dell’odio e l’ho accusato presso Sallumin. Presso Debora ho sperimentato la Tua Magnificenza, mentre fratello Artham è senza conoscenza della Tua Grazia. Perciò il mio errore supera il suo”.

58. E’ bene che tutti abbassino le loro teste e non vedano il Raggio che esce dagli occhi di Dio. Lui lo copre di nuovo quando alza verso di Sé il capo di Jizri. “Questo era un servizio d’intercessione che somiglia a quello di Mia figlia. Hai agito bene nel modo terreno, perché un Artham aveva bisogno di un aiuto, perché la falsa veste da sacerdote lo ha portato al bordo dell’abisso.

59. Tu, Mio Sallumin, lascia che questo scritto esista, ed esegui l’accusa di Jizri per la salvezza dello smarrito. Costui avrà bisogno di moltissimo tempo, come il figlio di cui si preoccupa Debora prima che il suo percorso diventi pulito e diritto. Per questo la gioia sarà maggiore, quando poi un giorno gli affidati alla vostra protezione saranno da condurre a ME”.

60. “Ti prego”, spinge Matthanja, “affidami Hattus”.

- “Lui proviene dal peggior fondo dell’inferno”, suona gravemente sottolineato, “costui è venuto qui, apposta per distruggere il vostro Bene!”

- “Infatti, ho percepito la sua oscurità”, dice Matthanja, “lui ha maggiormente bisogno del servizio d’aiuto”.

- “Fa come vuoi”, dice Dio bonariamente, mentre posa la Sua mano sul capo del profeta.

61. Barak si sceglie Hamer, Gibbar Bezai, Salthiel Kisjath, Bichras Paros, Elam persino Jabin. Allora si blocca la fila. Questa funzione può valere per gli stranieri?

- Elam testimonia: “Amate i vostri nemici! Se pensiamo solo ai nostri, allora manca una parte del servizio”.

- “Molto bene, Mio Elam, hai stabilito un ponte verso i nemici del popolo.

62. Dapprima è ben da fare ordine; solo allora possono proseguire ed abbattere i muri che si costruiscono senza senso. Perciò accogli solo Jabin e porta molta opera di preghiera dinanzi al Mio volto, affinché anche quest’anima oscura sia aiutata”.

- “Ti ringrazio!”. Di più non esce dalla bocca di Elam.

63. Ora Jedothun sceglie Sisera che ha esercitato molta ingiustizia su Israele.

- “Si possono prendere anche dei criminali?” chiede Sallumin.

- “Perché no? Non sono loro degli inciampati che con la disciplina hanno bisogno di molta bontà?”

- “O buon Dio, mostrami la retta via”, ringrazia Sallumin. “Nella prigione c’è un giovane ladro. Quanti omicidi sono da registrare sulle sue mani non lo so ancora; fino ad ora ne sono stati trovati sei. Lui si vanta persino delle sue cattive azioni. Potrei aiutarlo per l’anima ed anche terrenamente?”

64. “Questo si vedrà ancora”, dice gentilmente Dio. “Ti sei scelto uno che ha particolarmente bisogno di aiuto. La sua anima non è veramente cattiva, è solo sprofondata, naturalmente molto profondamente, ma per colpa dei cattivi genitori. Questi lo hanno educato fin dall’infanzia ad essere un ladro ed hanno convinto il giudice dicendo così: ‘È ancora piccolo, e noi non ne abbiamo saputo più nulla’.

65. Lega l’anima nella preghiera, Mio Sallumin; ma non lasciare languire il giovane corpo nell’abominevole cella. Allora vedrai presto come si piega alla tua guida. Dagli un lavoro nella tua casa, solo molto a lungo sotto sorveglianza. Al posto del giudice ha anche bisogno di un vero padre che non ha avuto. Cresciuto senza amore, ha solo avuto un procreatore e una partoriente. Accoppia in lui disciplina e amore”. Salumin è felice della sua ‘buona pesca’, come la chiama nella gioia.

66. Arthasus aveva una parente. I suoi genitori ritengono invece che sia con un ricco ammonita. Costui ha cercato di salvare la bambina, inizialmente meno per via della fede che più per via della stirpe. Ultimamente ha pensato sovente a lei. Adesso lui prega per questa ragazza e la vorrebbe prendere nella custodia della preghiera.

67. “Anche questa è una buona azione”, loda Dio il sacerdote. “Non avete chiesto: ‘Ne vale la pena?’, con cui il peggio sarebbe già eliminato: la difesa di una tale anima! Voi pensate che lei, tanto non lo saprebbe, e sarebbe anche meglio. Con quest’ultima cosa avete ragione, e questa è collegata alla prima.

68. La difesa si trova rarissime volte nel sapere cosciente, piuttosto come un chicco di veleno sotto il fango. Questo non cresce; ma sta lì essendo sempre in conflitto verso Luce e fede. Riflettendo sulle Mie parole, non vi è difficile sopportare odio e malcontento. Non è nemmeno sempre necessario propagandare a parole. No! – La perseveranza della preghiera fa morire il chicco di veleno. Quando è morto, dapprima all’insaputa dell’anima, allora dal fango viene lentamente conquistato ancora un campo utile.

69. Kis-Abda non ha ancora scelto; lui lotta con sé, cosa che persino l’Altissimo concede: “Figlio Mio, porta qui il tuo mostro; noi ce la faremo con lui”.

- “Tu sì, buon Dio-Padre”, si abbandona l’anziano consigliere. “Ma io? E’ quel ragazzo che voleva uccidermi, ed era anche stato comprato per i bambini e per mia moglie”.

- Posando la Destra su Kis-Abda, il Signore dice:

70. “Ben scelto! Tutti loro sono venuti dall’oscurità. Solo Hamer, il ladro e la ragazza non sono responsabili della loro caduta. Ma dato che una volta si sono lasciati attirare con forza nell’abisso, anche per loro non valeva nessun’altra liberazione che attraverso una nascita nel mondo. Questi sono da salvare presto. Ma questo non diminuisce la vostra fatica e la Benedizione, Barak, Sallumin ed Arthasus”.

71. All’improvviso Debora conduce il suo Charkros davanti al Signore. “C’è ancora un figlio”, prega lei per lui, “stava seduto modesto fra gli altri, e non tutto gli è entrato nella sua testa. Ma nel cuore risplendeva! Lui ha riflettuto. – Ora caro Charkros, lo puoi dire tu stesso ciò che hai pensato”.

- Incoraggiato così, il Signore guarda il servitore, il quale lascia scendere le lacrime e si spettina fortemente.

72. “Ah, Ah”, supplica lui, “questo non mi esce di bocca, perché è stato sbagliato”.

- “Quindi ti dobbiamo aiutare”. Il Signore chiama con un Cenno Muriel: “Parla tu per lui, affinché si riveli la ‘fedeltà di questo fedele’.”

- Charkros si copre per vergogna, ma Muriel gli sposta il suo panno.

73. “Per la sua padrona il figlio del deserto vuol chiedere di tenere aperti gli occhi e la mano pronta, giorno e notte. Ed io, un primo angelo di Dio”, il volto e la parola di Muriel sono seri secondo la Luce, “dillo davanti al Signore dell’Infinito! Lui si è scelto il meglio, non a svantaggio di tutte le scelte.

74. Questo piccolo fratello dalla Luce[15] ha preso gioiosamente su di sé il suo servizio, anche se in lui sonnecchia la funzione, di qui il chicco di semenza si è spinto in alto nella TERRA di DIO; e ora che Dio l’ha visto, lui sa del servizio che può svolgere nel mondo. O Padre, benedici questo figlio, un figlio del Cielo dalla mia Casa”.

75. A lungo c’è silenzio. Dio benedice Charkros: “Rimani fedele alla Mia figlia e alla casa, ed includi anche il tuo principe nella forza del desiderio”.

- “Lo voglio fare”, risponde costui rapidamente, “soltanto…”

- “…non hai compreso tutto”, completa Muriel. La Palma te lo insegnerà ancora”.

- “Oh, grazie, grazie mille!”. Charkros bacia le scarpe di Dio e l’orlo del mantello degli angeli, e si siede di nuovo alla porta, …come fedele guardiano.

 

 

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Cap. 12

Sull’incarnazione dei grandi angeli, sul recupero di un terzo dei caduti, su occhio per occhio

Un accenno alla redenzione

Sul cuocere il cucciolo nel latte della madre, sul vincere i nemici, sul come governare gli animali affidati

1. Manca un’ora a mezzanotte. Chi ha percepito se il tempo scorreva oppure se stava fermo? C’è il SIGNORE! Egli dispone un pasto. Tutto viene disposto rapidamente, perché ci sono le servitrici di Debora.

2. Dio le chiama ‘brave figlie pagane’, poiché considerano Lui e i Suoi angeli come tre Re, la Cui “ultraterrenità” aiuta gli uomini. Sono felici di ricevere la benedizione che Debora spiegherà loro il giorno dopo. Dopo essere state mandate a riposare, il Signore ricomincia con il Suo insegnamento.

3. “Ora presentate le vostre domande; siete stati toccati da ogni genere (di cose). Debora esprime una preghiera di ringraziamento per la Sua Grazia. Canta il canto di Giosuè: ‘Io e la mia casa vogliamo servire il Signore’ (Giosuè 24,15). Dopo chiede il chiarimento se anche tutti i primi angeli percorrono una via nella carne.

4. Dio risponde: “Ben chiesto! Dato che non l’intero ‘celeste’ può essere portato nel mondo (sulla Terra), da un’indicazione diventerà solo facile una parola del perché. Come ho spiegato, il cammino sacrificale principale dei primi angeli è stato il più difficile[16]. Non si applica nemmeno solo per questo mondo; può essere pagato altrove, come e dove la materia ne ha bisogno. Ma ogni figlio della Luce prende la via nella carne; i Miei-grandi questa e le principali vie di sacrificio”.

5. “Accogli il mio ringraziamento, mio Dio-Padre!”, Debora mette le mani nel Suo grembo. “Ti ho chiamato volentieri ‘il nostro alto-Signore’. E ne sei certamente d’accordo. Qui nella casa, fra tutti gli amici, sei e rimani Tu il nostro buon Dio-Padre; ma davanti alle orecchie di coloro per i quali il Tuo Nome è solo un’eco vuota, continuiamo a chiamarTi alto-Signore”.

6. “Va bene. Nella vostra riverenza, loro devono imparare a misurare la loro piccolezza del loro essere”.

- Anche Barak mette le mani nel Grembo del Santo e chiede: “Quanto è il numero degli oscuri? Se su un figlio della Luce venisse un’anima oscura, allora l’inferno mi sembrerebbe troppo grande. Credevo che fossero di più i nati nella Luce, che i caduti. D’altra parte, se certi perderebbero la beatitudine e la grazia pur di conquistare una figliolanza per un tale povero precipitato... Ti prego, dacci ancora una Parola, caro Dio-Padre”.

7. “I Miei figli terreni fanno progresso”, Dio si rivolge agli angeli. “La domanda precorre comunque anche il tempo, ma ascoltate. Nella caduta si stavano di fronte due terzi del Cielo ed un terzo dell’inferno. Solo Michael e la sua schiera eseguirono la battaglia (Apc. 12,7) , quindi solo la settima parte, mentre Io avevo fatto radunare tutti gli oscuri. La vittoria fu perciò potentissima.

8. Di conseguenza, ogni successivo figlio della Luce (nuovi nati nella luce) non avrebbe avuto nessun lavoro e il recupero della figliolanza avrebbe riguardato solo loro stessi. Questo vi rende tristi. Andiamo a chiamare il nostro Charkros, che può dare la migliore informazione sul suo lavoro, per questo esempio possiamo fare a meno dell’ulteriore insegnamento”.

9. Il servitore sta subito pronto.

- Dio chiede: “Quando abbatti degli alberi con l’ascia grande, cadono ogni volta con un colpo solo?”

- “Dipende, sommo Re-Creatore. Se è un alberello, ce la faccio con un colpo. Con quelli più grossi devo battere più volte. I più forti sono solo da incidere, finché non li fa cadere la successiva tempesta. Allora devo lavorare molte ore, finché un gigante è maturo per la tempesta”.

10. Jizri gli batte sulla spalla: “Lo sospettavo!”

- “Parla!”, dice Dio, “Allora l’enigma è presto risolto”.

- “Signore”, risponde Jizri, “il mio sospetto non è una conoscenza, ancor meno sapienza. Ma essendo TU qui, non posso sbagliare. Tanto, mi aiuti Tu”. Arde di gioia, ed aggiunge:

11. “Gli alberelli, come quel giovane e la ragazza, sono da salvare d’un colpo, il che significa: Un fedele dà ad una tale anima quella possibilità di giungere alla figliolanza, che per loro non è una riconquista, ma qualcosa di completamente nuovo. Con gli alberi grandi, spiegato bene da Charkros, ci vogliono molti colpi e più forza, che è poi da caricare su più aiutanti che necessariamente non devono sapere l’uno dell’altro.

12. Io la penso come segue: – Un tale essere umano viene aiutato subito dalla Luce. Questi lo possono essere i suoi genitori oppure anche una zia, già nell’aldilà, che vede le vie storte. Quindi su una tale anima ricadono due o più assistenti. Con i giganti, che Charkros abbatte solo quando sono ‘maturi per la tempesta’, serve certamente un’unione maggiore, sotto la guida di angeli più alti, che prendono in custodia i co-caduti. Questo può avvenire interamente dall’aldiquà o dall’aldilà.

13. I giganti sono demoni, succubi del Thofeth, che formano l’inferno ancora più infernale. Tu hai chiamato così Hattus. Tali cadono dopo il colpo solo attraverso una tempesta. TU sei la tempesta, o Creatore di tutte le Opere! Nella Tempesta Tu prepari il ritorno. Dapprima devono giacere al suolo come morti, prima di comprendere che per loro esiste una Grazia. Ora, o caro Signore, porta Tu la Tua parola, affinché impariamo a comprendere tutto giustamente”.

14. “Vogliamo aggiungere ancora qualcosa?”, chiede Dio agli angeli, per togliere agli uomini la loro piccola paura che li assale di tanto in tanto per via della Sua vicinanza. Vale anche l’insegnamento che Lui, come PADRE, è venuto da loro con i due figli, i quali sono separati dalla carne solo dalla più stretta unione con la Luce.

15. Zuriel risponde: “No, Padre; mio fratello lo ha spiegato bene”.

- “Quindi ognuno si può ricordare del ‘sospetto’ di Jizri. ‘Chi carica su di sé un pezzo grosso, non deve piangere se questo non cade con un colpo; affatto, se in genere deve venire in aiuto nel mondo e nella Mia tempesta. Importanti sono perseveranza gentilezza e fiducia che Io sono il vero Aiuto”.

16. Salthiel chiede: “Mi stuzzica nel cuore quando nelle Scritture sta scritto quello che non ha detto né la Tua Bontà, né il Tuo Mosè, né uno dei Tuoi grandi. Riguarda ‘occhio per occhio’, ‘dente per dente’. Vengono inoltre nominati mano, piede e anima. (Deut. 19,21). Signore, togli ciò che sporca la nostra fede. Dove si insegna un tale precetto, là non può operare nessun Dio, nessun Creatore!”. Attraverso la domanda di Salthiel si sente ad un tratto come da ciò venisse storpiata la fede in Israele.

17. E Dio chiarisce: “Non temete quelle parole che hanno valore solo attraverso delle opere secondo il senso. Le ho date a Mosè; ma come sta ora scritto nei vostri rotoli, non sono più le Mie parole. Vengono utilizzate diversamente che per la conservazione della pace, della giustizia, dell’amore e della fedeltà tra il popolo, come sarebbe necessario. Anche se imprecise, notate già che certe cose non sono giuste.

18. La Mia Legge è trasferibile su tutto, se da ciò viene ad operare il Santo. Questo sarebbe da esercitare, se l’uomo non impiegasse la Mia santa Legge per cose secondarie. In mancanza di conoscenza, ma imperdonabile, si trova l’infrazione della Legge! Un esempio vi insegnerà il giusto.

19. Io ho rivelato la Mia Legge sul Sinai (Gen. capitoli 20-21). Invece di osservare ciò che Mosè aveva portato dal monte, ‘la Mia Grazia e la Mia Luce’, giù nell’abisso, si erano fatti degli idoli ed avevano scritto il diritto sugli altri popoli. E’ stato tralasciato ciò che era successo durante molti mesi.

20. Mosè ha subìto gravemente la devastazione animica del popolo. La grandezza della fede, il dominio dello spirito, la libertà dell’anima, la ricchezza del cuore, erano quasi solo delle futilità, …cose risparmiate per l’anno della remissione. Io dissi loro: ‘Deve regnare la ‘Mia Sapienza, o la vostra stoltezza? Entrambi insieme non danno nessuna coppia!’

21. Fate da voi le vostre leggi, ma (così) spezzate ciò che dovrebbe condurvi alla meta! – «Anima per anima!»: Dato che non osservate la Mia parola, Io non ascolto le vostre, quando piangete! – «Occhio per occhio!»: Non Mi volete riconoscere, così Io non vi vedo quando gridate: ‘Guarda la nostra miseria!’. – «Dente per dente!»: Voi interpretate erroneamente i Comandamenti, quindi Io voglio schiacciare tutto ciò che fate! La vostra ingiustizia non ha nulla a che fare accanto al Mio Diritto! (Isaia 24,5)

22. «Mano per mano»: Le Mie mani vi volevano guidare attraverso il deserto fino al Giordano, …attraverso il mondo al vero senso della vita! Voi avete rifiutato, per questo avete afferrato il mondano, che alla fine la morte distrugge! – Lo stesso vale per «piede per piede»: Io precedetti nella Parola e nell’Opera e vi ho inviato gli angeli. Mosè vi ha avviato il sentiero fuori dall’Egitto, attraverso il deserto, una via, è andato per voi nel Mio Tabernacolo. Io e lui eravamo sempre pronti ad impostarvi l’orma interiore ed esteriore. Ma voi non avete fatto nulla di questo, eccetto pochi che sono le ‘Stelle del Cielo’.

23. Quindi rimanga il vostro precetto che vi siete creati. Ma se volete osservare la Mia legge, se volete affidare la vostra anima alla Mia bontà, alzare i vostri occhi al Cielo, chiudere le vostre labbra, congiungere le vostre mani e cadere sui vostri piedi, allora voglio ritornare e – dov’è necessario – donare anche un secondo Sinai (Golgota). Se una volta accettate questo, allora Israele sarà salvato, non solo i pochi che meritano la salvezza.

24. Se viene rifiutato per la seconda volta, allora per il mondo non esisterà più nessun esempio con il quale riuscire ad ottenere il vostro ritorno. Allora la via vi ricondurrà indietro nel deserto, così e così, finché non avrete trovato il primo Sinai: – La Mia legge, con la quale soltanto poter ricevere in postumo, la grazia e la redenzione (il Golgota[17]). Questo lo voleva scrivere Mosè. Io glielo vietai. Perché? Perché ancora presso l’Horeb mormorarono in nove contro uno alla Mia legge. Io dissi: «A quell’un decimo è scritto nel cuore e la Mia buona decima lo conserverà per tutto il mondo!» Qualche volta lasciai portare la Mia parola nel deserto oppure venni Io stesso, com’è avvenuto qui da voi.

25. Ora continuate a domandare. Certe cose le possono spiegare Zuriel e Muriel, che ritorneranno ancora una volta quando da voi ci saranno gli amici”.

- Salthiel ringrazia intimissimamente per ‘l’Alta Luce’.

- Matthanja aggiunge: “Anche se Tu, o Dio-Padre, non hai nessun troppo né un troppo poco, Ti prego, lasciami dire ancora una volta: Tu ci doni troppa Grazia!”

- Bichras chiede: – Perché i pagani, che sarebbero oramai i loro fratelli, non sono presenti oggi? Si sarebbero convertiti quasi tutti.

26. Il Signore risponde: “Per loro è bene. Dato che secondo la misura del mondo sono persone buone, tendono all’esagerazione. Parole diventano desideri, desideri sogni, da sogni malformazione di ciò che era la verità. Prendeteli saldamente nel vostro patto. I Miei angeli provvederanno affinché vengano tagliati i tralci, quindi la vite diventi forte e robusta.

27. Loro non sono retrocessi. Al contrario, la loro assenza è di grande benedizione, portando loro il miglior beneficio. Io so bene quale rivelazione serve a ciascuno”.

- “Signore!”, Bichras è confuso. “Che cosa ho fatto? La mia domanda, è...”

- “...era al posto giusto, caro figlio”, viene tranquillizzato. “Non lo hai chiesto come se dovessi darMi un ordine. Alcuni di voi la pensavano anche così, persino la Mia cara figlia”.

- Allora Bichras fa un sospiro di sollievo: “Buon Dio-Padre, Ti ringrazio che mi hai tolto un peso”.

- Salthiel va nuovamente dal Signore e prega:

28. “Ho ancora una parola difficile: – Quando nel Sinedrio è avvenuta la separazione e Delajah ha gridato che si dovrebbero uccidere tutti i pagani, che TU gli avevi ordinato di distruggere boschetti e altari, io inoltre gli ho scritto che allora, in tal modo, il Tuo Comandamento «tu non devi uccidere!» sarebbe stato tolto.

29. Ho invocato anche l’oscura parola di «non cucinare il piccolo capriolo nel latte di sua madre». Delajah lo interpreta che non si sale in nessuna grande altezza; ma a noi, o Padre, Ti prego, di illuminarci dalla Tua Luce”.

30. “Così sia! In sé valeva per la salute, perché ci si accingeva a bollire il cucciolo nel latte della madre. Era abominevole, frivolo. Si toglievano troppo presto i piccoli, senza badare alle grida delle madri degli animali. Queste hanno un fiuto delicato, se ai piccoli capita una sofferenza. Che gli animali abbiano pure dei sentimenti, meglio ancora che qualche umano, …chi lo avrebbe considerato?

31. L’uomo bada poco alle leggi legate alla natura, perché schiavo del suo palato, del suo piacere. Solamente, …che Io registro ogni afflizione dell’animale causata inutilmente. Per uno sviluppo oppure come peso umano-animico, questo dipende moltissimo come ci si pone verso il mondo animale.

32. Mosè ha scritto una legge di protezione per gli animali (Deut. 22: “Animali e oggetti smarriti”), perché li ho creati Io. Loro sentono piacere e dolore, anche affetto e animosità di chi si avvicina loro. Io ho dato questo ‘fiuto’ all’animale. Non credete che sarebbero creature ottuse ed avrebbero solo l’istinto. Questo vale per la ricerca del nutrimento e il rifugio, di cui la libera selvaggina ha bisogno.

33. Ora, oltre alla legge naturale con la quale alcuni si macchiano troppo, si tratta della Legge spirituale. È stato sepolto il simbolo, ma un esempio lo porta di nuovo alla luce del giorno. «Nessuno uccida qualcuno con la sua stessa arma!» Vale per l’interiore: – Non dovete pensare del prossimo qualcosa, di ciò che costui pensa di voi. Qui nel senso cattivo, che somiglia appunto all’abbattere.

34. Se sentite del cattivo (su di voi), allora rispondete con una preghiera di supplica. Dispetto, odio e ira sono un cattivo eco della vendetta. Allora ‘un solo’ pensiero può generare un cattivo flusso di parole o azioni, che raramente sono riparabili. In questo è come il cuocere il ‘giovane capriolo’, cioé nei pensieri del suo nemico. Questo si riferisce ancora di più alle parole che alle azioni. Ciò che si ripaga con la stessa moneta oppure più duramente, è nell’uomo ciò che, eccetto alla vipera o similari, non possiede nessun animale. Ancora questo, anche se è più difficile da comprendere:

35. Allora pochi pensavano alla Mia grazia di aver guidato Israele e dato in ogni tempo la Mia Luce. Certamente – il popolo non era ancora forte, e il deserto si rubava molte vittime. Osservando il paese di Abramo, alle tribù che erano cresciute con la sedentarietà, era subentrata sul popolo una grande paura se e come i ‘nemici’ sarebbero stati da vincere. Che questi fossero stati gli ‘amici’ del loro patriarca, non lo si accettava.

36. Il ‘devi battere i nemici’, più giusto ‘vincere’, lo si è messo da parte solo mondanamente. Ognuno sapeva che non si doveva battere gli uomini, ma solo gli idoli, che si doveva vincere non la gente, ma la sua indisciplina, …dove la si incontrava. Non per ultimo anche presso e in se stessi.

37. Non nel latte di sua madre = non agire come i pagani essendo ricaduti in un tempo senza guida; non ‘per via degli idoli vi estirpiamo’, mentre (essi stessi) si erano creati, già sotto i Miei occhi, perfino degli idoli: ‘potere e inganno’. L’oro era quell’ambizione di potere, che li governa fino alla fine della loro limitatezza; il vitello, come si è usato l’oro. Entrambi sono il potere e l’inganno, l’effimero (Baal-Asher).

38. Io lo permisi. La materia dev’essere salvata su vie della materia, anche perché gli uomini entrano nel mondo solo in uno stadio di transizione e non v’è nessun ‘eterno’. In ciò valeva in più l’insegnamento, che pensiero, parola e azione sono vani non appena si ha nell’occhio solo il mondano.

39. Voi l’avete perfino riconosciuto, anche se qualche ‘copertura’ agisce ancora. Questo non nuoce; i gradini portano a ogni altura. Chi li avita, non vi arriva. Basta! Se con ciò usate tale criterio per tutto il resto, allora avrete trovato sempre la giusta misura. A Jedothun lo smuove ancora una domanda, ma crede che sarebbe superflua. In un certo senso sì; ma presentala pure”.

40. O santa Pazienza con cui il Padre li circonda. Una fortuna: Dio non si stanca mai! Jedothun dice che l’uomo dovrebbe regnare su tutti gli animali (Gen. 1,26). A parte questo, che non si è all’altezza della grande selvaggina (allora), non si potrebbe catturare nessun uccello sotto il Cielo, se Dio avesse dato agli uomini il dominio su tutti gli animali. Da ciò sarebbe sorto una volta l’operare abbondantemente abominevole. La domanda segue magnificamente e si aspetta ciò che il Signore ha da rivelare su questo.

41. “Facilmente riconoscibile, se non si cade in nessuna avidità, in nessuna follia del potere. ‘Dominare su di loro!’ = significa martoriarli ed uccidere arbitrariamente? Nemmeno per calmare la fame che – ora nel decorso del vostro tempo – è ancora sopportabile? Oppure, …ora, Barak, che ne pensi? Come sarebbe da interpretare?”

- Barak si illumina. Può …Dio? Fermi! Se Lui lo ha chiamato, allora è giusto, allora il domandare cessa da sé. Come un caro ragazzo, egli dà la risposta.

42. “O Padre, accetta la mia riverenza e il piccolo amore”.

- “Sul piccolo e sul grande parleremo un’altra volta”, sorride Dio.

- “Predominare sugli animali è il Tuo libero dono”, dice Barak, “ma non che questo spetti all’uomo. E’ stato interpretato come il dominare su coloro che dovrebbero essere protetti. Qui è indifferente se riguarda gli uomini o gli animali.

43. Non si riferisce allo schiavizzare gli animali, questo vale pure nei confronti degli uomini. Si deve appunto amare tutti gli uomini, fare dei nemici i propri amici, e in questo senso, stare ‘al di sopra’ di loro. Si deve pensare più in alto e guidarli dal punto di vista del Cielo, necessariamente governare; solo non sottometterli, né lasciarli indebolire esteriormente né interiormente.

44. Il Signore ha creato gli animali per la nostra utilità, …e per la gioia. Egli li ha ‘affidati’ a noi. Ah, quanto è bene che Dio registra la sofferenza degli animali e un giorno chiederà agli uomini che per ragione possono appunto conoscere il giusto: ‘Che cosa hai fatto a questo o a quell’animale?’. Allora non esisterà nessuna scusa!

45. Gli è stata affidata la cara creatura di Dio, come Egli ha prestato all’uomo il campo, il prato, il bosco e il terreno. Essi sono i Tuoi doni, buon Dio-Padre. L’uomo può comprare o ereditare campagna e terreni, vi può costruire case oppure seminare il grano, piantare viti o alberi, come gli compiace e come terra e suolo danno la migliore utilità. Fin qui arriva il buon dono del Creatore. Ma poi….?

46. La morte trattiene ogni Dono! Allora si mostra come ‘il materiale’ è solo un prestito, certamente uno la cui misura di Grazia l’uomo riconosce così di rado. Aiuta a conservare i Tuoi Insegnamenti, a trovare la realtà presente in ognuna delle Tue rivelazioni. O Signore”, si inchina Barak, “fa che per tutta la mia vita possa avere TE davanti agli occhi e nel cuore; riconoscere la legge e l’amore e fare secondo la Tua Sapienza, come compiace a Te in ogni tempo”.

47. “La conoscenza (di Barak) non è un prodigio”, dice Dio agli angeli. “Noi sappiamo, da dove arriva Barak, ma se si considerasse solo la provenienza, allora molti altri indietreggerebbero. La redenzione sarebbe inutile! No – la risolutezza, che deve comunque venire dallo spirito, la deve accogliere l’anima e scegliere con questa la propria via. Questo lo hanno fatto tutti”, la mano di Dio traccia un cerchio, “perciò la Mia Legge rimarrà sempre nei loro cuori, il Mio Amore nell’anima, la Mia Sapienza nel loro spirito.

48. Vi ho guidato attraverso una notte – accolta con grande fede – il cui peso e fatica i Miei occhi già vedono. Non vogliate prendere nessuna arma per dare disgrazie, nonostante il mondo vi costringa a questo. Non osate domandarMi: ‘Signore, non puoi vincere Tu il mondo, affinché nessun uomo venga ucciso, affinché non rimanga nessun orfano, nessuna vedova, …non minacci nessun rumore di guerra il nostro paese? Su questo, ancora una Parola, da cui poter attingere Forza e pace.

49. Come pace, questa vale quando le spade pendono al fianco. Una buona pace sarebbe già questa; se i cuori rimanessero pacifici. Ma qui essa manca. – L’invidia, l’odio, la gelosia, la brama di dominio, la menzogna, il furto e ancora altrettante cose simili, sono il peggior nemico della pace. Attraverso la colpa per il sangue la spada rimarrà arrossata finché la materia non sarà arrivata alla meta finale.

50. Ben le spade sarebbero da forgiare facilmente in aratri, senza che la libertà venisse ridotta. Ma i nemici sopra menzionati li deve uccidere in sé l’umanità stessa. Questo fa parte della libertà contratta, che ha in pieno il suo decorso. Lo stesso anche una guerra che viene certamente governata dalla spada, ma che è stata stimolata dai nemici della pace.

51. Ma Io vinco ciò che non vuole ancora riuscire! Vedrete la Mia Guida come il Sole quando irrompe attraverso un muro di nuvole. Forza, coraggio, fede e fiducia giungono al superamento, che il principe del mondo non vuole riconoscere. Tuttavia lui non può negare il proprio sentimento.

52. Morte e lacrime provocate, non saranno messe a vostro carico. Qui sono gli altri che devono pagare la colpa, altrimenti questa cade in genere su ambedue le parti, nel grande come nel piccolo. Infatti, l’eco viene dalla chiamata! Raramente un ‘eco’ è da scusare. Ciò, solo dove l’afflizione dell’anima non era più sopportabile, sotto i popoli, nel matrimonio o in altro modo.

53. Ora andiamo”. Il Signore indica gli angeli e Se stesso. “L’uomo non può sopportare troppo a lungo la Mia contemplazione. Ma l’essenza della Mia Luce, del Mio Amore, rimane con voi. E qui non c’è mancanza di benedizione e di aiuto che le Mie mani vi daranno sempre. Siate benedetti!”

- Tutti s’inginocchiano subito, Charkros si spinge nella stretta cerchia.

- “La porta del Cielo è aperta per voi. Conservate fermamente le Mie parole nel cuore, allora il Mio volto sarà sempre in voi. – Amen!”

54. Minuti scorrono attraverso l’eternità, in silenzio e in solenne adorazione come la conosce soltanto l’Empireo. Il Suo ETERNO fa rabbrividire i cuori, ed ha spostato lontano il mondo.

- Debora ringrazia: “Onnipotente, Eterno, Santo, Verace, Salvatore di tutti noi, a Te sia il ringraziamento e la gloria. Dinanzi a Te la nostra lingua è piccola, ma il nostro spirito è grande. Hai guardato le nostre richieste; ne rimane solo una: «Signore dell’Altura, mantienici nel Tuo Spirito!»

56. Dona la Tua Pace, affinché il paese giunga alla calma. Perdona ai nemici; aiuta gli amici a conservare la loro fede. Le povere anime – prendile come ‘la figlia’ (Sadhana) smarrita. Prestaci il senso per la Tua Sapienza, la Forza del Tuo eterno alto-Spirito e tienici saldi con le Tue Mani da Creatore”.

57. “Amen!”, dicono Dio e i due angeli, e gli uomini lo ripetono. Seguito dai Suoi figli che camminano sulla Terra, il Signore esce. Zuriel e Muriel alla fine. Alla discesa, Dio si volta ancora una volta, il Suo sguardo somiglia a un’ultima Parola di Grazia. Allora all’orizzonte si accende la stella mattutina. Oppure è ‘l’Ephata!’ …attraverso il Quale il Santo cammina con i Suoi angeli.

 

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Cap. 13

La situazione nell’alto-Consiglio, con Debora autoproclamatasi giudice autorizzata

Un piano preordinato per la vittoria

1. Nell’alto-Consiglio regna un profondo silenzio. La situazione per Delajah si è talmente inasprita che nessun ottimismo ostentato può coprire. Alcuni, stando finora dietro Hamer, non sono venuti. Si dovevano radunare a sud di Zarthan fino allo stretto solco di pioggia di Baal-Hazor. Hamer ne ha contato solo un centinaio. Il suo viso è pallido e stanco. Dovrebbe Jizri, …tutti gli altri? Sono stati corrotti?

2. L’uomo della città di Beth-Semes dice che l’Israele fortemente schiacciato sarebbe malamente armato e nessuno potrebbe resistere a Jabin. Sì, Hamer ha sentito quest’opinione dai pochi che avevano certamente mantenuto la loro parola e sono venuti, ma hanno annunciato apertamente un futuro oscuro. Non c’era da nessuna parte il coraggio di combattere, né gioia; solo dei volti rabbuiati erano stati rivolti ad Hamer.

3. Lui annuncia questo al Consiglio e che i nemici si stavano esercitando sul campo di battaglia. Non c’era da stupirsi di questo silenzio. La situazione è peggio da Delajah. Egli aveva soppesato che non tutta l’Israele avrebbe mantenuto la fedeltà, che non gli starebbe al fianco la squadra unita. Ma questo fallimento, …prima che cominciasse la guerra? E quanto aveva creduto nella sua vittoria...

4. Il suo odio cade sul principe Jizri che “…manca di nuovo!”. Digrigna in modo cattivo: “Nelle sue file c’è il verme! Non voglio chiamarmi Delajah se lui ...”

- “Tanto, così non ti chiami più, già da tempo”. Paros concede il colpo al superiore.

- “Come mai?”, chiede costui più stupito che affranto.

5. Paros tira le spalle. “Hai salutato senza riverenza quei cavalieri di cui avremmo avuto bisogno, e per questo hai rinunciato al tuo nome”.

- Delajah va verso Paros con il dito indice puntato. “Tu? Hai sovente scavato contro di me! Mi è stato riferito tutto! Ho taciuto perché mi era troppo minima la tua meschinità. E se ora non fossero impiegate tutte le forze, ti direi: Va via!”

6. Paros non vuole andare, se non vuole rimanere senza pane dall’oggi al domani. In tal modo il primo lo ha legato. Non badando più a lui, Delajah domanda: “Qualcuno sa dirmi dov’è il principe Jizri? L’ho mandato a cercare, ma da giorni sarebbe via”.

- “Forse è con i suoi amici stranieri?”

7. “Hamer, dai cavalieri?”

- “Non lo so”, dice questo in breve. “Ho sentito delle donne che lodavano Jizri sopra tutto. A domande, dissero che la maggior parte degli uomini starebbe dietro al loro primo principe, come dev’essere; avrebbe molti amici stranieri. Purtroppo non sapevano altro. Il ‘molto’ può forse indicare che ha assoldato delle tribù straniere”.

