Prefazione
al testo dettato
nel 1966 ad Anita Wolf
Sancto Sanctorum
'Santo Santorum', il Santuario
santo! Lì dove figli sono guidati direttamente dalle
Sante mani del Padre, lì dove avviene il governo della Creazione spirituale e
di quella ancora materiale, li il padre dona la Sua presenza. I figli, immersi
nella Corrente di vita sgorgante dalla Fonte, co-governano
per correggere i fratelli ‘caduti’, chiedendo al padre di prendere decisioni
sotto la Sua costante guida paterna e, …operano.
Nel
tempo della crescita dell'umanità sulla Terra, al fine di preparare ogni
elemento spirituale che potesse poi dare le basi per la futura dottrina, fino
alla manifestazione del Salvatore, la storia di Giobbe è uno degli elementi
fondamentali dottrinali, in cui l'episodio di quest'ultimo viene
presentato in modo prolisso. Nel libro di Giobbe, 42
canti ne tracciano una sequenza di colloqui tra il personaggio e tre suoi amici
che lo vanno a trovare: Eliphas, Bildad,
Zophar, più un ulteriore quarto personaggio ‘Elihu’. dopo del quale c'è il discorso conclusivo del
Signore-Dio che risponde in mezzo al turbine.
I
rotoli di Giobbe, per chi ha avuto il compito di tradurre i testi, si
presentano a diverse considerazioni, poiché il testo, proprio a causa della
prolissità dei discorsi ed anche dalle semplicissime intestazioni dei vari
capitoli, senza una vera e propria consecutività di sviluppo delle varie
interlocuzioni espressive, in diversi punti potrebbero esserci stati degli scambi
di rotoli, tali, che nessuno ha inteso certificare successivamente
con una sicura consecutività. Così, come anche il linguaggio dei vari capitoli
non è sempre esattamente attribuito correttamente ai vari interlocutori. Infatti al capitolo 26,1 biblico il versetto dice: «Giobbe rispose:» invece è evidente che è
Bildad a proseguire, e con questo errore tutto il
cap. 26 resta accreditato erroneamente a Giobbe. Mentre è giusto il taglio del
capitolo 27 dal versetto 13, che evidentemente
all’origine non fu compreso dai primi trascrittori, per accreditare solo la
prima parte a Giobbe e la seconda a Zofar, che poi
prosegue per tutto il cap. 28.
Anche
i titolini di tutto il discorso di Eliu ai cap. 34 e 36 sono
formulati in modo sbagliato che inducono incomprensione nel lettore del passo
biblico. – E soprattutto il titolini al cap. 38 del discorso del Signore, come se rimproverasse Giobbe,
mentre Egli si rivolge invece inizialmente a Eliu e
poi ai tre presunti saggi, così come è formulato è sbagliato!
Inoltre
c’è un errore imperdonabile, ripetuto per ben cinque volte al cap. 40 versetti
1, al 3, al 6, al 42,1 e 7 in cui il nome, è evidente,
è Eliu e non Giobbe! Errori che disorientano il
lettore, ma non si capisce il perché i teologi non hanno inteso correggere nel
tempo.
Nel
Cielo, il primo colloquio è di riflessione tra Dio e i suoi figli, nel ribadire come ‘la caduta’ resti ancora un ordine contrario
alla giustizia di Dio, e non qualcosa che ‘avrebbe dovuto accadere’, come se
l’errore, l’allontanamento dei figli, fosse da accreditare alla Divinità
presentata in tal modo falso, evidentemente, non perfetta. Così nel governo del
Regno, uno dei principi a Alaniel
il portatore della Pazienza, propone di rafforzare i fili cui sono attaccati
tutte le creature a Dio (cap.1,9), anche dei caduti, affinché nessuno si perda.
L'arcangelo viene inviato a fare un ultimo tentativo
da Satana, nel suo inferno (cap.2), ma questo fallisce. allora
Alaniel propone un ulteriore sacrificio, affinché la
Misericordia di Dio possa aiutare i caduti e porre una ‘pietra’ quale base per
l'invito al ritorno. Lui, quale portatore della pazienza, incarnato per
l'ammissione. E sarà Giobbe.