8. “Quindi ho visto bene!”, Delajah si gratta la barba. “E’ un traditore!”

- “Impossibile!”, contraddice il più anziano di Beth-Semes. “Suppongo che abbia dietro di sé certe tribù. Allora gli affluirà tuttavia il popolo in moltitudine. Non dichiaro nulla contro la sua onestà”.

9. “D’accordo”, dice Hamer. “Non ho chiuso occhio per delle notti. Ho soppesato: ‘Dove sta Israele?’. Si è scelto il meglio che ci può condurre alla vittoria e alla libertà, non sarebbe allora vantaggioso unirsi a lui?”

- “E il tuo onore? Vorresti volentieri fare l’eroe e ...”, soffia Delajah.

- “...tu il vincitore da lontano!”, risponde Hamer rudemente. Se non ci fosse stata una ferma parola, …oggi avrebbe lasciato cadere Delajah. Costui cerca di cancellare i suoi errori. Ma per questo è troppo tardi.

10. Il portiere annuncia: “Arriva il principe Jizri e con lui molti uomini e ...”

- “... chi, ancora?”, viene interpellato avidamente. Nell’ultima ora arriva la salvezza, ma, …non da lui, Delajah? Ah, questo è il cattivo veleno di tutto il verme.

- “Tra di loro c’è una donna, sembra una donna altolocata”.

- “Va! Chiedi se vengono da noi”, ordina Hamer.

11. “No!”, respinge con veemenza Delajah. “Questo sembrerebbe come se li aspettassimo ed avessimo bisogno di loro”.

- “In effetti…”, dice ironicamente Bezai. “…ma come vuoi. Tu ordina, anche se è la peggiore insensatezza”.

- “Ora cominci anche tu?”, Delajah, anche se malvolentieri, deve ammettere che uno dopo l’altro cade. Chi sta ancora dalla sua parte? Un paio di anziani, per tradizione, non per convinzione o per simpatia.

12. Nel frattempo entra il principe Jizri, accanto a lui Debora, i suoi amici più stretti nel seguito, in più, Kis-Abda, Sallumin, Arthasus, Jedothun e i venti superiori delle regioni e città. Delajah si siede del tutto sconvolto, mentre prima era passato avanti e indietro inquieto. Se Jizri ha tutti questi dalla sua parte, solo troppo ben noti a Deklajah, allora…”

13. "Che cosa vuoi qui?", chiede astioso al principe.

- “Siamo armati!”, risponde Jizri calmo. “Non arriviamo troppo tardi. Ma se vuoi uccidere quei paio di centinaia che hai valutato, allora ...”

- “Uccidere?”, ride Delajah con l’odio nel cuore. I miei guerrieri si...”

- “...allontaneranno, quando incontreranno il potere di Jabin. E’ puro omicidio, di cacciare quei pochi sul campo”.

14. Rivolto ad Hamer: “Ti prendi tu la responsabilità di sacrificare inutilmente la tua schiera?”

- “No!”, risponde costui prontamente per il terrore di Delajah. “L’alto-Consiglio ha da portare la responsabilità. Io ho dato la mia parola e voglio mantenerla”.

- “Va bene così!”

- Hamer se ne stupisce. Sperava che si cercasse di distoglierlo dalla campagna (di guerra); allora si sarebbe liberato.

- “Allora resta!”

- Trema una malinconia, “Io e la mia gente saremo eroi morti!”.

15. Allora si fa avanti Debora. Il superiore ha dimenticato di cacciare fuori ‘la femmina’. Sotto di lui, mai una femmina è entrata nella sala delle assemblee. Già si agita, ma nessuno se ne cura. Tutti gli occhi sono fissati sulla meravigliosa donna, come si chiama in sé Debora. ‘Chi sarà?’.

16. Lei dice ad Hamer: “Esistono postazioni perdute, per le quali un uomo aveva impegnato la sua parola”. Quelli che oggi impareranno a conoscerla, tirano su i loro colli. “Se non vuoi rompere per te stesso la tua parola”, dice lei sottolineandolo, “allora è una faccenda tua, e ben in vista della fedeltà, come lo intendeva il principe. Ma se con la parola di fedeltà sacrifichi inutilmente centinaia dei nostri bravi uomini, allora è meglio che ti liberi dal tale parola”.

17. Delajah si avvicina. La femmina osa contrastare i suoi piani? Lui non è così ostinato da non accorgersi che cosa si sta decidendo.

- Come per caso, un paio di amici circondano lei ed Hamer. Delajah sente l’acuto occhio del veggente, l’avvertimento e la buona reputazione, che purtroppo non tocca il suo cuore.

18. Debora continua nel suo discorso: “E’ tuo dovere, principe Hamer, di rinunciare, oppure, …di unirti con il popolo. Israele vincerà! Naturalmente in modo diverso di come si pensava”, il suo chiaro sguardo cade su Delajah. “Naturalmente, continuare dopo la vittoria ad uccidere, esercitare vendetta, fare smisurate pretese, dividere la refurtiva, non risparmiare i bambini, le donne, tutto questo non avviene dalla nostra parte. A questo ci penso …io, …nell’incarico del mio alto-Signore!”

19. “Chi è l’alto-Signore? Che cos’hai da fare qui? Una femmina, …nella quale non c’è nessun intelletto?”, l’ira di Delajah parte come un cavallo.

- Debora divide la schiera e gli si mette di fronte. Il suo atteggiamento è così imponente, che persino il sommo sacerdote retrocede un paio di passi.

20. “Il mio alto-Signore E’ DIO! Egli mi ha ordinato a giudice e mi ha annunciato la Sua Volontà”. Fa un cenno al Consiglio di Gibea. “Silo deve sentire la Volontà di Dio e quella del popolo!”

- Subito Jephan dispiega un rotolo e legge: “Il popolo ha chiamato Debora, chiamata ‘la Palma’, a giudice su tutta Israele!”. Centinaia di nomi, alla cui dignità l’alto-Consiglio non si può chiudere. I superiori, i più anziani, i giudici, i cittadini, i contadini, …in breve: ISRAELE ha firmato questo rotolo!”

21. Ognuno lo può esaminare. E’ autentico, come la pena di Delajah, …che lo sconvolge. Diventato grigio cenere, rosicchia sulla sua vergogna. Gli amici, soprattutto Debora, anche un paio di nemici, lo compiangono. Non ci vede più chiaro. Sarebbe quasi caduto. Barak, che aveva sempre trattato come una nullità, lo sostiene prima di cadere, e davanti alla più grande infamia della debolezza. Si siede sulla sua sedia senza ringraziare.

22. Non si dà per vinto e fa come non ci fosse nessun giudice nella sala. “Come è potuto succedere questo?”, si rivolge con sdegno a Jephan. “Si deve esaminare chi l’ha messo insieme!”. Dammelo! Lo esaminerò all’occasione, da parte a parte. Allunga la destra come un artiglio, ma Jephan nega.

23. “Mi dispiace, sommo sacerdote”, dice lui calmo, “il rotolo è proprietà della giudice; e centinaia di superiori, migliaia di Israele, veglieranno che né alla nostra giudice né al suo rotolo sia fatto del danno. Il tempo è serio, ma è passato oltre a te. Non hai fatto attenzione a quando sarebbe arrivata la svolta. Hai visto solo te, te e le tue mete, che non portano nessuna benedizione né onore al nostro popolo e...”

24. “Parli così con me, tuo sommo sacerdote? Ma non sai che io...”

- “Non più!”, suona dura la voce dell’uomo. “Per via della guerra e del fatto che solo dopo questa può avvenire una votazione, tu resti il superiore in Silo. Ma il potere che lega e separa ti è già stato tolto, deciso dalla maggioranza di tutti gli anziani nel popolo.

25. Sii intelligente, lascia stare così le cose; il tuo onore è protetto. Così la vuole la giudice, anche se...”

- “Non mettiamo nessun seperò”, interviene Debora. “Lui rimane, com’è previsto. Più avanti lo giudicherà Dio, oppure un’altra votazione. Voi altri del Consiglio…”, dice rivolta ai sacerdoti, “…venite qui!”

26. Si fanno davvero avanti. La maestosità di Debora fa dimenticare che li ha chiamati una femmina. “Date la vostra parola di tacere su ciò che è successo qui, e rimanete nell’obbedienza, finché Delajah è il vostro sommo sacerdote. Saprò punire le trasgressioni!”.

- Loro dicono sì, mettono le loro dure mani nella snella e fine destra di una giudice, come il mondo non ha mai posseduto finora.

27. Persino gli amici rabbrividiscono. Lei è sempre stata benevola. Ora è giudice, dominante e seria. Lo richiederà il tempo. Chi presagisce quanto le costa questa severità? Quanto più volentieri vorrebbe aiutare in bontà, invece di tagliare. Ma ognuno ha la sensazione che ora dinanzi a loro sta ed agisce una persona di diritto, non …una ‘giusta donna’

28. Lei tende alla mano di Hamer. “Ti libero dalla parola che hai dato inconsciamente nel posto sbagliato. Già allora ero giudice; certi lo sapevano”.

“Non ne ho mai sentito”, confessa imbarazzato il principe Hamer, “e, …perdona, mi stupisce che non l’ho mai sentito da nessuna parte”.

29. “Ti puoi stupire”. Il vecchio, caro sorriso sfugge sul suo volto. “Coloro che mi conoscono hanno taciuto per lungo tempo. Ma interi villaggi li hanno seguiti, aspettando la promessa: ‘DIO ci manda un aiutante!’. E chi oggi lo saprà, uomini, donne, e anche bambini, …nessuno domanderà: ‘Una femmina?’. Oh, un giudice è benvoluto, se esprimerà un diritto senza guardare alla persona, e se il suo lavoro non gli porta nessuna dracma!

30. Questo diritto era la via verso il popolo, …e ancora molto oltre. Ora non parliamo più di questo. Ti consiglio: ‘Dà a te stesso la parola, qui in questa sala. Raccogli i tuoi uomini, andate fino ad Ophra, dove potete accamparvi. Là chiedi del comandante Sesalab; lui è informato, lui combatterà sotto la tua spada!”

- “Sotto la mia spada?”. Quale sguardo di luce nel giorno grigio che gli era come un Sodoma. “Chi è l’uomo?”, dice lui, pronto a fare ciò che ordinerà la giudice, stringendole forte la mano. Ah, lei lo ha liberato, …così e così!

31. “Lo verrai a sapere là”, risponde lei, e al superiore di Orpha che fa anche parte di lei, chiede: “Simeath, vuoi andare con il principe?”

- Il superiore è disposto volentieri, anche se preferirebbe rimanere con Debora. Lei tocca la sua spalla: “Fra un paio di giorni ci rivedremo”.

*

32. Dopo la partenza dei due, Delajah fa come se non ci fosse ‘la femmina’. Perché non la butta fuori? Teme forse gli uomini? Ha paura di perdere questi ultimi? Non ammette a se stesso che è impotente contro questa giudice, …chiamata da DIO? Perché Dio dice di “no” alla sua causa? Non voleva anche lui la cosa migliore? Una pace che…

33. ‘Delajah…’, un sussurro, ‘…mostraMi la tua parte migliore. IndicaMi la pace che vuoi comprare con il sangue!’. Viene scosso, ma non il suo cuore; e così perde sempre di più la voce di Dio. Stirandosi con forza, dice cupo: “Quello che ho fatto, lo posso rappresentare davanti, …davanti a Dio? – No!”, …davanti a me stesso; e questo basta. Se non riesce, allora lo hanno da disputare altri.

34. “Sottrarmi Hamer…”, un cattivo sguardo colpisce Jizri, “…è un oltraggio contro Israele. Si vendicherà amaramente! Gli uomini…”, lo sottolinea acutamente, per rilevare che per lui una femmina non conta, “…devono stare diritti davanti al popolo. Perciò amici…”, quelli che stanno ancora con lui, sorridono di storto, “…ci vogliamo con maggior ragione difendere contro ogni invidia”.

35. Sathur, l’anziano consigliere di Beth-Semes, al quale batte già la coscienza, sfrutta una pausa. Vede chiaramente il naufragio di Delajah. Non glielo augura, ma dove non c’è nulla da salvare, non c’è nessun aiuto. Lui dice con tono buono: “Delajah, tu sai che ti ero affezionato”.

- “Affezionato?”, viene malamente interrotto.

- “Lasciami parlare come si usa fra amici. Dato che ci hai chiamato così nell’ora del tuo destino, che veramente è anche la nostra.

36. Si dovrebbero ammettere gli errori commessi. Ricorda: il popolo ha eletto questa giudice! Non tirare su le sopraciglia, tu sai come ciascuno, che qui ha parlato il SIGNORE attraverso Israele. E noi rispettiamo la voce di Dio, che si è annunciata così. Te, Debora”, si volta verso di lei, “non ho mai visto, mai sentito di te. Ma prima, quando hai parlato, ho notato che in te c’è a casa lo Spirito di Dio, ed io …sottoscrivo il tuo rotolo da giudice, per me e per tutta Beth-Semes.

37. No!”, respinge di nuovo, quando Delajah protesta. “Parlo ancora io! Nessuno dice che non volevi la cosa migliore. Soltanto, hai ignorato dov’era. Non dovrebbe valere come errore, anche se il sommo sacerdote dovrebbe sapere che cosa è il meglio per noi. Ora ho riconosciuto che la giudice lo sa, e il SIGNORE pone nella sua mano la salvezza del popolo.

38. Io so poco quanto te che cosa intende fare, ma almeno questo: – ha provveduto meglio che dieci uomini intelligenti! Nessuna donna ha ancora posseduto una tale funzione; soltanto, chi potrà cadere in DIO, nella Sua guida di, se Egli ci vuole aiutare attraverso una femmina? Sara ha avuto parte nelle opere di Abramo, perciò ringrazio il Signore che ha prestato il gentilmente il Suo aiuto”.

39. “Tu dici…”, Delajah lo interrompe nel discorso, “…che il mio operare era oltraggioso nonostante la buona volontà”. Le sue parole diventano taglienti. “Nessuno mi toglie la parte buona, nemmeno …Dio! Io L’ho pregato, ma Egli ha detto ‘no’ alla mia opera”, confida un punto debole di cui non si accorge quasi, per fortuna nessuno nella confusione, solo Debora e i sette amici. “Oggigiorno non esiste più nessuna Rivelazione”, aggiunge duramente.

40. “Tuttavia, Dio si rivela!”

- “Così?”, dice irritato e deridendo verso Debora. “Mostrami una volta la Sua rivelazione!”. Nessuno vuol subire per via del cattivo discorso. Lui è del tutto fuori strada, e si deve dapprima ritrovare interiormente ed esteriormente. Perciò Debora dice espressamente calma:

41. “Quando Simeath ed Hamer sono andati via, in te si sono accavallate certe cose; anche la domanda al Signore. Ed Egli ti ha parlato. Dato che non sai di che cosa si tratta, non lo deve annunciare la ‘riprovevole femmina’, ma lo farà il nostro veggente che pure lui ha sentito”. Fa un cenno a Matthanja.

- Il profeta va verso Debora e ripete la Parola del Signore:

42. “Delajah, mostrami la tua parte migliore, indicaMi la pace che vuoi comprare con il sangue!’ (vedi v. 33). Suona sì severo”, dice Matthanja, ma quanto Amore contiene! Ogni esclamazione di Dio è la Sua Bontà, una seria è Misericordia. Ma tu non vuoi sentire, interpreti tutto solo secondo la tua volontà. Certo, se non chiedi a Dio ciò che viene dall’autentica fede, quando dici che Egli faccia ciò che tu trovi giusto e buono, allora non ti stupire se dal Cielo non viene nessun ‘sì’.

43. “Ah, la vedi così? Allora ogni richiesta non avrebbe scopo, se guida tutto il Creatore. Allora non ci vuole nessuna fede, se non conduce all’esaudimento della preghiera! Non nego che qualcuno vi avrebbe sussurrato qualcosa nell’orecchio. Ma poteva essere un inganno, perché – per quanto riesco ancora credere – Dio già da tempo ha dato un ‘no’ alla mia buona opera”.

44. Il tormento dell’uomo è grande. E’ il primo sacerdote, fa parte della guida di un popolo eletto; e da anni gli viene tolto dalla mano una cosa dopo l’altra perché cerca di imporre la sua volontà, e non quella di Dio. Chi lo vuole condannare per questo? Chi lo può liberare?

- Debora prende delicatamente la sua mano destra, lui non se ne accorge. Lo guida alla sua sedia e si siede accanto a lui da quella parte dove già una volta si era seduta, cosa che sa soltanto il gruppo ristretto, e dice:

45. “Ascolta come se accanto a te non starebbe seduta una donna, ma uno dei cavalieri che sono venuti su incarico di Dio per aiutarti, a riportarti a Dio. – Lo vuoi?”

- Lui non vuole, solo la sua gentilezza è coercitiva. Lui sprizza ancora veleno: “Non sei un cavaliere! Ammetto che sarebbe bene che li avessimo dalla nostra parte; ma non abbiamo ‘l’avessimo’.”

46. “Non così”, sorride lei. “Dio li manda, anche se non sempre sono visibili”.

- “Lo pensi davvero, che…”, Delajah non osa pronunciare la visione.

- Lei conferma: “I due grandi, erano angeli”.

- “E il terzo?”, indaga lui frettolosamente, mentre tutti ascoltano in silenzio. “È seduto accanto a te”.

- “Non mettermi sulla tortura!”, Delajah ricade nella sua vecchia ira. “Non vedo nulla, non noto nulla!”

47. Allora lei dice seriamente: “Sono stata io il terzo cavaliere”.

- “…? …?”, Un suono inarticolato si strozza nella gola di Delajah. “Tu? …tu? Aha, non esiste proprio!”

- “Ti è molto difficile crederlo, per altri pure”, indica la sua gente”. Ma può essere dimostrato”. Gli amici che allora erano presenti, si fanno avanti. La loro testimonianza è così impressionante, da poterla cancellare.

48. “Come mai che sei venuta da cavaliere, come…”

- “È stata la Volontà di Dio”, dice lei con forza. “Dovevo mettere il mio piede nella sala della tua funzione; non per via di una consacrazione”, mette da parte la sua contraddizione, “ma per il fatto, che l’alto-Consiglio deve riconoscere: ‘Il SIGNORE mi ha ordinato giudice per Israele!’

49. Dio un giorno interrogherà ciascuno che attraverso la sua non-riconoscenza ha provocato un inutile sofferenza. E a te, Delajah, sia detto:

‘Dio dice sempre «Sì»;

perché il Suo nome è un segreto Sì della Sua Volontà per noi!’

50. E’ la nostra faccenda di riconoscere da un «no» di Benedizione in questo mondo, l’alto santo «sì» della Divinità. Pieghiamoci sotto il Suo «sì», anche se secondo la nostra imperfezione risulta un «no», così vivremo fino in fondo la Volontà di Dio attraverso la Sua Grazia.

51. Il meglio accade se non si adempie la nostra volontà! Con questo accorgimento si può esternare ogni richiesta. Dio, per la nostra salvezza, fa volentieri come compiace a Lui. Tu, il primo sacerdote, lo avresti da vivere d’esempio per il popolo. Se DIO dà la risposta, se era così; consegna anche a Lui la tua vita, la tua via, la tua funzione. Oggi hai sperimentato una grande ora di Grazia”.

52. Lei si alza. “Se ci vuoi avere come aiutanti, allora mandami sulla collina. Dieci migliaia ti mostreranno la via se chiedi della ‘Palma’.” – Debora aspetta se Delajah ha una reazione. Già una stretta di mano si lascerebbe valutare come buon segno. Questa non arriva.

53. Invece si annuncia Bezai: “Ti posso seguire?”

- Lei gli annuisce, in più, tre anziani e Sathur, che si aggiungono a Bezai. Lei se ne va senza parole, una moltitudine di uomini dietro a sé. Rimane il vuoto, il cui peso è insopportabile. Delajah corre fuori, senza chiedersi che cosa sarebbe accaduto adesso? I pochi dalla sua parte rimangono indietro in silenzio, ma aspetteranno a lungo il suo ritorno.

*

54. Si pernotta in Gilgal. Arrivano e partono dei messaggeri. I nuovi sono stupiti di ciò che sta accadendo. Ah, qui splende ad Israele la salvezza come – sì – come le colonne di nuvole e di fuoco di Dio sulla via nel deserto. Solamente gli amici stranieri non la vedono ancora. Barak è sempre pronto a saltare, e la incontra davanti alla casa. Se non si trattasse della guerra, quelli esclamerebbero: Magnifico! È andato tutto bene! Domande e ordini, proposte e decisioni corrono come sulle quattro ruote di un carro.

*

55. IL giorno dopo si cavalca verso la collina della Palma. Superano un paio di persone. Allora Sallumin sente dire a uno: “Una donna? Ti ha forse morsicato il vitello d’oro?”

- “No”, s’infervorisce un vecchio, “ieri ho sentito dire a un sacerdote ciò che è successo nell’alto-Consiglio. Un oltraggio!”

56. Sallumin interviene subito scendendo da cavallo: “Dimmi, caro amico, hai notizie di Silo? Sai già”, dice confidenzialmente, “che Israele sta rischiando. Chi può aiutare, deve aiutare”.

- “Aiutare? Quando esistono così tanti traditori?”, esclama quello che ha citato il vitello d’oro, del tutto scandalizzato.

- “Esistono certamente”, ferma l’altro il discorso dicendo a Sallumin: “Non ti conosco, ma hai un aspetto onesto; allora si può ben aprire la bocca”.

57. “Aprila, non sarà a tuo danno”, lo incoraggia Sallumin,

- “Sono povero, ma non mi lascio corrompere!”, salta su il vecchio. “Va bene”, e racconta che nella locanda di Silo stavano seduti un paio di uomini e un sacerdote, il quale ha riferito di ieri, sotto il severo sigillo del silenzio dell’alto-Consiglio. Non ha badato ad un vecchio che dietro a una sottile parete poteva sentire il discorso del sacerdote.

58. “Sai chi era il sacerdote?”. Sono rimasti indietro. La cavalcata gira nelle valli secondarie, ed anche i viandanti sono avanti di un bel pezzo.

- Il vecchio indugia. “Non so, ho soltanto sentito come uno ha chiesto: ‘Paros, è anche vero?’. Quindi è da presumere che era il sacerdote Paros”.

59. Sallumin si fa forza per stare zitto. ‘Vile furfante!’. Lui dà la mano all’uomo: “Te lo voglio confidare: onestà per onestà! L’assemblea non era molto buona in una certa ottica, perché c’ero anch’io”.

- “Tu?”. L’uomo comincia ad avere paura, teme il castigo.

60. “Non ti preoccupare”, lo tranquillizza Sallumin, “e sappi che avviene proprio il contrario di ciò che là viene strombazzato in modo falso. Israele sta sotto una guida unita di un giudice…”. Inghiotte ‘…donna’; è ancora meglio così. “Tutto è ordinato. Sii tranquillo tu e i tuoi. Se una volta hai bisogno di aiuto, allora vieni a Gerusalemme dal giudice Sallumin, ti aiuterà sempre”. Con ciò, si lancia sul cavallo.

61. “Lo conosci?”, chiede il vecchio, gioioso di arrivare a qualcuno che guida, che lo potrebbe magari aiutare.

- Sallumin annuisce e sprona il suo cavallo: “Sono io stesso”. Ridendo, se ne va galoppando.

- Il povero fissa ancora il cavaliere, mormorando che ‘il buon Dio dei padri lo ha così magnificamente guidato’. Prende la via laterale, non vorrebbe continuare con gli altri.

62. Sallumin raggiunge presto gli altri e riferisce.

- Debora annuisce più volte davanti a sé. “Ho visto il serpente. Paros ha rotto la sua parola ed è da punire secondo la prescrizione di Mosè. Tu, come avvocato, principe Jizri, Jedothun e Kis-Abda, lo farete, subito domani mattina. Incontrate Paros certamente presso Delajah, ma lasciate questo in pace”.

63. “Da ciò può derivare uno svantaggio?”, chiede Arthasus. “I viandanti mi sembravano disturbati”.

- “E’ gente piccola, nessuno bada a ciò che dicono. L’uomo vecchio, un autentico israelita, è stato raddrizzato. Fai bene, Sallumin, di aiutarlo, se prossimamente viene da te”.

64. Alcuni anziani fanno ancora a pugni. Debora ha predicato indulgenza e pazienza e quanto dovrebbe diventare difficile per i suoi sacerdoti, per il resto i primi tra il popolo. Ora a loro è stata tolta la loro dignità, naturalmente per propria colpa. Che inoltre li abbia consegnati una femmina che possiede potere – il diritto del giudice – di licenziare ed assumere sacerdoti, li ha del tutto messi fuori strada. Non c’è da stupirsi che un Paros abbia chiacchierato il segreto.

65. Jizri dice: “La stupidità lo ha messo fuori bordo. Non ha pensato che capitava in una Luce cattiva, che sarebbe diventato pubblico, che ora c’è un giudice al quale sottostanno i sacerdoti. Poteva solo vantarsi di essere importante, ed ha affilato la lingua”. La giudice si ferma e ci si schiera intorno a lei.

66. “Loro si scavano la loro tomba. Avverranno molte cose, ma vengono dalla Mano del nostro Alto”. Lei indica a nord: “Fra un paio di giorni tutti sentiranno le trombe, ovunque. Per allora il nostro esercito dev’essere sul campo di battaglia. Ho bisogno di alcuni fedeli che, come staffette, mi diano sempre informazioni su come procede il tutto”.

67. Dice il più anziano di Thirza: “Non vedere le cose in modo triste, quando sottolineo che è un peccato che tu non sia un essere maschile. Allora precederesti il nostro popolo”.

- Debora ride, la sua allegrezza contagia gli uomini. “Ma Nekkoda, voi e molti altri siete i duchi d’Israele. Voi precedete ognuno davanti alla propria schiera. E poi…”, un serio splendore rischiara il suo occhio, “…il sommo Duca è l’alto-Signore! Siate certi in ogni tempo, che EGLI vi prepara una via, allora non avrete bisogno di nessun altro che vi aiuti alla grande vittoria (Esod. 13,21).

68. Bezai pensa: ‘Che cosa? Uomo o donna…, qui opera la Verità!’. Con sguardo loquace chiede di perdonagli il vecchio.

- Lei sminuisce: “Perdonare lo può solo Dio! Ogni cattiva azione è un peccato contro di Lui, perché ci ha creati Lui. Si deve comunque chiedere perdono all’offeso; ma chi chiede questo dapprima all’Altissimo, il suo piede va facilmente dal creditore.

69. Tu pensi che certi non vogliono perdonare? Anche questo: chi fa del male all’altro, deve sopportare l’animosità con pazienza. Se si è riconciliati con Dio e sente nel cuore che il Signore ha perdonato, allora l’animosità rimane su quel prossimo che lascia inosservata una richiesta di perdono”.

70. “Delajah non lo ha mai insegnato”.

- “Nemmeno tu”, viene avvertito.

- Lui diventa rosso. “Intendevo ...”

- “...non in modo cattivo”, risponde lei. “Chi è giunto per primo al ritorno, deve badare al suo cammino. Nessun sacerdote dovrebbe aspettare, se prima dà a un altro l’insegnamento”.

- Sono arrivati alla collina. Si sale; i nuovi, pieni di aspettativa su cosa vi succederà.

71. Charkros rema agitando tutte e due le braccia: “Padrona! Il mio principe è qui! La stella mattutina splende ovunque!”. Questo è sempre il suo simbolo quando avviene qualcosa di favorevole.

- “Hai già provveduto per la tavola?”

- “Ma padrona!”

- “Bene!”, viene lodato. “Fai preparare la tavola; guarda, ce ne sono molti nuovi”.

- Il fedele è raggiante. Se gli fosse solo possibile, stenderebbe un mondo sotto i piedi di Debora.

72. Dalla casa escono Su-el-Kambynos, il camerlengo e trenta madianiti. Con tanta riverenza viene salutata la giudice, tanto che Bezai medita: ‘Ma lei non è una donna; lei è …embé, che cosa?’. E il pasto nella sala: pane e vino! C’è silenzio nella sala come sotto la Tenda notturna di Dio, quando tutta una Creazione dormiva. Questo fa profonde radici nei nuovi. Loro comprendono che i pagani le sono fedeli fino alla morte. ‘Delajah’, riflette Bezai, ‘che cosa hai perduto qui!’. Già suona la campana da tavola. C’è agnello, pane, frutta e un vino bianco.

73. Dopo il pasto, Debora chiede il perché è venuto lo stesso madianita.

- Costui risponde: “Alta giudice, in tutti questi giorni ho sentito la Guida del nostro Dio”. Lui sottolinea fortemente il ‘nostro’ , che induce alcuni a vergognarsi. Poi finisce di riferire: “Ci accampiamo là dove ci hai ordinato. Le tribù sono arrivate da me. I conducenti sono bravi, nessuno vuole tirare alla propria cordicella. Ognuno dice: ‘Quello che ordina la giudice, sarà fatto!’. Dunque: quando giungerà il segnale? Domani vorrei di nuovo essere presso la truppa”.

74. Lei dice: “È possibile! Adesso ascoltate: – Una guida unitaria è la vittoria delle nostre truppe, prima che Jabin e Sisera allentino le loro armi. Nessuno deve retrocedere, meno ancora il principe Su-el-Kambynos, finché non lo decido io: il principe Jizri è il duca nella battaglia; ma si consulterà sempre con tutti i capi, soprattutto con i principi delle tribù.

75. Allora vi sono vicina. Fuori da Dothan, nella cosiddetta valle delle carovane, verso Beth-Sean, su una piccola altura c’è una casa rossa. L’ho comprata ed è già arredata. Là si troverà ogni messaggio; là mi incontrerà ognuno dei responsabili.

76. Ma non è soltanto da condurre una battaglia. Anche se conoscete già la parola d’ordine: possibilmente non deve essere ucciso nessuno, se necessario, ferire, altrimenti circondare a gruppi i nemici e farli prigionieri. Qui deve comandare Barak di ricordare continuamente il monito e raccogliere i prigionieri.

77. L’infuriare durerà tre settimane. Io do’ molto valore al comandante Agratano; lui deve venire da me indenne. Jabin scodinzolerà come una volpe. Non lasciatevi confondere per non avere iniziative autonome. Rimanete uniti saldamente come una catena. Una parte dei madianiti sotto Dalphon e i nostri più anziani fra Hebron e Gerusalemme con il loro esercito, devono formare quell’ala sinistra che si spingerà fino al ginocchio del Kison. L’ala destra, facendo un leggero arco fino ad Endor, se ne incaricheranno il principe Su-el-Kambynos e in più i nostri anziani da Gerusalemme fino ad Abel-Mehola secondo il Giordano.

78. Nel mezzo staranno tutti gli altri israeliti insieme agli altri amici stranieri. Fin qui il tutto è ben ordinato. Jabin ha impostato l’Ammon sulla sua ala sinistra, di fronte a Su-el-Kambynos. Con lui vorrei – non appena lui crederà in una vittoria in pugno – assaltare Sisera. A sud ovest di Endor dev’essere poi eseguita un’irruzione, appena sarà possibile, senza rompere la nostra catena, per tagliare l’Ammon. Se questo è riuscito, allora l’irruzione deve di nuovo giungere nella linea solida.

79. In Kedes alcuni gebusiti mi hanno comprato una casa da dove è da impedire verso nord ogni fuga dei nemici. Un posto difficile. Chi vuole occuparlo?”.

- Nessuna mano rimane ferma. Debora ricorre al destino, e la sorte cade su Bichras. Lui è quasi sgomento. Chi non ne sarebbe capace, per essere scelto? Congratulazioni! – Tra di loro, …non esiste nessuna invidia. Lui sorride imbarazzato.

80. Matthanja dice: “DIO ha scelto! Qualcuno pensa che è stato scelto perché lo merita. Certamente c’è anche al bordo un merito, altrimenti non sarebbe avvenuta l’elezione. In ciò dipende meno dalla persona che più per una causa, che il Signore vuole rivelare oppure anche formare attraverso l’elezione.

81. Ogni eletto ha un dovere che può andare oltre il potere del cerchio dell’elezione. I veri rimangono nell’umiltà per esercitare la Volontà di Dio a chi ha affidato loro una parte del lavoro. Bichras lo ha già riconosciuto bene.

82. “Solo la Sua Grazia”, dice costui.

- Si pongono ancora alcune domande alla giudice. Quello che lei decide, ha mano e piede; ma per lo più suona come un’indicazione o un consiglio, raramente come un ordine. Per questo ha nelle mani il pieno controllo.

83. Anche Bezai chiede un posto.

- “Questo arriverà dopo; aspetta”, dice calorosamente Debora. “C’è altro da fare che affilare armi. Si tratta di eliminare macerie, esistenze distrutte, la fede negli idoli. Arthasus ha già un tale posto”.

84. Costui è cambiato rapidamente; ma solo la modestia è la vera eco. Perciò lei gli dice: “Vedremo che cosa porterà con sé la sera”.

- Lei e Matthanja sentono un Raggio da mondi lontani che colpisce la collina della Palma. – Voglia regnare la Bontà di Dio.

 

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Cap. 14

Ritornano di nuovo gli angeli – Molti buoni insegnamenti

Un vecchio episodio a Su-El-Kambynos – L’essenza della materia

1. Irrompe una bella sera. Il Sole comincia proprio ora ad indorare la collina, a coprire la valle con una soave ombra. Il madianita, in parte lieto in parte serio, vuole partire tra dure ore. La guerra è sempre una cattiva faccenda. Lui ha giurato di osservare le Leggi del Signore: Non uccidere; non desiderare le cose del tuo prossimo!

2. Proprio ora si trovano davanti alla casa. Allora, salendo per la via, arrivano i loro ‘cavalieri’ dall’aspetto magnifico. Debora corre loro incontro come una bambina. I suoi l’osservano e ora notano i cavalieri. Chi la conosce già, le corre dietro. Gli altri vedono molto stupiti le figure. Chi mai saranno…?

3. Bezai rimane fermo, preoccupato. Ah, perciò si doveva aspettare che cosa portasse con sé la sera. I cavalieri guardano in trasparenza ogni persona. Lui se ne vorrebbe andare di nascosto. Allora il veggente lo prende sotto braccio. Lo colpisce uno sguardo caldo serio. Non sente nessuna parola, ma Bezai percepisce bene che viene trattenuto. Allora si drizza. Se prima ha agito male, senza vergognarsi, allora adesso deve prendere su di sé se sarà giudicato pubblicamente. Dio è incorruttibile e giusto.

4. Nel frattempo sono arrivati i cavalieri. Nessuno pensa alla guerra, alla partenza o ad altro. E’ arrivato il Cielo! Mondo, …che cosa vuoi ancora da noi? Charkros sospinge le aiutanti della casa, cosa che normalmente non fa. E non sarebbe nemmeno necessario; loro stesse fanno a gara nel correre. Nella grande stanza si sta strettamente insieme. La Palma pronuncia il solito saluto di pace e di benvenuto, ed aggiunge:

5. “Miei insegnanti, voi vedete giubilare i cuori dinanzi a Dio, perché la Sua Bontà vi ha mandato da noi. Sono certa che la Parola di Dio si adempirà su di noi. Quella santa-sera quando comparve la somma-Luce, mi ha mostrato la lunga via, orlata dai guardiani di Dio, e non è passato nulla di estraneo e di cattivo.

6. Oggi la Sua Parola è sigillata, cosicché crediamo e riconosciamo: Dio è buono! Dio è buono, Egli non aiuta ad estinguere i nemici; Egli aiuta affinché osserviamo i Suoi Comandamenti. Vi prego: portateci la Sua Benedizione e la Pace della Sua Grazia”.

7. “Una buona parola alla quale deve seguire l’insegnamento”, la loda Zuriel. “Ma dapprima il fratello Muriel ha qualcosa da dirvi”.

- Lo si aspetta in gioiosa agitazione. Che nella gente della collina si muovano ancora desideri che non sono da adempiere nel loro senso, lo si nota presto, nonostante il loro spirito abbia attirato l’anima in alto, …fin dove è possibile.

8. Muriel sorride e spazza via i loro desideri umani. “Cari amici”, comincia, “siete cresciuti nella Luce di Dio, per cui è venuta la Luce: ‘La bontà di Dio e la Sua parola!’. Certo”, fa un cenno, “è giusto pensare che il vostro crescere nella Luce lascerebbe molto a desiderare.

9. Finché un figlio passa attraverso la materia appartenendo a questa, raramente può far brillare pienamente lo spirito attraverso la sua anima. E’ certamente possibile, ma Dio non lega a questa possibilità nessun obbligo. Quest’ultimo è appeso a quelle leggi dove, oltre alla possibilità, è anche necessario. Ma dove si svolge un tale alto stato dell’anima, la porta per il ritorno è aperta e uno spirito di Luce non rimane nemmeno un’ora terrena di più come uomo nel suo mondo.

10. Sarebbe meglio, secondo voi, se si potesse rimanere in un mondo in un tale lungo tempo, se proprio un figlio della Luce può far splendere prima gradualmente i suoi raggi? La parte del perfezionamento, spettando al Regno, non viene data alle vie dei mondi, perché una misura di Luce è troppo pesante e cara. Nessun mondo la può pagare, intendo gli uomini, se potessero pagare, volendolo oppure no.

11. Qui sia aggiunto che non può adempiersi il vostro desiderio, sebbene sorto dalla migliore onestà. Chi ha già sperimentato la cavalleria nostra e di Debora, ci ha chiesto formalmente di voler andare con voi sul campo con il nostro aspetto. Se ci vedessero i nemici, perderebbero tutto il loro coraggio, e da ciò verrebbe evitata molta sofferenza, molto versamento di sangue.

12. La Luce non compensa ogni disastro di guerra, tuttavia viene inclusa ogni buona volontà, per cui certe cose rimangono non calcolate. Che nella guerra debbano soffrire anche persone pie e giuste, è incomprensibile per l’uomo, in quanto non conosce il compenso attraverso le vie del sacrificio che i figli della Luce prendono su di sé. Questo pareggio non si può portare in una vita mondanamente buona, altrimenti non sarebbe una via di sacrificio.

13. La vita della materia è breve, ma può scuotere enormemente la misura dell’amore sacrificato che risplende sulla via del mondo. Ma se tutto l’odio dei combattenti venisse su di loro, allora come conseguenza su ambo i lati rimarrebbero indenni solo pochi uomini. Se in più venisse pure calcolata l’ingiustizia che nella guerra imperversa nel suo usurpare infernale, non rimarrebbe mai qualcosa di un popolo di guerra, nessun uomo, nessun avere! Potrebbe gocciolare un secolo e più nel tempo del mondo, prima che la devastazione si ripopolasse nuovamente.

14. Tuttavia, la Parola di Dio promessa agli uomini finché il mondo sussisterà, non dovrebbe esaurire la Sua Grazia, ha pensato anche alle abominevoli guerre (Gen. 8,22). Ma se la cattiveria esagera e viene oltrepassata la misura della Parola di Dio quando l’odio fa saltare i confini della Grazia, allora è adempiuto il ‘finché Egli mantiene il mondo’. Allora dipenderà dagli uomini, se alla Longanimità di Dio sarà da aggiungere una misura.

15. Ora questa indicazione non vale per la vostra guerra, ma è da osservare la Legge: ‘Non uccidere! Non desiderare le cose del tuo prossimo!’. Se rimanete fedeli per quanto è possibile, allora non sarete voi i colpevoli. Ogni peso ricadrà sull’avversario, che vuole solo uccidere ed abbattere.

16. Sì, amico Su-el-Kambynos”, dice Muriel al principe, “tu chiedi preoccupato se alcuni dei tuoi non dovessero osservare l’ordine per il quale tu hai dato la parola, se il fremito di sangue nelle battaglie li spinge a uccidere con volontà, se poi tu lo devi sostenere dinanzi a Dio. Perciò, particolarmente tu, hai desiderato che noi celesti dovremmo sorvegliare il tutto.

17. Ti sia tolto il peso. Ogni guerra con le sue malvagità allenta la responsabilità che la coscienza esige di operare nei confronti dell’essere umano come uomo. Anche questo – per quanto possibile in qualche modo – la copre la Longanimità di Dio, soprattutto quando un guerriero perde la sua responsabilità etica attraverso la cattiveria o l’aggressione del nemico. Se viene provocato duramente, allora la durezza ricade sul nemico.

18. Dato che avete dato alle vostre truppe – proceduto da Debora – l’ordine per ogni particolare, allora la colpa resterebbe attaccata all’avversario che ha provocato questa guerra. Siate di buon coraggio; avete fatto il possibile per mantenere la santa Legge del Signore, ma nonostante ciò, vegliate acutamente.

19. Per quanto riguarda la nostra comparsa, allora chiedo: credete nell’aiuto di Dio come ha pregato Debora?”

- L’anziano Salthiel alza la sua mano: “Sì, Egli aiuta perché osserviamo i Suoi Comandamenti; tuttavia, non quando vogliamo uccidere. Ma Egli ci è vicino, di questo sono del tutto sicuro!”

- “Ti allacci alla certezza che l’Altissimo voglia essere visibile?”

20. ‘Visibile?’, riflette Saltiel. “No, …questo significa che i tempi sono cambiati. Un tempo Dio comparve sovente. Soltanto…”, mette le redini alla sua nostalgia, “…Dio non si manifesta esclusivamente nella Sua visibilità. Le Sue Opere sono la firma, sono il Suo Firmamento! Queste annunciano la Sua esistenza. Egli è onnipresente, soprattutto quando ci troviamo nel angoscia, nell’afflizione, o nella paura. Ritengo giusto che Dio non debba comparire nella Visibilità, per prestare il Suo aiuto”.

21. “Hai pensato a ciò che succederebbe”, risponde Muriel. “Dio, tutt’al più invisibile, finora, non vi è stato comunque vicino?”

- “Sì!”, esclama Barak. “L’ho sperimentato sul mio difficile cammino verso Hazor, così come se Egli mi avesse fisicamente guidato per mano. Mi è stata rivelata la cosa più meravigliosa dell’Essere vicino, quando sono venuto nella Sua Scuola, mentre Egli mi ha indicato la via verso la cara Palma”.

22. Jizri dice commosso: “La tua testimonianza è la migliore. Sì, accanto a molti miracoli la Guida di Debora era l’essere più alto vicino a Dio. Se lo sentiamo più forte o più debole, rimane comunque dall’antichità. Egli era, Egli è, ed Egli sarà in eterno, proprio vicino a coloro che Gli appartengono nella fiducia”.

23. “Putroppo non lo posso riferire a me”, dice Su-el-Kambynos rattristato, “ma solo a quel tempo quando l’Altissimo mi ha mandato la buona Palma nella mia tenda e mi ha insegnato a conoscerLo; prima non sapevo nulla di ciò, se il Signore mi era stato giammai vicino. Ah, …tempo perduto, il Bene perduto!”

24. “Lo pensi?”

- “Come lo devo credere diversamente”, conclude lui contrariato. “Egli non è con nessuno che non conosce l’Altissimo né vuol sapere qualcosa di Lui”.

- “Mondanamente! – Dal punto di vista del Cielo le cose stanno diversamente”.

- “Questo sì”, il principe annuisce a se stesso con un sì. “Per primo, il mondo potrà sembrare come un nulla dall’Alto; in più, tutti i Soli, le Stelle e quant’altro sono ancora nella santa regia di Dio. A LUI, …non sfugge nulla; di conseguenza, certamente, non il piccolo uomo sul quale riposa la Sua paterna Bontà”.  

25. “E la conoscenza, ora più estesa, non ti permette nessun credere che Dio ti era giù vicino anche prima?”

- Il madianita si stupisce, alza un po’ le spalle: “Non ho mai percepito nulla, perché non avevo ancora nessuna fede nel Dio-uno”.

- Muriel ferma il discorso del principe: “Circa dieci anni fa, una volta eri sulla via della porta verso Migdol”.

26. “Vuoi dire…”, lo interrompe agitato il principe: “…che allora, che…”

- “Lascia che io lo riferisca”, lo tranquillizza l’angelo, “allora saprai subito quanto vicino ti è stato il Santo. Non lo hai potuto dimenticare. Eri per strada con la tua carovana, per scambiare in Migdol della merce.

27. Quando il Cielo si è adornato delle sue Stelle, ti è venuto incontro un viandante. Vi siete stupiti di vederne uno solo sulla via, di rado spazzata pulita. Egli disse: ‘Non andare a Migdol, il Signore ti vuol proteggere’. – ‘Quale?’, hai chiesto. Tu sapevi che Israele si era accampato a lungo presso l’Horeb e là aveva ricevuto in modo meraviglioso la santa Legge. Il vostro genere, legato al mondo attraverso gli idoli, ha rifiutato la fede di Mosè.

28. Allora ti ha indicato verso est dove si trovava l’Horeb. Lui in realtà non era visibile, sopratutto perché il sentiero costiero è quasi sempre basso, ma ad un tratto tu e i tuoi uomini vedeste quel monte di Dio. Da questo scorreva una lava, e al di sotto del monte gli uomini si uccidevano.

29. Come la ‘Fata morgana’, più tardi hai chiamato quel viandante ‘un fantasma’. Costui disse: ‘Vedi riflesso il monte, anche se il tempo serale non lo fa quasi. Il fuoco, come un sangue, l’assassinare come in guerra, è una visione. Ritorna indietro!’. – Lui si rivolse verso l’Horeb. Voi foste così confusi, che – nascondendo la paura – avete condotto verso casa i vostri animali. Tre giorni più tardi vi giunse la notizia che Migdol era stata assalita, tutte le case incenerite e lì non era rimasta viva più nessuna persona. Degli egiziani l’hanno riedificata di nuovo in breve; e ancora oggi la città viene sorvegliata.

30. Tu hai impiegato molto tempo per scacciare il ‘fantasma notturno’, convincendoti che fosse stato un sogno agitato, che tuttavia ti ha dato la salvezza. Perciò non ne hai nemmeno menzionato nulla a Debora. Ora sia detto: L’avvertitore notturno era un angelo; affinché il Signore ti risparmiasse per adesso. – Come vedi oggi questo episodio?”

31. “Mi cade dagli occhi come scaglie!”, il madianita batte gioioso le mani. “Oh, che stolto sono! Ho pensato che Dio mi si potrebbe rivelare solamente quando avrei imparato a riconoscerLo”.

- “Per via dei tuoi pensieri troppo mondani, sei da perdonare”, risponde Muriel. “Tuttavia, sorge subito una nuova domanda che conduce a un ulteriore conoscenza.

32. Che cosa c’è prima: ‘La Rivelazione di Dio, o la conoscenza?’. Può Dio rivelarsi, oppure Egli lo farà secondo la Sua Sapienza quando lo considererà giusto?”.

- La domanda non è semplice. L’arroganza e la falsa umiltà confondono facilmente. Allora Arthasus, raccogliendolo profondamente dal suo spirito, dice:

33. “Dio opera come vuole! Egli non ci domanda prima, se e in quale momento viene. Se qualcuno si è rovinato la via, Egli interviene senza fare domande se in ciò soffre la libera volontà. Questo, inoltre, per la migliore Benedizione dello smarrito. Egli aspetta anche, quando i credenti gridano nell’afflizione, ai quali altrimenti il Signore deve rimanere lontanissimo, come se lo augura qualcuno.

34. Certamente nell’afflizione si può invocare, e Dio ci ascolta, a Suo tempo, anche se tale Suo Operare rimane incompreso. Nessun uomo, nemmeno talvolta un angelo, verrebbe alla conoscenza, se Dio non gli si rivelasse prima. Se con ciò è sempre collegata subito la visione, sia lasciato lì. Il Creatore, come PRIMO, si rivelerà sempre prima alle creature, altrimenti nessuno del duale da Lui santificato, il popolo-figlio, potrebbe riconoscere, udire, vedere il Dio-Padre, né comprendere il Suo oprare su di sé.

35. Ma il Suo maestoso ‘devi’ non è una costrizione, altrimenti il ‘devi’ dovrebbe aver creato uno più grande. Il Creatore stesso l’ha collocato dalla Sua saggia Volontà, e questo unicamente per la Salvezza e la Benedizione dei Suoi figli. Per me, Dio, il Creatore, sta al di sopra di ogni Sua opera; e di conseguenza Egli non conosce nessun ‘Io posso’, né un, ‘Io non posso!’

36. Ora esistono sensate differenze tra potere e potere. Quando l’Alto opera, allora è dalla Sua Volontà onnipotente o dominante che fa tutto. Egli ‘inventa’ come disse Mosè: ‘Dio redime attraverso la Sua grande Forza. Egli si consiglia da Se stesso su cosa devono fare le Sue mani’. Che cosa ci vuole ancora? Il sapere questo: Dio è nel Suo alto-Cielo, e veglia su tutte le Sue Opere!

37. Muriel stringe la mano ad Arthasus: “Hai parlato tu, ma lo Spirito di Dio ti ha dato la parola. Sì, anche a noi angeli, quello che tutti gli spiriti dei figli della Luce sono stati prima del sorgere della materia e che lo saranno di nuovo non appena saranno ritornati a Casa dopo le vie del sacrificio, il Signore si è magnificamente mostrato per primo, altrimenti non avrebbero mai potuto riconoscerLo, mai credere in Lui. Oh, vedete la cosa più bella della Magnificenza: Egli non si è nascosto, Egli ha creato il maestoso collegamento fra CREATORE e creatura, tra figlio e PADRE, nel cui alto-Arco teso si trova anche il confronto: il SACERDOTE e lo spirito del figlio; DIO e l’anima del figlio.

38. Nella materia una contemplazione è minima, solo non per via di Dio né dei pii. I materialisti sopportano raramente tale contemplazione. Vi stupite, ma vedete, qui sono imprigionati tutti i figli caduti con Satana. Possono uscire solo tramite una via materiale, che per loro è la redenzione preparata. Questa, tuttavia, è stata sigillata dall’Atto del Sacrificio di DIO (futuro, tramite Gesù).

39. Se Egli opera personalmente, allora la Sua luce non è del tutto coperta, e gli oscuri si spaventano. Sentono la loro pena, la terribile caduta. Di tanto in tanto è bene che ricevano di nuovo una notizia; e Dio unisce questa con una contemplazione per i fedeli, in questo o in quel mondo.

40. Perciò Mosè vide Dio sul monte, che non è solo simbolicamente l’Altura di Dio, oppure anche nel Tabernacolo, separato da tutto il popolo, perché da ciò, Lucifero e i suoi oscuri non avrebbero sopportato una ‘contemplazione’.

41. Nella Bontà, per voi senza pari, Dio guarda sempre alla povera figlia, alla quale guarisce le sue ferite (Gerem. 30,17) Rabbrividite davanti all’Onnipotenza dell’Amore di Dio che si rivela talmente, affinché possiate anche riconoscere tanta Magnificenza. Buon per voi! Siete simili ad un’arpa sulla quale suonano i figli della Luce; e l’Alto ascolta con Gioia questi Salmi.

42. Ancora qualcosa sul desiderio che Zuriel ed io vorremmo rimanere visibilmente con voi, quando risuonerà la confusione della battaglia. Nondimeno, voi sapete già che una evidente contemplazione non è necessariamente determinante. La Vicinanza di Dio, cari amici, e il nostro operare invisibile, vi aiuterà meglio di quanto pensate. Se volete averci con voi visibilmente, allora anche noi saremo legati a una forma, da vedere appunto solo là dove ci troviamo.

43. Allora migliaia penserebbero: ‘Fossero solo con noi questi giganti!’. Farebbe scaturire impedimenti. Ma se voi dite: ‘Gli angeli di Dio ci aiutano’, allora ognuno crederà che ‘ci sono loro’. Questo dà Forza e promuove il ricordo di osservare i Comandamenti, perché si crederà che noi vediamo ciò che fanno. .- Non è vero, che il Signore aiuta molto più straordinariamente secondo la Sua Sapienza e secondo il Suo Consiglio?”

44. “O Muriel e Zuriel”, ringrazia Debora, “avete aperto i Cancelli del Cielo. Stiamo nella Luce dell’Onnipotenza; anche sul monte di Dio, nel Suo Tabernacolo dove stava Mosè. Per l’inaudita Bontà sia portato il ringraziamento al Padre della Misericordia, e lode e gloria e onore! Il nostro amore aiuta anche voi, alti fratelli, con i quali siamo uniti da Dio”.

45. Ecco, – ad un tratto gli insegnanti del Cielo vengono assaliti. Ognuno stringe ciascuno al cuore e ci vuole un po’, finché non si calma la ‘tempesta d’amore’, come la chiama Zuriel, allegro. Quando tutti sono finalmente di nuovo seduti, comincia con uno dei suoi nuovi insegnamenti e dice:

46. “Figli di Dio sulla Terra, amici della Sua luce! Il vostro giogo che ora avete da portare, non è leggero. La maggior parte riposa su Debora. Il Signore ha benedetto, cosicché gli uomini stanno con lei onestamente, perché la responsabilità grava sulle sue spalle. Il Santo guarda con Gentilezza a voi che avete formato un anello intorno a lei e spingete simbolicamente le vostre forte mani sotto le sue ascelle.

47. Corporalmente non vengono nemmeno sospese le leggi della natura per i figli del Cielo incarnati[18]. Il corpo di una donna è più debole che quello di un uomo, che in genere riguarda anche la sostanziale forza del pensare. Ora esiste pure il pensare essenziale, che – inserito nello spirito – non fa risultare nessuna separazione fra uomo e donna. Questa però avviene, e cioè per ambedue le parti un ugual misura, non appena ci si sottomette allo spirito, che risveglia la fiducia benedetta nel Signore.

48. A tal proposito si possono anche oltrepassare dei limiti fisici senza capovolgere le leggi della natura. Dal pensare essenziale si liberano delle Forze che producono il superuomo. Per l’uomo mondano è difficile riconoscerlo, per cui ha soltanto due visioni: o egli ammira un superuomo, cosa che conduce all’idolatria, oppure lo schernisce e parla male di lui che avrebbe forze cattive.

49. Alcuni di voi vedono in Debora un superuomo, tuttavia nel senso migliore. Ma superuomo significa solo lo ‘stare al di sopra di una pietra legata al limite’. L’espressione non è stata derivata dall’autentica conoscenza, essa sorse dal sentimento più ottuso, che lo stesso sarebbe sviluppato poco, l’altro molto.

50. Non arrossire, mia cara sorella”, Zuriel si mette accanto a lei e le accarezza delicatamente le guance. “Non vale solo per te; gli amici devono imparare e distinguere. Sì, viene detto per il futuro, affinché non si faccia di te nessuna dea umana, a cui tendono facilmente alcune tribù.

51. Quindi sia aggiunto: hai chiesto la grande Forza dell’alto-Melchisedec, per tutti i fedeli e, – per gli altri, di includerli in queste Forze, affinché nel loro tempo del distacco possa essere cancellata l’ultima colpa. Dal tuo tempo ‘al di sopra di questo mondo’ hai portato la tua propria Luce e l’alta Forza del Dio-Sacerdote, per il tuo tempo e per la liberazione di molti”. Zuriel si rivolge di nuovo agli uomini e continua a parlare:

52. “Debora può portare il carico, ma chiunque l’aiuta può aiutare nell’Operare di Dio! Una Grazia che risiede nell’Empireo. Pensate che non sarebbe da offrire al mondo? Ma sì, cari fratelli! Dipende dal fatto che attraverso lo spirito si produce il celeste. Dio è Spirito (Giov. 4,24). Lo si vede nello spirito. Anche lo spirito del figlio rimane sempre di natura divina e ritorna a Dio da dove è proceduto.

53. Questo non significa, ovviamente, che lo spirito della figlia (Sadhana) verrebbe dissolto con il ritorno. Verranno Opere nelle quali la nostra vita sarà trasformata, ma sempre per il perfezionamento migliorato nella Luce, che si lascia formare solo dallo spirito. Invece i corpi degli universi, altrettanto per la parte più essenziale della creatura e della flora, sono legati a un tempo d’esistenza condizionato. Ma anche le loro sostanze di base provengono dallo Spirito del Creatore, che conserva la loro sostanza essenziale, mentre tutta la sostanza del mondo della materia viene trasformata.

54. Da questo insegnamento potete attingere quella sostanza di Forza che conduce alla meta legata alla Luce, che inoltre, ora presterà nel mondano un grande aiuto. Con ciò indico qualcosa, affinché proprio voi, cari aiutanti”, Zuriel intende i pagani, “lo troviate del tutto naturale, ma non meno molti israeliti. Certamente non è male, pensato solo lontano dalla Luce.

55. Che cosa potrebbe essere? Dato che lo dico io, temete di aver rattristato Dio? Per nulla! Con buona volontà volete risparmiare tutti i nemici, se in qualche modo fosse possibile. Ma qualcuno calcola così: Se faccio del bene ai nemici, dopo mi deve capitare del bene! Oh, questo succede, – o potrà succedere. Perché l’eco è sempre quello di una chiamata.

56. Ma dipende se si agisce per via di un bene oppure di una ricompensa. Se è soltanto per via della eco (di una ricompensa), allora ci si gioca la propria ricompensa. Nella materia, tali pensieri di desiderio, causano attraverso la sostanzialità dell’anima un’aspirazione naturale. L’onesto solo di rado si rende conto di tali desideri; allora non sono un’infrazione contro lo Spirito di Dio. Chi invece calcola dai desideri quanto bene deve ricevere indietro, oltre alla sua perdita di ricompensa dovrà pagare pure un’ammenda.

57. Non lasciatevi abbattere”, sorride lui. “Finché un uomo non lo sa e – ammesso – nemmeno percepisce, non ne ha nessuna colpa. Ma chi lo presagisce, ma non lo ammette per pigrizia della sua anima e per brama di guadagno mondano, a costui il conto non rimane risparmiato (Giov. 9,41).

58. Zuriel diventa di nuovo serio. “Ognuno è, eccetto nell’elemento del Creatore, adeguato magnificamente a tutte le essenzialità di Dio; perciò in seguito a questo adeguamento un figlio può fare così come Dio stesso dà il miglior esempio per noi. Nell’adeguamento, come detto, una creatura-figlio non deve agire così come il Signore, che oltretutto non è possibile.

59. Solamente, si richiede il meglio possibile. Se Dio dicesse: ‘Dovete fare lo stesso come lo faccio Io a voi’, …che ne sarebbe? Nessun figlio della Luce, e mai i materiali, attingerebbero Benedizioni dai doni di Dio, poiché nessuno sta sul Gradino del Creatore, e non vi potrà mai stare!

60. Da questo misericordioso adeguamento, la cosa più gloriosa delle Magnificenze di Dio, si può agire conformemente rispetto alla Luce, …persino su un mondo. Ciò presuppone di fare il bene solo per via del bene, e non per un prezzo. Non è facile umanamente. L’amico Dalphon chiede come sarebbe quando gli vengono dei pensieri che lui non vuole proprio. In genere, questo non esiste, poiché dei pensieri apparentemente non voluti e sorgendo all’improvviso, sono un riflesso della parte dell’anima legata al mondo.

61. Il vivere da estranei o del proprio, forma l’opinione che qualcosa sarebbe inviata da Dio oppure scongiurata da se stessi. Alla propria esperienza si mette volentieri il mantello della maschera; negli altri si vede troppo presto la colpa, senza sapere se ce n’era una.

62. Se dopo la comprensione si ammettesse all’incolpato il cattivo modo di pensare, allora sarebbe un atto che un po’ alla volta cancellerebbe tali pensieri. Inoltre – dove non è dato diversamente – si può chiedere il perdono a DIO invece che al prossimo. Chi in ciò non sceglie Lui come deviazione, sperimenterà presto che il Signore copre amorevolmente il suo falso pensare.

63. Su questa base i pensieri si lasciano esaminare e soprattutto vincere. Se ne sale uno non voluto, allora intervenite profondamente nella vostra vita e vi diventerà chiaro da dove è proceduto. E’ molto importante fermare dei pensieri di questo genere con seria supplica. Chi lo fa, il Signore lo aiuta!”

64. Sallumin domanda se loro, gli angeli, devono combattere anch’essi tali cose.

- “No, amico mio, non sospirare che allora per voi sarebbe difficile e per noi molto facile. Allora si tratterebbe della fedeltà di tenere per DIO, oppure operare senza di Lui. Solo dal tendere ad una falsa libertà è venuto quel male dal Bene-Ur, da cui risultò la piena caduta. I fedeli si attennero saldamente al Bene-Ur, il che significa: Si lasciarono guidare dal Creatore e misero la Sua maestosa Volontà al di sopra della loro spinta alla libertà”.

65. Bichras si rivolge a Zuriel: “Si potrebbe portare il Regno di Luce di Dio nel mondo? Tutti i figli degli uomini diventerebbero pacifici e non esisterebbe più nessun odio, di conseguenza nemmeno più nessuna sofferenza. Non dovrebbe rallegrarsi il Creatore, di questo, se la nostra Terra potesse essere una buona immagine del Suo Regno?”

- Chi non lo desidererebbe…? Del tutto, certamente la gente della collina.

- Zuriel annuisce seriamente e domanda:

66. “Chi potrebbe farlo, caro Bichras? Per la vita interiore, o esteriore?”

- “In realtà, per entrambi”, risponde Bichars. “Ah, …portare giù, …dovevo domandare meglio: ‘Se si portasse giù’. Ma questo lo potrebbe fare solo un celeste, perché il ‘portare giù’ sarebbe un a cosa umana. Ed ecco, …perdonami Debora…”, le sorride, “…vorrei quasi pensare che anche tu, nonostante l’alto genere, non ne sei capace”.

67. No”, dice lei gentile, “non come lo intendi tu. Chiedi i nostri insegnanti se lo potrebbero loro”.

- “Senza dubbio!”

- “Naturalmente!”

- “Allora portatelo qui solo velocemente!”.

- Si crea confusione.

- Muriel smorza gli entusiasmi: “La vostra fede è da lodare, la vostra lingua di meno. Bichras ha detto giustamente: ‘Un celeste’. – E cioè?”

- “Dio!” esclama Su-el-Kambynos e si strofina nuovamente le mani. Il cavaliere ignora amorevolmente il piccolo orgoglio di averlo detto per primo. Pure gli israeliani, perché un vecchio nemico e pagano è diventato per loro un amico e aiutante nella fede.

68. “Sì, il Santo! La domanda: se Egli lo debba portare, prima”.

- Su questo riflettono anche Matthanja e Debora. Come si dimostra, un ‘sì’, lo si vorrebbe dire fin troppo volentieri, …ma se si pensa all’essere vacillante di tutti i mondani, …è un ‘no’? Questo non esiste!

69. Finalmente la giudice dice: “Nessuna domanda era così difficile come questa. Se si soppesa seriamente, che morendo si devono lasciare qui tutte le cose di questo mondo, allora Dio non ha avuto bisogno di portar fuori il Suo REGNO, e in un certo senso Egli non lo porterebbe. Sì, la vera realtà del Regno la si sperimenta meglio laddove il Creatore lo ha fondato: al di fuori e prima della Creazione della materia! Perché questa scomparirà;

Ma il Regno sussisterà!

70. Ogni bene nobile, investito nella materia, appartiene in eterno al Regno di Dio. Quello che è sorto solo per la salvezza dei caduti, avrà finito di servire non appena la caduta sarà purificata. Quindi Dio non ha bisogno di portare giù il Regno nella sua sostanzialità, perché esso possiede già il suo posto fisso.

71. Nel modo di essere del Regno è differente. Là, oltre al ‘sì’ che rende beati gli esseri, esiste la presenza del Signore. EGLI, portatore dell’Eternità-Ur, è eterna Superiorità! Se noi la riconosciamo, oppure, negandola, non la percepiamo, non sospende la Sua santa Onnipresenza. Essa si rivela meno nella Visibilità di Dio; al posto di questa – la cosa più importante per il mondo – sta sul piano l’insegnamento e la derivante redenzione.

72. Chi riconosce l’insegnamento di Dio, a costui Egli è onnipresente in ogni tempo, benché non sempre percettibile. Infatti, per l’uomo il percepire è difficile; sono intesi assolutamente i credenti, perché i senza Dio non lo possono comunque, a meno che non diventi necessario l’intervento della Luce.

73. Guardando indietro, Dio si è da sempre rivelato fondamentalmente attraverso l’Insegnamento, ma anche nella Sua santa Figura. Dove opera la Sua Parola, il Suo Essere, c’è la Magnificenza del Regno fin dove è possibile accoglierla per una umanità. Il Signore ha creato una solida scala, sulla quale ogni figlio, dopo la sua vita nel mondo, può di nuovo risalire; pure i perduti, non appena si rivolgono al Creatore.

74. “Questa è stata una predica dal Regno!”, Zuriel abbraccia Debora. “E ora non c’è il tempo per aggiungere qualcos’altro”.

- Solo il principe Jizri dice ancora interiorizzato: “Dopo il nostro alto-Signore, e voi cari insegnanti, sono lieto che abbiamo la nostra Palma. Che cosa ne avremmo anche, se Dio portasse il Suo Regno nel mondo, e tuttavia l’uomo dopo poco tempo se ne deve andare?

75. Per Dio non è un problema spiritualizzare la materia ed inserirla nel Regno della Luce. E’ giusto, …fratello… Zuriel?” Jizri è un po’ titubante con il ‘fratello’.

- Il raggio degli occhi dell’angelo indica che costui ha pure con ciò, creato una scala nel Cielo, …per sé e per i pagani.

76. Zuriel insegna ancora: “Avete poca idea della vostra Terra. Più avanti si raccoglierà su di essa molta conoscenza[19]. Una buona parte che riguarderà la sostanza esteriore[20], sarà giusta. Da ciò la Bontà di Dio farà l’anticipo per una conoscenza più elevata[21], che dal vincolo di una conoscenza materiale condurrà alla Sapienza della Luce. Questa darà la conoscenza spirituale, quel cambiamento d’istruzione tramite cui solo dopo potrà essere compreso il mondo planetario nell’insieme ed anche la sua magnificenza, anche se in piccola parte.

77. Il vostro mondo, in particolare, è portatore di santi simboli primordiali. Naturalmente non perché la sua umanità abbia un privilegio davanti ad altri figli nell’Universo, come lo ha ancora molto meno il pianeta, …no, poiché questo, come gli uomini più avanti crederanno, è un’arroganza, il sasso nel quale inciampa l’anima, e l’uomo stesso si rotola tali sassi sulla via.

78. Dal meraviglioso governare di Dio, i Suoi figli abitano ovunque, …sia nella Luce, sia sul vostro mondo che altrove. E i cattivi, una volta allontanatisi da Lui, la Misericordia non li ha respinti, ma banditi solo per il loro tempo dal Suo Regno. La Misericordia è e rimane il ponte sul quale ognuno può di nuovo peregrinare verso Casa. Ma ancora qualcosa del vostro mondo.

79. I vostri scritti, prodotti con cura dagli anziani, dimostrano la differenza tra mondo e Terra. Tuttavia, dalla magnifica alta Sapienza, come Dio ha creato il Cielo e la Terra, è rimasto solo il sapere: le stelle su di voi come Cielo, e il pianeta come vostro mondo terreno.

80. Chiunque pensi in modo più profondo, vede nel ‘…così furono creati il Cielo e la Terra con tutto il loro esercito’ (Gen. 2,1), che la TERRA non ha mai significato il mondo planetario, perché a quel tempo in questo senso non esistevano ancora intere schiere di popoli (eserciti). ‘Furono creati’ non può applicarsi contemporaneamente al completamento del pianeta, perché la materia non possiederà (mai) un vero ‘essere perfetto’.

81. Sì: ‘Porgete l’orecchio, voi Cieli, e tu Terra, ascoltate il discorso della Mia bocca’, questo proviene dall’ultimo canto di Mosè (Deut. 32,1). Con ‘porgete l’orecchio’ = sono intesi i celesti; e con ‘Terra’ = i viventi. Dovevano forse udire il pianeta (Terra) o le stelle (Cielo)? I figli di questo mondo hanno badato alla voce del servo, e Israele ha percepito solo le parole. Molto meno si è badato alla ‘voce di Dio’. Perciò Mosè si è rivolto a quelle creature-figli viventi al di fuori della materia del mondo.

82. Dio non pronuncia mai invano le Sue parole! Tutti sentiranno la Sua voce, ai quali risuonerà. Questo consente che Mosè, sotto Terra, non intendeva il mondo e i suoi figli materiali. Ma sono inclusi, come i poveri caduti nel Mantello del Padre della Misericordia.

83. Nuovamente una differenza: Abramo…”, di nuovo passa uno strano bagliore sul volto di Muriel (essendo stato lui stesso incarnato in Abramo!), “…esige la Giustizia dal Signore prima nella fine di Sodoma e Gomorra, ‘...essendo il Giudice di ogni mondo!’ (Gen. 18,25). Perché Abramo non ha detto ‘Terra’, dato che Dio stesso aveva dato il nome a questo mondo? Perché qui, dove si tratta solo dei caduti, viene detto: ‘il giudice di tutto il mondo’? La fine delle città valeva, né per tutto un mondo, meno ancora per la materia.

84. Un’altra cosa: Giosuè non solo vide due città, egli vide la fine della congiunzione popolare, sottoposta al breve tempo planetario. Lo spirituale, la realtà annunciata come TERRA, è sempre stata sposata con il Cielo. ‘Cielo e Terra’, dice il Signore, quando riguarda l’esistenza del tempo eterno; e non c’è nessuna fine. – Ora la parola di Giosuè (Gios. 23,13-14: “Siate ben certi che l’Eterno, il vostro Dio, non continuerà a scacciare queste genti d’innanzi a voi, ma esse diventeranno per voi una rete, un’insidia, un flagello ai vostri fianchi, finché non perirete e sparirete da questo buon paese, che l’Eterno, il vostro Dio, vi ha dato. Or ecco, io me ne vo oggi per la via di tutto il mondo. Riconoscete dunque, con tutto il vostro cuore e con tutta l’anima vostra, che neppure una di tutte le buone parole che l’Eterno, il vostro Dio, ha pronunciato su voi, è caduta a terra”.).

85. ‘Vedete, me ve vado oggi come tutto il mondo!’. Prima la minaccia: ‘Il Signore, il vostro Dio, non continuerà a scacciare più tutti questi popoli davanti a voi’. Egli fa di loro ‘la corda e la rete, la verga e il dardo’. Un quadruplice guaio ‘... finché non sarete periti e scomparsi da questo buon paese!’

86. Una contraddizione non poteva essere prodotta più chiaramente. Al popolo è suggellato il declino, perché ogni chiamata fu disprezzata dopo poco tempo, già da cinquecento anni (da Abramo). Il Signore donerà ancora tre volte lo stesso tempo al popolo del mondo (fino a Gesù); ed Egli misurerà altre quattro volte la Sua Grazia. (per altri duemila anni!) Ma se non si dovesse arrivare a nessuna conversione, queste parole si avvereranno. Per la conferma di ciò, Giosuè dice di se stesso che anche lui se ne andrebbe ‘come tutto il mondo’, con cui intende però solo il corporeo.

87. Chi osserva le leggi, possiede il buon paese: il Regno-Terra! Allora sperimenterà già sul vostro mondo la realtà del Regno. Persino in questo si mostra il simbolo: un buon paese porta buoni frutti; i campi sassosi, calpestati, disseminati di spine, non producono nessun frutto.

88. Un’altra immagine di cosa è da intendere con ‘Terra’: – La struttura dei mondi, paragonabile ai corpi dell’Universo, ci servono. L’Empireo esteso come ‘ad infinitum’ per concetti creativi, forgia il suo maestoso genere d’essere nell’intera materia per una inaudita Benedizione. Per cui, non quello che vedete sarebbe anche nel Regno, ma è il contrario.