Con
questa rivelazione viene riesumato l'originale dialogo
tra i personaggi, e così si viene a scoprire come quello delle S.
Scritture è sì prolisso, ma eccessivamente enfatizzato sulla probabile
personalità di scrivani che si sono succeduti in più tempi e ne hanno scritto e
poi evidentemente modificato la prosa. Certamente un originale fu dettato in
una qualche epoca, né poteva essere accreditato ai contemporanei di Giobbe come
narrato. Una storia poi presa a modello, ma, come si evince se confrontata con
questa rivelata a posteriori, rimaneggiata ed enfatizzata, ma anche storpiata
nella sua essenzialità dialettica spirituale. In realtà, invece, nella sua vera
espressività Giobbe è razionale e pacato, risoluto e
preciso nelle sue affermazioni e risposte. Ma anche i
suoi amici hanno una dialettica espressivamente coerente alla situazione
vissuta davanti al povero Giobbe.
La
S. Scrittura, perciò, checché ne dicano gli
abbarbicati della Parola, resta da confinare come una guida, ma da vagliare
solo nella sua incisività di base, e non certamente quale ‘legge’ da potersi
prendere alla lettera, perfino in un racconto tale in cui sembrerebbero essere
state pronunciate così tante, ma inutili parole. La base, certamente è utile,
come un certo filo logico che ne rappresenta la storia, ma le parole, nella
loro espressività spirituale, no!
Nella
realtà della storia qui rivelata, invece, il linguaggio dei personaggi è
fluido, reale, non come quello biblico con i suoi estenuanti soliloqui, che qui
non sono più così ripetitivi. Giobbe non viene
presentato come un personaggio mitico, di cui non se ne conosce nulla, se non
nella premessa, ma è un uomo la cui ricchezza gli era propria, sebbene non
perfettamente comprensibile come l’avesse avuta, forse guidata da forze
superiori, legate da una benedizione dall'Alto, proprio perché egli stesso era
buono con tutti, compassionevole, sapiente. Aveva avuto anche il dono di
guarigione, poi condiviso con un medico, ed aveva dato
la libertà a molti ex schiavi riscattati. La moglie non ha la sua fede, e i
figli accalappiati da Satana già da piccoli, gozzovigliavano nei piaceri della
carne – addirittura tra consanguinei – e dell'opulenza. Per questo, il giudizio
è su di loro. Con l'accanimento di Satana, tutti i vicini e la stessa moglie lo
abbandonano al suo destino, ma quattro servi gli restano vicini e ledono le sue
ferite.
Gli
amici di cui agli interessanti colloqui, sono ex beneficati, che però
pretenderebbero – spinti da Satana – di succedergli nel suo presunto potere di
principi terreni in quel paese, terra di Uz,
appropriandosi dei suoi beni rimastagli, dopo la morte degli eredi. In questa
rivelazione si scopre come essi saranno ripagati
amaramente dalla Giustizia divina, per il loro abuso di una dialettica che non
concesse giustificazioni, mentre Giobbe si scopre essere in un rapporto molto
stretto con Dio, extrasensoriale, almeno fino al secondo ciclo di colloqui, e
anche i patriarchi che gli erano apparsi (cap.12,17), di cui egli riferisce che
essi si erano incarnati. E perciò la sua correlazione resta sempre e solo verso
il Signore, così come la sua fermezza nel resistere pazientemente nella cattiva
sorte che egli sa di essere ingiusta. Anche la presenza del
suo cani lo aiuta a superare i momenti difficili.