89. Nel Creatore regna il Fuoco formatosi all’origine, formando primariamente il Suo Elemento. Simile a questo, non fuoriuscito prima, solo come secondo nell’Opera rivelata ai figli, l’Acqua opera come elemento-sacerdotale (ad esempio nel battesimo). Materialmente i due elementi si consumano quando s’incontrano, ma secondo la Luce portano il terzo, ovvero l’elemento di Dio: la Terra, simbolo anche della Sua visibilità.

90. Ma questo tipo di rivelazione della Divinità, come inoltre da ciò la fraternità risultante tra Dio e il figlio, era lì esistente dai primordi. Una lotta tra fuoco ed acqua ha prodotto la forma planetaria solo materialmente. Da questo elemento, Dio ha creato inoltre pure i corpi dello Spazio di Luce, nondimeno sempre secondo la legge di spazio-tempo della luce. Comparativamente gli elementi per la luce e la materia si lasciano considerare come unificati.

91. Il quarto elemento, l’aria o atmosfera planetaria, è come le prime tre proprietà primordiali. Per la migliore comprensione: i quattro elementi sono stati impiegati contemporaneamente ed ugualmente per la creazione di tutte le Opere. Invece ciascuno operava nella sua superiorità sovrana secondo il suo genere.

92. L’aria (spirituale), secondo la Luce, ‘ATMA’, compare nella rivelazione come il quarto elemento, ma sempre attivo fin dall’inizio. Contrariamente agli elementi menzionati prima, che nel connubio formano una forma, il quarto circonda ogni forma, ma si mette anche a loro disposizione. Voi l’inspirate appunto, mentre il fuoco e l’acqua servono, come la Terra che è la portatrice della vostra vita.

93. Nel Regno abitiamo su fantastici corpi di luce, ma servono anche il fuoco e l’acqua[22], ci circonda sempre il maestoso ATMA, che è un involucro per tutte le Opere. Per Dio, nulla è più caro che la vita dei suoi figli; perciò Egli li circonda con questo elemento, l’ATMA li custodisce e li protegge con la Misericordia fissata in esso. Questa è la Caratteristica-Padre.

94. Ora basta! Oggi è stata sparsa la semina, domani può fare radici, più tardi può crescere dal vostro Regno-Terra per la vostra gioia, per altri come frutto. – Divertiti, mio Su-el-Kambynos, la tua gente ti sta già aspettando. Non vai da solo, anche se con te non vedrai nessun insegnante del Cielo”.

95. “Oggi lo so”, dice costui profondamente commosso. A tutti fa un cenno, bacia l’orlo delle maniche degli angeli e, …esce. Fuori è buio, allora le sue lacrime possono scorrere. Dalfon e i madianiti fanno come il loro principe. Quando sono andati via, la giudice ringrazia. La sua adorazione va a Dio:

96. “Signore, nostro Dominatore, magnifico è il Tuo nome che si loda nel Tuo Cielo! Da noi minorenni del mondo Ti sei preparato lode e onore. La Tua forza aiuterà a scacciare i nemici. Le Tue Opere che vediamo: Sole, Luna e stelle come il Firmamento, e quelli a noi invisibili, …TU le hai fatte ed hai posto noi, i figli Tuoi, al di sopra. Hai persino sottoposto la materia agli uomini. PrendiTi cura di noi, per sempre. Tu apri dei Cancelli che noi non vediamo; apri Porte che sono ancora chiuse per noi. Signore, Regnante, quanto è magnifico il Tuo nome in tutti i Paesi del Tuo Cielo!”

- Matthanja ripete cantando l’ultima lode; ha una bella voce (Salmo 8).

97. A lungo c’è silenzio; e l’ATMA di Dio benedice. Muriel annuncia qualcuno per il secondo mattino. “Non rallegratevi troppo presto”, avverte.

- Il gibeano Jephan chiede il nome.

- “Non ti preoccupare, non vi capiterà nulla di sbagliato”.

- Allora Gibbar confessa: “Siamo racchiusi dalla Bontà di Dio come in una fortezza fortificata (Salmo 18,3). Se il Cielo non dà nessun nome, una domanda è superflua”.

98. “Ho una domanda”, dice Sallumin.

- “Permesso”, sorride Muriel.

- L’altro si schiarisce la voce: “Fratello Muriel, …è, l’ho notato sempre, …sei commosso quando viene citato il nome ‘Abramo’. E’ immodesto chiederti se conosci più da vicino il padre del nostro popolo?”

100. Gli angeli salutano con la Parola di ‘benedizione dal Cielo’. Alla porta, Muriel si volta. Per un attimo ha un aspetto del tutto cambiato. Lui fa loro cenno: “Ero io Abramo”. Storditi, giubilando in silenzio, con alta felicità di cuore, la gente della collina si guarda. Senza dire nulla si vanno a coricare. Benedetto è il breve sonno, benedetto il risveglio.

 

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Cap. 15

Una visita di Delajah finisce malamente – La donna, alla pari dell’uomo

Prepararsi ad accogliere i sopravvissuti alla guerra: amici e nemici – Su cherubino e serafino

Un dialogo nello spirito –– Il Tibet, una forza di Luce

1. È il mattino del giorno dopo. Bezai si avvicina alla giudice. “Sai”, dice lui triste, “quando sono venuti i cavalieri, volevo scappare. Una fortuna che Matthanja mi abbia fermato. Soltanto, – hai detto, è per via di una funzione che dovrei aspettare la sera. Ora mi sembra come se non fossi stato degno di prendere parte alla ‘guerra della Luce’, come chiamo l’incontro. Tuttavia, se osservo la mia precedente...”

2. “Pensieroso?”, ammicca. “Non ti accorgi di quale funzione sarebbe?”

- “Questa di Arthasus?”

- “Siete entrambi sacerdoti; è probabile che lavoriate insieme”.

- “Oh, giudice di Israele!”.

- Subito i due uomini afferrano i nuovi piani. Debora sorride dolcemente fra sé e sé: ‘Le Dita di Dio sciolgono ciò che è annodato; legano dove il filo vuole strapparsi’.

*

3. Il mattino soave seduce ad uscire. Al bordo del pendio c’è una grande spianata parte per la sosta. Allora Barak fa ombra ai suoi occhi da falco: “L’uomo di Muriel”, indica nella valle. Certi non lo vedono ancora. Barak aguzza la vista. “Un viandante”, riferisce, “vestito poveramente, e vacilla un poco”.

- “Sarà stanco”. Debora indica subito di ristorare colui che arriva.

4. Barak mormora: “Mi sembra molto sospetto. Non sarà mica...”

- “...Delajah?”.

- Anche Jizri lo vede bene. “Camminata e figura. Indubbiamente, …è lui!”

- Colui che è il più avverso verso Debora arriva presto, …dopo che lei gli ha offerto la via verso la collina? “Non rallegratevi troppo presto”, ripete lei l’avvertimento di Muriel. “Venite in casa; è meglio che Charkros lo annunci, piuttosto che stia all’improvviso davanti a noi”.

5. Delajah entra senza ostacolo. Da qualche parte sente parlare forte. Ah, nessuno sospetta chi sta arrivando. Il piccolo trionfo sparisce nella confusione del suo cuore. Lo sente come un colpo, che dal bastione i raggi corrono attraverso il paese, molti trovano i fili fin qui, e come…

6. Un madianita sembra essere lo ‘spirito’ della casa, oppure… Aha, la spia non viene riconosciuta! Madian, il nemico del confine di Israele, da quando Canaan è stato conquistato. Non fosse mai venuto qui! Oh, è meglio… Già si volta di nuovo, …lo tocca una leggera mano. La giudice.

7. Si stanno di fronte, faccia a faccia: Debora, la soave aiutante; Delajah il freddo pretenzioso. Lei dà pane e vino, e facendo così scuote via la sua freddezza, ma lui, non la soave gentilezza della donna. Più lui indurisce il suo cuore, più morbido rende lei il suo animo. Luce e oscurità cozzano l’una contro l’altra. Soltanto – la dolce acqua rosicchia la dura roccia.

8. “Entra, sommo sacerdote”, dice lei cordiale. “Oggi ci sono soltanto israeliti”.

- “Soltanto…?”, dice cattivo, per esteso. “E poi?”

- Lei ignora la domanda.

- Lui sbuffa: “Gli stranieri possono sapere ciò che viene nascosto ai superiori del popolo?”

- “No!”, lei mantiene la calma. “Tu sai chi è attualmente il primo del popolo?”

- “Non ti riconoscerò mai! Vengo per via di Israele”. Devono essere dei colpi, ma Delajah manca il bersaglio, …colpisce se stesso.

9. “I cavalieri si sono annunciati”.

- Lui diventa pallido. “Loro…?”

- “Non importa più ciò che pensi. La scelta del popolo era la scelta di DIO! Tu non servi Dio; Ti puoi stupire se Egli ritira da te la Sua destra? E quanto facile sarebbe aiutarti”.

- “Mai da te!”, si arrabbia lui.

10. - “Allora devi andare per il tuo povero vicolo, e la tua meta è una povera fossa! Il mio aiuto sarebbe… l’Aiuto di Dio (Gottes Hilfe)”,  due parole piane. “Non sono arrogante, né eletta da me. Ti è passato questo nella mente, a me non attraverso il cuore. Preferirei poterti fare eleggere di nuovo come sommo sacerdote, e...”

- “Mai!”, spinge la parola attraverso i suoi denti. “Ho altre vie per arrivare alla meta, …senza di te, …ricordalo!”

11. Lei risponde con solenne severità: “Ti è posta la tua meta! E quando giungerai alla povera fossa, allora davanti a me si trovano ancora trent’anni di lavoro, e poi passeranno ancora altri dieci buoni anni, nella pace, giudeo, nella calma per tutto il paese! (Giud.5,31). Ma tu sarai inquieto per nove anni, un ultimo ti lascerà una scarsa capanna. Hai infranto i Dieci Comandamenti; la Misericordia ti regalerà il decimo! –

12. Ora vieni con me!”. Ammonisce di nuovo gentile, e gli apre la porta, mentre Delajah si deve riavere.

- Lei, non aveva detto in Silo, che sarebbe stata il terzo cavaliere? Le sue parole suonavano similmente come quelle di colui che portava lo spadone. Haha, stregoneria! Vuole beffarsi di lui, un maestro dalla tribù di Giuda! Ritira di scatto il suo braccio, e le ‘rughe imposte’ del suo volto devono mostrare, che lui viene come il primo del popolo.

13. Nell’interiore, come minacciato, deve constatare che non lo ‘si’ saluta così contenti, come sperava. E’ appunto lì. Questo toglie il vento dalla vela. Troppo ammaestrato, …si faceva troppo volentieri chiamare maestro. Lui ignora il loro tiepido saluto, si siede sulla sedia offertagli e dice:

14. “Vengo per avvertirvi. Ieri è giunta la notizia che Sisera avrebbe nove volte cento carri, senza contare i suoi cavalieri e i servi delle lance. In più la schiera eletta di Jabin. Sono disposto ad offrire al re una pace, prima che si giunga ad una guerra. Mi era stato annunciato la metà del potere di guerra. Contro questa osavo ben condurre la guerra, che porterebbe libertà, benessere, pace, per lungo tempo. Ma così…? No! È inutile opporre resistenza ad un tale avversario”.

15. Delajah si asciuga la fronte. L’abito da povera gente lo opprime molto. ‘È la tua coscienza’, gli viene soffiato. Ma oggi sarebbe sbagliato che il profeta (Matthanja) gli spiegasse il soffio. Invece gli si domanda il perché era venuto così travestito.

- “Per la vostra protezione”, si scagiona Delajah. “Mi sarebbero corsi dietro in massa se fossi venuto con il mio abito sfarzoso”.

16. Lo potevi lasciare a casa”, lo schernisce secco Bichras. “Il mendicante ha l’aspetto come se volesse...”

- “...mendicare la Grazia?”, s’infuria Delajah.

- Jizri avverte: “Su questa collina non hai nulla da dire! La tua venuta è un inganno, anche se è esatto il numero dei nemici. Pensi forse che noi ti metteremmo di nuovo tutto nelle tue mani, colmi di paura? Conosciamo da tempo la forza dei nemici; ma noi – ora spaventati – abbiamo una metà più di Jabin”.

- “Bugie!”, Delajah brucia quasi. “I nostri uomini non sono esercitati nella guerra, e non ce ne sono troppi dei vecchi allenati. I carri sono invecchiati, le spade già arrugginite da vent’anni. E tu vuoi dire, …che avreste più della metà?”. Una stridente risata echeggia contro le pareti della sala.

17. Debora con passo veloce è acanto a lui. E nuovamente è una parola da cavaliere: “Ho sentito una bugia… da te! Dio non ha bisogno di nessuna colonna di fuoco, e noi di nessuna nuvola, per sapere che ci guida l’alto-Signore! Tu sei del tutto senza Dio, superiore dei sacerdoti! I tuoi insegnamenti erano bugie, la tua predica era bugia; le tue labbra parlavano, ma il tuo cuore era spazzato vuoto!

18. Qui avrei taciuto, non dovevi portare il tuo rancore oltre la mia soglia. Se hai da dire altro, allora dillo; diversamente ti faccio accompagnare volentieri dai guardiani. E’ troppo incerto andare da solo. Non ti sta bene il travestimento; si vede da lontano chi sei”.

19. Delajah urla: “Non ho bisogno del vostro aiuto! Se strada facendo vengo catturato, non devo rivelare ciò che si sta svolgendo qui!”

- “Sbagliato”, dice Salthiel. “Noi combattiamo, e ciascuno conosce la pianura di Jesreel. Inoltre sarebbe molto bene se Jabin e Sisera conoscessero i nostri numeri. Questo spezzerebbe in due la loro brama di vittoria, non è vero? Per conto mio, ci puoi tradire; soltanto, non mettere le mani nel nido di vespe”.

20. Ci vuole molto per inghiottire la pillola. Delajah lo fa con forza bruta. “Non tradisco nessuno, lo sapete; per me si tratta solo del nostro Israele. Ora ritiro la mano, guardate dove rulla il carro! Una profezia, messa oscura davanti a me…”, uno sguardo cattivo gronda verso la giudice, “…non mi spaventa”. Rigetta brevemente la testa. “Perciò non vado a fondo! Anche per questo non ci vuole nessuna corda né una qualche fossa, per finire la mia vita”.

21. “No!” dice Debora. “Non hai bisogno di uccidere il tuo corpo, questo è perituro e non ritornerà comunque più. Ma hai ucciso la tua anima perché hai ucciso DIO in te! La tua anima sguscerà dall’involucro del suo corpo e non ritornerà mai più in esso.

22. Il corpo morto rende l’anima libera ma, …non sana! Avrai bisogno di molto tempo, finché non avrai rimesso tutto il male fatto nel mondo. Poi, giudeo, starai dinanzi al Signore. E ti capiterà come ad Adamo. Costui si è coperto e nascosto dietro un albero, ma Dio lo ha chiamato, …un giorno! E Adamo dovette andare. Proprio così anche tu, quando la Longanimità di Dio sarà finita per te”.

23. Delajah stringe le mani al suo abito da povero, “Penso, che se mi rimane un decimo, ti contraddici già!”

- “Davvero? Hai due vie libere: – Quella che ti ho indicato nella sala andava a destra, scendendo dal monte; la seconda, ora te la rivelo, ti può togliere la tua decima della Grazia. Allora devi pagare ogni colpa insieme alla percentuale e alla percentuale della percentuale. La colpa di base è Faccenda di Dio; le percentuali sono ciò che fai di male ad altri uomini!”

24. Delajah lotta con sé. La sua vera paura, che la profezia potesse togliergli ogni sostegno, gli fa chiedere: “Me lo auguri?”

- “L’Ira di Dio ti darà la risposta”, dice lei sottolineandolo forte, senza legare nessuna minaccia o pena a questa parola.

- Delajah si arraffa faticosamente. “Dio non conosce nessuna ira; quello che Egli fa, lo fa dalla Sua Volontà”.

25. “Lo dici tu?”, chiede Matthanja. “Non credi né all’Ira né alla Volontà, perché hai perduto Dio! Oltre a questo, anche un Asmodi può dire la verità, certamente indesiderata e non per via del Bene. Sì, Dio non conosce una tale rabbia, come quella che tu hai così spesso. La tua ira distrugge; l’Ira di Dio guarisce. Egli fa i conti, che ovviamente fa quasi sempre male.

26. Esamina ora ciò che oggi Dio ti ha indicato; soltanto, non esaminare troppo a lungo, perché altrimenti...”

- Delajah interrompe la frase del profeta con moto frettoloso. Ha il terrore, ma, …piegarsi? Si è sempre martellato, bensì con la tempesta del tempo, non solo per vanitosa brama di grandezza. Che gli sarebbe possibile un ritorno, appunto adesso, tra persone fedeli che lo aiuterebbero volentieri e tacerebbero anche oltre la tomba, …no, si sentirebbe schiavizzato, schiacciato come un verme.

27. Si dà un grave colpo. Quanta forza perderà in questo il corpo, dovendo sacrificare l’anima, …se ne accorgerà sulla lunga via con cui romperà tutti i ponti dietro di sé. Diritto va’ verso la porta; esce di casa senza un saluto. Non rigetta indietro nessuno sguardo, …per nulla!

28. Se non si sapesse che ha parlato il destino, lo si potrebbe chiamare orrore, ciò che cade sugli amici. Ma è cordoglio per il povero fratello.

- “Che ne sarà di lui?” chiede Kis-Abda. “Non lo si può lasciare andare così. Mi avrebbe tolto la vita, che per me sarebbe stato difficile superare. Oggi è cancellato. Dì, Debora, lo devo seguire?”

29. Lei sta alla finestra, da dove si può vedere la discesa. Delajah è già fuggito sul sentiero. “Non lo aiuterebbe”, dice lei preoccupata. “Ora galleggia come un ramo verso il mare morto. Non coglie più nulla dell’acqua del Giordano. Dio gli ha posto l’ultimo tratto di tempo, ma…”, gli occhi splendono, “…non l’ultima Grazia. Lo scarso estero gli sarà una salvezza. Lo devo far proteggere fino al confine”.

30. “Fino al confine?”. Nekkoda è chiaramente stupito.

- “Non rinuncia alla sua funzione”, ritiene Elam, “facciamo bene a dimenticare quest’oggi”.

- “La sua via conduce all’estero”, contraddice Debora.

- “Come?”, indaga Sallumin.

- Lei dice dopo un breve indugio: “E’ da eseguire il consiglio di Elam. Chiudiamo le labbra che ne vogliono parlare, ma l’insegnamento che abbiamo avuto anche noi, non lo vogliamo più dimenticare per la vita. Aspettate un momento…”,

31. Ordina a due servi di sorvegliare Delajah fino a Gilgal, di assoldare là un paio di uomini che gli possano prestare sicurezza ed aiuto fino a Rabbath-Ammon. Questi devono poi aggiungersi alla truppa. – Solo ora si sente sollevata; ha conservato al Padre un figlio.

32. Rivela agli amici la sua visione: “In Rabbath-Ammon, Delajah capiterà in prigionia”.

- “O guaio!”, esclama Sathur. “Morirà?”

- “Per nulla! Starà da gente che non conduce né guerra né spionaggio. E’ una truppa di ricerca del loro paese che vorrebbe esplorare il mondo. Ma ritorneranno di nuovo. Buoni chiaroveggenti che hanno riconosciuto l’oscurità che giace su Canaan e sul circondario. In Delajah vedranno il buio, ma anche il deserto dell’anima. Perciò lo porteranno con loro.

33. Il loro paese è lontano[23] e viene protetto da Forze chiare. Là imparerà il lavoro e l’obbedienza. Loro sono un tipo fine di uomini. Il più anziano sacerdote, ovvero superiore, vale come padre; una sacerdotessa come madre, i cittadini come i figli, come era una volta presso Abramo e Sara.

34. Avrà bisogno di nove anni per il superamento e poi vorrebbe vivere ancora a lungo. Gli verrà donato solo appena un anno. Deve dimostrare se si piega (autonomamente) a DIO o al destino. Ma noi, amici…”, fa un cenno intorno, “…vogliamo – pensando a lui – costruirgli una buona via nell’aldilà, nel servizio d’intercessione”.

35. Jzri domanda: “Che cosa facciamo, quando si noterà la sua scomparsa? Si dirà che sia...”.

- Matthanja lo tranquillizza: “Ci sono sempre pettegolezzi; solo l’alto-Consiglio annuncierà che sarebbe morto precocemente, e gli vorranno fare un monumento tombale. Per via del popolo e della guerra questa bugia non sarebbe da indicare, nessuno crederebbe che se n’è andato fuori dal paese, poverissimo, come in fuga. Aspettiamo, ma sarebbe certamente bene, Debora, fare visita a Silo, per evitare il peggio”.

36. “Si vedrà”, dice lei riflessiva. … “La clessidra scorre. Bichras, tu parti domani. Charkros viene con te fino ad Ophra. Là aspettano dei fedeli gebusiani. Loro sono la tua protezione e staranno sotto di te. A Kedes erigi il blocco nord, per questo stanno pronti circa mille uomini.

37. Non è bene quando si striscia come animali selvatici. Qui ci è concesso. Anche i gebusiti sono ancora quelli del patriarca, che credendo lo onoravano molto. Rimanga sempre il Signore, ma ascoltali anche. Sono al meglio da impiegare come chiavistelli”.

38. Bichras ringrazia di cuore ed aggiunge: “Mi manca la parola per la lode che ti spetta”.

- “Sì”, Elam blocca il rifiuto di Debora. “La tua nobile superiorità ha bandito Delajah dal campo. Lui credeva di perdere la sua dignità d’uomo, il dover attribuire rispetto ad una donna. La mia dignità è cresciuta tramite te, davanti a molti dal popolo e davanti a me stesso. Questo è appunto, perché puoi governare senza comandare. Forse scorreranno centinaia di anni attraverso il Cosmo, prima che arrivi di nuovo una donna dal Cielo, con la Grazia come te, …eletta come te”.

39. Debora si liscia la sua fronte. “In questo mondo una donna sta molto indietro[24]. Si interpreta in modo sbagliato il perché spirituale, se già è riconosciuto. Dio non vuole che le donne siano considerate di meno. Allora Egli non avrebbe creato nessuna femmina, e inoltre, aggiunta ad Adamo come compagna.

40. Gli angeli ci hanno insegnato che le cose della materia sono solo un piccolo riflesso di ciò che fu formato nel Regno. Fin dal principio esistevano due figure: cherubino e serafino. Nel linguaggio del nostro mondo: uomo e donna. Questo dimostra l’uguaglianza come creature. Se il Creatore ha creato in modo differente, non certamente per rilevare una sola parte per far retrocedere l’altra. Si saprà ancora del perché la donna in questo mondo è stata formata per un certo tempo subordinata all’uomo[25]. Perché non sono stata io a portare il Dono del Cielo sulla Terra?

41. Un uomo o una donna ha dato la luce a Mosè? Lei ha dato al bambino dal suo spirito e dal suo sangue. Ciò che ne ha dato l’uomo, viene portato fuori dal grembo materno. Molti di questi, non soltanto in Israele, sono le forti radici, senza le quali nessuna tribù sussisterebbe. Nella madre non cresce solo la forma del bambino, creduto in generale. Oh, no! Una buona madre dà, al delicato spirito, alla piccola anima, il suo insegnamento, quando il bambinello cresce in lei.

42. E’ sbagliato che un uomo sia del tutto superiore a una donna. Sicuramente, …se lui opprime la sua donna, e se lei non giunge mai al suo diritto di vivere, allora la forza del pensare e le sue capacità decadono. La sua ottusità si forgia nei figli se è da presumere che la donna non abbia nessuno spirito, che sia un aborto dell’inferno che vuole eliminare lo spirito dell’uomo. DIO però ha fatto uomo e donna, il Suo Spirito è la Forza di Luce di entrambi i generi”.

43. “Questo mi è nuovo”, confessa Jephan. “Ho certamente rispettato la mia donna, ma altrimenti – ebbene sì – faceva appunto parte della casa. Questo ora deve cambiare. Ho notato che non hai parlato come donna per via del sesso, …oh, no, ci hai annunciato una profonda Verità”.

44. Ci si confida. Naturalmente c’è un tira e molla; la vecchia opinione è profondamente radicata, ma alla fine questo tiene la vittoria: – L’unico-Dio ha sul Suo unico-Spirito un solo popolo figlio!

- Kis-Abda dice infine: “La vecchia opinione mi è sempre stata avversa. Mi stavano sempre vicino, moglie e figlie, …affidatemi dal Creatore. Ne ho discusso con la donna, ed io stesso ho insegnato molto alle mie figlie, per renderle intelligenti per la vita”.

45. “E ti è anche riuscito!”, ride Sallumin che conosce la vita famigliare di Kis-Abda.

- “Eccetto il mio calabrone selvaggio…”, ride quest’ultimo. “Ma lei può ricordarlo bene”.

- Gli amici sono già cambiati ed hanno eliminato ‘la treccia’, …euforici, fin dove possibile nel sentimento popolare. Debora ritorna su ciò che era stato trattato. Fa un cenno ad Arthasus e a Bezai:

46. “Vogliate già ora raccogliere ed assistere i poveri, le vedove e gli orfani, registrandoli per sapere dove sono e di cosa hanno bisogno, affinché nessuno di loro abbia a soffrire l’indigenza. Pensateci abbastanza bene, anche se la pratica esigerà qualche cambiamento. E qui c’è qualcosa da annotare.

47. Avete pensato solo ai nostri. Ma ora riflettete come sarebbe da guidare questo: – Dalla parte del nemico piangeranno le vedove, degli orfani saranno senza protezione, poveri e vecchi affamati. Se vincesse Jabin, …molti migliaia morirebbero. Qui come là. E’ da rendere responsabile una femmina Cananea perché le si toglie suo marito, il figlio, e lei rimane a giacere in un vicolo? Se aiutiamo solo i nostri, allora non aiutiamo molto. Dio lo valuterà come una cosa del tutto naturale, ma non come una vera azione al prossimo (Matt. 5,44-47).

48. Arthasus potrebbe assistere i nostri, Bezai i nemici, e ogni povero saprebbe dove dovrebbe andare. Non pensare, Bezai, che la tua parte sia da meno. Purtroppo durerà a lungo finché Israele non riconoscerà la volontà della riconciliazione. Si vorrà uccidere e rapinare in segreto uomini, donne e bambini. Con il tuo staff di aiutanti devi strisciare in tutti gli angoli e rilasciare in ogni casa l’ordine che nessun nemico dev’essere derubato né ucciso, e i guerrieri sono da assegnare al campo di Barak.

49. Ti si disprezzerà, che in una prossima volta rafforzeresti i nemici e il vecchio farà le fusa: ‘Dio vuole che noi uccidiamo i pagani!’. Getta in prigione gli ammutinatori oppure mandali a me. Allora qualcuno preferirà andare a fare ammenda per una settimana, che un’unica ora qui da me. Di questo siine certo”.

50. “Come lo scuoterai questo dalle maniche!”, dice ingenuamente Bezai.

- La risata non duole. Debora dice però seria-gentile: “Non lo sarà dalle maniche; ma dalla Mano di Dio. EGLI regna!

Dove EGLI ci manda, là andiamo;

dove EGLI ci pone, là restiamo;

la Sua VOLONTA’ sia la nostra;

e il nostro sentiero sfoci nella Sua via.

Fatto così, tutto sarà fatto bene!”

51. Oh, …ci sono buone forze nel popolo che la materia ha solo ricoperto. La colpa, poi, l’ha il prossimo, oppure …Dio?. Sul cuore di Debora preme la malinconia. Loro hanno sempre bisogno di una solida guida, un Mosè, un Giosuè oppure altri del loro genere. ‘Laddove non potessero decidersi…’, dice Dio in segreto. ‘…rimarrebbero certamente obbedienti, ma ciechi’.

52. Quello che Giosuè ha visto (Giosuè 5,13), Me lo metti contro? E sarebbe meglio essere ciechi, ma buoni, che vedenti e cattivi? In ciò, credi nell’autentico Aiuto, cara figlia. Questo lo sarebbe al massimo per il mondo, soprattutto per pochi, per un breve tempo. Rifletti quanta fatica ha avuto Mosè con il popolo. Cieco nella comprensione, cieco nella riflessione, mancavano fede e l’obbedienza. Perciò compi la tua opera come ti è ordinata, e lascia a Me la Mia’.

53. ‘Mio buon Padre’, risponde il suo spirito, ‘non posso nulla se TU non aiuti; non ho nulla se TU non mi dai nessun dono. Lascia me e il mio lavoro sotto la Tua Volontà’. ‘Ben pensata, figlia Mia. Insegna amore ed obbedienza attraverso la comprensione e la buona volontà’.

54. Che Debora ‘pensa’, così lo esprimono gli amici quando Dio parla in segreto con lei, lo si è notato. Nessuno ha mai chiesto che cosa sente o vede. Se è necessario, lei lo riferisce. Oggi comunica il colloquio del cuore. Per questo si ama la semplicità del suo essere, la sua bontà, fedeltà e gentilezza. “Si può esplorare il mondo, ma non esiste una seconda Palma!”

- “Naturalmente”, dice Barak, il ragazzo, l’entusiasta.

55. Le guance pallide dal molto lavoro si arrossano. “Vive proprio un’immagine. La capo sacerdotessa del paese straniero dove Delajah ha da andare senza volerlo (in Tibet), è mia sorella, …dalla Luce, non dal mondo”, spiega lei a una domanda. “Lei e l’anziano sacerdote sono il popolo della coppia di giudici. Soltanto, …là è del tutto diverso che da noi, umanamente più facile perché tutti sono fedeli e credenti. La loro opera va oltre al nostro mondo. Sacrificano giornalmente le Forze per conservare la Luce agli uomini.

56. Ora inizia la cara sera. Chi di voi vuole, può ordinare la sua casa. Il quarto giorno dopo il Sabato dobbiamo essere da Jedothun in Sichem, possibilmente presto. Poi, senza fermarci, continueremo fino a Beth-Sean, dove a sud-est c’è il nostro primo accampamento. Se partiamo da Sichem, allora suonerà la tromba di guerra. Il consiglio di Matthanja era buono; alcuni ed io cavalchiamo domani presto verso Silo. Chi mi vuole accompagnare?”

57. “Certamente tutti, volentieri”, dice Jizri allegro. “Io sicuramente; sulla via del ritorno posso anche vedere la mia casa”.

- “Bastano tre o quattro come testimoni”, risponde lei.

- “Se non ti preoccupa troppo, Debora, rimango volentieri qui. Vorrei anche preferibilmente partire il Sabato, la vostra veloce cavalcata mi affatica troppo. Sì, sì, la barba grigia!”, l’anziano Salthiel solleva sorridendo l’adornamento del suo mento.

58. “Per te è previsto un accompagnamento con un carro. L’ho ordinato per Sabato”.

- “A quante cose hai pensato”, esclama lieto l’anziano. “Quando penserai una volta a te?”

- Lei ride in modo argenteo. “A questo ci pensate voi; inoltre, troppo”.

59. “Troppo poco”, s’infervorisce Gibbar. “Ho pensato spesso come si potrebbe dare una gioia a te, ma non accetti doni”.

- “No”, respinge lei. “Guarda, si bada a me come mi comporto, più che ad un uomo. Ciò che cade a dieci uomini tra le dita, mi rimarrebbe attaccato nelle mie mani. Questo, perché non è mai esistita una donna giudice nel popolo.

60. Se accettassi regali, allora si sussurrerebbe subito: ‘Ah, le cose vanno così!’. Ma nessuno mi rende oscuro un dono…, miei cari amici”, profondamente seria è il suo volto, “se non, …la vostra fedeltà! Il Cielo non può regalare nulla di più santo, che la fedeltà di buoni amici nel mondo. Ed io li ho!”

61. Ad ognuno dà la sua mano, che viene trattenuta a lungo. E’ come un addio prima della guerra. Nekkoda di Thirza è l’ultimo. Un paio di lacrime gli offuscano la vista, e Debora si posa la mano sulla sua fronte.

62. Presto dopo cena vanno tutti a riposare, perché il prossimo tempo richiederà tutta la forza.

 

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Cap. 16

Un aiuto nell’afflizione – La resa dei conti nell’alto-Consiglio

Kisjath diventa il primo – Anche gli amici insegnano

1. Poco prima di un centro abitato si sente un forte lamento. Debora fa un balzo in avanti. “Perché picchi questa bambina?”. Senza aiuto scende dalla sella.

2. “Mi mancava questo”, impreca un uomo barbuto, “immischiarsi nel mio diritto di casa, in più, pure una femmina!”. Guarda avvelenato ad una piccola casa ordinata, dietro la cui porta sta una donna in lacrime che ha anche l’aspetto di essere stata maltrattata. Debora se ne accorge prima ancora che la donna si possa nascondere.

2. “Vieni!”, le ordina. Di rado parla in modo imperioso. L’uomo si ribella, mentre la bambina si aggrappa al mantello della madre. Grosse lacrime scorrono sul suo viso. Senza voltarsi, Debora va nella casa. Quante volte ha dominato gli uomini rudi in questo modo fermo? Quando lei comanda qualcosa, in breve e severamente, allora nessuno ha ancora fatto resistenza.

3. La donna raddrizza lo sgabello caduto. Anche a lei la giudice comanda: “Siediti!”. La donna lo fa tremando, impaurita guarda alla porta. Se suo marito picchia la straniera…? Ecco, che alla porta stanno due uomini. Lei fa un sospiro di sollievo; ah, la straniera è protetta. Lei stessa, …chi si preoccupa se viene picchiata? Il suo povero corpo non sopporta più molto. Ma la bambina… Oh, …guaio. Che cosa ne può lei, se non le arriva un maschietto? ‘Maledette femmine’, sente dire giorno per giorno, di anno in anno.

4. Allibita, sussurra: “Ma chi sei?”

- Debora le accarezza il volto tumefatto. Una lotta con nuove lacrime. “Piangi pure”, dice lei, “ti fa bene”. Prende la bambina sul suo grembo. Barak con Matthanja stando alla porta, ha scoperto la brocca dell’acqua. Intinge il suo fazzoletto da sudore e pulisce il viso della bambina.

5. Nel frattempo arriva l’uomo. Elam e Jizri prendono la decisione. Quattro uomini, pensa la donna. Lo dovrà pagare amaramente. All’improvviso l’uomo viene preso dall’ira. “Fuori!”, urla, “nessuno ha qualcosa da dire nella mia casa!”

6. “Perché sei così cattivo?”, chiede Debora.

- “Non do nessuna risposta alle femmine; dovrebbero arrivare altri!”

- “Mi conosci?”, le tempie di Jizri si gonfiano.

- “No, non m’importa nemmeno”, dice il grossolano in modo insolente.

- “Sono il principe Jizri, al quale sottostanno i tribunali. Lo sai; oppure no?”

7. L’uomo si gratta il cranio abbastanza calvo, mentre la barba irsuta gli arriva quasi fino alla cintura. “Se una femmina”, si svincola, “non può sentire piangere un bambino, deve rimanere a casa sua, dove deve stare il popolo-femmina”.

- “E tu nella casa del giudice!”, lo sgrida Jizri. “Abbiamo un giudice, e la tua azione oltraggiosa sarà subito denunciata all’alto-Consiglio; ci stiamo andando. Perché hai maltrattato la donna e la bambina?”

- “Ti riguarda forse qualcosa?”, l’uomo cerca di essere ostinato.

8. “Ebbene sì, perché il giudice…”, tace ancora che è Debora, “…ha da tempo annunciato che nessun uomo può picchiare donna e bambini, né la servitù. E’ stato denunciato, le punizioni sono state rese note, per chi si oppone all’ordine domestico. Conosci il decreto?”

9. “No”, brontola l’uomo, e guarda di sbieco sua moglie. Se lei apre la bocca, allora guai a lei. Allora la bambina dice: “Lui, …lui, …mio padre l’ha sentito”. Riesce dire a fatica il nome padre. “Lui ha picchiato mia madre, che è rimasta a lungo coricata, anche me”.

- “E oggi?”, chiede Debora. Il suo occhio perfora lo sguardo dell’uomo, che cerca di evitarlo inutilmente.

10. “Ah, non era grave”. La bambina si accorge che il padre viene minacciato da qualcosa, e ciò… Lo si legge sulla fronte della bambina. “Sono solo una bambina”, dice intimidita, “e mio padre ama solo i maschietti”.