Il
linguaggio di Satana con Dio e con gli angeli è sempre sprezzante, e nei
colloqui si evince quali sono le condizioni esistenti nei rapporti tra il Cielo
e le tenebre. Satana pretende ogni diritto nella materia, che si arroga come
sua, non volendone perdere nemmeno una Briciola, sempre in antagonismo. Perfino
di ciò che gli uomini ottengono nella materia, non riconoscendola come
benedizione di Dio, egli se ne fa vanto, come se l'abbondanza fosse elargita da
lui, accusando Dio di aver messo gli uomini terreni in una condizione di
povertà. Ciò porta bene a considerare come ogni cosa ‘oltre’, pur necessaria
alla vita, pur se per la sopravvivenza, se non ha fini
elevati è un male che proviene dal maligno, attraverso cui, così, acceca lo
spirito, e il maligno può raggiungere più facilmente i suoi obiettivi, come un
predatore spirituale che attira tutto verso il suo regno delle tenebre.
Le
Figure degli angeli, i principi, quali rappresentanti e portatori delle
Caratteristiche, dimostrano il co-governo, in cui la
devozione dei figli è totale, percependo dalla Divinità il vero senso della
paternità, e riconoscendo l'infinità in tutto il ciò che il Padre conduce,
sapendo che ogni più piccola Sua azione realizzata è
pensata eoni di tempo prima, immaginata dalla Divinità, nella Sua onniscienza,
da sempre, per dare ai figli, quali briciole della Sua essenza d’amore, sempre,
gioie su gioie. In tali colloqui si evince anche la grande differenza tra
l'essenza stessa del Creatore e le Sue creature.
Nei
colloqui, si evince l’incredibile resistenza oppositiva di Satana, nonostante dall’origine dei tempi egli, insieme a tutti i
caduti, aveva avuto la perfezione egualmente come l’ebbero quelli che non
caddero, perfezione che traspare dai dialoghi degli arcangeli pari a quella di Alaniel-Giobbe. Tuttavia essa non è paragonabile a quella
del Padre, che nelle Sue esplicazioni fa notare la sua Affabilità, Misericordia,
Serietà, e Amore, oltre ogni possibile immaginazione.
Nel
Cielo, il secondo colloquio con Raffaele (cap.6) è ricco di spunti meditativi,
poiché il principe dell'Amore, davanti all'impossibilità di Giobbe di poter
consegnare a Dio nessuna anima, ribadisce la sua
volontà di sottomissione per continuare ad essere un fedele aiutante. La
risposta del Padre è profonda, affinché da una parte il concetto della Pazienza
in Dio si confermi un elemento/caratteristica insito in lui, provato eoni di
tempo prima che qualunque creatura fosse giunta a un respiro di vita (6,15),
dall'altro, l'indicazione alla Misericordia che si manifesterà nel grande
giorno dei mondi, dopo il recupero del figlio perduto, ovvero
nella seconda Creazione(6,19).
Muriel (cap. 8), il
portatore della Serietà (Abramo) pretende giustizia, quale diritto insito in
lui affinché Satana non la passi liscia. La risposta di del Padre così come
ogni Sua espressione è sempre dolcissima, basata non ad
imporre, ma per insegnare e guidare amorevolmente il pensiero dei figli.
Infine, manda Muriel a prendere Satana.
Uraniel, il principe
portatore dell'ordine (Mosè) a nome dei suoi
moltissimi i figli (spirituali) chiede (cap.9) se non fosse possibile porre un
arresto in Sadhana, visto che lei è ancora trionfante
(cap. 9,8). Nella sua risposta, Dio fa vedere lo svolgimento della situazione
di Giobbe, e commenta ogni atto che lì si svolge, come a voler insegnare a
tutti noi, ulteriormente, che ogni cosa che accade sulla Terra a ciascuno di
noi, viene sempre osservata dall’Alto. Così, insieme a Michael, va a prendere per la quarta e ultima
volta il caduto; poi, a lui sarà interdetto il Santuario, fino al grande giorno
del mondo, con il Giudizio universale profetizzato e ancora atteso.