- “Per questo vi picchia?”.

- La donna tace per paura.

- La bambina sussurra: “sì”.

11. “Barak”, dice Debora, “al crocevia stanno due guardiani; va a prenderli”.

- “No!”, grida la voce della bambina. I giorni della sua povera vita in cui non c’erano botte, si possono contare. Ma ora…? “Ti prego, no, è comunque nostro padre!” Di nuovo piange amaramente.

- Anche la madre trema impaurita. Che cosa sarà di loro? C’era appunto poco pane, ma senza suo marito con la bambina può mangiare erba e corteccia.

12. Debora sorride loro gentilmente: “Qualcuno provvederà a voi; perché io, …lo devi sapere”, si rivolge all’uomo, “sono la giudice di Israele!”.

- La donna salta su terrorizzata, cade sulle ginocchia, piange disperatamente, e con lei la bambina. Entrambe vengono sollevate e calmate. L’uomo fissa Debora. Gli s’insinua il freddo nel cuore, non l’ammette, ma percepisce, pur oppresso, si spinge avanti ancora più insolente.

13. “Tu? …la giudice? Ah…”, fa in modo ridicolo, “…ho sentito questa stoltezza”. ride a squarciagola. “Una ridicola femmina come giudice? Non esiste proprio da nessuna parte! Hahaha, se partisse il comando che non si potesse nemmeno governare nella propria casa, da una stupida femmina, allora sono completamente libero”.

14. Debora interrompe la sua risata, perché arrivano già Barak e i guardiani. Lei dice senza preambolo: “Portate il prigioniero a Baal-Hazor dal giudice di Gerusalemme. Poi uno di voi due ritorna qui, l’altro annuncerà ciò che segue al consigliere del popolo Arthasus in Ophra: Thimna ha urgentemente bisogno di aiuto; suo marito, il muratore Zophat, sia rinchiuso per quattro settimane”.

15. Come sai i nostri nomi? E quattro settimane? Clemenza!”, supplica la donna. Per questo, lui la ucciderà appena ritornato.

- “Preferisco andare in guerra”, esclama Zophat.

- Gli viene rifiutato: “Vedo la tua via da vipera, rapidamente inventata”. Dopo che ha dovuto andare, vengono assistite la donna e la bambina e: “Tranquilla, lui torna cambiato e si spera che sia guarito per tutto il tempo. Pregate solo e vi si rivelerà la Bontà di Dio”.

16. Rassegnata, Thimna si passa la mano sulla sua fronte. “Lui ritornerà proprio così? Quanto ho supplicato Dio, e lui, che voglia cambiare. È stato tutto inutile. È diventato ancora peggiore ed ha schernito: ‘Per Dio, le femmine non valgono nulla; davanti alle tue lacrime Egli chiude i Suoi occhi e davanti ai sospiri ottura gli orecchi. – Dovevamo fare un duro lavoro, troppo pesante per la mia piccola Sua. Non credo che ci risparmierà”.

17. “Credi in Dio?”

- “Ne esiste Uno”, confessa la bambina, “solo che da noi è sempre andato oltre, perché altrimenti…”.

- Jizri si volta, gli viene una lacrima nell’occhio.

- La giudice accarezza le guance pallide. “Dio non è andato oltre; Egli ha solo aspettato, se il padre non volesse cambiare da se stesso. Dato che non lo ha fatto, oggi Dio è entrato da voi”.

18. “Dove?”, chiede Sua. “Non Lo si vede”.

- “Tu senti battere il tuo cuore, ma non lo puoi vedere. Così è anche con Dio! Lo si sente, ed Egli può incontrarci attraverso gli uomini. Nel mondo Lo si vede di rado, ma sempre nel Suo Cielo”.

- “Allora voglio andare nel Cielo e con me mia madre”, esclama Sua intimamente, “E, …anche mio padre. Sei così buona, ora abbiamo incontrato Dio attraverso di te”.

- Debora stringe la piccola al suo cuore.

19. “Ora credi nel nostro Dio?”, chiede lei nuovamente alla donna.

- Questa soffia: “Lo voglio di nuovo imparare. Forse perché ho perduto Dio, Zophat è diventato cattivo”.

- “Il pensiero è vicino”, dice Matthanja, “ma hai perduto la fede attraverso l’uomo. Quando torna, fa finta che fosse stato su un cantiere, cosa che inoltre è anche vero. Non deve stare in un oscuro carcere, deve essere un diligente muratore”.

- “E fra un anno”, aggiunge Debora allegra, “arriverà il desiderato ardentemente maschietto”.

20. Ora Thimna crede senza alcun dubbio, perché la giudice – qual cara donna – le annuisce con gentilezza. Tutto viene ancora ordinato al meglio. Molte lacrime di gioia scorrono dietro a loro, quando gli ‘aiutanti di Dio’ continuano il viaggio. Come detto, così avviene anche. Zophat diventa un uomo nuovo e non retrocede Sua dietro il suo primo maschietto.

*

21. A Silo la gente sta a gruppi sulle strade. Si mormora che il sommo sacerdote sarebbe scomparso. Quando si riconosce la giudice, si chiede se lei lo sapesse già.

- “L’abbiamo sentito”, si svincola per via della folla, “siamo venuti per questo. Andate a casa, gente”, ammonisce lei cordialmente. “Stasera siamo presso l’oste Bilsuel. Scegliete dodici uomini e le loro mogli; devono venire per conoscere il resto”.

22. “La giudice ha ragione!”. E’ il primo giorno che tutta una città la segue giubilando. Il giubilo corre attraverso il paese, come il vento che da poco soffia favorevolmente. Lei lo deve sentire sulla via verso Sichem. Debora non ama il giubilo; ma sarebbe del tutto sbagliato togliere al popolo la gioia.

*

23. Nella casa del sacerdote che si trova accanto al tabernacolo di Mosè che Giosuè ha eretto qui, ci si scambia l’opinione sussurrando. Delajah non è mai andato via senza indicare o ordinare le sue vie su che cosa sarebbe successo nel frattempo. Artham, Kisjath, Paros ed altri otto nuovi eletti si sono radunati per prendere delle disposizioni, nel caso il loro superiore non ritornasse. Oggi nessuno si spinge all’alto seggio di un primo.

24. “Aspettiamo tre giorni, dopo sarà appunto morto. Non rimane altro da fare”, propone Artham. “Alcuni seguaci di Delajah stanno davanti al cancello chiedendo che cosa ne sarà ora. Ieri si sono radunati in città. Non so più cosa devo dire per calmare la gente”.

25. “E’ colpa della giudice”, abbaia Paros. “Mi deve mangiare un leone se questa non ha fatto catturare Delajah!”

- Kisjath schernisce: “Allora ti divorerà insieme agli oracoli. Non sono il suo succube, ma lei è troppo intelligente per esercitare un tale colpo di stato. Non credo nemmeno che lo farebbe”.

*

26. “Almeno una lode!”. All’improvviso entrano gli uomini della collina, le guardie non li hanno potuti annunciare. Come con un fulmine a ciel sereno, tutto l’alto-Consiglio si spaventa.

- Debora colpisce con uno scherno delicato: “Piangete?”

- Artham brontola: “Lasciamolo (fare) alle donne”.

- “Quando le si picchiano!”

- “A loro fanno bene le botte”, alterca uno degli otto.

- “A te ancora di più!”, Debora si siede sulla sedia dove era stata già seduta due volte. “Se tu, Lapsas, ometti nella regione di Silo la sorveglianza ordinata”.

27. “Io esamino ogni due settimane”, annuncia.

- “Per tua fortuna”, lo confonde lei. “Il giudice Sallumin ha bisogno di un muratore. Che ne dici di Zophat? E’ capace di murare bene?”

- Sbattono le palpebre, scorre un rivolo di sudore, un balbettio: “Sì, è un uomo ordinato; gli farà bene venire via una volta; la sua femmina non sa filare bene”. Intende che sarebbe insopportabile.

28. “Ah, ecco; Elam, riferisci!”

- Presto Lapsas diventa sempre più piccolo. Sapeva da tempo che Zofpht infrangeva l’ordine; e lui, Lapsas – anche senza un figlio – non gli ha mai vietato il cattivo maltrattamento. Debora si erige maestosamente, senza gesti, è il suo modo celeste, innato:

29. “Sapevate che risiedeva un giudice, non ufficialmente, per via della tensione fra Canaan e noi. Molti anziani del popolo hanno riconosciuto le disposizioni generali; soltanto l’alto-Consiglio si è inalberato. Dopo che mi era stato trasmesso apertamente la funzione di giudice, l’intera legge da me emessa è entrata in pieno vigore, anche ed ancora con maggior ragione per il Sinedrio.

30. Chi vi si ribella, legga da Giosuè ciò che non sta scritto nei vostri rotoli di predica. Alla ‘Legge del Signore’ ho aggiungo ‘il consiglio dell’umanità’. Non fare appello a Dio, Paros, che la Sua Legge conterrebbe solo l’umano. Oppure al posto del pentimento vuoi andare in prigione? Se osservaste i Comandamenti di Dio, in verità, …non sarebbe necessaria nessuna prescrizione di Mosè, nessuna disposizione di Giosuè, né un ordine da parte mia. Molti di voi hanno infranto l’ottavo Comandamento di base.

31. Ho affidato alle comunità di scegliersi un consigliere. Molte di loro mi hanno dato il rapporto e qualche male è stato fermato. Non ho ancora sentito nulla da Silo. E’ bello. Dove l’alto-Consiglio è di casa, deve appunto regnare il migliore ordine. Avete pensato che io l’ho creduto, perché non ho intrapreso nessun esame?

32. L’ho fatto oggi sulla strada per venire qui. Elam ha annunciato il caso peggiore. Ma guardate…”, mostra una lunga lista, “…qui e là dove sovente non avete mantenuto nessun ordine, …dove il Sinedrio ha fallito, dove ...”

- “Questa è stata una faccenda di Delajah”, respinge Artham, “lui l’aveva vietato”.

- “Ah! Ad un morto è facile caricare la propria colpa”, dice lei aspramente. “Costui non apre la sua bocca, non è vero?

33. Già Othniel aveva ordinato l’assistenza nella regione, ma ha provveduto solo più al paese, meno agli uomini. Per me è il contrario. E voi che dovete esercitare l’amore, agite contro il comandamento. Ditemene uno che secondo il senso del Cielo non comprenda l’umano. Non siete nemmeno assistenti ordinati dal paese, per non parlare di ordinati sacerdoti! Che cosa si deve fare con voi?”

34. Questo suona cavalleresco. Ma con ciò è da esercitare l’amore? I sacerdoti fanno facce acide. L’aperta ostinazione porterebbe a ribellione. Tanto, si sa quanto è amata Debora, quanto rapidamente aiuta, quanto sicura emette un giudizio. Non tali come finora, con durezza sotto ogni dignità. Qualche volta – come si era sentito – ci riesce con uno sguardo. ‘Strega’, l’aveva chiamata Paros. Allora lo avevano minacciato di botte. Se si arrivasse all’ammutinamento, …gli uomini del Sinedrio non sarebbero troppo risparmiati. Perciò …

35. “Voi fate come se per voi è un gioco”, interrompe Debora i loro pensieri. “Non costringo nessuno ad essere buono, ad aiutare Israele, …non attraverso pesi, come avete fatto voi. Oggi vi dovete decidere. Chiamate il resto dell’alto-Consiglio, solo i sacerdoti; i superiori mi hanno eletto, il che vi è evidente. Fra un’ora sono di nuovo qui”.

36. “Impossibile”, si svincola Artham. “Senza il sommo sacerdote non c’è da prendere nessuna decisione”.

- “Io penso: è morto?”, chiede Jizri come stupito.

- “Morto?”, Artham si passa frettolosamente la mano fra i capelli. “Non lo sappiamo”.

- “Non lo sapete? E volete mentire al popolo che è morto e volete persino mostrare una tomba? Come ve lo immaginate?”

37. Kisjath, il più misurato, ammette imbarazzato: “Siamo confusi. Delajah sarebbe qui se non fosse morto”.

- “Non può essere stato catturato?”, Elam lo chiede intenzionalmente.

- Lo sguardo timido di Kisjath cade su Debora. “Non l’ho creduto; ma come stanno le cose...”

- “...può averlo ordinato lei?”, interrompe duramente il principe Jizri.

- La voce, di nuovo calmando, aggiunge: “Qualcuno che pensa fin nei minimi particolari alla giustizia e all’amore, come lo fa la nostra giudice, non commette ciò che le si vuole attribuire”.

38. Asa, in funzione per Bezai, salta su: “Se sapete qualcosa, perché ci ingannate? Tuttavia, …una femmina! Che altro ci si può aspettare!”

- “Se offendi la giudice, allora offendi il popolo!”. Matthanja diventa del tutto duro: “Fra un’ora siamo di nuovo qui”.

*

39. Quattordici alti consiglieri aspettano. Debora comincia subito: “Uno deve fungere al posto di Delajah. Dopo la guerra eleggiamo entrambi i principi, tre giudici di città e sei superiori di città, …ed io. Il Sinedrio proponga due aspiranti. Kisjath fino ad allora può essere il primo, se lo vuole”. E’ bene che non determini nulla, altrimenti qualcuno avrebbe cominciato a tuonare.

40. Solo Artham tuona: “La nostra volontà è inutile! Una femmina…”, sottolinea grossolanamente, “…ordina, e le pecore devono seguire”.

- Elam dice seccamente: “Questo calza su di te; hai belato da pecorone”.

- Debora cancella il piccolo errore: “La maggior parte della gente è come pecore senza pastore, più giusto: coloro che non vogliono obbedire al Pastore. Il Pastore…”, ferma lei il rifiuto di Artham, “…è il nostro alto-Signore! – Ora basta. Kisjath dev’essere il primo!”

- Alcuni annuiscono indecisi; la gran parte tace.

41. “Bene”, dice lei, “accettato attraverso l’unisono silenzio! Scrivilo, Barak”. Quanto la giudice svergogni l’alto-Consiglio – non volutamente – lo si vedrà più tardi. Se l’avessero contraddetta…

- Così, …Kisjath la seguirà come un cagnolino. Ma costui non pensa di dire semplicemente ‘sì’ a tutto. Non sapendo che si trova già sul crocevia, dice titubante:

42. “Ai fratelli è stata tagliata molto la libertà, se il loro silenzio fornisce la decisione…”. Si sente molto oppresso; gli si renderà la sua sedia un inferno. Non ammettendo che viene attirato da Debora, la preoccupazione lo soverchia. Ciò che dalla funzione di giudice, otterranno da DIO, ma che opererà, lui lo sperimenterà abbastanza presto.

43. Adesso risponde lei: “Per nulla, primo sacerdote; così sia il tuo titolo! La mia domanda non era muta. Una giusta domanda non può avere una giusta risposta?”

- “Certo”, ammette Kisjath. Getta un rapido sguardo ai ‘suoi fratelli’. Si vede quello che pensano.

44. Debora continua già a parlare: “Fai appello alla libertà. Eri libero di affermare o negare la proposta; quindi io non ho limitato la vostra libera volontà. Chiedo invece: – Qualcuno, sotto il dominio di Jabin, ha potuto fare e non fare quello che voleva? Non è stato smorzato di molto il diritto del popolo? Qualcuno ha pagato volentieri la percentuale, …oppure lo abbiamo dovuto fare?” (Matt. 22,17)

45. “Questo vale per il mondo”, interviene riscaldato Phillas. “Qui si tratta del diritto dello spirito; allora ...”

- “...allora ognuno può fare quello che vuole? – Dimmi, intelligentone: – Che cosa sta più alto: spirito o mondo? Jabin o Dio?”

- “Questo è troppo per noi”, brontola astioso Paros.

- “Questo, tuttavia…”, suona serio e severo, “…e poiché hai bisogno di un insegnamento, ti sarà dato attraverso di me.

46. Non hai nessuna idea del Diritto fondamentale di Dio. Solo quando si rosicchia al sacchetto, ti decidi per lo spirito. Per DIO ti riservi la piena libertà ed infrangi la Sua santa Legge. Al mondo dai in mano il dominio. Conta i tuoi giorni nei quali hai esaminato se hai agito in modo cattivo o se in modo buono. Tu non paghi il voto dato a DIO (Salmo 50,14)! A che serve la libera volontà, se non ti protegge la Volontà di Dio? In Delajah ne avete visto l’esempio”. Ha indicato magnificamente il punto centrale della sua venuta.

47. Anche Lapsas aggancia: “Ebbene, un esempio! Che ne è stato della sua libera volontà? Quando, innanzitutto, la giusta Volontà del Creatore dovrebbe con maggior ragione rifiutare l’omicidio?”

- “Non doveva…?”, contraddice il principe Jizri. “Nessuno può costringere il Creatore. Ora spiega”, dice a Debora, “altrimenti alla fine cadono nella pura bestemmia contro Dio”.

48. “Per quanto possibile, qui dobbiamo arrivare ad una buona fine. Prima una cosa: Paros, i quattro deputati alla funzione del giudice ti hanno portato il mio verdetto: nutrire dieci vedove insieme ai bambini per tutto un mese. Inoltre dovresti venire per tutto questo tempo nella casa del giudice. Questo te lo ha consegnato il principe Jizri. Soltanto, che la stessa sera hai affilato la tua cattiva lingua.

49. Anche quello di oggi è da tacere per via della guerra. Se poi avremo un sommo sacerdote secondo l’Ordine di Melchisedec (Gen. 14,18 – Ebr. 5,6), allora la faccenda sarà annunciata al popolo”.

- “Fino ad allora rimane quindi menzogna?”, esclama uno.

- “Avreste mentito ed ingannato”, dice Debora fredda. “Chi non vuole osservare l’obbligo del silenzio, deve rimanere lontano dal sommo sacerdote fino all’elezione”. Troppo avido per conoscere il destino di Delajah, nessuno se ne va.

50. La giudice dice a Paros: “Non ti voglio assolutamente offendere, ma ti salta troppo rapidamente la lingua. E dato che mi hai diffamata, sei libero fino alla nuova elezione dell’alto-Consiglio. Un’altra violazione della promessa ti procurerà la prigione”. Si fa un imbarazzato silenzio. Sei vorrebbero andare, per mostrare che non ‘la’ si riconosce. Non si possono licenziare semplicemente i sacerdoti.

51. Se lei fosse il direttore di una sinagoga in un angolo, …lo si ignorerebbe. Tre sacerdoti pendolano; solo Asbak, Kisjath e due nuovi accettano il suo giudizio. La buona parte della giustizia ha sciolto il loro ghiaccio. Sentono come se il buon essere di Debora li avvolga fisicamente.

52. Lei dice: “Paros doveva andar via per la vostra protezione. Oppure volete che il popolo non vi creda più in niente? Io non sono contro nessuno; lo sono contro tutto ciò che non si adegua ai sacerdoti. Loro, l’esempio, devono esserlo appunto in tutto senza rimprovero. Questo non è un chiedere troppo, come crede Artham: che sareste anche solo uomini, esposti al desiderio, al fallimento.

53. Nessuno vi toccherebbe, se una volta falliste, se il sangue scorresse troppo caldo nelle vostre vene. Ma molte menzogne e inganni nudi, brama di dominio, com’è d’abitudine, arroganza, disprezzo di tutti i poveri e ancora di più, …vedete, questo ha già da tempo aperto gli occhi al popolo. Solo la vecchia paura incarnata è ancora il legame fra lui e voi.

54. E’ bene togliervi le benfe dagli occhi. Un sacerdote non si deve immischiare nel traffico del mondo; soprattutto dato che per lui il mondo si divide dallo spirito (Matt. 6,24). Se foste come sacerdoti dall’Ordine di Melchisedec che cominciano e finiscono la loro opera con DIO, oh, …mai andremmo perduti, come pure nessun altro popolo con un tale sacerdozio. Ma così…?

56. L’alto-Consiglio è vuoto, non serve più nessun imbiancamento (Matt. 23,27). Chi adesso vuole andar via, non gli sarà calcolato come peso”.

- Questo rosicchia al vecchio orgoglio, al quale ci si vorrebbe aggrappare con forza. Kisjath prendendo con riflessione le briglie, risponde semplicemente: “Rimaniamo e, …tacciamo”.

57. Dopo ciò, Debora annuncia ciò che è successo con Delajah. Ah, …quasi da non credere! Gli amici prendono un bastone, simbolo del grande, come si trova ancora dal tempo di Mosè nel Tabernacolo di Dio. Una copia viene usata nel Sinedrio. Chi tende la mano a questo bastone bianco, non deve pronunciare nessuna formula. E’ il segno per la verità che nessuno oserà toccare, quando la sua testimonianza è falsa.

58. L’orrore striscia attraverso il cuore. Kisjath da ora in poi vuole seguire la giudice. Dio l’ha eletta. Lei è buona e saggia, come lo erano i grandi vecchi. Lui dice: “Dobbiamo tacere finché non è finita la guerra. Ma se si chiede di lui? E allora, ti si dirà: ‘Se sapevi ciò che sarebbe successo, non lo potevi risparmiare con la Forza di Dio? Cambiarlo, come hai cambiato molti? Anche quasi tutto il popolo?”

59. “Non è facilmente comprensibile”, dice lei con tono caldo. “Delajah ha lasciato solo valere la sua volontà, e non la Guida di Dio, perché si è inventato due vie. Voleva con forza la funzione da giudice, trasmessa da Dio a Giosuè, con la funzione del sommo sacerdote prestato ad una unica persona. A chi…? Ma unito così il potere spirituale e mondano, è il peggior male che esiste. Perché solo un portatore di entrambi i poteri si deve sempre scindere in ogni punto di vista, non appena lo esige la vita di Dio o del mondo.

60. Lo spirito contro il mondo, o viceversa. Ma se su una parte si pone qualcosa, deve dapprima essere stata presa dall’altra. Delajah non ha pensato a questo, perché una tale funzione non ha nessun esempio. Lui non è un Abramo, un Mosè oppure un Giosuè, coloro che dallo SPIRITO di DIO dominavano l’una come l’altra funzione. Per lui sarebbe diventato un peso troppo insopportabile. Da ciò il Cielo lo ha preservato.

61. La seconda cosa peggiore era: che si voleva uccidere”.

- “Se crediamo a tutto, …a questo no!”, esclamano alcuni sconvolti.

- “Perché non possedete nessuna visione”, dice calma Debora. “In lui rosicchiava una grande paura, …di DIO! Voi credete che allora, piuttosto, non si sarebbe ucciso? Lui ha pensato spesso così alle tombe: ‘Là giacciono le ossa, chissà se e quando il Signore le risveglierà. Fino ad allora, …avrà certamente dimenticato qualche (mia) colpa’.

62. Il timore della creatura rende infantili. Lui vide distrutto il suo seggio. Non volle prendere su di sè quest’ontà. Lo poteva conservare se si fosse rivolto al Signore; ma era troppo coinvolto. E terzo, che lui non avrebbe vinto la guerra su cui sperava di porre quel (doppio) potere: Delajah = principe mondiale di Israele; Delajah = sommo sacerdote!

63. Una  notte gli fu tolta la coperta. La Luce, splendendo da lontano, gli sembrò secondaria. La sua fede non era ancora del tutto cancellata, altrimenti non avrebbe visto lo splendore. Ma come aveva sempre dato il privilegio al mondano, così anche nel sogno l’abisso era davanti ai piedi.

64. E’ stato preservato tramite la Grazia. Fu fatto il ponte affinché ancora nella vita raggiungesse questa santa lontana Luce, altrimenti la sua anima sarebbe caduta nella morte. Solo il SALVATORE lo avrebbe liberato dalla sua morte, che non si svolge senza paura e pena. All’estero troverà una patria; come prigioniero sarà liberato dal suo mondo”.

65. Una difficile battaglia che fornisce ai sacerdoti un po’ di Luce. Se fosse un uomo a parlare e agire, …tutti stenderebbero ora le armi. Che una tale verità, la Guida di Dio e la rivelazione della Sua Magnificenza, venendo dallo SPIRITO, indipendente dalla persona, lo ammette solo Kisjath e due dei nuovi che non sono ancora rosicchiati dall’orgoglio.

66. Lui confessa: “Ora io stesso ammetto quanto sarebbe sbagliato indicare una tomba vuota. Ma che cos’altro?”

- Matthanja dice: “Hai una vera fiducia in Dio?”

- Un’alzata di spalle. Non arriva ancora al ‘sì’.

- “Sovente vi siete arrabbiati quando Delajah vi aveva caricato il suo servizio”. Lo si ammette. “Quindi…”, continua Matthanja, “…si è da tempo abituati a non vedere quasi il sommo sacerdote; non ti si chiederà come hai fatto a guidare finora il culto religioso.

67. Nella guerra gli uomini sono sempre via; solo i vecchi o le donne vengono qui da voi, e loro non aprono comunque la bocca. Ognuno sa che Delajah stesso voleva assumerne la direzione. Dato che solo pochi gli sono affezionati, così dopo la guerra si comprenderà l’annuncio che fosse espatriato. Proprio per questo lo si rispetterà ancora, che è anche per il bene dell’alto-Consiglio, mentre – visto per il mondo – gli doveva diventare insopportabile, incontrare gli uomini senza vittoria e licenziato”.

68. “Non me lo sarei immaginato così facile”, confessa Phillas, un nuovo sacerdote.

- “E per quanto riguarda la schiera che si è radunata presso Silo”, dice Jizri, “viene assegnata al principe Hamer. Dato che loro non sanno che il principe ha giurato fedeltà alla giudice, lo seguiranno in buona fede. Se vivranno la vittoria, allora il loro giubilo sarà troppo grande da sminuirla a se stessi, pur senza sommo sacerdote.

69. Delajah avrebbe strombazzato: ‘Io ho vinto questa guerra!’. – La sua brama di onore avrebbe pure soffocato l’ultima briciola di Luce. Ma da noi si dirà: ‘Israele ha vinto, …dalla Forza di DIO!’. Allora ognuno può necessariamente onorare se stesso. Dio mette alla giudice la vittoria nella sua mano, e lei, …al popolo! Vedete la differenza che deve risultare dal suo genere?”

70. “Non le rimane quasi null’altro”, morde di nuovo Artham. “Già che deve rimanere a casa, non le porta nessun onore. Oggi ammetto che lei ha buoni doni; la migliore sarebbe l’umiltà”.

- “Non la puoi offendere”, risponde Barak con volto ardente.

71. Debora lo ferma: “Non ti agitare. Lui ha ragione; soltanto non sa che cosa sia l’umiltà. Lui la confonde con sottomissione, assenza di volontà della donna verso l’uomo. Oh, molto sbagliato! Come creature siamo – senza catene – legate alla Divinità dalla magnifica libera Volontà di Dio; in ciò si trova il nocciolo della vera umiltà, che proviene dal Cielo e non da questo mondo.

72. Lo spirito, il più alto-dono di Dio alla creatura, si piega alla Sua Volontà; non cade mai. Sia che lo udiamo oppure no, …rimane unito con lo Spirito di Dio. L’umiltà del nostro spirito è la maestosità del nostro essere, attraverso la quale siamo figli di Dio. Che ne pensi, Artham, se una tale umiltà non sia adeguata anche all’uomo? Senza di questa non saresti un figlio di Dio”.

73. E’ una scusa: “Ognuno è Suo figlio, Egli ha creato tutti noi”.

- Debora sorride delicatamente: “Due errori! Figli di Dio? Ci si chiede solo se lo siamo diventati da noi. In ciò si trova l’obbligo del ricevente la restituzione al diritto! Lo comprendi, vero?”

- Artham annuisce senza alcuna comprensione.

74. “Senz’altro, non riesce, benché dal proprio spirito si pratichi il libero ricollegamento. Il secondo ammanco retrocedere le donne nell’angolo, ma tu dici che saremmo stati fatti tutti insieme da Dio. Se questo è il caso, perché le donne valgono meno degli uomini? Il Dio Creatore ha creato dal Suo Spirito unitario due creature fondamentalmente diverse, che rimarrebbero dinanzi a Lui separati nella Maestosità e nella bassezza?

75. Non parlare di nuovo in modo sbagliato”, respinge lei, “già il corpo dimostra una differenza. In lui, nella materia, non nel Cielo, di un valore! Quello che risulta profondamente magnifico, la maestosità dello spirito, la Forza dell’anima, l’animo della Bontà, la nobiltà del pensiero, …questo è la totalità del nostro essere. Dalla Personalità del Creatore è diventata la parte dello spirito, dalla Sua Forza d’Opera la nostra anima. Dinanzi a Dio esiste la sola differenza tra bene e male. Le AZIONI forgiano il nostro essere!”

76. Un linguaggio, estraneo per quei dotti. Loro hanno studiato la Parola di Dio e tolto certe cose, anche aggiunte, ma essa è rimasta sempre ciò che era sempre stata. Nessuno ha potuto scuoterla. Non l’hanno approfondita, avrebbero contraddetto qualche precetto. Ora è come se la ‘Luce lontana’ come Delajah l’ha visto nel sogno, appunto, splendesse loro.

77. Phillas dice: “Ho un nemico. Ora vedo ciò che insegni di buono. Voglio pregare che Dio lo voglia perdonare”.

- “Non fai troppo con ciò?”, chiede Debora, non senza una piccola ironia. Phillas ha un aspetto perplesso e indagatore. Non si era rallegrata della sua buona volontà?

78. “Hai intenzioni serie”, annuisce lei gentile. “Ma rifletti solamente, se il tuo nemico è colpevole della lite. E che cosa ha a che fare con Dio? Tu devi perdonare al tuo nemico! Se gli porgi la mano ed egli l’accetta, allora è bene pregare il Signore, che Egli voglia perdonargli, …non l’ingiustizia, questa è la tua faccenda. Solo se lui non prende la tua mano, viene lasciato al Signore. Allora la richiesta diventa del tutto giusta”.

79. Phillas sospira: “Questo fa presa molto profondamente nella nostra umanità. Lo volevo istruire, ma lui non ha ascoltato”.

- Lei risponde: “Il miglior insegnamento è, essere d’esempio (Giov. 13,15).

- Un altro dice: “Tutto bello e buono, ma non adeguato al nostro tempo. Non si può perdonare a Jabin vent’anni senza espiazione. Infatti, chi brucia viene bruciato; chi batte lo si batte di nuovo. Credi…”, provoca la giudice, “…che vent’anni di afflizione era la Volontà di Dio?”

80. Lei lo respinge: “Dopo Ithamar ed Eleazar ci sono stati pochi buoni sacerdoti che sono rimasti nell’insegnamento dei leviti (Num. 3,12) Costoro sapevano che tutto passa attraverso la Mano di Dio! EGLI, divenuto da SE stesso Bontà, …dà soltanto il Bene; e ogni cosa serve al bene di colui che ama Dio sopra tutto”.

81. “E, …un fulmine?”, chiede costui malignamente. “Anche questo viene da Dio, quando colpisce la capanna di un povero? Se è senza fede, allora si può parlare appunto di una punizione; ma un ricco, con e senza fede, si ricostruisce ciò che è distrutto. Indipendentemente dalla Bontà di Dio oppure dalla Sua Ira col temporale”.

82. “Hai finito?”, Matthanja è difficile che si contenga. Uno dell’alto-Consiglio e di tale opinione!

- Costui fa le spallucce: “Per me?”. Una risposta gli è indifferente.

- “Per colpa tua, Basjuth, la mia bocca resta in silenzio, e nessuno deve difendere il SIGNORE, ricordalo! Per questo, solo uno vorrebbe ritrovare di nuovo la sua giusta fede”.

- “Uno…?”, Basjuth ride per esteso. “Questa vittoria può scuotermi”.

83. Matthanja ignora l’insolente allusione. “A te serva ora un’immagine. Messo nel terreno un chicco di seme, e la sua spiga porterebbe cento chicchi, di quelli di nuovo ognuno cento, e così via. Cresce una vite dal nocciolo. Calcola tu stesso il suo numero infinito, da DIO, messo come Benedizione in un unico chicco. Ancora un’altro, che comunque si trova raramente.

84. Quando Canaan ci ha vinto, quando il nostro peso – dalla Mano di Dio la verga, per educarci alla fede – ci ha quasi schiacciato, era stato scelto un chicco di seme per la salvezza. Per gli uomini ci vuole più tempo, finché la semenza venendo dal suolo, porti quei frutti che maturano nella Luce e nell’Amore di Dio. Per vent’anni il chicco è rimasto nel suolo, nel cuore di una donna. Poi ha fatto irruzione attraverso la terra del suo cuore ed è diventata evidente per gli uomini: Debora!

85. Anche lei ha trovato Barak senza genitori, al quale ha affidato la sua elezione. Le guide del popolo non ne erano ancora maturi. E il giovane Barak è stato per noi una semente. Oggi si può forse negare quanti frutti ne sono diventati? Israele e molte tribù ne sono compresi. Non soltanto come pensa qualcuno di voi, per via della guerra e per l’aiuto delle armi di cui abbiamo bisogno e, …no, dopo la guerra verrete a sapere quali bei frutti la nostra fede porta presso gli aiutanti.

86. Delajah – allora molti dietro di lui – cercava l’affratellamento per via della guerra. Ciò non era sbagliato, ma lui non doveva mettersi al primo posto. Debora ha insegnato a tutti i pagani il nostro Dio, unicamente LUI stava in primo piano. La sua unica meta era guidarli all’Altissimo. Dato che a questo essi non avevano legato nessun pensiero mondano, gli amici stranieri l’hanno voluta aiutare una volta, perciò l’aiuto è venuto del tutto da se stesso: attraverso DIO!

87. Noi come popolo non siamo né mondani, meno da abbattere secondo lo spirito, se manteniamo la fedeltà a Dio. Ora domandatevi che cosa può uno. Oltre a questo: l’Unico Signore, Egli ci benedice; l’Unico Signore può tutto ciò che Egli vuole. Perciò ripeto volentieri ciò che Debora ci ha detto una volta: ‘Dio dice sempre ‘sì’, poiché il Suo ‘no’ è un segreto ‘sì’ della Sua Volontà per noi!

88. Il fulmine proviene certamente da Dio, anche se non come crede Basjuth. La natura ha la sua propria legge, stabilita dal Creatore. Se infuria come ciecamente, allora molti uomini, anche tutto il paese, le è esposto. Jabin era per Israele un fulmine, meritatamente, perché si è perso Dio.

89. Hai citato due non credenti. Il povero viene chiamato dal bisogno. Per lo più in seguito lo si ascolta. Se un tale chiede ad un ricco di aiutarlo, allora questa è la chiamata che è rivolta al ricco. Purtroppo viene accolta di rado. I fulmini e i tuoni sono i segnali di chiamata e d’avvertimento di Dio (Apoc. 4,5).

90. Ricordo Hariph, la cui grande casa stava sul monte degli ulivi. Lui era ricco. Anni fa un fulmine ha incenerito tutto e non rimase nessun muro. Lui aveva detto bestemmiando: ‘La costruirò di nuovo più bella e più grande. Dio mi ha mostrato un servizio, io stesso non lo devo rimettere’. Presto, dopo, vi stavano pronti casa e cortile, veramente più belli e molto più grandi. Io stesso l’ho sentito poi dire:

91. ‘Si dice che Dio mi avrebbe punito. Allora mi doveva togliere ogni avere. Dio non si cura di noi in questo mondo; Egli governa il Cielo, l’uomo il mondo. Ho aumentato la mia eredità’. – Con inganno…”, sottolinea Matthanja. “La notte dopo morì il povero uomo ricco (Luca 12,20-21).

92. Ora basta con le immagini. Chi dà la risposta ad un colpo con dei colpi, è più lontano da Dio che l’Ararat dal Sinai. Ma una cosa, affinché Artham non abbia prima da contraddire: le guerre rendono necessario l’incontro della spada con le spade. Soltanto, …si può anche battere, senza battere a morte”.

93. La giudice si alza. “Il nostro lavoro è fatto. Fino a domani mattina siamo da Bilsuel. Chi vuole qualcosa, venga lì”.

- Kisjath dice imbarazzato: “Ti prego, consuma da me un pasto, …tutti”, si rivolge a tutti nel cerchio.

- “Avevo già pensato che volevi fare le fusa da solo”, Basjuth batte nuovamente da cattivo.

- Debora ride cosicché il veleno che ha colpito Kisjath se ne vada.

- Strano, …lui ha subito compreso, e risponde con calma:

94. “Vi ho infatti pregato (tutti), quindi il discorso era superfluo. E mi intono alla cara risata. Basjuth, non mi hai colpito, perciò non ti prendo sul serio. Sarei davvero lieto, se venite (tutti)”. Debora gli annuisce. Con Kisjath, una volta cambiato, si può fare una breccia e – lo voglia il Signore – l’alto-Consiglio sarà presto pulito.

*

95. Kisjath prepara ai suoi ospiti un paio di belle ore. Naturalmente sono venuti solo Phillas, Asa, Asbak e Sophereth, tutti nuovi per sostituire i dismessi. Lapsas verrebbe volentieri, ma teme la giudice. Oltre ad altre domande, Asa ne pone una importante: – All’epoca si era detto in una votazione, che Delajah doveva rimanere ancora al timone, soltanto non più da solo. Ora a causa della fuga, non sarebbe più necessario.

96. Debora gli va incontro, “Pensi che la disposizione come mia profezia rimarrebbe inadempiuta? Caro Asa, se è presente colui per il quale è destinata, allora viene coperta, perché allora l’Amore di Dio aiuta, quando l’uomo non lo vuol proprio. Solo nel ‘troppo tardi’ si mostra la seconda via di Dio: la Serietà! Delajah doveva giungere liberamente al ritorno, per questo gli è stato offerto di rimanere ancora nella funzione. Lui ha rifiutato. Quindi per lui è subentrato un altro che si era girato al momento giusto”.

97. “Arthasus oppure Bezai potrebbero essere i primi”, dice Kisjath.

- “Loro hanno appunto la funzione di sacerdote: l’azione, con cui è anche collegato l’insegnamento”, gli risponde Debora. – Più tardi entrambi ringrazieranno perché Debora li ‘ha salvati’, poiché la funzione iniziata dava loro molta gioia.

*

98. Si va dall’oste. La delegazione di Silo saluta Debora con riverenza, cosicché Kisjath pensa: ‘Bene, che il Signore ce l’ha mandata, ed io posso riconoscere la sua funzione di Dio’.

- Si consolida la fiducia. Quando lei dice che Delajah non potrà ricoprire il ruolo, lo si accetta secondariamente.

- Una donna osa persino: “Di rado lo si è visto, e con la sua predica nessuno si è riscaldato. Nonostante ciò l’ho rispettato, come Dio ha ordinato di obbedire ai superiori (Ebr. 13,17).

99. “Se sono buoni e saggi”, corregge Jizri, e porge alla donna una bevanda.

- “Se sono buoni e saggi”, ripete suo marito. “Possediamo una tale superiora, come non l’abbiamo mai avuta, in più, un fine e fedele principe, l’alto adornamento del nostro popolo”.

100. Quando dopo qualche giorno i deputati raccontano ovunque che cosa è stato detto con la giudice, la gente è colma di lieta fiducia. Si avvera anche l’opinione di Matthanja. Si domanda ovviamente di Delajah, ma ci si accontenta con un: ‘Lui è dispensato’, Così Debora ha provveduto con i più stretti collaboratori ad evitare conflitti successivi.

 

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Cap. 17

 

[Gdc. 4,6-10]: [6]Essa mandò a chiamare Barak, figlio di Abinoam, da Kades di Nèftali, e gli disse: «Il Signore, Dio d'Israele, ti dà quest'ordine: Và, marcia sul monte Tabor e prendi con te diecimila figli di Nèftali e figli di Zàbulon. [7]Io attirerò verso di te al torrente Kison, Sisara, capo dell'esercito di Iabin, con i suoi carri e la sua numerosa gente, e lo metterò nelle tue mani». [8]Barak le rispose: «Se vieni anche tu con me, andrò; ma se non vieni, non andrò». [9]Rispose: «Bene, verrò con te; però non sarà tua la gloria sulla via per cui cammini; ma il Signore metterà Sisara nelle mani di una donna». Debora si alzò e andò con Barak a Kades. [10]Barak convocò Zàbulon e Nèftali a Kades; diecimila uomini si misero al suo seguito e Debora andò con lui».

Debora, duchessa degli eserciti uniti – Molte buone opere

La grande vittoria di Barak – La fine di Jabin e di Sisera

1. Scoppia la guerra. Qualche madre ha sperato che si evitasse; qualche donna ha pianto in silenzio, quando suo marito ha preso le armi. Per nulla, solo in Israele. Solo qui, nonostante l’afflizione e la sofferenza, sta una grande Luce: Dio ci ha mandato una aiutante, come la storia non può dimostrare. Una tale conoscenza asciuga qualche lacrima.

2. Questa volta non c’è confusione, come al solito, nessuna diceria ‘vinceremo!’, come nemmeno ‘chiacchiere’, che tradiscono vendetta o crudeltà. Se non fosse udibile gioia e ressa, …ci si potrebbe domandare che cosa vuole il ‘grande mucchio di pace’, provvisto di molta attrezzatura da guerra.

3. Solo Jabin e Sisera percepiscono adesso chi sta loro di fronte. Oggi Sisera riconosce quel consiglio intelligente di Agratano e dà il comando di voler occupare rapidamente la sua posizione. Jabin s’inganna del pericolo, soprattutto perché la fine di Sisera sta per lui al primo posto.

4. Vicino a Beth-Sean, lontano dalle generali linee di viaggio, abita la giudice. Vi conducono vie segrete. L’ala sinistra dell’esercito sotto Dalphon, quella destra sotto Su-el-Kambynos, il blocco centrale, condotto da Jizri, sono pronte. I duchi erano pienamente radunati presso Debora alla sera precedente. Un ultimo importante consiglio. Nulla è stato ignorato. Barak rimane presso Jizri; i suoi sotto-aiutanti erano stati istruiti dove dovevano essere portati i prigionieri e i feriti. Per entrambe le parti era stato provveduto al meglio.

5. A questo non lo si era pensato in nessuna guerra, come avevano fatto Abramo, Mosè, Giosuè ed altri. Lo si sa bene: anche Noè non deve essersi liberato di nessun peso, come ha portato con sé nel paese pesante d’acqua, uomini poveri, frustrati dalla paura, salvati dall’immensa catastrofe. Certamente Debora lo sapeva ed ha fatto secondo la Volontà di Dio.

6. Alcuni, cui omicidio e bottino di guerra devono concedere, lo ritengono superfluo. Tuttavia il gran numero che adula Debora, bada molto al fatto che possibilmente nessuno trasgredisca gli ordini. Così come sotto Abramo, Israele e i suoi aiutanti uniti interiormente ed esteriormente, avendo la Legge del Signore nel cuore, hanno la lieta confidenza della guerra davanti agli occhi.

*

7. E’ presto al mattino, il tempo favorevole, i nemici non ancora radunati. Allora molti dicono ai comandanti: “La Palma, che è unita a DIO, ci preceda come segno, come i nostri padri nel deserto erano pure preceduti dalla nuvola di Dio e dal Suo fuoco. Noi crediamo nella vittoria se la giudice Debora, stando nelle nostre file, è nostra duchessa”.

8. E’ inutile esporla al pericolo della battaglia; la si può informare velocemente tramite staffette, facendola spostare nelle interruzioni. Lei aveva stabilito tutti i piani e si sapeva quanto fosse intelligente. “Noi vogliamo avere la nostra Palma; si deve vedere che lei è nostra duchessa!”

9. Persino Su-el-Kambynos manda a dire a Jizri che conserverà la migliore amicizia; che avrebbe giurato (fedeltà) unicamente alla giudice. In nessun modo lei dovrebbe splendere per lui, no, (ma) in mezzo. Barak, due superiori e Jedothun partono per portare a lei ‘il desiderio dell’intero esercito’.

*

10. A piedi corrono su per la collina, i loro cavalli non hanno più nessun respiro. In alto si fermano stupiti. Debora sta in piena corazza davanti alla casa. Il madianita ha ragione: lei splende! Lentamente gli uomini si avvicinano, si piegano e non è necessario pronunciare la richiesta. Charkros è immerso nella sua visione. Chi l’ha vestita? In lei vedono che i ‘cavalieri di Dio’ sono stati qui.

11. Barak conduce il suo cavallo giù per il sentiero, i superiori come seguito, stupiti. Con cavalli riposati ritornano con la velocità del vento verso l’incontro. Dovunque compare la giudice, tacciono i discorsi, innanzitutto disputando per l’autorità, come spesso accade prima delle battaglie. Tutti si sentono sollevati, tutti esultano dietro di loro. E se l’ordine non dovesse essere osservato, …Israele insieme a tutti gli amici stranieri le correrebbero dietro uniti fraternamente.

12. Un disertore annuncia a Jabin che ‘di fronte’ era arrivato uno straniero. Nessuna idea di chi fosse. Non si era mai conosciuto un tale armamentario come lo stesso portava.

- “Uno?”, Jabin ride. “Matto! Non mi si può intimidire con un uomo!”

- Sisera, che nel loro colloquio non descriveva buona la loro situazione, si fa riferire qualcosa di più preciso.

- “Un maresciallo che ha paura”, s’infuria Jabin sconsiderato, “non ha bisogno di combattere al mio fianco. Lo sente la truppa, e perde il coraggio!”

13. Il rimproverato risponde: “Conduci due guerre; contro Israele e, …contro di me? Me lo ha rivelato Zalman. Non hai voluto riconoscere nemmeno uno dei miei piani. Questa è stata una sufficiente conferma per me. Bene, …quindi combatto per Canaan, non per te? Se riesco ad uscirne vivo, facciamo insieme i conti, non è vero?”. Lo dice ed abbandona la sala.

14. Anche il messaggero se ne va di nascosto. Jabin cancella tutto con un moto della mano, sia la conoscenza di Sisera che il messaggio che Israele avrebbe un forte armamento ed avrebbe sotto di sé molti schiavi. Prima di una guerra, ognuno è agitato, pensa lui.

*

15. Ci si scontra. E’ già tardi, il Sole saluta l’orizzonte. Jabin, una volta stava davanti, non si nasconde di aver completamente sottovalutato i suoi nemici. Il blocco centrale di Israele si spinge lentamente avanti, con intenzione. Jabin si concentra su questo e vieta al suo feldmaresciallo di proteggere fortemente i fianchi. Cerca ancora di convincersi che gli israeliti combattessero come sempre: in un mucchio.

16. Nell’ultimo intervallo che il giorno fornisce ancora, Sisera si fa annunciare a Jabin: “Stiamo perdendo; possiamo soltanto ancora danneggiare, ma non più vincere. Loro spingono avanti entrambi i fianchi, le loro punte ci vogliono raggirare”.

- A ciò Jabin ride, ride via la propria preoccupazione. “Che cosa ne dice il mio intelligente generale?”

- “Lui consiglia”, come dice il messaggero, “di ritirarsi di notte. Se mettessimo fra noi e i nostri nemici l’altura di Endor, allora potremmo impostarci meglio, forse dividere il blocco centrale ed indebolire i lati”. Il primo del re riconosce il piano.

17. “No!”, Jabin s’infuria, “allora gettiamo la vittoria davanti ai piedi del nemico! Chiacchiere, che non ci sarebbero morti!”

- Uno che sorveglia il campo di battaglia per guidare delle nuove truppe laddove magari cadono in molti, dice inquieto: “Mi stupisce: non si uccide semplicemente. Si fanno solo dei feriti, …e questi vengono portati via rapidamente”.

18. “Dai guerrieri?”

- “No, dagli uomini più anziani che non possono ben combattere. Aiutano persino le donne. Ho visto che queste non portavano solo i propri, ma gli uomini i prigionieri feriti. E’ mai accaduta una cosa simile? Sembra pericoloso. E poi…”

- “…che cosa ancora?”, Jabin tira su le sopraciglia, irrompe la sua ira malamente nascosta.

19. “Stanno cercando di fare prigionieri”.

- “Oh, questi stupidi, questi stupidi!”, Jabin brontola in modo disgustoso. “Ci risparmiano? Badate: – Chi può marciare a fatica, scappa, ci fortifica di nuovo e porta buone notizie su cosa sta accedendo da loro. Quindi rimaniamo per accorciare le loro vie”.

20. “Re”, dice il superiore, “non ingannarti. Avevo mandato uno dietro a vedere…”

- “Allora, parla”, urla Jabin.

- “I nostri vengono ben assistiti. In questo modo li si attira via dalla campagna militare. A loro sta bene di cavarsela dalla guerra così a buon mercato. Ben pochi vorranno combattere ancora o morire”.

21. Jabin impallidisce: “Traditori! Dopo la vittoria verranno tutti insieme gettati davanti al Nisroch!”

- “Temo”, ride costui rauco, “che poi avrai troppo pochi sgherri”.

- “Lo vedremo ancora”, trionfa il re. “Ho promesso ad ogni più piccolo uomo di ricevere molto dalla rapina. Ora passano dalla parte del nemico. E tu…”, si ferma all’improvviso e si aggrappa al vestito del superiore, “…vuoi svignartela, ne’ vero?”

22. Il guerriero stacca le dita del re dall’abito. “Nessuno è passato al nemico; è come stregato”, si arrabbia. “La tattica è così nuova, che dapprima dobbiamo imparare a conoscerla. Perciò il piano di Sisera è molto buono, di ritirare di notte la gran parte dell’esercito”.

- Le vene di Jabin si gonfiano: “Chi si ribella oggi contro di me, domani non avrà più il fiato!”

*

23. Nel blocco centrale del campo di battaglia è subentrata la calma. La notte comincia per i stanchi. La favola del ‘cavaliere straniero’ passa di bocca in bocca. Chi lo ha visto ha avuto paura; si vorrebbe scappare indietro, piuttosto che combattere davanti. Soltanto, l’odio contro Israele è profondamente radicato. Nessun cananeo pensa di arrendersi. Non ancora per molto.

24. Invece di un buon riposo, nel centro delle due ali regna un segreto trambusto. La punta di Dalphon tende ad ovest di Beth-Lahem, di Sebulon, di Kabul e ad est di Abdon verso Kedes. La punta, sotto Su-el-Kambynos lungo il Giordano, a Kinnereth fino ad Hazor, dove devono circondare Canaan, dove attendono i gebusiani sotto Bichras. Questo viene svolto in unione con il fronte centrale; inoltre né Jabin né Sisera hanno regolari truppe in alto del nord.

*

25. Il terzo giorno della contesa c’è un intervallo di riposo. Qualche amico straniero, qualche israelita non lo comprende. ‘Perché non si abbatte il nemico per finire in breve la guerra?’. Nonostante le precise istruzioni, Su-el-Kambynos, e anche altri, chiedono la sera se questo non fosse consigliabile. Perché aspettare tre settimane, come lo ha ritenuto bene la giudice?

26. II superiori sono radunati nella loro tenda, in mezzo alle prime file. Un vero pellegrinaggio ruota intorno alla tenda; ognuno vuole sorvegliare la giudice. Si sta seduto su piccole sedie. Debora lascia che i suoi uomini esprimano la loro opinione, e viene tenuta in considerazione qualche indicazione. L’ultima parola è lasciata a lei.

27. Costei guarda cordialmente i fedeli. “Vi comprendo bene, ma il principio maschile spinge di più, quello femminile è di natura più paziente. In genere, c’è solo da considerare che una lite può portare la fine. Si vince il nemico, gli si detta una punizione e si va a casa giubilando. La guerra è stata vinta. Così è stato finora! Vero?”

- “Giusto!”

28. “E qual è stato il risultato?”

- “Immagino ciò che intendi”, risponde Jizri. “Questo modo non ha finora concluso una guerra per sempre”. Suona piano, triste. “Allora, …forse, …non ci saranno più guerre a catena, quando il SIGNORE vincerà l’oscurità oppure quando tutti gli uomini si saranno estinti. Chissà se allora esisterà ancora una Terra? …Io non lo so”.

29. “Non lo sa nessuno”, dice Debora. “Il risultato è stato il seguente: – I vinti studiavano vendetta; i vincitori il consolidamento della posizione. Vittoria e fallimento sono i gravi focolai di malattie, di nuove guerre! In qualunque modo infiammata, iniziata da questo o da quello, …la causa è sempre nella faida passata. Da ciò dovremmo ora finalmente imparare.

30. Noi”, indica tutt’intorno, “abbiamo scoperto questo male e adesso cercheremo una volta di fare meglio. Se incassiamo con forza la vittoria, manchiamo tre cose. Non esercitiamo il Comandamento di Dio sui nemici; finiamo certamente la faida, ma non estirpiamo la furia della guerra; la nostra vittoria vola via così velocemente, quanto rapidamente l’abbiamo conquistata. Se procediamo con calma, diamo certamente occasione al nemico di riposarsi, ma anche a noi. Invece a modo nostro facciamo molti prigionieri, anche se giornalmente sono solo un centinaio.

31. Oggi abbiamo visto quanto la maggior parte è contenta che li abbiamo curati come nostri amici. Invece dell’odio viene seminato AMORE. Dato che procediamo con loro come se Canaan ed Israele fossero stati da sempre un popolo fraterno, sempre badando ad aiutarsi l’un l’altro, allora da noi essi perdono la depressione di valere come vinti e prigionieri.

32. Che dobbiamo rimanere finché non è finita la faida, lo ammettono quasi tutti. Nondimeno, la certezza che non opprimeremo Canaan né ora né più avanti, che non uccideremo gli uomini, ma che invece sosterremo le loro donne e i bambini dove serve aiuto, li soddisfa. Più a lungo dura questo stato, meglio è; allora svaniranno in tutti le spinte alla rivolta, alla rappresaglia. Questa è la nostra cosa più importante che dobbiamo raggiungere.

33. A ciò si unisce automaticamente di procurare a tutti la vera pace, calma, ordine e prosperità. Allora si risveglierà anche di nuovo la fiducia che era morta attraverso il nostro stesso atteggiamento dopo la morte di Giosuè. Risvegliare di nuovo il suo amore di amicizia”, un ombra fugge sul volto di Debora, “costa fatica, superamento e, …pazienza.

34. Dovesse fuggire la nostra opera come non fosse mai stata, …oh, ricordatelo: – Quella semenza che oggi possiamo spargere, viene santificata dalla Luce, conservata da Dio, germoglierà una volta, quando l’intera umanità piangerà sulle macerie della propria vita! Allora ciò che possiamo riconoscere si risveglierà nuovamente; allora quelli di allora avranno da lottare e da combattere per formarsi una ‘Terra di Dio’ dal pantano del mondo e di tutti gli uomini. Quello che facciamo, non lo facciamo inutilmente, non invano!”

35. La profezia fa ammutolire gli uomini, e qualcuno si strofina del tutto di nascosto i suoi occhi. La maggior parte, senza parole, per questo tendendo più intimamente alla meta, dà la mano alla giudice. L’esercito della Luce viene già illuminato dall’aurora, quando i conducenti cavalcano verso le loro truppe.

36. Un giorno si allinea all’altro con difficili battaglie. I nemici si difendono disperatamente. Ma Jabin e Sisera devono retrocedere inarrestabilmente, verso nord, sempre più lontano. Si è concesso loro qualche intervallo di riposo, cosicché hanno pensato che l’avversario si ritirasse, ma se osavano di nuovo di avanzare, allora gli alleati attaccavano su una larga base che era stata riformata di notte.

37. Ma nulla viene incenerito, nulla rubato. Al contrario, viene costuito. Dopo la povera pace di Jabin segue una ricca guerra, come quella dopo la quale Abramo fu riccamente benedetto dal ‘Re Melchisedec, il Sommo Sacerdote dal Regno. Di una tale, Jabin naturalmente non sa nulla (Gen. 14,18-20).

*

38. Ancora quattro giorni e sono passate le tre settimane predette. Il comandante Agratano è stato respinto nel nord, vicino a Kabul. Sisera tende verso Hazor, mentre Jabin, impaurito e confuso, si tiene nascosto da ogni luogo, ma a lui non gli viene nascosto che tutto è perduto. Lo si ucciderà, mai lo si risparmierà, come lo si fa invece con i suoi sudditi.

39. Tutto il Canaan è circondato. Lo si riferisce a Jabin e a Sisera. In questo giorno nero viene inoltre noto che Ammon, l’unico degli alleati, sarebbe sfinito, il principe fuggito e gli ammoniti starebbero andando sotto sicuro accompagnamento nella montagna Kauran, dove dovrebbero insediarsi.

40. Inizia il finale. Si chiude ancora qualche lacuna, perché lo spazio mobile del campo è diventato stretto. Al principe Jizri riesce di circondare Agratano insieme ai suoi ultimi cavalieri.

- Jizri sta su un muro alto più metri e chiama giù: “Arrendetevi, non vi succederà nulla, nessuno verrà ucciso!”

- Ci si stupisce. Questo è il momento in cui si vince quelli d’avanti. Agratano, del tutto disperato, tira la sua spada per precipitarsi dentro. Con alcuni salti da gigante il principe Jizri stesso salta lì, gli può ancora strappare la spada ed ansima senza fiato:

41. “Fermo!”

- “Non voglio vivere senza onore”, ansima Agratano. “Jabin non crederà mai che non mi sono arreso”.

- “Sta tranquillo”, risponde Jizri, “i giorni suoi e di Sisera sono contati. Non a causa nostra, di questo sii certo, Ti chiama la nostra giudice. Già prima della guerra c’era l’ordine di risparmiarti e di portarti da lei, poiché tu ne sei degno”.

42. “Chi…? Non riconosco il vostro primo, non il giudizio di Israele. Ho fatto ciò che fa ogni uomo d’onore: ho combattuto per il mio popolo!”

- “Tu sì”, viene interrotto, “ma non gli sgherri del vostro re che dovevano ucciderci. Noi abbiamo risparmiato ognuno, per quanto era estremamente possibile. In questa guerra puoi contare i morti che erano dalla vostra parte; e da noi sono ancora di meno.

43. Dammi la tua spada”, il principe non glielo lo ordina. “Anche se sei prigioniero, sarai comunque più libero come mai prima. Non conosci la Bontà del nostro Dio, ma imparerai ancora a comprendere. Ti prego, sii mio amico. Lo vuoi?”

- La sincerità che è alla base di una chiamata, non manca il suo effetto. Titubante, il comandante tende la sua destra:

44. “Ora è sbagliato un ringraziamento”, dice con uno stanco sorriso, “lasciami tempo”.

- “Volentieri! Ma non infliggerti nulla di male; presto ringrazierai che la via ti era stata appianata così”. Agratano si volta e vede la maggior parte dei suoi uomini già disarmata, inoltre, anche senza alcun grido di guerra. Stupito, scuote la testa. Chi governa questo singolo strano popolo…?

45. Jizri gli legge il pensiero: “Verranno tutti bene assistiti; tu vieni portato dalla giudice”.

- ‘Quindi, una regnante superiore?’

- Jizri dà a due superiori della ronda il comando di portare via Agratano. L’accompagnamento è un onore; il Cananeo lo sente certamente, ma non capisce bene la faccenda.

46. Quello stesso giorno Barak può conquistare la sua più grande vittoria. Notando l’avanzata di Jizri, era corso con alcuni veloci cavalieri verso nord. Da un’altura vedono che le truppe di Sisera scappano sciolte. Sventola una grande bandiera, quindi tra di loro ci dev’essere il generale. Barak lo vuole avere vivo, non per vendetta. Nonostante ciò, per via di una vecchia resa dei conti. Infatti, era stato Sisera a far uccidere i genitori di Barak. Ordina ai cavalieri di fare attenzione dove poteva fuggire il serpente dell’esercito.

47. Barak galoppa indietro, riferisce a Jizri della fuga di Sisera e chiede di affidargli l’inseguimento. Questo viene concesso. Dato che anche gli israeliti si radunano sempre di più insieme ai lati a mezza luna, ampiamente radunata somiglia ad una luna piena, Barak può prendere tante migliaia, quanto ne ha bisogno per l’ultima fase.

*

48. Verso sera segue Sisera ai calcagni. Solo la notte fornisce un riposo. Ma già prestissimo al mattino – nella valle ci sono ancora delle fitte nebbie – ha staccato una lunga coda ai nemici. Pochi fuggono. La testa ed il centro della parte divisa dell’esercito scappano da tutte le parti. La maggior parte getta via le armi, alcuni combattono anche disperatamente; e ancora qualche traccia di sangue segna questa grave via per Canaan.

49. Due ufficiali combattono fino al generale, lo aiutano alla fuga ed impiantano il suo vessillo altrove. Ma a mezzogiorno la truppa è vinta. Barak non trova nessuno che tradisca il generale. Gli ufficiali di Sisera vengono deportati separatamente. Gli uomini più temerari di Barak corrono avanti.

50. Un vegliardo, stracciato, affamato, sta accovacciato sulla via, sicuramente fuggito per paura. Quando Barak si avvicina e vede la sua nudità, lo avvolge con il suo mantello.

- Le labbra del vecchio balbettano: “Chi sei? Perché mi dai il dono? Certamente non un Cananeo. Jabin – gli voglia perdonare il mondo, se può – non ha mai provveduto per noi poveri; ed Israele deve agire crudelmente, come mi è stato sussurrato. Perciò volevo fuggire su una collina, ma qui mi ha abbandonato la forza. Oppure, …che cosa vuoi da me? Perché mi hai ceduto il tuo mantello?”

51. “Bevi e mangia!”. Barak gli dà pane e vino. “Non voglio nulla da te, soltanto farti una domanda. Ma prima ti sia detto: – Israele provvede ai poveri di tutto il Canaan. Ti hanno mentito, e chissà, chi ha preso intanto la tua capanna. Ti porto indietro. Aspettami qui. Ora dimmi dove si è rivolto Sisera? Dev’essere passato da questa via”.

52. Non sapendo chi è l’interrogante, ma toccato dalla sua gentilezza e perché potrebbe riavere la sua capanna, dice senza malizia: “Il Sole stava nel mezzo”, intende a mezzogiorno, “allora è fuggito da qui a piedi. All’ingresso di questa via è sceso dal suo carro, la cui guida è scappata velocemente. Il generale è solo e senza armi”.

53. “Dove?”, Barak dà al vecchio una moneta.

- Costui la prende velocemente. “Non lo posso sapere; ma lui ed Heber, un Kenita, sono amici. Ancora due ora di cavalcata fino all’uscita della valle, poi a destra lungo la via larga; là si trova una casa bianca. E’ possibile che sia fuggito là a cercare rifugio”.

54. “Ti ringrazio, caro vecchio”. Un cenno, e i cavalieri sono velocemente a cavallo. Due rimangono per la protezione del vegliardo. “Aspettami qui”, dice Barak e corre via a precipizio. Trovano la via larga indicata, dopo circa tre ore anche la casa di Heber. Al loro arrivo viene loro incontro una donna dalla casa. E’ molto bella e ben vestita. E’ Jael, la moglie di Heber. Senza timidezza va verso Barak e dice:

55. “Ti saluto, eroe d’Israele! Heber ha sperato di consegnarti nella sua casa il tuo nemico”.

- Gli israeliti la credono; nessuno sospetta che Heber orienta la sua bandiera secondo il vento.

- Gli occhi di Jael scintillano. “Aspettavamo che Israele migliorasse le cose per noi”.

- “I vostri poveri non aspettano, per la grande paura di noi inculcata loro”.

- “Non è così grave”, fa Jael senza importanza. “Ma questo sì: Sisera è fuggito da me”.

56. “È qui? Dove…?”

- “Vieni e guarda”, dice orgogliosa Jael. Precede. Seguono Barak e una parte degli uomini. Nella casa giace uno coperto.

- ‘Lui dorme’, pensa Barak pieno di compassione. ‘Ah, anche il nemico è un uomo’.

- Jael tira via la coperta. Allora Barak si spaventa. Dalla tempia esce sangue. C’è dentro uno stiletto sottile, simile ad un chiodo.

57. Jael si mette di fianco trionfando.

- “Chi lo ha fatto?”

- “Io!”, gioisce ad alta voce. “Mi sono sicuri la lode di Heber e la ricompensa di Jabin. Tu, eroe d’Israele, devi...”

- “Mi stupisco che una femmina abbia fatto questo. Fatti ricompensare da tuo marito, ma a Jabin capiterà come a Sisera: assassinato dal suo stesso popolo! Seppelliscilo; ha meritato la tomba”.

58. “Costui?”, urla lei. “Ha ucciso i tuoi genitori e voleva... Israele...”

- “Ferma!”, esclama severamente Barak. “Ogni ingiustizia deve essere esaminata. Come sai che Sisera ha fatto uccidere i miei genitori? È la verità!”

- La donna impallidisce. Heber aveva riconosciuto presto che avrebbero perso questa guerra.

59. Lui insieme a Sisera era colpevole dell’assassinio dei genitori di Barak, il cui patrimonio è andato a Jabin. Per la falsa testimonianza di Heber e di Sisera, Jabin ha dovuto pagare molto dalla rapina. Ora Heber e Jael hanno paura. Se Jabin e Sisera fossero stati catturati, certe cose sarebbero venute alla luce, molta colpa del grande Canaan, in cima anche un Heber. Jael era terrorizzata quando Sisera era venuto da lei. Per salvare suo marito e se stessa, perciò l’aveva ucciso. Heber si tiene nascosto altrove.

60. Uno spirito di Luce apre gli occhi a Barak. Lui vede il motivo dell’azione, la paura, e che Jael vuole perciò legare a sé Barak, per ricattarlo, per lasciare liberi lei ed Heber. Lui pone ancora una volta la sua domanda.

- Jael si ostina: “Non lo so. Heber ha detto che era stato sbagliato giustiziare l’alto portatore dignitario Abinoam, tuo padre, e sua moglie”.

61. “Menti!”. Avrebbe quasi picchiato la donna. Chi non comprenderebbe se il rancore ruba la coscienza al figlio degli uccisi? Si riprende. In Jael divampa chiaro odio. Questo lo deve pagare il fante! Ma lui parla come un vecchio veggente:

62. “Stavi dalla sua parte, perciò lo hai ucciso e perché vi siete arricchiti con la ricchezza dei miei genitori. Seppelliscilo! L’assassino deve portare la sua vittima nella fossa. Ciò che ne sarà, lo vedrai! Ti lascio qui un centinaio di uomini finché non torna Heber. Lui è il mio prigioniero”.

63. Barak si volta subito. Jael lo minaccia, una maledizione sulle sue pallide labbra. Ma questa ricade su di lei. Dopo il funerale lei diventa inquieta. Sisera, fidandosi di lei che lo avrebbe nascosto, sta come un fantasma davanti ai suoi occhi. Quando Heber viene arrestato, se ne va impazzita, finché non torna più.

*

64. Al ritorno il carro di Sisera e la sua bandiera viene consegnato a Barak giubilando. Lui li dona entrambi a Su-el-Kambynos, non vuole nessun pezzo di rapina dagli assassini dei suoi genitori. In Canaan la giudice alza ora il diritto. Per questo ci vuole tutto un anno.

65. Il giorno in cui Sisera era morto si seppelliscono pure gli ultimi morti, amici e nemici. Ecco che ve ne giace uno. Il vestito stracciato, il volto tumefatto. È Jabin! Lo hanno fatto dei cananei. Il SIGNORE ha giustiziato i peggiori, …giudicati dalla loro cattiveria attraverso la loro morte.

66. Ora Debora può portare al suo paese e a tutte le tribù la pace, asciugare le lacrime, lenire le sofferenze, assicurare una buona riedificazione, come lo richiede il vero amore e il dovere umani, come l’ha incaricato DIO.

 

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Cap. 18

Elevati cenni su diversi insegnamenti di Dio e sulla redenzione

Il canto di giubilo di Debora e di Barak in onore a Dio

1. Si porta uno in silenzio su per il monte: Nekkoda di Thirza. Questo è l’ultimo sacrificio che Israele ha dovuto officiare.

- Rantolando, lui aveva anche dato la mano a Jizri: “Saluta la Palma. …la pace di Dio e…”

- Questo è successo alla fine, quando alcuni nemici si sono difesi ancora disperatamente.

2. Debora lo aveva avvolto in sudari con delle spezie. Presagiva che come ultimo aveva aiutato a riscattare la vittoria con la morte? Al congedo, era stato anche l’ultimo ad averle ha dato la mano. Ora qui deve avere il luogo di riposo. Arthasus provvede alla famiglia, affinché nessun maligno le possa togliere qualcosa; perché Nekkoda non era stato povero.

3. Debora ha lodato Bezai ed Arthasus davanti a tutti: “L’esercito ha combattuto con la spada, voi con l’Amore di Dio. EGLI ha benedetto le nostre armi, quelle dello spirito e della mano”.

- Arthasus risponde: “Tu ci hai fatti sacerdoti del nostro alto-Signore. A Lui sia lode, ringraziamento, gloria e onore!”

4. Jizri, Barak, Elam e Matthanja portano Nekkoda su per la collina. Dato che dal campo di battaglia si procede lentamente su per la collina, Bichras, Su-el-Kambynos e Dalphon sono andati a prendere le truppe di Jizri. Nekkoda viene sepolto sotto una palma, sulla sua tomba viene posta una pietra con una ‘runa’ (falce), non incisa da nessuna mano d’uomo.

5. Debora pronuncia la parola d’addio: “Sali nella Luce, amico di fedeltà e fede! Tu e tutti coloro che hanno percorso la via del sacrificio, portano in alto la nostra vittoria della fedeltà e della fede. Deponetela sul santo Focolare (Altare) e dite: ‘Signore-Iddio, nostro Salvatore e Redentore già da sempre, e Creatore di coloro che abitano nella luce e nei mondi, TI ringraziamo. Ci hai redenti, hai guarito tutte le ferite, poiché TU sei tutto il nostro unico-solo Salvatore ’.

6. O fedele, tu entri con i sacrificati nell’Empireo. Dà il nostro ringraziamento all’Altissimo per la vittoria della Luce, che abbiamo potuto conquistare nel mondo oscuro attraverso la Bontà”. Questo è un buon saluto. Andando via, ognuno mette le sue mani in segno di saluto sulla pietra tombale. Poi si va nella casa sulla collina, di nuovo per la prima volta dopo quattro settimane.

7. Sono radunati i superiori, i consiglieri anziani, molti osti che nel servizio di approvvigionamento hanno prestato il meglio di loro, i principi alleati, il comandante degli amorrei Sesalab, anche il catturato Agratano. Quando ci si siede a tavola, arrivano Kisjath, Phillas, Asa, Sophereth ed Asbak. Debora offre un ricco pasto, non un banchetto di vittoria. Al di sotto della collina sono accampati centinaia di guerrieri; il popolo arriva a frotte, deponendo grato i suoi doni.

8. Su-el-Kambynos chiede: “Alta giudice, passerà molto tempo finché ti rivedrò. Dimmi una parola che posso portare con me nella mia tenda; perché sei simile agli insegnanti del Cielo. Anche se il tuo insegnamento era particolarmente profondo, ciò che ci hai dato, è dalla Luce di Dio. La tua guida e la tenuta nella guerra è stata meravigliosa.

9. Io so che tu attribuisci a noi uomini la parte del leone”, dice sventolando le due braccia. “Questo significa quanto di più alta è la tua saggezza al di sopra della nostra conoscenza. Le battaglie sono state vinte da noi; la guerra, servendo alla pace, circondata con i Comandamenti di base di Dio, è tuo guadagno!

10. La nostra superiorità avrebbe vinto anche senza Dio. Soltanto, …non avrei voluto contare i morti come tributo. E se uno avesse risparmiato il nemico?”, gli occhi del principe divampano verso tutti. “Avremmo ferito, invece di uccidere? Ci sarebbe venuto in mente di proteggere donne, bambini, case e fattorie? Ah, ancora oggi si percepirebbe l’odore degli incendi. Sui campi giacerebbero gli storpiati, le donne catturate sarebbero esposte a grave tribolazione! Dico la verità?”

11. Certo! Debora ha mostrato come agire finora quando c’e una faida. E non solo là… E’ inutile coprire come era ‘una volta’. Il principe annuisce soddisfatto. “Oggi so una cosa, anche se è difficile da eseguire: – Una donna dovrebbe sempre essere insieme al timone, dovrebbe consigliare; poiché è lei che dona i bambini a un popolo.