Come
si può immaginare sia possibile a Dio, una sua visita sulla Terra? Nel racconto
biblico, Iddio parla, è vero, come dall’alto di una nuvola, invisibile, ma
altro è seguire passo passo lo svolgimento dei fatti
così come vengono presentati in modo reale in questa
rivelazione. Così, si scopre anche il perché la moglie di Giobbe, Ra-Tana (Gb. 2,9)
lo maledice come se lo avesse sempre odiato, la cui causa è nella sua origine,
quale principessa di babilonia, abituata in gioventù ad avere schiavi e
possedimenti, ma in un paese idolatra. Non sappiamo il perché Giobbe la scelse,
a quel che è certo che lei fu costretta a lasciare i suoi beni paterni per
seguire il marito straniero di un'altra fede, fede che
in ultimo lei accetterà (cap. 20,25), pentita di una vita in opposizione a quella
di Giobb, il quale, anche per questo, è da apprezzare
perché ancora più paziente verso di lei.
Oltre al rapporto mentale ai cap. 11-13-14, il Signore visiterà Giobbe, prima come un semplice
forestiero (cap.17,9 / 18,31), per consolarlo, ma anche di nascosto (cap.
21,1), per poi apparire anche ai quattro amici dopo uno strano fortissimo
temporale, quasi annunciandosi tramite i tuoni. Quindi, non una presenza
subliminale (nel turbine) come scritturato nel testo biblico,
ma reale, in cui, al completamento della ‘prova’ di Giobbe-Alaniel,
il portatore della Pazienza, dopo le tre arringhe di ciascuno dei suoi amici
terreni traviati da satana e perfino accusato dal figliastro Elihu anch’egli aizzato dal maligno, il Padre diventa presente
nella capanna preparata dai servi fedeli, riconosciuto da Giobbe e dai suoi
servi, dalla moglie e dal medico, mentre i tre amici cattivi stenteranno in
questo.
Il
vecchio Eliphas fugge via a piangere amaramente, ma
poi viene richiamato e a malincuore torna indietro per
essere perdonato. Elihu si pente subito della sua
ingiustizia verso il patrigno e viene perdonato da
Giobbe, e poi anche da Dio. Zophar resta in un
cantuccio, pare non cedere, ma ad una seconda espressa
chiamata, di fronte a una condizione sugli angeli che mai nessuno di loro ad
una chiamata resterebbe ancora seduto, finalmente cede e abbraccia le ginocchia
del Signore.
Nei
discorsi istruttivi del Signore, quali insegnamenti per tutti noi, essi vertono
sull'essenza del Leviathan-Satana, quale animale mitico, e sul Behemoth, sulla Creazione e sulla caduta del ‘primo’, indicato come Stella,
sul Santuario e sulla missione di Giobbe, sull’incarnazione e sul concepimento
spirituale di Maria, sulla benedizione fino alla millesima generazione e sulla
maledizione fino alla quarta. Perfino alla profezia di Anna, anziana profetessa
(cap. 24,78), che avrebbe
visto e benedetto il bambino Gesù. e infine
nell’accenno al ‘sacrificio’ (Gesù) annunciato per il recupero del caduto.
Anche sul lavoro dei figli, quali co-aiutanti per il
recupero dei caduti, sebbene con il sacrificio di Gesù il loro capo sarà
ridimensionato. Ciò che risalta nello sviluppo dei colloqui, è che al tempo di
Giobbe il lavoro dei sacerdoti del tempio, almeno di quelli che vivevano nei
pressi della città di Gerusalemme, era essenziale, poiché essi nelle varie
funzioni presentavano le Scritture, e perciò tutto il
popolo, quasi obbligato ad assistervi, era messo a conoscenza di queste, e
poteva meditare sull’essenza del Creatore e sulla Legge di Mosè.
Al
medico credente viene concesso il dono di guarigione
dei malati, mentre la malattia di Giobbe, guarito, sarebbe passata dopo sette giorni
su Bildad, il quale furtivamente, durante il discorso
di Dio nella capanna si era allontanato, rifiutando la sua conversione alla
fede vera, e non quella derivata dallo studio delle Scritture, ma senza avere
in sé l'amore.
‘Amici della Nuova Luce’
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