12. DIO ha dato il Suo incarico a questo giudice, che è stata in grado di eseguirlo fin nella profondità, limitando ad un minimo l’omicidio, la morte, gli incendi e le sofferenze, lasciando valere solo i Comandamenti di base dell’Altissimo:

·        Non uccidere!                                            (Lev. 20,13)

·        Non desiderare le cose del tuo prossimo!   (Lev. 20,17)  (Deut. 20,17)

·        Ama Dio sopra tutto!                                 (Deut. 6,5)

·        Ama il tuo prossimo come te stesso!           (Lev. 19,18)

13. Questo incarico ha fatto di noi ‘uomini di Dio’. Oggi giuro per me e per mio figlio: – Finché vive la Palma, Madian dev’essere il suo migliore amico fra tutti!”. Una stretta di mano consolida questo giuramento. Possa rimanere così.

14. Se più avanti verranno altri al timone, fedeltà, pace, fede e amicizia si estingueranno di nuovo. Allora i più anziani di oggi non saranno più nel mondo. Ma, …che cosa? – Perché poi lasciar appendere allora le teste? DIO solo sa come si svilupperanno i popoli. Il Creatore si orienterà su questo: raddrizzare per un’ulteriore pace e prosperità; abbassare, se soltanto con ciò è possibile la redenzione.

15. Di ciò parla Matthanja.

- E Sallumin: “Ho anche pensato al su e giù. Zuriel ci ha spiegato Giosuè. Così sappiamo che Israele, come in questa vista tutti i popoli, si sono lasciati elevare nella Luce solo per breve tempo. Sembra quasi come se ci si sottometta al peccato, come se fosse inevitabile per gli uomini.

16. Oggi non chiedo come una volta, perché il Signore, di cui Giuseppe testimoniò: «Voi avevate pensato del male contro di me, ma Dio ha pensato di convertirlo in bene, per compiere quello che oggi avviene, per conservare in vita un popolo numeroso». (Gen. 50,20), accanto alla Sua Bontà, così avete pensato molto male, al quale la razza umana è appunto sottomessa, lasciando che in questo mondo accada. Ciò riguarda lo svolgimento dalla caduta della Creazione (Sadhana), che nella materia giungerà al pareggio. Una lotta fra Luce e tenebra.

17. Tuttavia rimane aperta questa domanda: ‘Perché Dio ha deciso di mettere gli uomini sotto il peso del peccato? Perché proprio noi? Esistono altrove delle creature che non hanno bisogno di portare tali pesi? Questi non vi sono attaccati, e perciò, essi giungeranno a maggior beatitudine di quanto noi un giorno potremo attenderci?”

18. Quanto è strano. Gli uomini guerrieri non parlano della loro vittoria, di nessuna gloria, né di fama né di onore. Come se il mondo fosse sprofondato, la sua collina spunta nel Cielo, su in alto, al di sopra di tutte le nuvole che portano e cacciano venti, così sembra. Discutono certamente di pesi e gioia del loro tempo, visto solo dalla Luce, non dallo sminuire la conoscenza puramente mondana. Questa è la differenza, venendo dalla benedizione di Dio, E’ anche comprensibile che la Palma vorrebbe dare una risposta. Lo fa secondo il suo genere, gentile, saggia e modesta.

19. “Amici miei! Se l’incarico di Dio era da adempiere, la maggior parte sarebbe dipeso da voi”. Elimina una contraddizione: “Io potevo certamente indicare la direzione insieme al decorso, dall’edificazione che l’ALTO-SIGNORE aveva rivelato tramite il Suo incarico, la meta: di tendere a pace, amore, umanità, soprattutto anche alla vera fede. E’ stata indicata la ricostruzione; attraverso questa avete riconosciuto poi la direzione, il decorso e la meta.

20. E’ qualcosa di bello, lasciando ad altri l’onore della riuscita. Voi lo volete fare. Accettatelo! Ma credete forse che ne approfitto soltanto io? Dove posare l’onore? Vedete, voi stessi lo avete riconosciuto, perché i vostri occhi splendono. Lasciate che insieme consegniamo questo onore della riuscita al nostro Signore dell’Altura. Da LUI è il posto santo e migliore.

21. Il nostro fedele Su-el-Kambynos ha espresso una verità, di non aver saputo precisamente, per questo profondamente percepito. La sensazione è quasi sempre più in alto che la pura conoscenza, a meno che entrambi siano accoppiati. Guardando indietro alla guerra, io interpreto: – Stavamo, e stiamo ancora, su una grande nave, la cui sicurezza, velocità e meta la conosce solo l’alto-Marinaio. Uno come l’altro di noi poteva e può continuare ad aiutarLo.

22. Che cosa vale di più: remare, mettere le vele, pulire, oppure qui e là aiutare il capitano?”

- “Una cosa è come l’altra”, dice Simeath di Ophra che ha navigato sovente sulle navi. “Una cosa deve sostenere l’altra, soprattutto quando infuriano le tempeste. Anche questa guerra è stata una difficile tempesta”.

23. “Esatto, Simeath! Ed io lascio a voi”, dice Debora, “chi ha fatto questo o quello”.

- Gli uomini ridono. “E’ proprio da te rigirare la lancia”.

- “Anche questa è un’arte”, ride lei. “Rimango subito al timone. Su-el-Kambynos lo ha riconosciuto: ora non è quasi eseguibile per una donna. Non perché non fosse per nulla possibile; no…, per questo non c’è ancora il ‘Tempo di Dio’.

24. Sallumin ha parlato della caduta nella quale la donna sarebbe maggiormente partecipe; non perché fosse più empia degli uomini oppure starebbe nel secondo rango dinanzi al Signore. E’ comunque difficile da comprendere, ma la verità è questa: – Quelle figlie del Cielo, che insieme ai figli hanno conservato la fede in DIO, hanno richiesto per sé una grande parte per il pareggio del peso della ‘sorella Sadhana’.

25. Questo si incide in ciò, che la donna sta nei confronti dell’uomo come nel secondo rango. Quando un giorno la povera sorella sarà ritornata sulla via verso Casa, allora il peso della donna sarà sospeso un po’ alla volta. Questo durerà solo molto a lungo. Come segno che non DIO determina un secondo rango, ciò è risultato solo dalla caduta e dalla libera volontà delle figlie del Cielo, per questo motivo una donna viene di tanto in tanto elevata particolarmente forte. Sono ancora poche, finché il Sacrificio di Dio (Golgota) porterà quel ritorno.

26. Anche questo insegnamento suona così: – Quello che seminiamo oggi, deve dapprima germogliare per poter poi crescere, finché non darà frutti maturi. Il principe di Madian ha scritto i Comandamenti nel suo cuore. Anche voi altri, soprattutto gli amici stranieri, i quali hanno avuto solo ora la fede nel nostro Dio-uno. Ora siamo una schiera, non siamo israeliti, noi siamo il popolo di figli di Dio!

27. Matthanja ha detto che il Signore Si orienta volentieri secondo noi. Così fa la Sua magnifica libera Volontà, per la Benedizione, per la Redenzione. Magnifica era la visione che attraverso la punizione è possibile la Redenzione. La punizione di Dio è comparabile con quella degli uomini solamente, perché può agire in modo doloroso.

28. Contate i giudici che hanno alleggerito la sorte dei malfattori, senza diminuire una punizione, che è quasi sempre sbagliata. Per Dio una punizione è sempre un aiuto che va molto oltre il pensare umano. Tuttavia Egli sa quando e come la punizione genera il miglioramento. Tuttavia Egli non lega al Suo onnisapere nessun pentimento né l’espiazione di un figlio.

29. Sallumin ha lasciato aperte alcune domande. Primo: ‘Perché Dio ha rinchiuso gli uomini nel peso del peccato? perché proprio noi in questo mondo?’. Un motivo è che venendo dalla primordiale caduta, questo è noto. Se DIO ha sottoposto l’uomo al peccato dalla caduta, allora solo Dio lo potrebbe anche liberarlo da questo, perché l’Onnipotenza richiede una inevitabilità. Per questo, il Cielo ha la Parola:

Il mondo (la caduta) ci ha rinchiusi nel peso del peccato,

Ma DIO, …nella Sua eterna Misericordia!

30. Chi lo riconosce è sulla via della liberazione, tuttavia per la Bontà di Dio, alla quale dobbiamo come ringraziamento il pentimento e l’espiazione. Questo è il necessario decorso e il pareggio, se vogliamo ritornare all’unità con Dio.

31. La meta dell’unità è di conquistare, dalla conoscenza della Luce, questa unione anche per tutti i poveri, perché nessuno la può conquistare da sé. I figli dell’Empireo possono aiutare nel lavoro del ritorno in Patria. A questo si aggiunge se esistono altrove creature che non devono portare un tale peso, e con ciò sono più beate e libere che noi”.

32. Sesalab dice modesto: “Si può interrompere quando uno è pressato da qualcosa?”

- “Ma sì”, dà Jizri la risposta al posto di Debora. “Così non viene fermato il raggio della Luce”.

- “Così è”, dice l’amorrita, “non riesco ancora riconoscere chiaramente tutto, ma per me è comunque meraviglioso,

33. Se le figlie del Cielo agiscono per tali uomini senza fede oppure per i cattivi spiriti, come noi chiamiamo i non-nati, allora il Signore le dovrebbe benedire particolarmente, più che i Suoi figli. Oppure, loro assumono un altro peso d’onore?”. Come profondamente pensato da un pagano.

34. Dalphon muove subito il suo dito: “Mi succede proprio così; questo Cielo è troppo alto anche per me. Mondanamente saprei dire: ‘Magari così i figli di Dio possono provvedere per le figlie’. L’uomo deve nutrire e custodire la moglie e il bambino. Questo però è soltanto quasi sempre magro, almeno fino ad adesso. Se quindi il Signore valuta meno un tale ‘obbligo di famiglia’, sia lasciato lì. Alleggerisce solo i figli, se da ciò porterebbero anche il peso dell’onore”. Di nuovo un pagano colpisce vicino al centro.

- Chi non se ne rallegra molto?

35. “Avete ragione entrambi”, continua Debora ad insegnare. “Sia aggiunto questo: sono intesi i poveri, in prima linea i non-nati, …non coloro che escono morti dal ventre materno, ma i catturati in Satana che non hanno ancora percorso nessuna via della carne. Li si chiamano meglio cattivi esseri, differenti dai cattivi uomini. La generale opinione sui cattivi spiriti è da cancellare. Non esistono cattivi spiriti, perché SPIRITO significa pari a DIO.

36. “LUI, il puro Spirito, ha creato solo il Bene (Gen. 1,31). Perciò è sbagliato, quasi oltraggioso quando si parla di spiriti cattivi. Questo ricade nel secondo Comandamento di base: ‘Non usare il nome dell’Eterno, il tuo Dio, invano’. Dato che lo Spirito tratto da Dio, è infatti il Suo NOME, vale come un oltraggio riferire il Suo santo Spirito ad esseri cattivi. Ricordate questa differenza. E’ sempre meglio quando lo si osserverà.

37. I figli prendono senza dubbio parte nel peso dell’onore. Nel Regno, in ciò non esiste nessuna differenza. Chiedete al Creatore quale parte sarebbe più grande, quale porterebbe maggiore Benedizione. Ognuno si può dare da sé la risposta.

38. Quando le figlie hanno preso su di sé il peso delle sorelle, i figli hanno chiesto: ‘Padre, lascia che noi dapprima spianiamo nella materia la via, e sotto la Tua Protezione sia un giusto sostegno per le figlie’. Questo è avvenuto. Il sostegno esteriore è solo secondario. A ciò indica qualcos’altro.

39. È naturale ed è meglio se l’uomo è più anziano di quattro anni rispetto a sua moglie. Questo non è severamente limitativo. E’ invece male quando l’uomo supera l’età paterna. Una probabile felicità esteriore è solo per questo tempo di vita. Lo sviluppo spirituale, al quale sono legate entrambe le parti attraverso l’accoppiamento, è inoltre pari a nulla.

40. Il servizio nell’aldilà sui poveri esseri come a quegli uomini (anime) che hanno lasciato il loro mondo senza una fede, viene esercitato nelle stazioni più grandi da una coppia di Luce. Ora è sufficiente sapere che i figli e le figlie portano un ‘peso in onore di Dio’. Infatti, poter aiutare gli esseri e le anime a ritornare di nuovo a Casa, è un onore che i figli del Cielo lasciano al loro Creatore.

41. Solo questo: se altrove abitano delle creature e quale rapporto esiste tra loro e verso di noi. Oggi non si può discutere tutto nei particolari; è anche sufficiente riconoscerli in genere. Dato che abbiamo già sentito parlare dei cattivi esseri e dei figli del Cielo, questi ultimi come controparte dei ‘buoni spiriti’, è comprensibile che altrove vivano anche altre creature.

42. Dal punto di vista del divenire delle Creazioni, esiste solo l’Empireo, ed attraverso la caduta, la materia, quest’ultima un piccolo frammento nel Regno, che gli uomini non potranno mai esplorare, eccetto un po’ alla volta il micro della struttura del nostro mondo. Questo, in confronto all’insieme della materia, è pure un chicco di sabbia della regione della musa, come appunto l’intero della materia in vista al Regno della luce. Chi crede seriamente che delle creature, non importa di quale genere, possono vivere senza formazioni di spazio? Anche l’uccello ha bisogno della siepe, dei solchi nel campo, albero e roccia, un nido dove allevare i suoi piccini, dove riposare più a lungo di quanto può volare.

43. Se uno spirito, un essere o un uomo, …abita su soli, stelle o mondi. Stella e Sole valgono sempre come corpi dello spazio di Luce per i figli del Cielo. Il nostro Sole, come viene chiamato il donatore delle luce e del calore, le stelle che vediamo, hanno solo lo stesso nome. Ma per l’incommensurabile Bontà di Dio trasmettono ciò che è caratteristico per i corpi dello spazio di luce.

44. Certe stelle sono anche dei grandi soli che, come il nostro, hanno il loro seguito: pianeti irradiati o illuminati. Dato che queste stanno gradualmente più in alto che il nostro mondo, i loro esseri viventi sono nella conoscenza e sviluppo più progrediti che noi uomini. Perciò è giusto che questi si chiamano sole-pianeti o ‘Stelle’.

45. Dunque, quasi dappertutto esistono creature di entrambi i generi: buone e cattive. Anche là entrano i grandi figli del Cielo, incarnati oppure in visione, come Zuriel e Muriel erano da noi come insegnanti. Nei due casi la loro funzione è la stessa, e cioè servendo i caduti, contemporaneamente a sostegno di coloro che sono proceduti dalla Luce, per aiutare ovunque.

46. Il peso degli aiutanti non è meno che il nostro, sebbene questi soli-pianeti sono ‘sfere pre-purificate’ dalla materia. Anche quegli esseri che vivono corporalmente là, non possono portare il peso del nostro mondo. Questi sono i piccoli co-caduti. Il servizio su di loro è così importante come da noi per i maligni. Là hanno la loro casa anche i deceduti, per recuperare ciò che come essere umano hanno mancato di fare. I peggiori, dopo la morte, sono per un certo tempo attaccati al loro pianeta-mondo, soprattutto al nostro mondo. E’ possibile, ma raramente, che di tanto in tanto compaiono. Gli uomini li chiamano fantasmi.

47. Questi sono dei miseri che non riescono a trovare un nuovo gradino finché nel loro folle vagare non gridano aiuto. Allora arriva un figlio della Luce che aiuta l’anima ad uscirne. Ogni servizio d’aiuto è per la purificazione della caduta. La beatitudine che deriva da questa prestazione d’aiuto, non viene valutata né in base al luogo né al suo tempo, nel quale i figli della Luce si ‘sforzano e si caricano’ . No, …si tratta unicamente dell’autentica azione.

48. Questi, a loro volta, Dio non li guarda in modo differente. Se dei piccoli portano una spiga piccola, i grandi una grande, entrambi hanno agito pienamente nel giusto, e per questo avranno la stessa ricompensa. L’espressione di Giuseppe in Egitto citata da Sallumin è proprio al posto giusto.

49. ‘Mi avete venduto per cattiveria, per invidia, per odio’. Esattamente lo stesso: il principio come forza del male vuole distruggere il bene nel mondo. ‘Ma il nostro Dio è nei Cieli; egli fa tutto ciò che gli piace’ (Salmo 115,3). E che cosa crea Lui? Il Buono dall’infinità della Sua bontà .

50. Giuseppe somiglia ai buoni figli, ed è stato venduto all’Egitto, ma racchiuso nel peso del peccato. Così i fratelli sarebbero la forza cattiva. Temono Giuseppe perché sa dire dello spirituale. Vogliono soffocare la Luce con l’omicidio. Ruben parla come il più anziano ‘i cari grandi di Dio’, che vengono salvando, dall’Empireo alla materia.

51. Dio si conserva i fedeli. Infatti, come paragone, l’Egitto è la materia, dove la Bontà di Dio si rivela doppiamente. Di nuovo il simbolo: Giuseppe viene salvato e, tramite lui, più tardi i fratelli. Oppure, detto così: il Signore si conserva i Suoi buoni figli che possono aiutare a salvare tutti i cattivi.

52. Anche noi potevamo agire come Ruben. Non si può diffondere Luce e fede quando si consegnano altri uomini alla rovina. Non potrei mai ordinare al nostro popolo, per non parlare di altri: ‘Non uccidere’, se questa guerra era collegata con omicidio coscientemente voluto. Jabin è stato un ladro per vent’anni. Se io lasciassi rapinare nello stesso modo in Canaan, dite: su quale gradino nel confronto di Jabin, starei io?”

53. Bilsuel di Silo chiama: “Molto più in basso e con te tutti gli israeliani! Ma nobile giudice, lascia stare il confronto; non è proprio degno di te”.

- Sono tutti d’accordo. Debora avverte: “A causa del futuro, il confronto è molto appropriato. Avviene anche troppo facilmente che saranno osservati molto meno i Comandamenti del Signore, che molto di più le regole fatte da sé”.

54. “Proprio così!”, sospira Kisjath. “Mi voglio sforzare di purificare l’alto-Consiglio. Nella settimana dalla svolta ho constatato in me stesso quanto domina la lettera. La vivacità dell’insegnamento… Ah, era quasi del tutto nascosta. Di noi, nessuno può dire: ‘Questo dipendeva da Delajah, come sommo sacerdote doveva sorvegliare il diritto dell’insegnamento di Dio’. Bene, ma spetta ai sacerdoti di eleggerne un altro, se il primo non è abbastanza diligente. Ma no – era il caro solito andazzo a considerare la lettera per lo SPIRITO”.

55. Bichras conferma: “E’ vero, mentre si vede quanto lucida pensa la nostra Palma. Lei ti ha attirato fuori dal tuo abito morto da sacerdote. Per me puoi rimanere volentieri nella funzione e primo”.

- Anche gli altri quattro sacerdoti danno il loro sì.

- Kisjath ferma: “C’è da aspettare l’elezione. E la funzione e l’onore? Io, oramai risvegliato, scelgo il dovere, nel quale può essere contenuta la funzione. L’onore deve appartenere unicamente all’alto-Signore”.

56. “Sii rassicurato che godi della mia piena protezione”. dice lieta Debora. “L’importante è non mancare l’alto dovere. Ci sono ancora certi superiori, certi sacerdoti, che non ci pensano. Questo si estende – lo menziono ancora una volta – anche alla conduzione di questa guerra.

57. Assecondando il dovere dell’uomo, si può dire: ‘Ci siamo dati alla Guida di Dio!’. E’ da vincere l’oscuro, quando alla propria volontà tutti gli uomini lasciano operare la volontà del loro Creatore. L’attenersi rigidamente a ciò che è solo prescritto, porterà con sé che una volta ci sarà da osservare la legge appena nell’esteriore, ancor meno dell’interiore. Molti credenti ne sono ostacolati nel mondo contro mondo. Ma seminiamo la semenza; i frutti maturano quando il Creatore determina il loro tempo”.

58. Bezai aggiunge: “Dove uomini dispongono, là regna menzogna e inganno. Che succede se non lasciano operare Dio? Egli non si regola secondo loro! Unicamente il Suo operare si mostra sovente in segreto. A volte sembra come se l’uomo stia nel governo. Quella grave parola, ‘…se lasciassero operare il loro Creatore’, non mi piace, anche se...”

59. “Ricordati della tua propria via”, lo interrompe caramente Debora. “Guarda il paragone in te stesso. Ora annotatelo: E il se non si riferisce per nulla al fatto, come se Dio non ‘operasse’ per nulla, appena l’uomo ‘opera’ nel suo senso. Un non-potere, come hai compreso tu la parola, non esiste per il Creatore! Diciamola così:

60. Dio non opererà, non in modo evidente per tali. Allora sembrerà come se Dio stia lontano ed aspetti finché l’uomo Lo chiama di nuovo. Egli aspetterà sicuramente, nella Misericordia! Ma questa viene calcolata se è un puro grido di bisogno, provenendo né dalla conoscenza né dal ritorno o dal rendersi conto, ma solo dalla paura dell’anima e del corpo.

61. Valeva…”, continua nel suo discorso, “…di osservare i Comandamenti. Osserviamo il primo: ‘Io sono il Signore, tuo Dio; non avere altri déi accanto a Me!’. E’ un ordine?”

- Quasi tutti dicono di sì, alcuni ci riflettono, Arthasus dice di no.

- “Come mai che dici di no?”, indaga Kis-Abda.

62. Arthasus risponde. “Se dico a mio figlio: ‘Mi dovresti aiutare’, allora mi obbedirà. Ma lui si può rifiutare, ed allora sarebbe da obbligare con un ‘devi’. Nel ‘dovresti’ non c’è l’ordine. Dio non ci comanda. Oh, è meraviglioso. Come lo posso riconoscere ora:

Dio ci comanda qualcosa!

63. Dovrebbe voler dire: ‘Non dovresti mettere idoli accanto a Me’, oppure: ‘Sarebbe meglio se non ne avessi’. Oppure: ‘Non Mi offendi se servi larve di idoli oppure porti sacrifici vuoti. In tal modo tu servi a tuo danno!’. Dio ci dice ciò che dobbiamo fare e non fare. Infatti, dopo i Dieci Comandamenti si legge appunto: ‘Tutto quello che vi ho detto, osservatelo!’. Dio non ha bisogno di annunciare più chiaramente la Sua volontà”.

64. Hamer si passa la mano nei capelli: “Non avrei mai pensato che qui, da dove si governa il popolo, ci si occupasse di problemi del tutto diversi, come sarebbe da unire minimamente con il governo. Ho pensato che parlassimo della guerra vinta. Più avanza il giorno, più veramente sento quanto è secondario tutto ciò che è al di fuori del livello di Dio. Molto mi è ancora nuovo, a parte la nostra fede. Ma questa era vuota, così vuota come il Tel Araba nel tempo della siccità”.

65. “Ben espresso!”, Jizri batte Hamer sulla spalla. “Sai, allora, quando sono venuto qui, anch’io vedevo per così dire, soltanto verde. Ma non vogliamo divagare dal tema. Ti prego, giudice, spiega l’opinione del nostro amico Arthasus”.

- Lei lo concede volentieri, ma prima fa portare uno spuntino, e dopo che ci si è saziati, ritorna al primo Comandamento.

66. “Sì, lui era giunto a quel pozzo dal quale fluisce la maestosa Verità: ‘Dio non ci comanda!’. Egli non lo fa nel senso che non potremmo fare diversamente, ma in un modo o nell’altro (facendolo a modo nostro) danneggerebbe la libera volontà. Se Dio non obbligasse mai gli uomini, le (Sue) creature, allora l’Onnipotente Magnificenza sarebbe limitata. Per quasi tutti gli uomini è buona questa fede: ‘Il Signore ordina, …e deve comandare!’

67. Per gli iniziati vale ‘Egli ci comanda qualcosa!’. Con il ‘Egli ce lo dice’, il Regno di Dio mostra in particolare, in riferimento a Giuseppe, chiamato dal faraone ‘consiglio segreto’ (Gen. 41,45). Ma prima, l’ETERNO segreto Consiglio! Sul come dovremmo procedere. Ovvero: il ‘Io ti consiglio’. E’ superflua ogni domanda su che cosa Egli abbia consigliato.

68. Ma EGLI si limita al consiglio? Gli uomini consigliano molto; manca il meglio: l’azione. – Dio dice: ‘A me appartengono il consiglio e il buon successo’ (Prov. 8,14)! In questo si riflette la Sua volontà di governare, che non è evitabile. Se obbediamo alla Volontà, senza appoggiarci a quella presunta libertà che ci fa dire: ‘posso fare e non fare ciò che voglio!’, ma impariamo a riconoscere soltanto nella Volontà del Creatore l’adempimento della nostra volontà, allora, o amici, siamo liberi come il mondo mai comprenderà e non mai possiederà.

69. O Dio sta al di sopra di noi secondo cui i Suoi consigli e le Sue azioni hanno valore, oppure ci eleviamo nella pura presunzione. Allora Egli non governerà più. Egli lascia che l’arrogante si urti contro la pietra angolare, necessariamente fino alla morte, ma poi Egli rivelerà la Sua Magnificenza.

70. Certi dicono che dopo la morte finisce tutto. Se lo si afferma oppure no, è facilmente risolvibile quando si riconosce per quale motivo la vita viene negata dopo la morte. L’uomo primordiale non conosceva nessuna paura di stare in ‘un giudizio’ dopo la vita terrena. Chiedetelo ad un Enoch, ad un Abramo e ad altri quanta gioia nel loro spirito avevano di ritornare alla Casa del Padre.

71. All’opposto, più tardi, quando i peccati divennero sempre peggiori, quando si poté negare tutto, soltanto non la voce della coscienza, allora ci si inventò l’opinione che non esisteva nessuna continuità di vita, quindi di conseguenza nemmeno una resa dei conti, ma al massimo, un giorno si sarebbe potuti giungere a una resurrezione. Questa un giorno partorirà la nuda negazione di Dio, ma tutto ciò e ancora di più sono soltanto dei pensieri di paura. Chi si smarrisce in un tale errore, gli sarà difficile strapparsi l’incallita visione del mondo.

72. Se Dio dalla Sua santa Legge, dall’imperituro ‘Io sono il Signore, il tuo Dio’, ha creato i figli di vita, allora ognuno può dire a se stesso, se da COLUI che vive eternamente, possa procedere qualcosa che sarebbe sottomesso ad una morte, oppure ad un lungo sonno di morte. Non esiste proprio!

73. Dio ha creato i figli a Sua immagine. Noi l’abbiamo esperimentato attraverso il Suo insegnamento e la Sua guida che Egli ci ha dato, …e come Signore dell’Altura. Allora abbiamo visto la Figura di Luce, secondo l’esteriore del tutto simile a noi. Naturalmente il Suo Essere, …oh, amici, …di questo tacciamo”. La giudice si immerge nella preghiera, ma dopo continua a parlare:

74. “Con il progresso della nostra anima Lo si può sempre afferrare nuovamente, e comunque, rimane sempre il santo IO-SONO! Egli si rivela come noi Lo possiamo sopportare. Però sappiamo: ‘Solo il peccato è la barriera tra Lui e noi’. Egli si adegua a noi, mentre ha dato alla creatura la meravigliosa forma che Egli ha dato a Sé stesso per rivelarsi al figlio.

75. Il Suo abito copriva la Sua ‘Luce nella Luce’, affinché ci potessimo avvicinare a Lui nel gioioso collegamento, tuttavia anche nell’obbligatorietà. Qualcuno si è augurato, quando Dio era con noi, che Egli volesse sempre rimanere con noi, visibilmente; allora non sarebbe esistito nessun peccato, allora verrebbero osservati i Comandamenti.

76. Va bene, ma sottomessi alla materia si può sopportare Dio visibilmente solo per poco tempo. Questo è collegato con la via dello sviluppo. La Grazia di non vederLo è ancora più grande di quanto sospettiate. Chi Lo ha visto, non sta nella fase iniziale di questa Grazia, solo se con una visione è unita una particolare Opera. Ma allora questa si estende in genere su ciò a cui l’Opera ha da servire”.

77. Salthiel dice in modo meditativo nella Luce: “Oh, Grazia di Dio! Chi la comprende? Quello che abbiamo udito era anch’essa una Parola di Dio. Dipende unicamente dal fatto, chi ha detto tale cosa? Oppure: che cosa si è rivelato? Ha parlato DIO! Egli si è riservato come Primo il Suo ‘Io …sono!’, come eterno-Ultimo quel ‘accanto a Me’. In entrambe le parti del comandamento Egli ha incluso i figli e l’Opera, rinchiuso, circondato. Nulla può tendere oltre a questo Primo-Ultimo, nulla può essere al di fuori dello stesso!

78. Chi Gli è simile? Come superiorità Egli è l’unico Re, unico Signore, il Suo nome sarà soltanto UNO! (Zacc. 14,9) Un sommo canto dell’onore”.

- “Se continua così”, dice Gibbar, “non mi stupisco se come Enoch ci eleviamo all’improvviso e …il mondo ci ha avuto”. Nonostante la solennità, irrompe un’allegra risata.

79. Elam è il più lieto: “Il mondo ci ha avuto! Hai ragione. Soltanto, non possediamo ancora l’alto grado di maturità di Enoch. Che ne pensi, Debora?”

- Lei ride perlacea. “Non devo parlare sempre; la Luce di Dio opera in tutti noi”.

- Jedothun avanza un poco con la sua sedia, dicendo: “Sono felice che abbiamo la pace e ascoltiamo il Suo insegnamento sulla Collina di Dio, …anche attraverso il nostro cuore.

80. Noi non siamo un Enoch; e un tale ritorno a Casa non avviene sovente nel mondo. Dieci nel simbolo dei Dieci Comandamenti oppure un paio di più potranno elevarsi fino alla fine di questo mondo come Enoch nella Luce di Dio. Questo è bene. Nulla porta maggiori danni per l’anima che l’arroganza. Rimaniamo tranquillamente sulla Terra con la Grazia di Dio, finché Egli ci viene a prendere per il Suo Regno. La morte naturale è anche come una ascesa al Cielo, quando si è osservata possibilmente bene e veramente la santa Legge”.

81. “Anche questa era pure una Parola di Dio”, dice l’anziano consigliere Sathur. “Credetelo oppure no: il mondo mi ha avuto, cioè nel doppio senso. Ero mondano, puntavo solo sulla giustizia ma, …senza Dio! Io pensavo che Dio è una faccenda di cui si parla in un altro mondo.

82. Solo attraverso l’unificazione, e in tal modo ho unito l’imparare a conoscere la nostra Debora, che mi si sono aperti gli occhi, cosicché la mia opinione ha avuto degli appoggi. Infatti, una guerra simile a come l’ha condotta lei, difficilmente il mondo la vedrà un’altra volta. Ho deciso di vivere ancora solo unicamente per DIO. Il mondo mi ha avuto, ma non mi avrà mai più”.

83. “Quale testimonianza! Quanto sarebbe bene se lui restasse con questa: Il mondo ci ha avuto!”. Jephan, il superiore di Gibea, stringe a Sathur le due mani. “Ti prego: Signore, toglimi via la verga, che cresce selvaggiamente nella mia anima, affinché io diventi per Te un albero da frutta, …un giorno nel Paradiso”

84. “Sei modesto”, lo loda Matthanja. “Se rivolgiamo l’attenzione per lo sviluppo all’aldilà, allora qui non perdiamo nulla. Un’immagine: – Quando mi trovo sull’Alto terrazzo della mia casa, posso abbracciare con lo sguardo un paio di strade ed un pezzo del campo libero. Se sto davanti alla mia porta sulla strada, allora vedo solo lungo la stessa a destra e a sinistra. Lo stesso quando osserviamo la nostra via in questo mondo dal basso. Si può bensì procedere, ma manca la grande visuale.

85. Se osserviamo la strada della vita dalla vetta dell’aldilà, allora è da esaminare e da formare ancora maggiormente. Allora veniamo impiantati nel Giardino di Dio”.

- Asrikam sospira: “Si dovrebbe avere qualcuno che può liberare, oppure ognuno si liberi da se stesso attraverso preghiera e sacrificio o altro”.

86. Kis-Abda dice: “L’opinione pesa poco, solo il Dio libera dal peccato; Lui può liberare i peccatori. Oppure no?”.

- “Se questo avviene così, senz’altro”, Azelo di Michmas pone il dibattito.

- Kis-Abda dice: “Se noi possediamo il fermo punto di partenza, che il-senza-peccato è un REDENTORE, allora non è difficile andare a fondo della domanda.

87. Che Dio può redimere, è chiaro; se Egli redimerà quando nel peccatore manca la premessa, è ancora da esaminare. Se a costui manca il collegamento, allora Dio lo dovrebbe redimere con la forza. In quale modo avverrebbe questo? Si passa attraverso la vita tiepidi e flosci, senza pensiero, quasi sempre senza scrupolo. Come dovrebbe redimere il Signore colui che non ne vuole sapere nulla?

88. La redenzione, inizia solo allora, quando attraverso una circostanza c’è stata la premessa? Allora DIO dovrebbe, o aspettare il ritorno, oppure in genere allacciare la possibile redenzione alla pura fede. In entrambi i casi starebbe di più in primo piano un’auto-redenzione. Su questo ho già riflettuto sovente, senza ricevere una chiara visione. Debora, ti prego di dare una risposta”.

89. Lei asseconda gentilmente. E ora parla come profetessa: “Amici miei, sulla Terra avremo di rado una visione più profonda su questo fatto, perché mancherà quasi sempre il presupposto che – sia citato l’esempio di Matthanja – la redenzione come problema è da considerare dall’Alto. Ma andiamo per ordine; e quello che è possibile di riconoscere, lo riceveremo dal santo-alto-Signore.

90. Il desiderio che ci dovrebbe essere un Redentore, è antico ed è appeso già alla caduta, prima che la materia si formasse, in cui è impresso il peccato, dal quale è anche da liberare. La caduta fu la nascita del peccato, ma non la progenie. A tutti i caduti la caduta come peccato si è scavata nel loro essere. Perciò è stata creata quella figura di spazio che doveva partorire la caduta insieme al suo peccato. In ogni caso è necessaria la redenzione, persino se secondo altre leggi la caduta e il peccato restassero due cose.

91. Il desiderio relativo alla maggior parte delle persone è più verso il materiale. Persino Othniel fu chiamato ‘Salvatore’, perché salvò Israele dalla mano di Kusan-Risathaim (Giud. 3,8-10) Othinel non merita questo appellativo. Senza Dio la liberazione non sarebbe mai riuscita, come non ci sarebbe stato possibile, senza Dio, il Salvatore e Redentore, a sfilare le catene di Jabin.

92. Quando poi và di nuovo bene, un tale ‘Salvatore’ sarà presto dimenticato di nuovo. Non si pensa a una redenzione interiore. Caduta e peccato sono attaccati sia nella materia che nell’uomo, e sono da staccare dall’interiore. Il credo di Kis-Abda che solo il-senza-peccato può redimere peccatori, è una parte centrale della santa Rivelazione. I peccati fanno parte della nostra anima, la quale ha bisogno della redenzione, e non può mai diventare redentrice. A questo si aggiunge pure che le creature stanno nello sviluppo dello Spazio-Tempo, ma il nostro Creatore è al di sopra di noi.

93. Naturalmente, il superamento della brama promuove la redenzione; solo, non in modo tale che dapprima debba venire la comprensione che il Santo, dopo, redime il figlio. Questo presuppone che Dio non possa farlo, se le creature non stendono dapprima la mano alla redenzione.

94. Oppure Egli dovrebbe persino aspettare, per non diminuire la libertà alle creature? In tal modo Lui si metterebbe al secondo rango, (pur essendo) se stesso al primo. Quanto è sbagliata quest’opinione! Dall’Eterno-Creatore procedono tutte le vie, ogni Guida, ogni Aiuto, come anche la redenzione, sia per cose grandi che piccole, per tutta l’anima, …tutto rimane uguale.

95. Con il punto di vista che Dio libera perché EGLI è il Creatore, si può fare un grossolano setaccio, attraverso il quale cade tutto: grano e pula. Ma lo si può portare anche su un’altura, dove si dice: ‘Il Creatore ci libera dal peccato e dalla caduta, perché EGLI, come SALVATORE sta al di sopra dei due!

96. Il ‘può’ giace profondamente radicato. Già Giosuè disse: ‘Non mancò nulla in tutto il Bene che il SIGNORE aveva promesso alla casa d’Israele. E tutto è venuto’ (Giosuè 21,45). Se Egli lo faccia anche, ne abbiamo discusso in vista al Suo governare. Qui si tratta di ricordare la cosa più alta. Formiamo la domanda così: ‘La redenzione viene adempiuta nel quadro di ciò che viene dato, quindi co-dipendente dall’ipotesi di come si comporterà la creatura, oppure non le si rivelerà solo in relazione alla premessa?”

97.Allora Matthanja dice: “L’ultima Luce la vediamo nella Luce! Ma come i raggi del Sole cadono sulla Terra, ci vivificano e diventano Benedizione, così anche la Luce dal Santuario. Dai suoi raggi cade giù su di noi quanto un cuore può comprendere. Una tale Luce ce la può portare Debora”.

- Lei gli annuisce; il suo corpo è qui, ma il suo spirito ha allargato le sue ali ed è volato nel Santuario di Dio.

98. Da là, lei la porta: “Quando quella figlia si è allontanata, la redenzione stava pronta nella Divinità contemporaneamente formata, pronta e …fatta! (Ebr. 9,12) Che gli effetti della redenzione sono relativamente fissati al sviluppo proprio di ogni figlio, non ha nulla a che fare con la redenzione stessa. I caduti dovrebbero averne nostalgia nella loro povera libertà.

99. Questo può avvenire consapevolmente o incoscientemente, ma è la premessa affinché si svolga sulla creatura-figlio. Il punto culminante dalla redenzione pronta di Dio si mostrerà dapprima al popolo dei figli (Golgota), mentre questo è già compiuto nel Creatore attraverso la Volontà di governo del Suo Amore, purificando e conducendo a Casa tutti i caduti.

100. La Sua Volontà è già redenzione, ma questa viene solo dal vero pentimento e dall’autentica espiazione. La redenzione somiglia anche a una casa che il Creatore non edifica prima. Come sarebbe la cosa, se Egli dovesse dire: ‘Sono contento, cara figlia, perché attraverso la conoscenza ti sei rivolta a Me. Questo è per il tuo meglio. Ma guarda, ora devi aspettare finché un giorno attraverso la redenzione preparerò la stanza nella quale potrai abitare indenne’. Questo sarebbe umano, non divino.

101. La Casa del Padre era pronta prima che il Padre creasse i figli. Da lui, il Santuario, fuoriesce tale redenzione come la Sua Luce. Ovviamente rimane aperto se qualcuno si arrende a Dio oppure se gli mostra le spalle. Dipenderà appunto da questo: il come si rà la redenzione per lui: aperta o coperta.

102. Se Dio non l’avesse formata prima, allora non sarebbero potuti tornare a Casa coloro che finora hanno portato la Luce nella materia, e coloro che si sono allontanati non verrebbero redenti finché la prima figlia non sia giunta alla comprensione. Oh, no, essa i mostra del tutto diversa: – La redenzione è stata fatta come Opera di Creazione. Si rivelerà ai figli solo nell’ora della conversione oppure nel loro ritorno a Casa.

103. Osservate: voi amici, siete venuti da me, liberamente?”, chiede lei gentile.

- “Certamente”, dice ognuno.

- Solo Agratano tace e pensa: ‘Strana gente; non sono venuto liberamente’.

- Debora lo guarda con bontà; allora si scioglie il ghiaccio cananeo.

104. Al ‘certamente’, lei risponde: “Nel senso mondano è giusto. Ma chi o che cosa vi ha spinto? Solo il desiderio di aiutare Israele? Oppure la ricerca: ‘Che cosa ci sta dietro? Perché una donna è così potente?’. Esaminate precisamente, allora in primo piano starà il ‘chi’. Certamente è più difficile da vedere, tuttavia così si può formare comunque la spinta: ‘Doveva vincere il bene!’, ed altro. Ovviamente è ben una parte del vostro essere; unicamente il motivo, la ragione del voto (me), non veniva da voi, …come non è venuto da me che sono diventata una giudice.

105. Ci ha spinto lo SPIRITO, ma da ciò non siamo diventati non-liberi. La cosa più magnifica della Volontà di governo di Dio è che Dio opera senza usare nessuna catena. Ci siamo uniti, abbiamo fatto qualche buona opera e liberato il paese da gravi mali. Soltanto, …quale bene avremmo ottenuto, se non ci fosse stata la forza di spinta dell’alto-Spirito?

106. Dio ci ha incluso nella redenzione per liberarci da caduta e peccato. EGLI è il nostro Salvatore, l’Aiutante e Redentore; EGLI è anche Colui che benedice! In questa guerra, magnificamente svoltasi, su di noi c’era la Mano del Padre colma di Benedizione, Forza e Grazia.

107. EGLI ha purificato l’alto-Consiglio, mi ha dato Sapienza ed intelletto di operare oltre Israele. EGLI ci ha messo nel cuore la Sua magnificenza come benedizione. EGLI si è rivelato magnificamente! Chi coglie dalle Sue mani, vita, benedizione e redenzione, da questi prende il viaggio verso Casa, può essere e sarà da tutti questi Doni del Cielo, oltretutto, una Benedizione.

108. Voglio spiegare solo indicando, e non per togliere il grembiule ad un povero amico: Delajah ha fatto appello a quella parola: ‘Così dovete dire ai figliuoli d’Israele, quando li benedite: (Numeri 6,23-37) Lui ha colto dall’istruzione un diritto di benedizione:

«Il SIGNORE ti benedica e ti guardi;

Il SIGNORE faccia risplendere il suo volto su te e ti sia propizio;

Il SIGNORE volga verso te il Suo volto, e ti dia la pace!»

109. Il primo versetto contiene la vita e la benedizione, inteso solo spiritualmente; il secondo la redenzione, il terzo la conduzione a Casa: in quella del Signore! Ogni versetto ha anche due piedi, simili al fondamento della Creazione. Come desiderio d’amore è sempre da pronunciare questo: ‘Il Signore ti benedica e ti protegga!’

110. E’ ancora da considerare quando qualcuno vuole benedire da se stesso, se sia meglio la sua o la Benedizione di Dio. Se la si riconosce, allora rimane ancora da dire solo questo: ‘Il SIGNORE ti benedica e ti protegga; EGLI ti aiuti!’. – Se qualcuno lo fa da tutto il cuore, allora Dio accoglie volentieri il buon desiderio come co-raggio nella Benedizione, che Egli fa fluire doppiamente in seguito a questo desiderio.

111. Non così come se Dio dovesse aggiungere qualcosa alla Sua benedizione, altrimenti sarebbe vicino il pensiero che fosse insufficiente. No! La seconda parte del doppio è venuta appunto anche prima come parte di Doni da Lui. Ma se Dio ha donato la benedizione, allora attraverso la bontà creativa può essere (diventare) proprietà del figlio.

112. Se si augura ai poveri (di spirito) da questa Proprietà di Dio come lo ha detto il Signore a Mosè, allora colui che augura, riceve insieme a loro la migliore Benedizione. Voler benedire da se stessi è arroganza, indipendentemente dal fatto che una creatura non può benedire, come nemmeno redimere, perché benedizione e redenzione, entrambi Doni santi-maestosi, vengono soltanto dal Signore del Cielo!”

113. “Posso chiedere?”, l’oste da Ai alza le dita. Allora, essendone incoraggiato Mikloth comincia: “Una volta era da me Hattus e...”

- “...ha preteso un buon vino”, ride sprezzante Arthasus.

- “Hm, anche questo. Ne ho dato volentieri gratuitamente al sacerdote”.

- “Non è proprio necessario”, corregge il principe Jizri. “La maggior parte ha abbastanza soldi per pagare da se stesso il suo conto”.

114. “Lui ha cominciato, dall’alto e dal basso del popolo”, racconta l’oste. “Ha disprezzato con veemenza noi osti. Io ho detto che non lo avrei chiamato a bere il mio vino, non avendo bisogno di lui. Lui è diventato villano: ‘Dio possa non perdonarti i peccati! Nessun sacerdote dovrà mediare tra Dio e il popolo comune!’. Mi è salita la bile: ‘Io stesso aggiusterò la mia faccenda con Dio il Signore!’. E lui ha gridato iracondo: ‘Sarai bandito nel pantano non appena tu stesso osi parlare con il Signore’. Ho dovuto pensare a Mosè come intermediario, e che l’Altissimo aveva parlato solo con lui, ma non con il popolo.

115. Ma non potevo fermarmi. Gli ho detto che lui non era un Mosè, che la sua predica era sempre tutto’altro, ma non la Parola di Dio. – Oggi mi dispiace che mi sia lasciato andare così; dopotutto, i sacerdoti sono comunque i mediatori. Ma nel frattempo mi è venuto il pensiero che il Creatore stesso si è creato il Suo popolo di figli, e così amerebbe ben ognuno. Perché quindi dovrebbero poter parlare con Lui solo i sacerdoti? Perché non il povero piccolo uomo? Mi preoccupa ancora oggi, anche se attraverso Debora ho imparato a conoscere la Bontà e la Misericordia di Dio”.

116. “Ben pensato”, lo loda Salthiel. “I sacerdoti presuntuosi sono semplicemente abominevoli proprio perché – lo ammetto volentieri – sono in parte più intelligenti e più maturi della comune folla. Tuttavia ciò non giustifica di elevarsi al di sopra dei non istruiti. La presunzione è la più grande sporcizia dell’anima, sopratutto nei portatori di dignità e nei superiori. Ma ora la faccenda stessa: ‘I sacerdoti, sono mediatori tra Dio e il popolo? – Chiedo a Debora un chiarimento”.

117. Lei si distoglie da lui, “Lo ritengo giusto quando parla uno dei nostri sacerdoti”.

- Kisjath dice velocemente: “La più elevata amica fra gli amici, solo attraverso te noi siamo radunati qui, giunti sulla vera via”.

- “Comprendo, caro Kisjath”, sorride lei, “ma ci sono presenti pure altri dell’alto-Consiglio che già prima erano buoni sacerdoti”.

118. Asbak interrompe: “Sì, Matthanja, Elam oppure Bichras possono dare la risposta”.

- “Elam”, chiama Sophereth che, nonostante l’attrito, gli è sempre piaciuto per via della sua allegria.

- “Ci sarebbe qualcuno migliore di me”, dice costui, “ma chiunque Dio chiami, si dice: ‘Eccomi!’ (Gen. 22,1 e 1° Sam. 3,4 e Isaia, 6,8).

119. Lascia che io esprima la mia gioia che dopo la guerra siamo arrivati ad una pace come c’è stata solo una volta dopo la battaglia regale di Abramo (“Il patriarca” cap. 7-8). Le armi riposano, i popoli fanno un sospiro di sollievo. Dopo i duri anni c’è certamente molto da riparare, anche se meno dalla campagna militare. E che gli amici stranieri sono ora nostri alleati attraverso la fede, è il culmine della mia gioia. Anche la vostra!

120. Il nostro fedele Charkros”, Elam lo indica verso la porta, alla quale costui è formalmente incollato, “splende come il Sole a mezzogiorno”. Tutti ridono, ma Charkros si stende con dignità. “Consideriamo prima la faccenda in modo spirituale” continua Elam, “dopo umanamente, per quanto sia poi necessario.

121. ‘Mediatore!’. Visto in generale, questo è qualcuno che sta mediando tra due persone. Nella Luce non c’è bisogno di nessun mediatore, perché vi abitano i figli di Dio che non devono dapprima essere d’accordo su qualcosa né farsi reciprocamente un’ammissione. I fedeli riconoscono la Volontà di Dio sotto la più alta libertà di volontà a noi del tutto sconosciuta. La loro libertà è la volontà di fare ciò che serve all’intera Creazione. Quindi là non c’è bisogno di nessun mediatore che dovrebbe pareggiare delle contrarietà.

122. Nonostante ciò, Egli c’è! Il Dio di Abramo dalla sua città paterna sta in mezzo alla Sua Opera, in tutta la Sua costante Onnipresenza Egli è l’Ombelico intorno al quale gira ogni Creazione. Perciò si ‘tratta’ di DIO! Ognuno si orienta secondo Lui; e tutti sono felici perché l’alto-Signore conduce, benedice e custodisce la loro vita, dà loro le Sue Gioie del Cielo.

123. Dio, in vista della sorveglianza delle Opere, ma anche dei maturi, circondando la ruota della Creazione, è l’Interiore e l’Esteriore, e tutto ciò che vive nel mezzo da Lui creato e fatto, Egli stesso lo trasmette come Spirito-UR a tutte le cose. Oppure, insegnato così:

124. Nella regione consegnata ai figli che rimane al livello della Creazione, viene avviata una via sulla quale tendono al Punto centrale secondo la conoscenza, perché là è il loro inizio, solo da lì si sperimenta il tempo-spazio. E’ quel collegamento di salvezza che conduce dal figlio al Padre, mentre Egli li ha posti prima sui piedi liberi, senza staccarSi da loro.

125. Proprio questa riconnessione ha bisogno di mediazione, ma non personale, bensì nel genere del collegamento di salvezza che proviene eternamente solo dal Padre-Creatore. C’è solo Lui e i Suoi figli! Chi dovrebbe venire collegando fra i Due? Quella forza con la quale Egli ha creato tutti i figli dai sette Raggi di Vita, basta senza dubbio per conservare per sempre il collegamento coi figli, per ristabilire gli smarriti che da sé sciolgono il collegamento.

126. Proprio verso questi non opera null’altro riunendoli che la salvezza, che Dio-Padre ha preparato per loro. Questo in rapporto all’insegnamento della redenzione, è particolarmente da riconoscere, poiché

la redenzione è la mediazione, il cui unico vero Portatore è soltanto l’Altissimo stesso !

127. Ma esaminiamo ancora se esiste un intermediario tra Dio e gli uomini. – Se l’uomo si lascia elevare tramite il suo spirito, allora sperimenta Dio, che non richiede necessariamente la contemplazione. Diversamente uno che non pensa per nulla al Creatore, magari Lo rinnega persino. In questi casi nessuno, nemmeno un angelo, potrebbe essere un intermediario.

128. Al senza-Dio può essere predicato giorno e notte, …il suo cuore rimane vuoto. Tuttavia a tali poveri sta anche qualcosa davanti alla porta: la santa-Redenzione che il Signore del Cielo ha preparato fin dall’inizio di quella caduta a coloro che sono incatenati nella caduta e non possono riconquistare da se stessi la libertà del loro spirito. Sì, …l’eterna-Redenzione è per tutti coloro che, nella caduta, sono caduti; una clemente medianità. Infatti, la redenzione è stata prevista innanzitutto proprio per costoro.

129. Chi ha vinto la prova di libertà della Creazione (un’incarnazione sulla Terra, positiva), non ha bisogno di nessuna mediazione perché non si è separato dal Padre. Solo durante il sacrificio che lo ha condotto nella materia ogni figlio è iniziato alla redenzione mediatrice, poiché durante questo tempo gli incarnati stanno nel bando della materia.

130. Che loro – e noi stessi possiamo sperimentarlo nell’alta Grazia – conservano anche su questa via la fede in DIO, secondo la Benedizione come l’ha vissuta Mosè, così sono appunto uniti con Lui soprattutto attraverso la Sua santa onnipresenza. E’ superflua la domanda se hanno bisogno di qualcuno che li collega con il Signore, che quindi porta loro prima i Doni di Dio.

131. Nonostante ciò esiste un aiuto tra i figli. Allora i sacerdoti possono stare in primo piano, quando hanno il collegamento con il Padre. Ma fare il mediatore solo per procurarsi un potere, e inoltre voler condurre una vita ricca, questo proviene dall’abisso di un Asmodi!

132. Se un sacerdote visita i poveri, i malati, storpi e prigionieri – e questo appartiene prioritariamente con ragione al rango di sacerdote – se porta dalla Parola di Dio il buon insegnamento che la folla stessa non può sperimentare così, e mostra dalla Parola e dalla rivelazione del Creatore quella bontà che agli uomini oppressi apre il Cielo di Dio, allora il SIGNORE lo ha posto nell’alta mediazione; allora Egli lo ha usato per portare su di lui la Sua Redenzione santificante, il Suo Amore e Misericordia, la Grazia.

133. Osservato così, c’è la mediazione. Chi quindi lo fa, sarà un sacerdote di Dio e conserverà il Suo Diritto. Costoro baderanno alla salvezza dell’anima. Se al prossimo Purim il nostro Kisjath terrà la predica augurale, allora – se possibile – vogliamo venire tutti per ascoltare il suo discorso, per la Magnificenza di Dio, per la nostra propria beatitudine”.

134. Quale insegnamento! Kisjath dice: “Mi auguro che Elam diventi sommo sacerdote. Lui ha dimostrato che è un autentico sacerdote”.

- “Tu rimani il primo”, dice Debora, “ma Elam sarà il tuo sostituto. – Adesso, amici miei, le stelle mattutine cominciano a cantare l’ultimo canto a Dio. Venite con me sulla collina, prima di prendere la colazione”. Lei precede, Charkros apre le porte, ma rimane nel seguito della sua padrona.

135. In cima alla collina la benedizione di una notte colma di Grazia rivela il nuovo giorno. Chi ha mai visto il Sole venire come in un mare di oro rosso? I suoi raggi sono regali che coglie dalla sua luce. Visibilmente si formano due forti, sante Mani, che li alzano nell’Altura del Cielo.

136. Debora ha portato con sé la Gittith (forse uno strumento musicale) e Barak il suo cembalo d’oro. Lei parla ancora una volta di tutti gli anni difficili sotto Jabin, anche dell’ingiustizia di Israele. Oh, lei trae volentieri l’oscuro nel maestoso giorno che cade su loro come l’ATMA di Dio. Sta pensando a Mosè che, prima del suo ritorno a Casa, ha dovuto pure mostrare l’ingiusto, ogni ribellione del popolo, prima che per ultima cosa potesse donare la Benedizione di DIO (Deut. cap. 33).

137. Lei parla della buona benedizione e chiama la guerra ‘la battaglia regale’. Accorda la sua ‘Gittith’, Barak il suo cembalo, entrambi colmi dal fuoco dello spirito. Diventa un giubilo finora insospettato, il cui testo e melodia vengono dai loro cuori, e non rimane nessuno degli uomini senza che gli occhi non dimentichino. Poi cantano l’adorazione:

*

138. Debora: “Lodate l’Onnipotente, il Creatore di tutte le cose. Egli ha aiutato Israele, ha portato molti amici che condividono la Bontà che l’alto-Signore ci ha donato. Tu Padre, sei venuto dalla Tua Luce, hai toccato i cuori dell’uno come dell’altro, affinché imparassero la dignità umana. TU ci hai rivoltato come volgi le nuvole e come copri le cattive tempeste, così ci hai coperto con le Tue ali. Ti sia reso grazie, o Signore dell’Onore!”

139. Barak: “Ascoltate, voi re, voi principi e tu popolo! Canto per la Gloria a DIO! Egli ha guidato Israele fuori dall’Egitto fino al Sinai, per portarlo fuori dall’inospitale Seir, dai pericoli che venivano da Edom. A Te, o Santo, suono una lode per tutta la Magnificenza della Luce, con la Quale hai provvisto la Tua Creazione.

140. Quando Tu vieni, l’uomo e il mondo tremano. Ah, quanto sono impotenti contro la Tua Potenza! Io conto le generazioni. O Signore, nonostante i Tuoi messaggeri che vengono sulla Terra, tutti hanno i loro occhi rivolti all’oscuro, anche Israele, ma non alla Tua santa-chiara Luce. Hai mandato sciagure che dovevano purificare i popoli, ma si preferiva le vie storte”.

141. Debora: “Mancava il governo. Ma Tu, o Signore, che nell’inaudita ricca Grazia ci hai mostrato il significato del Tuo governo, l’hai posto nella mia mano ed hai fatto di me la madre di Israele e di molte tribù di popoli, affinché si ricordassero quando magnificamente è venuto il Governo del Cielo sulla Terra.

142. Non c’era nessuno scudo, poche lance, per respingere i nemici. Hai portato le armi dal paese nel mezzo, hai reso forti noi e i nostri amici. quanto magnificamente Tu ci hai rivelato la Tua Pace! Le lance non hanno ferito; le spade non hanno colpito; gli scudi hanno coperto l’amico e il nemico. Così, Signore, hai mostrato come la Luce vince la tenebra!

143. Ora Tu hai scelto: Fede, Amore, Fedeltà e Misericordia sono le ruote del Tuo governo che stanno ai quattro angoli del Tuo Regno-Terra, per istruire l’umanità che siamo figli Tuoi. Così Tu vuoi il Governo! La sofferenza dell’altro sia la nostra sofferenza, la nostra gioia sia la gioia di tutti gli altri. O alto-Signore, TU mi hai insufflato con il Tuo Spirito, mi hai portato i buoni, hai mutato i volenterosi, hai tolto solo i cattivi a nostro sgravio e per loro dalla Tua mediazione per la salvifica redenzione. Per la Tua bontà Ti lodiamo giorno e notte”.

144. Barak: “Oh, voi che siete guide del popolo cavalcando su belle asine o su forti cavalli, che sedete ai piedi del governo come su un tappeto – visto che la pace si è srotolata lontano come un tappeto – dovete fare secondo il Consiglio del governo. Voi che siete sulla via, voi attivi per l’utilità secondo il Seggio di Dominio del Cielo, per tutti c’è la mia chiamata: ‘Venite e cantate, cantate al Signore il canto di ringraziamento!’

145. Le grida dei nemici ci risuonano nell’orecchio, ma la Giustizia del Signore è discesa, fortificandoci con la Sua benedizione; spezzando scudo, freccia e la spada degli altri. Allora si mostrò il Suo governo, messo nella mano della giudice. Suvvia, Debora, cantaci il nuovo canto! Ed io mi accingo ad accompagnarti. Sia portato canto e amore al Dio della Magnificenza”.

146. Debora: “Sia cantato l’onore a Dio e l’onore a coloro che Egli mi ha dato accanto, il resto era dalla magnificenza nel popolo. Non sono nemmeno state due mani piene. Ma Egli ci ha reso molto forti ed ha risvegliato Israele. Mi ha condotto – sia cantato con grande ringraziamento – nel paese straniero, dove i nemici sono diventati nostri amici. Sì, sono arrivati a frotte e nell’Opera era attiva la Grazia di Dio.

147. I superiori, il principe Jizri, i giudici, i sacerdoti, i consiglieri insieme al buon popolo, tutti sono andati sul campo. Dalle tribù ne sono venuti di magnifici: il forte principe di Madian, gli eroi e i grandi dei moabiti, amorriti, gebusiti, ittiti, keniti, eviti ed edomiti. Eravamo un gregge, il nostro Pastore è stato il SIGNORE!

148. Sono venuti a prendermi dal monte. Presso l’acqua del Meggido, al Kedumin e al Kison, nella pianura di Jesreel, fin su verso Kedes, è crollata la resistenza dei nemici. I cavalli hanno sollevato la polvere, si gettarono armi e armature, per fuggire con piedi più leggeri. Molti sono salvi, pochi sono morti nella confusione. Anche la fuga dei grandi fu del tutto inutile.

149. Ha combattuto il Cielo; tra di noi c’erano gli angeli di Dio. Allora si combatteva inutilmente, si fuggiva inutilmente. Con noi c’erano gli eroi di Dio che possono benedire le guerre, portare pace ed aiutare i poveri. Solo un luogo fu distrutto dal nemico: la città di Jabin presso Meron, che si chiama Hazor. E due grandi cattivi han trovato la loro morte: Jabin e Sisera. Non attraverso la nostra mano! Dio non ci ha fatto macchiare, Egli ci ha donato la pura vittoria. All’alto-Signore spetta per questo, la lode nell’eternità.

150. Barak: “Li ho inseguiti con i cavalieri finché non rimase quasi più forza in noi. Si voleva ancora elevare Jael sotto il popolo kenita. Ha caricato su di sé la colpa più grave. Per uccidere il sonnecchiante, che pieno di fiducia cercò l’aiuto da loro, era l’aborto dell’inferno. Nel nord, dove non si sapeva ancora nulla del fallimento del re, nulla della morte del generale, si voleva dividere di nuovo la rapina da Israele come una colomba sul tetto.

151. Che ne sapevano costoro della Magnificenza del Signore, di come ha spezzato il giogo di Jabin? Non sospettavano che il Santo aveva eretto un regno della fede, dell’amore, fedeltà e misericordia. Non lo sapeva nessuno! La madre di Sisera chiamò invano il figlio. Ma noi abbiamo visto quali opere doveva compiere il nostro popolo e i suoi fedeli aiutanti. I paesi devono stare sotto il governo della Grazia di Dio, come Egli ha incaricato la nobile giudice. Allora entrate, serviamo l’Altissimo!”

152. Debora e Barak: “Gloria, lode, adorazione e onore siano portati al Signore dell’Altura. Egli ha estirpato i nemici della Luce che hanno legato l’ingiustizia ai loro carri. Egli ha spezzato le loro frecce-sofferenza; ha distrutto le loro spade-dolore; ha gettato nel profondo mare gli scudi-oltraggio.

153. La VOLONTA’ di Dio crea le cose; Egli edifica le Opere sull’ORDINE. Con SAPIENZA Egli guida la Creazione; e con SERIETA’ Egli tiene saldi i figli. Con PAZIENZA Egli sta sulla via ed aspetta volentieri gli smarriti; l’AMORE apre la Porta del Suo Cielo, per accogliere l’ultimo dei Suoi figli. Dopo, per MISERICORDIA, copre la Tavola ricca di gioia senza differenza per entrambi: sia per i fedeli, come per coloro che sono ritornati dal povero paese straniero (la Terra)

154. Senza alcuna misura si mostra l’Arco dell’Alleanza e della Grazia, ed Egli conduce tutti i figli in Patria, nella Casa del Padre. Lasciate che echeggi il nostro ringraziamento finché non sale nel Firmamento del Cielo. O Dio, Ti ringraziamo dal profondo del nostro cuore; noi raccontiamo i Tuoi miracoli che Tu fai compassionevolmente su di noi! Tu hai posto il Tuo Seggio; il luogo del Tuo Dominio rimane nell’eternità! Tu giudichi con Giustizia, e Grazia si chiama il Tuo governo!

Ciò che noi pieghiamo, Tu lo raddrizzi,

ciò che noi lasciamo cadere, Tu lo rialzi!

155. Signore, guidaci e indagaci, affinché pensiero, parola ed azione abbiano la buona conseguenza, per l’onore del Tuo Nome, per la gioia del Tuo Cuore, per la gloria in tutto il circondario della Creazione. Allora cantiamo lode nel Tuo Santuario: Potenza, Forza, Vigore è la Tua Azione; è evidente la Potenza della Tua Magnificenza. E per questo Ti glorifichiamo!

156. Hai annunciato le vie della Vita, hai inciso nel nostro cuore i Comandamenti. Chi fa di conseguenza, non starà davanti a nessuna barriera. Il Tuo Spirito ci ha istruito ad esercitare giustizia e amore. Così Tu sei diventato la Rocca, il nostro Rifugio, uno Scudo, la fedele Spada!

157. O nostro buono alto-Signore, Tu, Dio della Magnificenza e della Bontà, noi e tutto ciò che ha respiro, Ti lodi! La Terra lodi il nostro Signore!”

- Tutti intonano:

Dio ci ha custodito giorno e notte,

a Lui sia dato il ringraziamento, la lode e la gloria,

al SIGNORE unicamente l’onore!

Tutto ciò che ha respiro, lodi il Signore!”

E il paese fu tranquillo, …per quarant’anni.

 

 

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[1] Nel tempo dei giudici esisteva già una coalizione dei potenti sacerdoti e dei superiori, con ciò anche un capo sacerdote, il cui titolo era ‘superiore del Consiglio dei sacerdoti di Silo’. Per via della difficoltà nella descrizione, più tardi anche per via della semplificazione, fu cambiato in ‘Sinedrio’ o ‘Alto Consiglio’ e lentamente era sorto il titolo di ‘il sommo sacerdote’, il cui titolo era collegato al potere di funzione accresciuto.

[2] Gesurun = popolo della Luce, per il quale Mosè ha combattuto. Su ciò e sul giudice superiore Nu-Anim, nella Bibbia chiamato “Nun”, e sul bianco bastone da giudice, il piccolo libro “Quando morì Mosè” fornisce una più precisa informazione.

[3] Il “è meglio è quando non si sente la Guida del Cielo”, non è una negazione della stessa. Vale per quel tempo con le sue opinioni di vita. Ma anche oggi sarebbe molto meglio controllare precisamente il proprio ‘percepire’.

[4] L’ultimo tempo: ovvero ‘gli ultimi tempi’, cioè il tempo delle rivelazioni prima del ‘tempo della fine’, breve, prima dell’ultimo giudizio o Giudizio universale. Tale tempo è quello già iniziato più specificamente nel 1840 con il profeta Jakob Lorber e a seguire con tutti gli altri mistici che hanno ricevuto ‘la Parola’ per far conoscere all’umanità degli ‘ultimi tempi’, tutti i chiarimenti spirituali e le spiegazioni dei testi biblici al fine di concedere gli strumenti per affrontare il breve ma terribile ‘tempo della fine’. Tale Rivelazione, nella sua complessità ed estensione rappresenterà la base della ‘Nuova Dottrina’, quale ‘nuova Gerusalemme’ che verrà insegnata al popolo che abiterà sulla nuova Terra.

[5] L’ultimo tempo del cosmo-mondo: questo secondo riferimento è il tempo dopo Gesù, poiché la salvezza-gratuita è concessa solo a quelli ‘prima’ del sacrificio di Gesù, dai patriarchi fino al Golgota. Dopo, avendo la conoscenza di quel Sacrificio, solo se lo si accetta. Perciò diventa indispensabile informare della venuta del Salvatore a tutte le genti del mondo, Ciò significa portare il Vangelo in tutti gli angoli della Terra nel tempo concesso, di ‘mille e non più mille’, i quasi 2000 anni da quando fu enunciata da Gesù questa frase. (vedi il concetto in Romani 3,25 ed Ebrei 9,15 spiegato tramite Schumi – nel libro-rivelato “Le 10 contraddizioni religiose” al cap. 1,11 e 2,24)

[6] Per la comprensione della ‘Fiaccola’ si rimanda il lettore all’Opera “E fu luce”, in cui viene presentata la vita terrena dell’arcangelo Zuriel in Isaia e il Re-Melchisedec chiamato ‘Ariel’.

[7] L’incontro fra Melchisedec ed Abramo, nella Bibbia brevemente annotato, lo si trova rappresentato più esteso al cap. 4 nell’Opera “Il Patriarca”.

[8] “Su questa base, sei gradini superati” = ciò è collegato anche con i sei Giorni della Creazione. (vedere nell’Opera principale “Eternità-UR in Spazio e Tempo”, chiamata in breve Opera-UR)

[9] Un sole del primo grado = cioè di un Sole-centrale-planetario, il primo ente in ordine di grandezza dei soli. (vedi la spiegazione di un “Globo-involucro)

[10] Il “grande luminare” si riferisce alle nuove Rivelazioni, in particolare queste tramite A. Wolf, come p.e. la spiegazione del solenne maestoso Giorno di Sabato, spirituale, nel Regno, cioè del 7° Giorno della Creazione, nel tempo dell’infinità. (Vedere l’ultimo Giorno nell’Opera-UR)

[11] Come sostegno = cioè l’atto del co-aiuto per recuperare i caduti, e quindi sostenere la volontà del Padre per il loro recupero e renderli degni dell’eredità preordinata per tutti i figli, caduti e non caduti.

[12] I recinti presso l’Horeb e il tabernacolo sono alti simboli, un confine tra il Creatore e la creatura, proprio per questo un recinto per tutti i figli nel Tabernacolo di Dio = Custodia. Somigliano anche al recinto libero attorno alla casa, come una siepe.

[13] Lustrum: intesa la Luce più alta, più imponderabile, la Luce delle luci.

[14] Un esempio è quello nel testo biblico ‘Tobia’ (Un angelo sulla Terra) dell’arcangelo ‘Raphael’ (Enoc-Asarja), oppure nell’opera “Da lontano dalla Terra”, la missione di Gabriel (Zuriel) come Simeone,

[15] Piccolo fratello dalla Luce: tra gli esseri incarnati dal Regno, viene fatta una suddivisione su quattro categorie essenziali: grandi e piccoli della Luce, e grandi e piccoli delle tenebre. (vedi l’Appendice Karmata)

[16] Il cammino sacrificale dei primi: il riferimento è agli arcangeli-principi, i rappresentanti delle sette Caratteristiche, con il loro cammino terreno così importante nei grandi personaggi che hanno segnato la storia dell’umanità. (vedi lo specchietto riassuntivo nella “Spiegazione delle sette Caratteristiche”)

[17] Purtroppo l’Israele ha disprezzato anche il secondo Sinai (Golgota). La dispersione del popolo avvenuta dopo la distruzione di Gerusalemme (70 anni d.C.) è stato il secondo cammino del popolo nel deserto. Il “cadere sui piedi” significa la conoscenza, che Gesù era DIO, e per i giudei il Messia.

[18] “Nel corporeo non vengono sospese le leggi della natura nemmeno per i figli incarnati del Cielo”, - Ciò ha a che fare solo con il corpo naturale. Infatti, lo spirito è libero! Chi non viene toccato da animosità, sta al di sopra del percepire naturale, rispettivamente della legge della retribuzione. Che degli alti incarnati possano sospendere le leggi della natura, lo dimostrano tra l’altro Enoc ed Elia con la loro ascesa al Cielo. Diversamente con GESU’. Egli, Dio stesso, non stava sotto la legge della natura. Egli vi si è sottoposto allo scopo della redenzione di tutte le creature-figli.

[19] Qui è evidente che il riferimento a tutte le rivelazioni che nel nostro ‘ultimo tempo’, in particolare già dal 1840 a iniziare da Jakob Lorber e tutti i seguenti, innumerevoli dettati hanno donato all’umanità rivelazioni particolareggiate anche su tematiche del regno della natura, oltre a tutte quelle che riguardano il regno dei Cieli.

[20] La sostanza esteriore: ciò potrebbe essere riferito alle rivelazioni a J. Lorber su: “La Terra”, “Il Sole naturale”, “Saturno”, “La Luna”.

[21] Una conoscenza più elevata: questa potrebbe essere riferita sia alle rivelazioni successive del 20° secolo ad altri mistici, sia queste ad A. Wolf.

[22] Sull’abitare su corpi di luce, vedi nelle opere: “Da lontano dalla Terra”, 2° parte, oppure “La chiamata dall’universo”

[23] Il loro paese è molto lontano”: già chiarito ampiamente nel libro “E fu Luce!”. La madre di Isaia proveniva dalla regione del Tibet. Da là, quasi sempre non riconosciuto, passa molta Luce da millenni sulla nostra umanità. Ma per quanto ‘segreto’ proceda anche questo lavoro, tanto più è benedetto. Deve chiamarsi “Aiuto dalla Luce”.

[24] La retrocessione delle donne, in certe regioni ancora oggi del tutto naturale, è fondamentalmente collegata con la caduta della Creazione di Sadhana. Non così come oggigiorno ancora alcuni credono, che Dio valuti meno le donne, che sono appunto le Sue figlie, come i Suoi figli. Si dice appunto: “Figlia di Sion”, “figlia di Gerusalemme”, e negli Atti degli Apostoli 1,17: “I vostri figli e le vostre figlie profeteranno”.

[25] Uomo e donna: un’ampia riflessione ed innumerevoli insegnamenti sono stati tema ed attenzione da parte del mistico Emanuel Swedenborg, che nel 1768 nel suo tomo “Amor coniugalis”, ne ha espresso il rapporto di coppia, sia sotto il profilo fisico sulla Terra, che spirituale come viene vissuto in Cielo.